Ornella Vanoni Tour 2014
Un filo di trucco un filo di tacco tour… l’ultimo tour 2014
Un filo di trucco, un filo di tacco: questa frase della madre di Ornella è il filo conduttore dello spettacolo, che dovrebbe, ed uso il condizionale, coincidere con l’addio alle scene di questa grande artista italiana. Tutte le produzioni teatrali di Ornella si sono sempre distinte per le collaborazioni importanti che ne hanno caratterizzato la regia o la scenografia; per Ornella il ritorno in teatro è un momento di grande rigore, dove nulla può essere lasciato al caso e dove l’artista vuole offrire al suo pubblico ed ai suoi fans il meglio di se stessa.
Il concerto, prodotto da Martino De Rubeis, si chiama Un filo di trucco un filo di tacco… l’ultimo tour ed è un viaggio che l’artista compie, per raccontare, con la sua solita sincera ironia, tutto ciò che ha vissuto nel mondo dello spettacolo, la sua visione dei sentimenti e dell’amore e l’arte della seduzione. Recital di canzoni e parole, memore di una vecchia scuola, quasi Gaberiana, dove la musica lascia spazio al racconto e viceversa. Troviamo Ornella in uno dei teatri del tour e appena entrati ci colpisce un clima di eleganza e sobrietà, perfettamente in sintonia con il periodo che l’Italia sta attraversando, riscoprendo il gusto di fare senza essere eccessivi, di utilizzare più le idee che il portafoglio.
La produzione e le luci
Veniamo accolti da un personaggio che in questo tour ricopre vari ruoli, tra i quali anche quello di tour manager, ma che in realtà si è occupato del disegno luci: Cesare Albani.
“Come puoi vedere – racconta Cesare – il palco è veramente essenziale, abbiamo la band posizionata sul lato destro del palco, il resto della scena è dedicato ad un unico elemento, una chaise long rossa, unico oggetto tridimensionale che compare sul palco, tutto per non togliere importanza alle proiezioni che appariranno sul fondale e che sono la vera scenografia dello spettacolo.
“Abbiamo potuto in questo modo ridurre, innanzi tutto, i costi dei trasporti, ma anche i tempi di allestimento e il personale richiesto in tour: ci muoviamo infatti con una piccola motrice ed un’auto per i tecnici, minimizzando i problemi di permessi e accessi ai centri storici, dove normalmente si trovano i teatri di questa tournée.
“Per quanto riguarda il mio lavoro reale in tour – continua Cesare – quello di lighting designer, sin dai primi momenti della progettazione e del disegno luci ho sempre pensato allo show di Ornella come se fosse una galleria d’arte e le sue canzoni dei fantastici e stupendi quadri da ammirare, assaporare, gustare.
“Poi ho visionato le magistrali scenografie di Giuseppe Ragazzini (scenografo) e tutto si è praticamente realizzato.
“Per un’artista di questo spessore – spiega Cesare – e soprattutto per questo suo ultimo tour di ‘addio alle scene’, occorreva creare qualcosa di veramente sobrio ed elegante, che non annoiasse ma che non fosse nemmeno troppo intrusivo, per non distogliere o distrarre l’attenzione del pubblico.
“Ho già lavorato, in passato, con lo scenografo Ragazzini e la nostra buona sintonia ci ha permesso di ottenere un visibile e ottimo risultato pienamente corrispondente alle nostre aspettative, ma soprattutto con un impiego modesto di materiali.
“In questo spettacolo – continua Cesare – Ornella racconta e ripercorre tutta la sua vita, artistica e personale e, per metterla a proprio agio, sul palco sono stati inseriti degli elementi scenografici con i quali interagisce, meticolosamente studiati e scelti dal regista.
“Tutta la programmazione dello show è stata affidata alla mia fedelissima Compulite Vector, con la quale controllo anche il Media Server Arkaos.
“Sinceramente – conclude Cesare – apprezzo anche altre console luci come MA, Hog 4 (con la quale ho anche fatto la prima parte del tour); secondo un mio personale giudizio, attualmente le tre o quattro aziende leader nel settore realizzano tutte mixer luci altamente performanti e spesso la scelta viene fatta per praticità o abitudine di programmazione. Ho cercato di descrivere maggiormente l’aspetto ‘emotivo’ delle luci che quello tecnico, perché ritengo sia il primo aspetto da considerare per ottenere un buon risultato”.
La scenografia
Incuriositi, chiediamo direttamente a Giuseppe Ragazzini maggiori approfondimenti sul suo lavoro.
Come sei arrivato a questo lavoro?
