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- Eros Ramazzotti
Eros Ramazzotti
Noi World Tour 2013
di Giancarlo Messina
“Noi” è il titolo del nuovo disco di Eros, dopo “Ali e radici” del 2009. L’album sta riscuotendo un buon successo ed è già disco d’oro in Germania, Austria, Belgio, Spagna, Svizzera e Venezuela. In Italia è stato 3 volte disco di platino. Il tour mondiale è prodotto da Live Nation Italia.
Il successo di un tour è ormai indissolubilmente legato al successo del disco: non necessariamente alle sue vendite, quanto alla sua circolazione, nelle radio o sul web. Se un tempo si facevano i tour per vendere i dischi, sempre più si fanno i dischi per vendere i biglietti del tour. Un artista del calibro di Ramazzotti, può ancora permettersi un buon successo su entrambi i fronti, seppur lontano dai passati fasti, e quindi una produzione importante, in grado di essere ammortizzata su molte date, in Italia ed in Europa, per sbarcare poi nel resto del mondo sebbene in formato più “light”.
Siamo quindi andati a curiosare per raccontarvi le novità di questo spettacolo, a cominciare dalla produzione, affidata adesso alla Live Nation Italia di Roberto De Luca; per proseguire con l’aspetto tecnico, ovviamente allo stato dell’arte e molto interessante, soprattutto nella parte visual, per cui è stato sviluppato un lavoro di sinergia non indifferente fra le movimentazioni e le proiezioni. Anche l’audio non è certo rimasto indietro: alla console troviamo Andrea Corsellini, arrivato un po’ in corsa nel precedente tour a collaborare con l’artista e riconfermato pienamente per questo tour mondiale, il quale può certo contare su quanto di meglio offra il mercato, dal PA K1 di L-Acoustics, gestito dall’impeccabile Orlando Ghini, alla Midas XL8 dotata dei nuovi plug-in di altissima qualità che vanno ulteriormente a migliorarne il suono.
Il risultato è un concerto spettacolare, ovviamente pop, ma meno “leccato” del solito, con un leggero spostamento verso il rock, sia nell’impatto visivo sia in quello musicale, di cui, dobbiamo dire, abbiamo gradito moltissimo i nuovi arrangiamenti dei vecchi brani affidati a Luca Scarpa, i quali, anche grazie ad una certa essenzialità ed alla bravura esecutiva dei musicisti, suonavano a livello dinamico anche meglio di quelli del nuovo disco, in qualche modo troppo pieni delle ricercate sonorità dello studio. Ma parliamo di finezze.
Lo show designer, Ivan Morandi, è riuscito a creare una struttura poderosa e d’impatto ma anche agile quanto basta per essere montata senza sacrifici in tutti i palazzetti italiani ed in grado di essere usata per dei back to back, prerogative che ormai paiono indispensabili a qualsivoglia produzione italiana.
Ma è dalla carrellata di interviste agli addetti ai lavori che potrete meglio comprendere i dettagli tecnici dello show.
Per Live Nation intervistiamo Antonella Lodi, direttore generale dell’azienda e da ormai ben 26 anni al fianco di Roberto De Luca. In questa produzione, come in molte altre, si occupa della gestione delle economie, aspetto delicato quanto complesso, che diventa anche un collante fra le varie componenti coinvolte nella produzione.
“Io non seguirò tutto il tour – ci spiega – perché ho moltissime cose da fare in ufficio, sebbene io e Roberto cercheremo di essere presenti a più date possibili anche in Europa. La tour manager è invece una ragazza americana, Emily Thomas, che lavora in Live Nation ed ha esperienze di tour di livello mondiale, del calibro di Madonna e Lady Gaga; la sua è una presenza costante ed importante in un tour mondiale come questo. Il direttore di produzione è invece il nostro Alberto Muller, mentre Fabio Carmassi, stage manager per Lemonandpepper, e Lollo, addetta ai camerini, sono due professionisti richiesti espressamente da Eros con cui a noi fa molto piacere lavorare perché li stimiamo e ne conosciamo la professionalità.
