La mezza produzione
Grande, piccola, con tecnici, senza console, col backline... in mille formule. Signori e signori... ecco a voi la mezza produzione.
di Alfio Morelli
Non si tratta di una formula nuova, ma certo è quella che meglio si adatta alle nuove condizioni del mercato; non a caso sta conoscendo una notevole diffusione. Grande, piccola, con tecnici, senza console, col backline... in mille formule. Signori e signori... ecco a voi la mezza produzione.
Tutti gli addetti ai lavori hanno già capito di cosa stiamo parlando ma, per coloro che non lo sanno, cerchiamo di dare alcune delucidazioni.
La produzione in tour, o esclusivamente l’artista, si può presentare sul mercato in mille modalità diverse: può richiedere tutto sul posto – musicisti compresi, in modo che l’artista arrivi in macchina senza portarsi dietro niente – oppure avere tutto al seguito, compreso il catering e la lavanderia.
La cosiddetta “mezza produzione” si posiziona a metà tra queste due tipologie, ma anche in questa modalità le varianti possono essere mille.
Nella più classica delle configurazioni, l’artista porta al seguito la band, il backline, compreso il monitoraggio, le regie ed i tecnici che ricoprono i ruoli più delicati, di solito fonico, luciaio e backliner. Tutto il resto, cioè palco, strutture, impianto PA, impianto luci, tecnici e quant’altro necessario, viene richiesto in loco al promoter locale. In qualche occasione la mezza produzione ha al seguito qualche luce da disporre sul palco o qualche quinta per un minimo di scenografia.
Uno dei primi problemi è dunque: che materiale richiedere? Quale materiale troverò in realtà? E, soprattutto, troverò materiale in grado di farmi fare uno spettacolo dignitoso? Le certezze non sono una prerogativa della mezza produzione.
A tal fine, la tipologia del materiale necessario viene specificata in una scheda tecnica al momento della firma del contratto. Ma spesso il service chiamato dal local promoter non dispone esattamente di tutto il materiale richiesto dalla produzione, così propone delle alternative. Anche le quantità richieste non sempre combaciano con quelle disponibili! Nel caso le alternative siano compatibili, per qualità, con i desideri della produzione, tutto fila liscio; se questo non succede, possono presentarsi dei problemi, anche se la cosa è molto molto delicata, perché il tecnico ed il direttore di produzione si trovano spesso a prenderne atto il giorno stesso del concerto e si trovano di fronte ad un bivio che può condurre a due burroni: far saltare la data (a biglietti venduti!) per salvaguardare la fama dell’artista (non le sue finanze), oppure mandare l’artista nella fossa dei leoni e portare a casa il cachet senza troppe remore sulla qualità del concerto (ma col rischio figuraccia per l’artista). Come sempre la via di mezzo è quella giusta, cioè quella del compromesso. Tanto che ormai le produzioni indicano un ventaglio di marchi e modelli alternativi graditi, ed anche sul palco c’è una certa flessibilità. Al contrario, spesso sono specificati dei marchi con cui non si vuole assolutamente lavorare, tipo “NO XXX” o “NO YYY”... non certo un toccasana per gli uffici marketing delle aziende in oggetto!
Inutile dire che questa formula è molto usata durante i festival estivi, ma sempre più spesso anche dalle produzioni internazionali, compresi pezzi grossi come Sting, Toto, Paul McCartney...
Questa estate la mezza produzione ha conosciuto un boom anche da noi, tanto che parecchi dei concerti che abbiamo visto erano proprio basati su questa modalità: Francesco De Gregori, MCR (Modena City Ramblers ), Mario Biondi, ma anche Sting, giusto per fare alcuni nomi. Così abbiamo fatto qualche domanda ad un po’ di amici – distribuiti fra agenzie, direttori di produzione, service e local promoter – per capirne meglio qualche meccanismo. Ognuno ha analizzato il fenomeno dal proprio punto di vista, non sempre coincidente con quello degli altri, ma, volendo tirar le somme, questo è quanto emerso.
Questa formula è sempre più diffusa per due motivi principali: costi e sicurezza, a cui sia aggiunge il discorso legato al calendario. Infatti tutta la burocrazia – come la responsabilità – legata alla sicurezza, che coinvolge ingegneri, direttore alla sicurezza e direttore ai lavori, viene totalmente demandata al promoter locale che si avvarrà di professionisti locali, quindi a costi piuttosto contenuti; anche perché spesso la struttura elettrica e del palco è già operativa ed in opera anche per altri eventi.
