Schiere di microfoni – Prima parte
Un leggero approfondimento teorico sulle principali caratteristiche dei microfoni e sul loro utilizzo più o meno convenzionale
di Michele Viola
Figura 1: Sezione di un microfono a pressione, costituito schematicamente da una membrana caricata da una camera d’aria praticamente chiusa. |
Figura 2: Sezione di un microfono a gradiente di pressione, in cui entrambe le facce della membrana sono sottoposte alla pressione sonora. Quando il suono proviene dalla direzione laterale (90° rispetto alla normale) le due facce sono sottoposte alla stessa pressione per cui la membrana non si muove. |
Si sente parlare sempre più spesso di schiere di microfoni: array configurati per sfruttarne la caratteristiche direttive, in maniera in qualche modo analoga a quello che si fa con le schiere di altoparlanti. Nel caso dei microfoni, indebolendo in qualche modo l’analogia con gli altoparlanti, la schiera può permettere non semplicemente di “riprendere il suono che proviene da una direzione specifica”, ma anche di “distinguere la direzione di provenienza del suono”, e non solo. Questo anche, eventualmente, in sede di post-elaborazione.
Questa non è certo una tecnologia del tutto nuova; stiamo però assistendo, negli ultimi anni, ad alcune evoluzioni che stanno portando effettivamente sul mercato alcune applicazioni piuttosto innovative. E pare che altre, più o meno eclatanti, ne vedremo nel prossimo futuro.
In questa prima parte mi limiterò a riprendere alcuni concetti su come sono fatti e come funzionano i microfoni in sé, prima di affrontare il discorso sugli array veri e propri.
Le classiche capsule microfoniche, per altro, spesso si possono vedere proprio come array elementari di singoli trasduttori, almeno schematicamente ma anche in senso letterale. In ogni caso, l’eventuale comportamento direttivo di una capsula microfonica è generalmente ottenuto sfruttando gli stessi principi che regolano il comportamento direttivo degli array, cioè, in sostanza, lo sfasamento e l’interferenza.
In linea di principio, un microfono è solitamente formato da una membrana che vibra quando è investita dalle onde sonore. Tale membrana è in qualche modo collegata ad un sistema in grado di trasformare tale vibrazione in un segnale elettrico.
Il microfono a pressione
Il microfono a pressione è forse quello il cui funzionamento è intuitivamente più semplice rispetto ad altri. Fisicamente, la membrana funge in qualche modo da tappo di un recipiente cilindrico, in cui l’aria all’interno viene scambiata con l’esterno tramite dei minuscoli forellini. Questi forellini sono abbastanza piccoli da permettere il passaggio dell’aria con una certa difficoltà, anche in proporzione allo spazio interno alla capsula. L’aria all’interno della cavità costituisce quindi un carico elastico per la membrana. La dimensione dei fori e la loro distribuzione sulla superficie contribuiscono quindi a determinare lo smorzamento e la frequenza di risonanza del sistema complessivo
La membrana è solitamente costruita in materiale plastico, tipicamente Mylar, su cui viene a volte depositato un sottilissimo strato metallico, spesso oro ma anche alluminio, nickel o titanio. L’elasticità della membrana è determinata dall’elasticità intrinseca del materiale che la costituisce, oltre che dalla sua tensione, nonché dalla pressione dell’aria all’interno del cilindretto.
Le vibrazioni della membrana rispondono quindi alle variazioni di pressione. Dato che la pressione in sé non ha una direzione (si chiama principio di Pascal, in fisica), il comportamento di un microfono a pressione è tipicamente omnidirezionale, almeno fino a quando le dimensioni della capsula si possono trascurare rispetto alla lunghezza d’onda delle onde acustiche incidenti. Al diminuire della lunghezza d’onda, cioè all’aumentare della frequenza, gli effetti di diffrazione prodotti dalla capsula stessa cominciano a diventare sensibili e quindi la risposta in frequenza dipenderà in maniera più o meno marcata dalla direzione di provenienza dell’onda sonora incidente. Questa dipendenza può essere esaltata o attenuata anche scegliendo opportunamente la forma della griglia davanti alla membrana, che a questo punto non sarà più dedicata alla semplice protezione meccanica ma contribuirà anche alle prestazioni del microfono nel suo complesso. Tecnicamente si parla, in genere, di risposta per incidenza normale quando ci si riferisce alla risposta del microfono ai suoni che provengono esattamente da davanti (in campo libero), e di risposta per incidenza casuale riferendosi invece alla risposta del microfono ai suoni diffusi, cioè che provengono da tutte le direzioni (in campo riverberante). Se il microfono è perfettamente omnidirezionale, la risposta per incidenza casuale e la risposta per incidenza normale coincidono e sono, idealmente, perfettamente piatte nella banda di interesse.