“Dimensionare un concerto fa parte del nostro rischio d’impresa, dobbiamo intuire quale possa essere il successo della vendita dei biglietti, cosa complicata soprattutto in questo periodo, in cui anche qualche grosso artista vede alcune difficoltà. Eros invece quest’anno è cresciuto, qui a Pesaro sta facendo più del doppio dell’altra volta, stessa cosa a Bologna.
“Come sempre in una tournée la voce di spesa più importante è quella relativa ad audio, luci e video, soprattutto se, come in questo tour, si sceglie di prendere le migliori aziende sul mercato. Infatti per palco ed automazioni collaboriamo con la Tait, realtà con credit che vanno dalle Olimpiadi di Londra agli U2, ed anche il regista della pre-produzione video lavora in Inghilterra; non siamo esterofili, ma abbiamo voluto ricercare il meglio in tutti i settori, anche perché l’esperienza con importanti artisti stranieri conferisce allo show un respiro internazionale molto importante per un artista come Eros. Abbiamo scelto invece aziende italiane per audio, luci e video, settori in cui esistono realtà di grande competenza ed affidabilità come Agorà ed Event Management.
“Porteremo questa medesima produzione in tutta Europa, cosa impossibile da fare negli altri continenti, perché i costi sarebbero troppo elevati: porteremo infatti solo il backline e le regie di palco e sala, prendendo sul posto il resto”.
Alberto Muller - Production manager
Il concept dello show è di Ivan Morandi: una scatola chiusa sul palco che poi si apre e svela lo spettacolo. Ovviamente dal progetto alla realtà le cose cambiano parecchio, bisogna tener conto di moltissime problematiche, così, dopo varie modifiche, siamo arrivati a questa situazione finale concettualmente molto vicina a quanto ideato, ma forse più simile a un origami che ad una scatola. È un progetto molto ambizioso soprattutto per quello che riguarda le proiezioni, il mapping e le movimentazioni, perché questi sistemi devono parlare costantemente fra loro per muovere gli oggetti virtuali in tempo reale in maniera perfettamente sincronizzata.
Anche il disegno luci dello show è interamente di Ivan, mentre il disegno e la realizzazione del set sono della Tait; i contributi video sono stati sviluppati in vari studi di Londra ed in Belgio, poi integrati con le riprese live, spesso effettate in tempo reale. Ma per la maggior parte le aziende sono italiane: Agorà per luci e audio, Imput Studio per il rigging, Event Management per il video, anche i camion sono italiani, di RedTyre.
Inizialmente avevamo pensato una movimentazione sia in orizzontale che in verticale, ma questo avrebbe richiesto un’altezza non inferiore a 17-18 metri, e, come sappiamo, nei palazzetti italiani questa non è la norma, mentre era precisa volontà della produzione e dell’artista stesso di proporre ovunque lo stesso show. Così abbiamo scelto di usare solo movimentazioni in verticale che richiedono meno altezza, anche se poi subentrano altri problemi, come ad esempio star attenti che i vari pezzi non si scontrino! Insomma, come sempre, nella realtà bisogna fare i conti con tanti aspetti: le venue in cui si terrà il concerto, i tempi di montaggio e smontaggio ed anche il budget che, sebbene importante, non è comunque illimitato.
La produzione, contando tutti, è composta da ben 75 persone: in Europa ci muoveremo con quattro sleeper bus (uno per la band – di dieci persone – e tre per il crew) e 12 bilici. Invece in America, Sud America e Australia, in ottobre e novembre, andremo in giro con strumenti, banchi e regie.
Della parte di tour management si occupa Emily Thomas di Live Nation, quindi a lei compete tutto ciò che riguarda hotel, conteggi e rapporti coi promoter, logistica con i bus, spostamenti, aerei... il mio è invece un ruolo più squisitamente tecnico.