Ho iniziato come pittore tradizionale e poi ho cominciato ad animare con il computer i miei personaggi dipinti. Così è iniziata questa “deriva” dell’animazione pittorica e delle video scenografie.
Come definisci il tuo lavoro?
È difficile da definire e questo in realtà da una parte è una fortuna e dall’altra un limite. Io mischio diverse discipline: la pittura, l’animazione, la fotografia, la grafica, la scenografia. Credo che spesso il risultato sia qualcosa di tradizionale ma allo stesso tempo innovativo ed originale. C’è da dire però che, in un momento in cui tutto deve essere “catalogato”, soprattutto in ambito artistico, se fai più cose la gente pensa che non ne sai fare bene nemmeno una.
Da che concetto parti per realizzare le tue immagini?
Quando dipingo sono completamente libero, e non so mai cosa verrà fuori. Quando lavoro per una scenografia ovviamente è diverso e cerco di adattare il mio linguaggio e di declinarlo secondo il tema o le suggestioni che mi dà l’autore o il testo. Per un concerto musicale bisogna stare attenti a non “prevaricare” e a fare un lavoro che accompagni armonicamente la performance dell’artista. Non bisogna strafare, perché il rischio, lavorando su grandi fondali proiettati, è quello di “distrarre”, mentre un lavoro riuscito è quello che rafforza e spettacolarizza la performance dell’artista.
Che programmi usi per realizzarlo
Parto da un disegno o da un’immagine trattata pittoricamente e poi la elaboro e la animo attraverso diversi programmi; per l’elaborazione delle tavole uso per lo più Photoshop, per la postproduzione After Effect e per le animazioni Anime Studio Pro.
Come ti sei trovato nella produzione Vanoni?
Molto bene, ormai non è la prima volta che lavoro con questa produzione.
Qual è stata la parte più difficile?
Direi trovare il giusto linguaggio per uno spettacolo che si muove fra musica e teatro e dunque richiede diversi registri. A volte ho usato tavole scenografiche che “ambientavano” la performance in un luogo, altre volte ho dovuto cercare la sintesi della metafora attraverso un’illustrazione o un fondale astratto.
Cosa pensi del risultato?
Sono molto contento del lavoro e delle critiche che ha avuto, ma anche del fatto che Ornella si senta molto a proprio agio in scena: l’artista si deve sentire “protetta” e non minacciata dalle immagini che accompagnano la sua performance.
L’audio in sala
Continuando la passeggiata in teatro, troviamo nella regia audio una vecchia conoscenza di Sound&Lite: Luciano Graffi, sound engineer già diverse volte a fianco della Vanoni.
Luciano, tu che sei della “vecchia scuola”, come hai impostato il lavoro in questo tour e che tipo di materiale hai scelto di utilizzare:
Vi ringrazio di avermi dato praticamente del vecchio, ma in effetti devo ammettere che collaboro con Ornella Vanoni da oltre 25 anni, e mi rendo conto di avere compiuto insieme a lei i grandi passi che hanno segnato il nostro lavoro tecnico, cioè il passaggio dal PA tradizionale ai line array e dai banchi analogici a quelli digitali. Non farò sicuramente un’operazione nostalgia ricordando le immense regie analogiche con almeno quattro rack tra outboard, alimentatori e servizi, però in un tour di ricordi come questo, qualche piccola immagine legata ai vecchi Midas XL3 –XL4 e Yamaha PM5000 ci sta anche bene! Tornando ad oggi, il lavoro è partito da subito con la richiesta da parte dell’artista di cantare e recitare avendo sempre le mai libere; io sapevo che questa richiesta poneva un limite alla qualità della voce, ma le scelte dettate dalla regia sono state più forti e ci siamo dovuti adeguare. A questo punto la mia richiesta al service è stata quella di avere un sistema affidabile con antenne attive e un microfono headset con capsula cardioide. La proposta è stata quella di un sistema Sennheiser ew500 G3 con capsula Sennheiser HSP4 che abbiamo utilizzato per tutto il tour. Sinceramente non posso dire di essere pienamente soddisfatto, non del sistema in sé, del quale riconosco qualità e affidabilità, ma per il fatto di non avere potuto utilizzare i soliti microfoni che da sempre utilizzo per la voce di Ornella, cioè il Neumann KMS105 e, nel caso di sistemi radio, lo Shure KSM9. La capsula che cambiava spesso posizione rispetto alla bocca, la mancanza di possibilità di gestione da parte dell’artista della distanza dal microfono sono state alcune delle difficoltà; una sera poi siamo impazziti per un paio di orecchini che urtavano sulla struttura metallica dell’archetto e che non si vedevano perché nascosti dai capelli, generando un ticchettio fastidiosissimo.