Il microfono a gradiente di pressione
Il microfono a gradiente di pressione è sensibile alla differenza di pressione tra due punti, molto vicini nello spazio, corrispondenti alle due facce anteriore e posteriore della membrana vibrante. In pratica entrambe le facce della membrana vibrante sono esposte alla pressione sonora, per cui lo spostamento della membrana dalla sua posizione di riposo è determinato dalla differenza, o gradiente, di pressione tra le due facce. Nella sua forma più comune, la membrana ha una forma rettangolare allungata, nel qual caso si parla di microfono a nastro.
Presenta di base una direttività a figura di 8, cioè è massimamente sensibile alle onde sonore provenienti dalla direzione anteriore e posteriore, mentre è virtualmente insensibile alle onde sonore provenienti da direzioni laterali (perpendicolari alla normale) rispetto al piano della membrana. Questo perché un contributo laterale, intuitivamente, preme nello stesso modo su entrambi i lati della membrana. Per le onde sonore provenienti da davanti, invece, la pressione anteriore e la pressione posteriore saranno sfasate nello spazio di una lunghezza pari alla lunghezza del percorso acustico necessario per oltrepassare la membrana, quindi saranno in genere, istante per istante, differenti. Lo stesso vale per le onde sonore provenienti dal lato posteriore della membrana. Da notare che i due contributi di pressione sonora anteriore e posteriore risultano tra loro in controfase.
Un microfono a gradiente di pressione offre quindi la possibilità, ad esempio, di determinare la direzione di propagazione di un’onda acustica.
All’aumentare della frequenza diminuisce la lunghezza d’onda, quindi, per ciascun dato sfasamento, i punti a pressione differente sono via via più vicini. Il gradiente di pressione aumenta quindi all’aumentare della frequenza. Questo fenomeno può essere in qualche modo bilanciato, nella risposta di un microfono, tenendo conto della maggior difficoltà di vibrazione opposta dalla massa della membrana (e di un eventuale equipaggio mobile) all’aumentare della frequenza.
La distanza tra le due facce della membrana, o tra le corrispondenti aperture nel corpo della capsula, si suppone comunque piccola rispetto alla lunghezza d’onda. Quando, all’aumentare della frequenza, la lunghezza d’onda dell’onda sonora incidente è uguale alla lunghezza del percorso acustico tra le due facce della membrana, o ad un sottomultiplo intero di questo, i contributi anteriore e posteriore risultano in fase e la risposta del microfono presenta uno zero. In tal caso, infatti, la pressione sulle due facce della membrana è in ogni istante la stessa. Per estendere la risposta del microfono verso l’alto, quindi, occorre che il percorso acustico tra una faccia e l’altra della membrana sia mantenuto più breve possibile. In questo modo, d’altra parte, la differenza di pressione tra i due punti sarà necessariamente piccola, proprio perché i due punti sono vicini, per cui diminuisce la sensibilità del microfono.
I microfoni direttivi
La maggior parte dei microfoni direttivi sul mercato professionale presentano una direttività spaziale di forma cardioide o simile. Un microfono cardioide, in pratica, è massimamente sensibile ai suoni provenienti da davanti, in asse con la membrana, mentre la sensibilità diminuisce progressivamente allontanandosi dalla direzione assiale per annullarsi completamente per le onde sonore che provengono dalla direzione posteriore. La figura di direttività a cardioide si può ottenere combinando opportunamente una capsula omnidirezionale ed una capsula a figura di otto. In questo modo, infatti, sul lato anteriore i segnali prodotti dalle due capsule si sommano costruttivamente, mentre sul lato posteriore in pratica si sottraggono (ovvero l’interferenza è distruttiva), dato che il segnale ripreso dalla capsula a gradiente di pressione è invertito di polarità sul lato posteriore.
I primi microfoni direttivi, in effetti, utilizzavano proprio due membrane all’interno di uno stesso box e i due segnali erano poi sommati elettricamente all’interno del microfono. Attualmente, al contrario, la maggior parte dei microfoni con direttività cardioide contiene un singolo trasduttore, ovvero una singola membrana, e utilizza percorsi acustici frontali e posteriori accuratamente calcolati per ottenere la risposta spaziale desiderata.
Amplificando opportunamente i due segnali, impostando eventualmente guadagni differenti per la componente omnidirezionale e per la componente direttiva (a figura di otto), è possibile ottenere direttività più o meno marcate, con presenza o meno di lobi posteriori. È possibile dare maggiore o minore priorità al contributo omnidirezionale o al contributo direttivo sia elettronicamente, nel caso di capsule multiple, sia meccanicamente nel caso di singola capsula, impostando percorsi acustici privilegiati per il contributo che si desidera evidenziare maggiormente.