Qui a Pesaro siamo alla sesta città, ed in un certo senso il tour vero e proprio inizia adesso, perché da adesso cominciamo a montare la mattina e a smontare la sera. La caratteristica di questa produzione è che tutto è molto ad incastro, strettamente collegato a quello che succede intorno al set, e quindi alla scenografia. Ai 12 bilici di produzione – quattro di dolly –, pieni ma non a tappo, in Italia abbiamo aggiunto i gruppi elettrogeni al seguito, i nuovissimi mezzi di Energy Rental; ma in Europa non serviranno perché useremo corrente locale.
Jvan Morandi - Show designer
Il concept dello show prende spunto da tre elementi: il teatro psichedelico anni ‘60-‘70, alla Svoboda, con le sue strutture surrealistiche, l’origami, quindi con materiali che si modificano e cambiano forma, infine l’architettura brutalista anni ‘70-‘80, con i suoi grossi blocchi di cemento, come appunto i palazzoni di Cinecittà da cui viene Eros.
Ho cominciato facendo un modellino 1:25 a Londra, nel mio studio. L’idea è quella di far uscire Eros da un vicolo, mentre tutta la band rimane coperta dai “palazzoni”. Poi la scatola si apre e rivela tutta la band ed il palco, un po’ in stile teatro giapponese. Devo dire che anche Eros ha avuto parecchia pazienza nel cercare di capire cosa volessi fare, perché in effetti è una cosa un po’ strana!
Per le movimentazioni ho scelto di avvalermi di Tait Technology, che utilizza il sistema Navigator, perché per un progetto così ambizioso era importante avere tecnologie e professionisti di grande esperienza; qui, per dare un’idea, l’operatore viene dai tour di Madonna e degli U2. In Italia bisognerà aspettare ancora qualche anno per avere aziende in grado di gestire progetti così complicati, invece questi, come si dice in Inghilterra, “hanno già scazzato degli show più grandi del mio”! Ottima invece la collaborazione con Agorà e con Event Management, e devo dire che Luca e Daniele della Event avevano ragione nel proporre sin da subito Pandoras come il media server più adatto al progetto: io invece, testardo, ne ho testati tanti altri, ma alla fine Pandoras era davvero il migliore, sia dal punto di vista tecnologico che finanziario, e lo usiamo con grande soddisfazione. Sono venuti anche quelli della casa madre per darci una mano ed hanno agito davvero con molta competenza.
Certo usare degli schermi LED invece delle proiezioni sarebbe stato più facile, ma avrebbe comportato grossi problemi sia per il peso sia per la pulizia del palco, perché i LED avrebbero avuto tutti i loro cablaggi molto in vista che avrebbero rovinato in qualche modo la pulizia del set che qui è fondamentale.
Il lighting design è di conseguenza piuttosto particolare, perché tutte le luci sono rimaste fuori dal palco, in modo da non intralciare le movimentazioni e rendere più agevole il montaggio della produzione in tutte le location italiane, davvero molto diverse fra loro. Infatti il progetto è pensato per rendere tutte le varie parti del crew in grado di lavorare una indipendentemente dall’altra e velocizzare i montaggi.
Il parco luci è quello ottimo di Agorà, ho molti Clay Paky, Alpha Profile 1500, e gli Sharpy che uso come keylight per illuminare Eros; ho circa 120 motorizzati, ma, come dicevo, posizionati in maniera non standard, perché sopra l’overhead non ci sono luci. Sopra il palco, invece, ho posizionato degli specchi, visibili solo alle circa 1500 persone delle prime file, una sorta di bonus per i fedelissimi che avranno una visione dello show speciale; inoltre gli specchi mi servono per riflettere della luce e fare un po’ di colore.
