Un viaggio all’Havana sulle tracce di Zucchero
Siamo andati a curiosare nello studio di registrazione che Zucchero ha utilizzato per registrare il suo ultimo disco La Sesión Cubana...
di Alfio Morelli
Ci siamo recati fino all’Havana, sull’isola di Cuba, per andare a curiosare nello studio di registrazione che Zucchero ha utilizzato per registrare il suo ultimo disco La Sesión Cubana. E per parlare del suo concerto.
Siamo partiti con molta curiosità, non solo per l’aspetto tecnico: eravamo molto incuriositi dal popolo cubano e dal suo modo di vivere nell’ultima realtà comunista esistente e resistente al nostro mondo consumistico ad oltranza.
Partiamo da Malpensa in un giorno di fine aprile, uggioso e con un po’ di pioggia, con quella leggera nebbiolina tipica in questa stagione nella zona brianzola. Arriviamo dopo dieci ore all’Havana, con un bel sole, una temperatura di circa trenta gradi, accompagnati da una leggera brezza: e il nostro umore è già cambiato in meglio.
I primi contatti con questa gente mettono subito a proprio agio: ci viene da descrivere il popolo cubano come un mix fra la gioiosità di un romano e il relax di un napoletano, ma con molta più calma e rispetto dello straniero.
Certo la lingua aiuta, perché con lo spagnolo per noi italiani è tutto più facile, tutti ti capiscono subito: non si riesce a fare un gran discorso intellettuale, ma a fini turistici ci si riesce a capire e a far comprendere con facilità e ci si può muovere tranquillamente ovunque.
Dietro consiglio di Laura Vergani, del management di Zucchero, avevamo contattato dall’Italia la brava e disponibile Giselle, signora cubana che ha lavorato con la produzione dell’artista emiliano durante la registrazione del disco e poi per il concerto. L’appuntamento è all’hotel, dove Giselle ci raggiunge per andare allo studio Abdala, che si trova nel quartiere di Miramar, sempre nella città dell’Havana.
Qui incontriamo Pablo Collazo Rivas, assistente di studio durante la registrazione del disco, e suo padre Eduardo Collazo Fuentes, direttore tecnico dello studio.
Ma prima di iniziare, vale la pena descrivere lo studio e raccontare la sua storia, alquanto particolare, legata alla figura di Silvio Rodriguez, uno dei cantautori più popolari di Cuba e del mondo latino (fra l’altro Premio Tenco nel 1985), da sempre attento alla divulgazione della “Trova”, la canzone tradizionale autorale cubana. Nel 1990 Silvio andò in Cile per uno dei suoi più celebri concerti dopo la caduta della dittatura cilena, e grazie a questo concerto arrivarono tanti soldi dai diritti d’autore, soldi che non era abituato a maneggiare, così decise di iniziare a costruire uno studio di registrazione, poi guarda caso donato allo stato, con cui dare la possibilità ai musicisti più talentuosi di esprimere e registrare la propria arte. Lo studio è diventato nel tempo il più bello e tecnologico di Cuba.
È formato da tre regie ed una sala di masterizzazione con materiale di altissimo livello, a cominciare dalla console principale, una bellissima SSL 4000G+ 56 canali, senza trascurare gli ascolti Genelec e le outboard di fascia alta più richieste. Immancabile il Pro Tools, affiancato ai classici multitraccia a nastro ormai prevalentemente in disuso come ovunque. Le tre regie fanno capo ad una sala di ripresa enorme, circa 25 metri di lunghezza per 15 di larghezza, con un’altezza di 6/7 metri. Insomma uno studio di tutto rispetto, in cui non mancano gli spazi ricreativi, compresa una cucina tipica cubana ed un bar ben fornito.
Pablo, come hai cominciato a lavorare in questo studio?
Questo lavoro mi è stato tramandato dalla mia famiglia: mio nonno lavorava qui e mio padre ci lavora tuttora; io ho seguito la loro strada studiando elettronica, così da essere assunto come tecnico.