Per la configurazione cardioide propriamente detta, la componente omnidirezionale e la componente a figura di otto vengono sommate tra loro con lo stesso guadagno. Si parla di subcardioide quando la priorità è data alla componente omnidirezionale, che viene amplificata maggiormente rispetto alla componente direttiva (comunque presente). Si parla invece di supercardioide o di ipercardioide per i pattern polari in cui si dà maggior importanza (ovvero maggior guadagno relativo) alla componente a figura di otto, ottenendo così comportamenti più spiccatamente direttivi, che presentano però un più o meno marcato lobo posteriore, cioè soffrono di una certa sensibilità alle onde acustiche provenienti esattamente da dietro.
Condensatori e dinamici
Dal punto di vista elettrico, il principio di trasformazione della vibrazione meccanica in segnale elettrico distingue vari tipi di capsule. Ci sono, ad esempio, microfoni a condensatore, microfoni dinamici (elettromagnetici), microfoni piezoelettrici e a carbone.
Figura 3: Sezione di un microfono direttivo. Il percorso interno è progettato in modo che il corrispondente tempo di percorrenza ∆t, aggiunto al tempo necessario per raggiungere le aperture laterali provenendo dalla direzione frontale (0°), determini un incremento del gradiente di pressione, massimizzando la sensibilità. A 90° lo sfasamento tra i due lati della membrana fornisce un gradiente moderato, mentre a 180° la lunghezza del percorso per aggirare la capsula è pari alla lunghezza del percorso necessario per raggiungere il retro della membrana, all’interno della capsula, determinando un gradiente praticamente nullo. |
Il condensatore
In un microfono a condensatore, la membrana e la faccia inferiore del cilindro che costituisce la capsula vera e propria sono per l’appunto le due armature di un condensatore. In un condensatore, la capacità elettrica dipende dalla forma e dalle dimensioni per cui, nel caso di una capsula microfonica, è evidentemente sensibile alle vibrazioni della membrana. Le due armature sono alimentate elettricamente, cioè sono sottoposte ad una differenza di potenziale. Quando la capacità varia in seguito alle vibrazioni della membrana, varia la quantità di carica elettrica immagazzinata nelle armature e quindi si stabilisce nei cavi di collegamento tra le armature e l’alimentazione una corrente elettrica, la cui intensità dipende dall’intensità delle vibrazioni. Tale corrente produce quindi una tensione sulla resistenza di carico del microfono, tensione che costituisce il segnale elettrico da inviare al preamplificatore.
Per dare un po’ di numeri, giusto per capire l’entità delle grandezze con cui abbiamo a che fare, in una tipica capsula da 1/2”, cioè la cui membrana ha un diametro di circa 12 mm, la distanza tra la membrana e l’armatura posteriore è di circa 20 µm e la capacità a riposo della capsula è intorno ai 35 pF.
Una pressione sonora sinusoidale di 1 Pa RMS (94 dB SPL) produce nella stessa capsula uno spostamento picco-picco al centro della membrana intorno a 10-8 m. Con una tensione di polarizzazione di 50 V, il segnale elettrico ai capi del microfono, a vuoto, prima del preamplificatore, in corrispondenza agli stessi 94 dB SPL di pressione sonora sulla capsula, è intorno ai 10 V RMS. Maggiori valori di tensione elettrica tra le armature permettono (e richiedono) maggiori distanze tra la membrana e il piatto posteriore, migliorando in genere la linearità del sistema.
Il condensatore pre-polarizzato (electret)
È possibile, all’interno di un microfono a condensatore, utilizzare un materiale pre-polarizzato. Tipicamente si tratta di uno strato di politetrafluoroetilene che è stato posto all’interno di un intenso campo elettrico e, contemporaneamente, portato a temperatura elevata. Quando il materiale viene riportato a temperatura ambiente, la polarizzazione elettrica tende a permanere. Si tratta, in pratica, dell’equivalente elettrostatico di un magnete permanente. Un microfono a condensatore costruito intorno ad un materiale del genere si comporta come un microfono a condensatore standard alimentato da una tensione dell’ordine del centinaio di volt. Questo permette di costruire microfoni di buona qualità a costo contenuto.
Il microfono dinamico
In un microfono dinamico il funzionamento del trasduttore si basa sull’induzione elettromagnetica in un conduttore che si muove in un campo magnetico.
Nel caso più comune, detto a bobina mobile, la membrana è solidale ad una piccola bobina di materiale conduttore, immersa nel campo magnetico generato da un magnete permanente. Le vibrazioni della membrana, e conseguentemente della bobina, inducono nella stessa una tensione elettrica dipendente istante per istante alla velocità del conduttore.
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