Durante lo show, a parte urlare al mio amico Brozzi, mando avanti le luci, faccio le chiamate dei followspot, controllo degli effetti di grading sul Pandoras e mando i cue per le automazioni. Di solito non uso i seguipersona, ma qui ne ho due, perché ci si aspetta che ci siano, e mi sono anche divertito ad usarli, anche se non sono abituato e non sono un grande “chiamatore” di segui. Il concerto mi piace molto, anche Eros ha voluto proporre qualcosa di nuovo a livello musicale, sia con gli arrangiamenti di Luca Scarpa, sia con quel po’ di psichedelia che aggiunge al sound un chitarrista come Kirk Fletcher che definirei un B.B. King in acido!
Luca Brozzi - Event Management
Questa produzione è stata molto impegnativa ed ha richiesto tre mesi abbondanti di lavoro; l’aspetto più difficile è senza meno dato dall’esigenza di proiettare su oggetti che si muovono e che cambiano posizione, quindi tutto il software delle movimentazioni deve essere perfettamente sincronizzato con quello che gestisce le proiezioni, per cui ogni piccola modifica diventa molto complicata. Vi risparmio i dettagli del lavoro certosino fatto per studiare a fondo la sinergia fra il loro software Navigator ed il nostro, ma è stato davvero un bel lavoro, sebbene difficile.
A questo si aggiunge tutto il resto che non è certo di poco conto. Abbiamo tre postazioni regia, due backstage ed una in FoH, in cui opero io e dalla quale remoto tutte le macchine; c’è poi una regia video live che controlla le 12 telecamere – tre presidiate con operatore, quattro robotizzate, un binario di 6 metri e quattro stick cam sugli strumenti. Inoltre c’è la regia grafica, con tre server Pandoras tutti intercambiabili fra di loro. Prendo il segnale in HD da una matrice che, senza passare dal banco, arriva da me in fibra ottica, quindi una latenza quasi nulla: l’unico ritardo è sul LED, dovuto a due frame che si perde la centralina, praticamente impercettibili. Io uso due sistemi di master station, con due timeline, main e spare, e due sistemi di Widget Designer che, associati al Pandoras, forniscono i tasti funzione da cui posso intervenire manualmente su tutto, anche sganciare ed agganciarmi dal Navigator, il software delle movimentazioni, o sganciarmi dall’SMPTE, ma anche controllare l’accensione dei proiettori, i test, gli shutter, posso commutare i server A e B ed il C che è in spare... questo per avere il massimo dell’affidabilità ed ovviare a qualsiasi problema possa presentarsi.
Ogni pezzo della struttura è per noi un oggetto 3D a sé stante, su cui noi gestiamo il video come un’unica proiezione tramite due videoproiettori raddoppiati, poi abbiamo quattro schermi LED trasparenti come fondale, anche questi movimentati, e due LED montati negli oggetti scenografici, perché oltre un certo punto non era possibile a livello focale gestire la proiezione. Poi ovviamente ci sono gli I-mag ai lati del palco.
La mia squadra è composta da otto tecnici: tre persone in regia video (con Alaistair MacDiarmid, che è il regista live dello show inserito nella nostra squadra, e altri due operatori per camere motorizzate, binario e controllo camere), io gestisco lo show in regia FoH, due operatori in camera, infine un tecnico per i LED ed un altro per proiettori e LED.
Jacques Richard - Operatore movimentazioni
Puoi spiegarci il tipo di lavoro che svolgi e le varie tecnologie?
Io sono un operatore freelance, lavoro con le automazioni da tanti anni per diverse aziende, in questo caso lavoro direttamente per la produzione, su un sistema Tait Tower. Il sistema è basato su un software che si chiama Navigator, da FTSI Automation (Fisher Technical Services, Inc. – ndr), un’azienda recentemente acquistata da Tait.
Abbiamo 33 paranchi attivi che muovono tutti i pezzi di scenografia sopra le teste della band. Nel software viene costruito un modello tridimensionale della scena in movimentazione, basato su un disegno CAD 3D, a cui il programmatore deve aggiungere i baricentri dei vari pezzi. Poi, vengono programmati dei cue delle posizioni dei pezzi su tre assi. Seguendo i cue programmati, il software manda un segnale in protocollo UDP ai media server Pandoras Box per mappare perfettamente il video sulle superfici in movimento. I server backstage trasformano i cue in informazioni utili per controllare i motori. Ho scritto i cue ed ho programmato lo show, mentre ho costruito la scena nel software insieme a Casey Roche di FTSI/Tait.
