D’Alessandro e Galli
Un’agenzia libera e indipendente.
di Alfio Morelli
Un’agenzia singolare sotto diversi aspetti che, sebbene non legata ad alcuna multinazionale dello spettacolo o a case discografiche, lavora con i più bei nomi della musica internazionale. Dalle due sedi, al di fuori dei circuiti classici del business, Lido di Camaiore e Brescia, organizza alcuni dei più bei concerti e festival della Penisola.
Incontriamo Mimmo D’Alessandro nel suo ufficio in una bella villetta a Lido di Camaiore, in provincia di Lucca, sede della società. Ci riceve cordialmente e così, messici comodi, gli chiediamo di raccontarci il suo percorso professionale.
“Ho mosso i primi passi in questo mondo a Napoli, alla fine degli anni Settanta – ci racconta –. Ma era una zona abbastanza difficile, mentre allora l’ombelico del mondo era la Versilia, con locali come la Bussola di Bernardini. Lì si facevano i concerti più belli, con i nomi più importanti a livello italiano ed internazionale. Come per molti, il mio sogno era quello di lavorare proprio con Bernardini alla Bussola, sogno che dopo qualche anno si avverò, quando ebbi occasione di conoscerlo e di collaborare con lui nella gestione del locale. In quegli anni ebbi l’onore di lavorare con artisti del calibro di Louis Amstrong, Miles Davis, Ella Fitzgerald, Ray Charles, Tom Jones, assieme a Renato Carosone, Renato Zero, Adriano Celentano e per l’ormai mitico ultimo concerto live di Mina. Per il capodanno dell’85, ricordo, organizzammo per la RAI, a rete unificate, il capodanno alla Bussola, ed anche quella fu una produzione importantissima.
“In questi stessi anni, con la mia società, On The Road, – continua D’Alessandro – demmo vita ad una collaborazione molto stretta con David Zard per portare in Italia Spandau Ballet, Duran Duran e David Bowie. Bowie era il mio mito, e riuscire a lavorare con lui era il raggiungimento del punto massimo a cui sarei mai potuto arrivare in questa professione. Come spesso succede, quando pensi di essere arrivato all’apice delle gratificazioni, può succedere di rilassarsi un po’, proprio quello che stava succedendo a me. In quel periodo incontrai casualmente all’Arena di Verona, Adolfo Galli, che gestiva a Brescia una piccola agenzia di Jazz. Era un ragazzo pieno di entusiasmo e pieno di sogni, ma al tempo non gli diedi molta importanza. Continuammo a sentirci telefonicamente e capitò casualmente che dovessimo entrambi partire per New York lo stesso giorno per lavoro. Così organizzammo il viaggio insieme e proprio durante quel viaggio sentì in lui quell’entusiasmo che io allora avevo forse un po’ smarrito: nacque dunque la collaborazione con Galli. Il primo lavoro insieme avvenne 1987, in occasione del tour italiano di Joe Cocker. In quel periodo un giovane cantante, un certo Fornaciari, prometteva bene, esplorando un filone nuovo per un italiano, il blues. Proponemmo a Coker di farlo esibire assieme a lui, e arrivarono tre concerti ‘sold out’. Era l’inizio di una proficua collaborazione fra me e Galli che ci avrebbe portato a formare una società vera e propria, per l’appunto la D'Alessandro e Galli.
“Io già avevo come collaboratori Diego Bertuzzi e Elena Cagnacci, due persone speciali, alle quali devo parte del mio e del nostro successo. Diego era un responsabile di Radio Babilonia, una radio libera locale, al quale di organizzare concerti non passava nemmeno per la testa. Visto che parlava bene l’inglese, cominciai a fargli accompagnare gli artisti stranieri nei loro concerti italiani, e nel tempo si è inserito nelle dinamiche della produzione, rimanendo con noi e diventando uno dei più qualificati produttori e colonna portante della nostra azienda. Elena ha invece iniziato come cassiera alla Bussola e, ritenendola una persona capace ed onesta, ho cercato di coinvolgerla nel mio lavoro: lei ci ha messo del suo, ed oggi è una business manager di livello internazionale che altre strutture ci invidiano. Non voglio poi dimenticare Germano Amoruzzo: adesso non lavora più con noi, ma insieme abbiamo fatto un pezzo di strada importante”.