Per il resto è una situazione molto standard, il banco è un Avid Venue con il quale ho ormai un ottimo rapporto e mi piace utilizzarlo sia ultra programmato, cioè con anche più di una scena a pezzo, o come in questo caso, come fosse quasi un banco analogico, usando una sola scena e andando a modificare i parametri degli effetti in modo manuale. Uso praticamente tutto internamente al banco; ho, come mia abitudine, un piccolo rack esterno con un Lexicon PCM 90 e un TC DTwo che utilizzo per la voce e uno Yamaha SPX 990 per il rullante. Ho anche un bellissimo compressore Summit TLA 100 che utilizzo sempre sulla voce alternandolo alla sua versione virtuale. Inoltre sulla voce utilizzo anche il compressore del canale, creando una sorta di doppia compressione che mi serve per fare il suono e gestire in modo più preciso la grande dinamica della voce di Ornella.
Per tutto il resto la situazione è veramente standard: la batteria è microfonata con il mio set classico, ovvero Shure SM91 sulla cassa (questa volta non l’ho utilizzato insieme al Beta 52 perché la richiesta del suono è stata di impronta più percussionistica e con una cassa relativamente piccola e sonora il 91 risultava perfetto), i tamburi con Beta 98 e panoramici con AKG C414. Il rullante è stato ripreso con un SM57 accoppiato ad un AKG C414 per la cordiera, il charleston (è bellissimo chiamarlo alla vecchia) con un AKG C451B.
Abbiamo anche un piccolo set percussivo integrato alla batteria ed un cajon sul quale ho fatto un po’ di esperimenti perché non eravamo contenti del risultato ed alla fine abbiamo trovato un buon compromesso utilizzando un solo SM57 all’interno dello strumento. Il resto è molto semplice, sono praticamente tutte D.I. box su tastiere, basso e chitarre e devo dire che il palco è molto pulito. Come PA utilizziamo un d&b audiotechnik Q1/Q7 che riusciamo quasi sempre ad appendere; abbiamo otto Qsub che montiamo variandone spesso il numero e la configurazione: in linea, a cardioide, in stack... e sinceramente, quando riusciamo a trovare il modulo giusto rispetto alla location, la differenza si sente”.
L’audio sul palco
Andiamo sul palco, dove troviamo alla gestione del monitoraggio Giovanni Barbone che ci racconta come ha impostato il suo lavoro.
“Lavoro con Ornella Vanoni per la prima volta – ci dice Giovanni – ma devo dire che sta andando piuttosto bene, lei non fa mai richieste precise, sta a me fornire un mix che le consenta una buona intonazione e una gestione della voce non affaticante; devo dire che raramente viene a fare il sound check e il lavoro lo facciamo insieme alla band, a Daniele e a Luciano sul palco.
“Come materiale – continua Giovanni – sto utilizzando un Avid SC‑48 con il quale mi trovo molto bene ed con cui ho un bel feeling. Il monitoraggio è composto da due Martin LE350 per Ornella, che sono un pò più basse e non troppo ingombranti sul palco, mentre per la band, che ho la fortuna di avere vicino a me, utilizzo delle classiche Martin LE400”.
Qual è stata la cosa più difficile del tour?
Sicuramente il fatto che non esiste la figura del backliner, ma montiamo gli strumenti insieme a Daniele, che ufficialmente si occupa del PA: all’inizio un po’ la cosa mi preoccupava per via dei tempi, ma poi insieme a Carlo (direttore di scena) ci siamo dati una mano e il lavoro fila liscio.
Hai dovuto fare attenzione a qualcosa in particolare?
La nostra preoccupazione principale è stata il microfono radio di Ornella: non avendo la possibilità di darle uno spare a mano, ho dedicato molta attenzione al posizionamento delle antenne e alla ricerca delle frequenze più pulite. Per fortuna la band è molto equilibrata e riesco a tenere dei volumi contenuti sul palco.
Lo show
Parte il concerto e le proiezioni, insieme ai contributi registrati con le voci fuori campo, danno subito l’idea della regia teatrale che sta dietro al progetto; anche le luci, molto eleganti, sottolineano le posizioni sul palco senza mai prevaricare le immagini. Il suono corre leggero, il volume è perfetto per un ascolto teatrale e la band risulta sempre al servizio dello spettacolo con Ornella protagonista.
Sicuramente anche questa nuova produzione di Ornella Vanoni non lascia indifferente il pubblico che, uscendo, si complimenta con i tecnici in regia lamentandosi per la mancanza di qualche pezzo in scaletta, ma tanto ormai lo sappiamo: ci saranno altre occasioni per sentirli. Arrivederci Ornella.
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