Niente è sincronizzato in timecode in questo spettacolo, facciamo le cose alla vecchia: ho un cuesheet, ho imparato lo show e lo seguo con i “go” manualmente. I cue non sono statici tra questo sistema e i mediaserver: c’è una comunicazione costante, aggiornata 20 volte al secondo, che fa sapere al video dove si trovano le superfici di proiezione.
Molti pensano che sia una cattiva idea controllare le automazioni dalla regia FoH: come mai in questo caso ti trovi qui?
In questo caso non era possibile avere un controllo visuale del palco e del funzionamento del sistema da dietro o da fianco al palco. Non è la prima volta che lavoro al FoH, e non è così raro. C’è un’altra console con un computer collocata dietro il palco, con una seconda persona che fa il babysitting dei server che controllano i motori. Al load-in e load-out, i motori vengono controllati completamente da lì, anche perché, al load-out, la mia regia sparisce in 15 minuti.
Così, da qui, viene fatto solo lo show, mentre l’assemblaggio della scena viene effettuato tutto al palco.
Sì, quando arriviamo per l’allestimento, montiamo la regia secondaria al palco e costruiamo la scena e facciamo la taratura. Poi, quando è completamente allestito, accendo questa regia qui. In show mode, l’altra regia è inattiva, ma rimane in linea come backup.
Quanto tempo avete impiegato per programmare lo show?
In preproduzione abbiamo programmato per una settimana insieme al designer ed alla squadra video. Questo show non è troppo difficile, ho circa trenta cue totali: cominciando da un disegno completo e con tutto lo show già fissato, si potrebbe programmare in un giorno. La preparazione sul posto, però, è abbastanza intensa per quanto riguarda il nostro lavoro.
Oggi quello che ho fatto è ricostruire lo show, perché in questa venue più bassa facciamo lo show in versione “B”. Un processo che richiede circa cinque o sei ore. Abbiamo infatti tre diversi show per il tour, per coprire tutte le venue. Abbiamo il “full show”, il “B” show e poi uno assurdamente piccolo.
Cosa potresti dire di questo show, rispetto ad altri che hai fatto?
Questo show è abbastanza standard, a parte le normative che dobbiamo rispettare qui in Europa. Da quest’anno, penso, si applica il regolamento BGV C1, perché abbiamo roba sospesa e in movimentazione sopra la band. Per questo il software ed i motori devono conformarsi a quella, che non era così semplice da implementare. Abbiamo molti prototipi... il sistema di emergenza, i paranchi stessi ed altre attrezzature sono stati aggiornati e modificati per conformarli alla normativa che prevede nuovi standard per i failsafe e per i rapporti di sicurezza per i punti di rottura in particolare, che sono saliti da 6:1 a 12:1. Tutti i motori devono avere il doppio freno, ci devono essere i dinamometri dappertutto, ci deve essere ridondanza nel loop d’emergenza, ecc, ecc.