Quando chiediamo se nel suo DNA la società sia più un’azienda management, un promoter, un produttore o semplicemente un organizzatori di concerti, D’Alessandro ci risponde senza pensarci troppo: “La nostra è una struttura indipendente – afferma – a differenza di altre società che fanno parte di multinazionali, per di più noi lavoriamo dalla provincia, quindi non siamo niente di specifico, ma nella nostra lunga storia professionale abbiamo acquisito tutte queste professionalità, e secondo l’occasione ci immedesimiamo in questa o in quella figura, e qualche volta anche in più ruoli contemporaneamente.
“Nella nostra storia abbiamo fatto il management di Giorgia – continua – lavorando con lei per ben 14 anni, l’abbiamo fatta cantare con Ray Charles, abbiamo portato gli Eagles a Lucca, abbiamo organizzato festival, prodotto programmi televisivi, come nel ’92, per RAI 1, in seconda serata, quando abbiamo prodotto dodici puntate del programma Alta Classe, che ha visto esibirsi oltre cento artisti italiani e internazionali. Siamo insomma una struttura a 360° che cerca di lavorare sempre al massimo delle proprie possibilità, perché lavoriamo prevalentemente per passione e non solo per un riscontro economico. Facciamo un lavoro unico e meraviglioso: creiamo emozioni. Non esiste moneta che può ripagare l’emozione dello spettatore che assiste all’esibizione del suo idolo, o riuscire a dare contemporaneamente a 30/40/50 o 100 mila persone la cosa che in quel momento desiderano maggiormente. Credimi: a volte queste emozioni valgono ben più di qualche euro in tasca”.
Quando gli chiediamo di parlarci del Summer Festival di Lucca gli si illuminano gli occhi...
“Lucca è la città ideale – risponde – è a trenta minuti dal mondo. A trenta minuti dalla Versilia, trenta minuti da Firenze, trenta minuti da due aeroporti internazionali quali Firenze e Pisa, molto ben servita dalle grandi vie di comunicazione, piena di cultura e storia, con dei borghi meravigliosi. La gente ci viene volentieri perché si sta bene.
Non possiamo non chiedergli il suo punto di vista sui cambiamenti in corso nel mondo delle produzioni live, soprattutto quelli riguardanti la sicurezza sul lavoro:
“Per quanto riguarda il nostro metodo di lavoro – ci dice sicuro – non è cambiato niente, è solo stato ufficializzato quello che noi facciamo da sempre. Purtroppo tutto ciò ha aumentato la burocrazia, cosa che a volte rallenta i lavori. Ma bisogna essere lucidi: se consideriamo che abbiamo avuto tre morti in venticinque anni, che comunque sono sempre troppi, nel confronto ad altri settori ci rendiamo conto che nel nostro mondo le regole si rispettano e che il metodo di lavoro è fra i più sicuri”.
Cosa pensa, da agenzia sul prezzo sempre crescente dei biglietti? E di chi lamenta un eccessivo cachet per gli artisti?
“Posso assicurare che ancora nel nostro paese il prezzo dei biglietti è meno caro rispetto ad altri paesi della Comunità. Posso supportare questa affermazione vedendo i biglietti del Summer Festival che vengono acquistati dall’estero. Grazie ai voli low cost, e ai costi di pernottamento, per uno straniero è più conveniente venire a Lucca a vedere il concerto del suo artista preferito. Mentre per quanto riguarda il compenso degli artisti, sono abbastanza d’accordo, ma non condanno gli artisti. In fondo succede come nel calcio: se una squadra vuole un campione offre un ingaggio maggiore, questa purtroppo è la dura realtà del mercato, e comporta che le società più potenti hanno i nomi più belli alzando l’offerta d’ingaggio. Nella nostra realtà succede la stessa cosa: le multi nazionali dello spettacolo si accaparrano a suon di milioni i nomi più belli e ‘drogano’ il mercato. Gli artisti cosa dovrebbero fare? Se qualcuno offre sempre di più loro accettano, sarebbe stupido il contrario. Questo però toglie sempre più risorse da dedicare agli esordienti, ed è infatti uno dei tanti motivi del successo dei talent in TV, orami l’unico trampolino per molti giovani che invece di una lenta e dura gavetta, si vedono nell’arco di pochi mesi lanciati sotto i riflettori dello showbiz, e non tutti reggono fino alla fine”.
Non rimane che concludere con il nostro consueto tormentone: il sogno nel cassetto!
“Una volta era lavorare con David Bowie – risponde sorridendo D’Alessandro – poi è arrivato Galli che mi ha convinto a proseguire. Adesso è Stevie Wonder: vorrei tanto organizzare un evento con lui che rimane il mio idolo. Se riesco a fare questo prometto che poi mi ritiro”!
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