Lavorate spesso con produzioni straniere?
Spesso no, ma ogni tanto succede che produzioni straniere chiedano di venire a registrare qui all’Abdala. La cosa per noi è molto stimolante, non tanto economicamente, perché noi siamo dipendenti statali, quindi la nostra retribuzione è pressoché uguale, ma perché con queste collaborazioni cerchiamo di arricchirci professionalmente il più possibile. Ad esempio in questo disco di Zucchero la produzione musicale è stata fatta da Don Was, produttore internazionale che ha lavorato con Elton John, Rolling Stones e tanti altri artisti importanti, e dal suo metodo di lavoro abbiamo imparato tanto. Non a caso, dopo questa ultima mia esperienza sono stato contattato da uno studio “particular” (parola che a Cuba significa “privato”) con cui attualmente sto collaborando.
Quindi attualmente non sei più un dipendente statale, ma ti sei convertito ad un lavoro “particular” per migliorare la tua posizione?
Ultimamente lo Stato cubano ci dà questa possibilità, possiamo intraprendere un’attività in proprio, ma lo Stato non ci assiste più e ci chiede delle tasse; per noi giovani è un’opportunità molto importante che ci dà la possibilità di migliorare il nostro status. Però abbiamo anche la fortuna che se questo esperimento va male lo stato ci riaccoglie ridandoci altre opportunità di lavoro.
Quanti studi ci sono a Cuba?
Nell’intero paese mi sembra che ci siano cinque studi controllati dallo stato, oltre a questo che è il più prestigioso; poi ci sono diverse nuove realtà private che cercano di emergere.
Le realtà private come fanno ad acquistare il materiale per aprire uno studio di registrazione?
La cosa è molto difficile, l’embargo con l’America ci penalizza molto, a volte per acquistare delle tecnologie americane dobbiamo fare delle triangolazioni assurde e normalmente più passaggi ci sono e più il prezzo aumenta; se poi ci metti il cambio sfavorevole ti rendi facilmente conto di cosa dobbiamo fare per poter avere tecnologia allo stato dell’arte.
Come ti sei trovato a lavorare nella produzione del disco di Zucchero?
Come ti dicevo è stato molto stimolante avere la possibilità di lavorare fianco a fianco con personalità internazionali. Mi rendo conto che il mio apporto non è stato essenziale, ma il fatto di aver preso parte alla produzione mi rende molto orgoglioso ed appagato.
Il concerto
Non potevamo tralasciare il racconto del concerto, visto che è il nostro pane quotidiano. Così, una volta tornati in Italia, abbiamo telefonato a Giorgio Ioan che, insieme a Fabio Carmassi, si è occupato della produzione del concerto all’interno dell’ISA (Istituto Superiore di Arte) all’Havana.
“Visto che a Cuba non esistono promoter o agenzie che organizzano eventi – ci spiega – già da molti mesi prima, Emiliano Bitti e Laura Vergani, con diversi viaggi e sopralluoghi, in collaborazione con il Ministero della Cultura cubano, hanno lavorato per darci la possibilità di arrivare a Cuba con il materiale e gli uomini per montare tutta l’attrezzatura senza intoppi burocratici e logistici di alcun genere. Così da Genova sono partiti cinque container via mare, seguiti da tre container via aerea con il resto del materiale. Abbiamo dovuto praticamente portarci tutto, compreso il ferro per il palco, gestito da La Diligenza, nella persona di Franco Comanducci; l’audio e le luci, come sempre, sono state fornite da Agorà e la scenografia da Tekset.