Le celle di carico mandano i pesi al sistema che me li mostra in tempo reale sul disegno della scena. Sono state implementate in programmazione delle regole che fermano il movimento appena una soglia viene sforata. A quel punto toccherebbe cercare con un controllo manuale di rimettere la distribuzione del peso in una condizione sicura oppure lasciare tutto fermo. Tutto questo succederebbe solo, però, se diverse cose si guastassero contemporaneamente
Fabio Carmassi - Stage manager per Lemonandpepper
È un palco molto aperto, libero, molto particolare. Ad esempio ci sono delle botole che diventano scale, altrimenti sarebbe impossibile accedere diversamente al palco quando la struttura a scatola è tutta chiusa. Infatti lo show comincia con i musicisti chiusi dentro, in una posizione che noi chiamiamo “chopper”: solo Eros è fuori. Poi si alza tutto rivelando la band. Durante lo show ci sono vari cambiamenti di posizione di tutte le scene e delle proiezioni, e devo dire che davvero la precisione e la fluidità di queste movimentazioni è incredibile. Durante lo show il mio compito è proprio quello di seguire le varie fasi dello spettacolo, i movimenti dell’artista e degli altri perché tutto fili liscio. Un’altra caratteristica è che la parte superiore, proprio quella sulla testa dei musicisti, è specchiata, ma un trattamento fonoassorbente limita le riflessioni acustiche sul palco. Come Lemonandpepper collaboriamo spesso con Live Nation Italia, in cui fra l’altro lavorano grandi professionisti che sono anche amici, con cui c’è una lunga conoscenza ed una reciproca stima.
Andrea Corsellini - Sound engineer
Lavoriamo al live da ottobre del 2012, per la presentazione del disco a Cinecittà. In tour abbiamo integrato quello show con i pezzi nuovi, facendo le prove musicali nello studio di Eros, dove è stato tutto piuttosto facile. Per le prove del tour, Live Nation ci ha rimandato a Mantova, un palazzetto molto ben trattato acusticamente, quindi siamo usciti praticamente già in bolla. Il mio referente musicale è Luca Scarpa, nuovo direttore musicale, con cui c’è una grande stima reciproca, mentre con Luca Chiaravalli, produttore del nuovo LP, ho curato i pezzi del disco nuovo.
Il mio set-up è sulla strada della semplificazione, anche perché il nuovo virtual rack, Generation II di XL8 ha effetti bellissimi, quindi ho eliminato tutti riverberi esterni. Il gap fra l’apparato esterno e quello virtuale è ormai davvero quasi azzerato per molte macchine; infatti uso solo outboard che non hanno un equivalente interno che possa sostituirle validamente, quindi macchine valvolari o i Transient Designer che sono più pratici da esterni.
Quindi in rack trovi solo i Transient, l’EMI TG Chandler sulle chitarre, che emulano i compressori delle console vintage, poi il Waves, emulatore del Fairchild che uso sul pianoforte, perché Luca Scarpa voleva una sonorità in stile “ColdPlay”, macchina che si interfaccia col banco in digitale a 96 kHz. Ho poi i Waves MAXX BCL per voce, sub master cassa e basso, su cui uso il Maxx-bass, cioè la sezione centrale, infine un Elop Manley per fare il primo stadio della voce, anche se i nuovi prodotti costruiti con altre valvole non suonano più come i precedenti, infatti è una macchina che uso un po’ meno, la faccio comprimere pochissimo: uso il MAXXBCL e poi il multibanda del banco DPR901 in versione SW. La scelta di semplificare è data dalla qualità ottenuta ma anche perché quando si affronta un tour del genere, lungo e con date in tutto il mondo, meno roba si porta e meno rischi si corrono.
La catena della voce di Eros è un po’ lunga ma facile da spiegare: come microfono, dopo mille prove, abbiamo optato per il... Beta 58 della Shure! È infatti in grado di gestire al meglio l’impatto dinamico della voce di Eros ed il suo grande headroom. Dal microfono il segnale entra nel preamplificatore del banco – che ha l’algoritmo dell’XL4, quindi con le sue “distorsioni eufoniche” – e in insert digitale ho il waves per la compressione, poi il limiter per ottimizzare il livello d’uscita; da qui c’è il Dynamic Equaliser di XL8 che non è facilissimo da settare ma che, una volta quadrato il cerchio, dà ottimi risultati: prima usavo il multibanda, ma questo equalizzatore dinamico è migliore, soprattutto per correggere la curva del Beta 58 che, così trattato, a volte sembra addirittura un condensatore!