La mezza produzione abbatte soprattutto i costi legati ai trasporti ed al personale: proviamo a pensare ad un tour medio, per il trasporto della cui produzione – audio, luci e strutture – servono due bilici e dieci persone. Lo stesso spettacolo, fatto con la mezza produzione, si può portare in giro con tre/quattro persone e una motrice. Naturalmente alcuni costi si spostano dalla produzione in tour alla produzione locale, ma se solo calcoliamo il costo di due bilici per 500/600 chilometri, moltiplicato per 10/15 o venti date, troviamo un risparmio notevolissimo. Considerando pure che le sei persone che mancano alla produzione del tour si dovranno comunque aggiungere alla produzione locale, e ammettendo che il costo del professionista sia lo stesso, si risparmierà comunque sui costi di trasferta e di pernottamento che, moltiplicati per sei per le 15 o venti date, faranno un gruzzoletto affatto disprezzabile!
La seconda motivazione è il calendario: fino a qualche anno fa si riuscivano a fare dei tour che iniziavano e finivano nell’arco di un paio di mesi, durante i quali si riuscivano a organizzare 15/20 date, anche più nei casi migliori; nella situazione odierna i calendari, piuttosto sparuti, possono rimanere aperti anche un anno, ma sempre per raggranellare le 15/20 date o poco più; ma quando si parte per un tour, il service deve tenere impegnato tutto il materiale per l’intera tournée, quindi tutto il set up dell’impianto audio, luci e regie, magari cablate e configurate proprio per quel tour, quindi con la improbabile possibilità di usare lo stesso materiale per altri servizi. Se aggiungiamo le date sparse per la Penisola, in alcuni casi anche a 800/1000 chilometri di distanza, è abbastanza naturale che i costi lievitino esponenzialmente.
Tutto ciò, ovviamente, visto dall’ottica della produzione. Ed il service? Ed i tecnici? Visto che comunque il materiale ed il lavoro servono, il service cambia soltanto interlocutore: non più l’agenzia che gestisce la produzione, ma direttamente il o i local promoter della zona, che durante l’anno organizzeranno diversi spettacoli e quindi potranno dare una certa continuità di lavoro. Questo ha delle conseguenze molto importanti. La prima è che lavorano più aziende e più tecnici, perché non c’è più il grande service nazionale che fornisce tutta la tournée, ed anche i tecnici sono sempre diversi. A questo deve corrispondere una maggiore offerta di qualità da parte dei service medio-piccoli, che devono avere materiale (e professionalità!) compatibile con le schede tecniche dei tour. Ciò significa: materiale sempre aggiornato e funzionale e tecnici capaci e, dobbiamo dire, da quello che ci raccontano, la situazione media dei service italiani è piuttosto positiva in entrambi i campi.
Ma anche i tecnici in tournée devono essere molto più preparati, ad esempio nell’uso di più console, sia audio sia luci, e molto flessibili.
Certo sono i luciai in tour a dover faticare di più, perché adattare last minute un disegno luci ad un parco proiettori e ad un plot diverso tutte le sere è un lavoro piuttosto stressante ma, vedendo il lato positivo, molto creativo e stimolante.
Per il fonico della mezza produzione il lavoro è leggermente meno complicato, almeno se il service locale ha montato e settato l’impianto audio con cognizione di causa.
Ovviamente non voglio affermare che questo sarà d’ora in avanti il solo modo di lavorare, perché è ovvio che certi artisti di Serie A, come Vasco, Ligabue o la Pausini, non andranno mai in tour con la mezza produzione; almeno in Italia o in Europa, perché in altri continenti anche loro si adattano e fanno di necessità virtù.
Ma anche fra gli artisti di medio successo bisogna fare dei distinguo, perché alcuni sono in grado di calamitare il pubblico con le sole canzoni, e non necessitano di grandi luci o scenografie, altri hanno bisogno di un po’ di “spettacolo” intorno per condurre fino in fondo uno show di due ore.
Rimangono alcune domande sospese... tipo: a fronte del risparmio, il prezzo del biglietto si abbassa? Si trovano più promoter disposti ad acquistare uno show che costa meno e quindi si fanno realmente più date?
Quello che è certo, e che dà un senso a questo articolo, è che, da professionisti, bisogna essere sempre svegli, capire le tendenze del mercato e farsi trovare pronti, stringere gli accordi giusti ed investire intelligentemente in attrezzatura e competenza.
CLICCA QUI PER ACCEDERE ALLA GALLERIA FOTOGRAFICA