“Sempre dall’Italia – continua Giorgio – sono partite 31 persone, tra tecnici, fonici, backliner, lighting designer ecc. che hanno lavorato una ventina di giorni tra load-in e load-out. In venti giorni siamo riusciti anche, non con poco sforzo, a ritagliarci una giornata per goderci lo splendido mare dei Caraibi, e siamo anche riusciti ad azzeccare l’unica giornata piovosa! Oltre a tutto il nostro materiale, abbiamo utilizzato anche una parte di materiale preso sul posto, alcune illuminazioni di contorno ed i generatori che sono arrivati da un paese vicino. La difficoltà con i loro generatori è stata che a Cuba la corrente è a 110 volt, quindi una parte dei generatori li abbiamo dovuti ritarare a 220 volt per le nostre apparecchiature, mentre quello che pilotava le luci di contorno ed un video LED posizionato dietro la regia, anche quello preso in loco, era alimentato a 110 volt”.
Quali sono state le principali difficoltà nel lavorare a Cuba?
Delle difficoltà vere e proprie non ci sono state, diciamo che ci siamo dovuti adattare alla realtà ed ai ritmi cubani. Abbiamo inizialmente organizzato all’interno dell’Istituto una sala prove, in cui Zucchero e la band provavano la scaletta del concerto, mentre noi all’esterno montavamo il palco. Poi negli ultimi due giorni abbiamo spostato tutti gli strumenti sul palco per la prova generale. Per i cubani è stato un evento straordinario, ci sentivamo un po’ marziani, in pratica quello che succedeva negli anni Ottanta da noi quando arrivavano le prime grosse produzioni straniere. Un palco del genere non lo avevano mai visto montato e sono rimasti folgorati dall’impianto audio: non avevano mai sentito suonare così forte e così bene. Tutta L’Avana parlava di questo bluesman italiano che ha fatto costruire un palco immenso nel parco dell’ISA. Inoltre, normalmente, a Cuba i concerti si tengono di giorno, quindi anche tutti i giochi di luci per loro sono stati una novità. Insomma... anche noi, nel nostro piccolo, ci siamo sentiti delle celebrità.
Alla fine di questo meraviglioso viaggio e di questa avventura, in parte vissuta direttamente ed in parte raccontata da Giorgio Ioan, ci siamo fermati per fare un resoconto a mente fredda. Sicuramente da questa esperienza di vita abbiamo ricevuto più di quanto abbiamo portato. Abbiamo scoperto un popolo che, anche se molto più povero di noi, ha molta più dignità e gioia di vivere. Sono rimasto letteralmente sconvolto quando, parlando con un cubano conosciuto in hotel, mi ha detto che stava rifacendo il tetto della sua casa, ed avrebbe speso la cifra di 85 CUC, l’equivalente dei nostri 70 euro. Lo stesso giorno avevamo fatto un’escursione in un’isola vicina ed avevamo speso 150 CUC, cioè quasi due tetti: pazzesco! Abbiamo scoperto con stupore che, nonostante i cubani vivano mediamente con 30/40 euro mensili, sono molto più felici e rilassati di noi, anche perché bisogna considerare che lo Stato pensa a tutti i bisogni primari: lavoro, casa, istruzione e sanità oltre ad un piccolo stipendio garantito a tutti. È quindi normale e comprensibile che i turisti che si permettono di spendere in un’escursione l’equivalente di due tetti, siano anche visti come qualcuno a cui spillare qualche euro o qualche dollaro, cosa che però avviene sempre con molta dignità e senza invadenza. In fondo facevamo la stessa cosa negli anni Cinquanta o Sessanta sulla Riviera romagnola e in tutte le città turistiche italiane, quando cercavamo di far spendere più valuta possibile ad americani o tedeschi.
Ho avuto la conferma che, tutto sommato, per vivere dignitosamente non occorre poi tanto denaro, e che noi spendiamo per cose davvero superflue più della metà del nostro stipendio, cose che certo ci allietano la vita, ma il cui possesso è fonte di non poche tensioni. Sembra invece che nell’isola di Cuba gli studi di psicologi e psichiatri lavorino molto poco.
Ci siamo anche chiesti se per i cubani sarebbe un affare cambiare il vecchio Fidel con la nostra combriccola di Berlusconi, Letta e Grillo... ognuno risponda per sé!
IL VIDEO DELLE REGISTRAZIONI DI ZUCCHERO NELLO STUDIO ABDALA
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