L’equalizzazione del banco ha tagli minimi, ma soprattutto è usata in pre: questo significa che tutto quello che viene dopo lavora in relazione a questa equalizzazione, per cui se mi servono più alte, ad esempio, non lavoro sull’eq. ma sulle macchine che vengono dopo. Tutto questo lavoro di fino è possibile grazie al PA allo stato dell’arte, altrimenti sarebbe cosa inutile. Voglio a proposito sottolineare l’importanza di avere a fianco un professionista come Orlando Ghini: non solo bravissimo, come tutti gli uomini L-Acoustics in Italia, ma in grado di abbinare alla competenza tecnica la sensibilità del musicista vero, e quindi in grado di parlare anche dell’aspetto musicale con grande competenza.
Ma, al di là di tutto quello che ho detto, di importanza relativa, la cosa fondamentale è il mio frigobar e la macchina del caffé, indispensabile per fornire la necessaria caffeina al Ghini, altrimenti non mi rende!
Umberto Polidori - Monitor engineer – Eros
Mi occupo esclusivamente del monitoraggio di Eros con una DiGiCo SD7. Gli ascolti vengono realizzati sia in cuffia, con IEM UE11A, sia con monitoraggio tradizionale tramite sei sistemi dV-Dosc da tre casse posti sulla linea frontale e dei side appesi; oltre a questo abbiamo quattro dV-Sub e quattro K1-Sub messi sotto il palco in corrispondenza di una griglia nella postazione dell’artista. Il sistema suona sempre e c’è tanto volume, ma è molto direttivo ed in sala torna solo quel tanto che aiuta alla sonorizzazione delle prime file.
Lo splitter del Midas XL8 può essere usato come stand-alone, ed ha tre feed, due con i pre ed uno isolato da cui noi prendiamo il segnale per lo splitter Digico che amplifica il segnale per le due console di palco.
Di esterno ho solo un Elop della Manley per schiacciare un po’ la voce, ma lo faccio lavorare molto poco, perché SD7 ha degli ottimi filtri dinamici. Durante il concerto Eros è molto esigente, vuole sentire tutto ed al momento giusto, quindi è quasi come essere in sala, occorre mixare seguendo i soli, le armonie, le ritmiche... per fortuna questa volta siamo bene in vista e possiamo comunicare facilmente. Ho quasi una novantina di canali gestiti tramite VCA, con l’unica attenzione di avere lo stesso mixaggio in cuffia e sui monitor.
I backliner ci danno una grossa mano con la loro esperienza. Abbiamo Fabio “Acca” Oliva, personal di Eros che gestisce anche Luca Scarpa, Alessandro Carli, Massimo Flego e Maurizio Magliocchi.
Luca Morson - Monitor engineer – band
Io mi occupo del monitoraggio della band con una seconda DiGiCo SD7. Fra le nostre console c’è un sistema in cui la mia è la master, che gestisce quindi i gain e le uscite dei rack. I mix sono diversi, l’unica cosa in comune sono i guadagni, settati comunque in studio con calma e riportati senza grandi variazioni qui in tour.
Per i musicisti ho mixerini, IEM e due casse sub per il batterista ed il bassista. Il primo ascolta quattro gruppi stereo (otto linee) creati con me in sala prove, oltre al sub, mentre l’ascolto per il bassista è gestito da me: mi arriva il segnale del basso che io poi rimando sul suo sub, a cui aggiungo anche la cassa. Ho poi due mixerini per le tastiere che uso come pre per cuffie, perché loro ascoltano il rilancio della DI dei loro strumenti a cui io aggiungo un L+R. Per gli altri musicisti uso il classico L+R in cuffia. I musicisti americani usano IEM Ultimate Ears, mentre gli altri hanno le “Gaia” di Oliver. Durante il concerto creo un mix di riferimento che segue le intenzioni della band ed ogni musicista rimane in pre su se stesso. Ho pochissimi compressori: solo piccoli limitatori in ingresso, perché sul palco non uso compressione in uscita per non modificare l’interpretazione dei musicisti.
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