Giorgia - Senza paura Tour

La cantante romana ritorna in tour con un’ottima produzione, capace di proporre una musica di livelli altissimi ed un visual curatissimo ed intrigante, pur nell’intelligente rispetto dei limiti di budget che il momento richiede.

di Giancarlo Messina

Non è più tempo di mega-produzioni e di passi più lunghi della gamba. Ma questo, sotto il punto di vista della creatività, può anche essere positivo, lì dove i dodici bilici di produzione vengono compensati dalla fantasia e dalla cura del dettaglio; magari puntando maggiormente su quella che poi è l’anima di un concerto: la musica.
È per questo che il nuovo tour di Giorgia ci è piaciuto non molto, ma moltissimo.
Una produzione Live Nation Italia difficilmente risulta banale, ed infatti anche in questo caso, seppur compresso in quattro bilici di materiale, lo show di Giorgia è quanto mai avvolgente e godibile fin in fondo.
Inutile dire dell’artista e della sua voce, che amiamo incondizionatamente, perché anche chi non si esalta per il pop romantico non può non restare incantato dalla sua tecnica e dai suoi virtuosismi, ma soprattutto dall’entusiasmo e dalla felicità del canto che ad ogni nota sembra trasmettere la sua voce: una giocosità che trasforma la tecnica in emozione.
A questo si aggiungono la band eccezionale e la produzione artistica musicale affidata a Michele Canova, la cui mano è presente, e in maniera ben evidente, in tutto lo show. Il risultato è un concerto bellissimo, che già sarebbe splendido ascoltare con la band illuminata di bianco.
Invece anche il visual è stato molto curato, affidato allo studio Giò Forma e seguito da Claudio Santucci. Lo special più interessante è proprio ad inizio concerto, con il gioco di proiezioni fra il fondale e lo schermo mobile in tulle posto davanti l’artista. Ne abbiamo apprezzato soprattutto l’uso creativo, grazie alla precisione ed allo studio dei contributi video proiettati che valorizzano l’idea invece di banalizzarla, come non di rado ci capita di vedere. Perché molti non capiscono che il lavoro certosino sulla qualità dei contributi video utilizzati è fondamentale per ottenere il massimo da qualsiasi situazione: non basta fare girare dei video qualsiasi per dire “abbiamo i video”. In questo caso Giorgia appare immersa in oggetti tridimensionali, con le lettere delle parole che sembrano uscire dalla sua bocca con un bellissimo effetto. Unico limite la necessaria prospettiva frontale, poiché il pubblico delle tribune laterali ovviamente non ha potuto gustare pienamente la suggestione 3D.
Inutile dire che tutto ciò è stato supportato da un team tecnico di primissima qualità; a cominciare dalla diffusione sonora curata dal bravissimo Andrea Corsellini e realizzata col sempre valido V‑DOSC: equilibrio pop ed incastri perfetti fra i tanti delay, ma anche la giusta aggressività nei brani più elettronici e “canoviani”, con la voce sempre grande e suadente protagonista. Molto interessante anche il lavoro del lighting designer Trent O’Connor, con meravigliosi colori e bei quadri, di impronta più rock che pop, a dire il vero, ma sempre con un’eleganza di fondo che ben si addice al concerto.
Insomma, come si sarà capito, lo show ci è piaciuto tantissimo, come la capacità della produzione, con il sempre più bravo Alberto Muller, di utilizzare la creatività e la cura dei dettagli piuttosto che le camionate di materiale.
Ma ecco dalla voce dei protagonisti le informazioni tecniche su questo lavoro.

Alberto Muller
 Direttore di produzione

“Il progetto è di Giò Forma – ci racconta Alberto – seguito da Claudio Santucci, mentre il disegno luci è di Trent O’Connor in co-regia con Santucci: Claudio ha, infatti, curato la co-regia della parte dei contributi video, i quali sono stati generati e coordinati da Mikkel (M. Garro Martinsen – ndr) e Stefano Polli. Il progetto nasce per essere contenuto nei volumi, quindi abbastanza snello da trasportare, ma di forte impatto. Siamo riusciti a far entrare tutto in quattro camion – che per noi è un grande risultato – e abbiamo una crew abbastanza ridotta: tre elettricisti per le luci, tre fonici e tre backliner. Siamo, quindi, riusciti a fare un passo indietro rispetto alla tendenza che ci contraddistingueva nell’ultimo periodo, ovvero quella di avere numeri più grossi, pur mantenendo – a mio avviso – risultati significativi. Le aziende coinvolte sono Agorà per audio e luci, STS per la parte video, Scena4 per la scenografia, mentre la produzione è ovviamente Live Nation Italia.
“Per riuscire ad adattarci facilmente in ogni venue – continua Alberto – chiediamo sul posto un palco standard da 16 x 12 metri, senza alette e con tre scale, più le varie pedane e pedanine. Diciamo che,  essenzialmente,  noi portiamo una trama con uno schermo da 16 x 8 metri, divisa in due parti: una viene mappata e l’altra, contenente del LED, è una sorgente di luce. Così tutto è affidato all’interazione tra il contributo, la luce e quello che succede sul palco, perché la parte musicale è ovviamente molto importante, e si sente!
“Oltre me – spiega Alberto – in produzione lavorano Massimo Iacoboni, Fiona Mackay, Alberto Barbarelli e Federica Bellini, che è il nostro tour manager. Poi abbiamo Gianluca “Gana” Ganapini, come rigger, e due carpentieri, Gianluca Corti e Damiano Pellegrino. Si tratta di una squadra con la quale, negli ultimi anni, ho lavorato molto bene e che quando posso cerco di ricostituire. I camerini sono gestiti localmente, cioè non abbiamo portato dietro la dressing room assistant, perché l’abbiamo ritenuta una figura non necessaria, considerando che l’artista si porta dietro il suo personal, la sua stylist e la sua truccatrice.  
“Il calendario – conclude Alberto – prevede approssimativamente un travel ogni due date, per tre settimane di tour. Abbiamo qualche giorno di pausa tra Milano e Torino, ma è una produzione che ci permette di fare dei back to back, perché avendo 38 motori nella versione full, riusciamo ad entrare anche la mattina alle 10.00 ed essere pronti per il soundcheck alle cinque di pomeriggio.

Andrea Corsellini
 Sound engineer FoH

“Sono subentrato ad Alberto Butturini, impegnato su altri fronti – racconta Andrea – e mi sono subito trovato a mio agio, anche perché il produttore musicale è Michele Canova, con cui collaboro da tempo. Le prove si sono svolte in uno studio di registrazione a Roma, con la mia regia separata ed ascolti molto simili al timbro del PA che avrei avuto in tour, e con il produttore musicale spesso presente. In effetti mi è stata lasciata carta bianca, proprio per il rapporto di fiducia ormai assodato. Michele ha mischiato elettronica e dance, ma senza mai discostarsi troppo dagli originali per non snaturarli, definirei il genere musicale come ‘pop ricercato’.
“Da tempo volevo eliminare le outboard – continua Andrea – ed adesso che con i plug-in siamo arrivati a livelli qualitativi davvero altissimi, ho davvero pochissime macchine esterne: il momento di andare in tour in America con la sola chiavetta USB si sta avvicinando.
“Uso il Waves SoundGrid installato nella DiGiCo SD7, cosa che mi permette di avere dei plug-in stupendi. Ma bisogna sottolineare che con Giorgia è quasi tutto semplice, perché ha un’emissione spaventosa che mi permette di raggiungere risultati davvero da studio, perché il rapporto fra il suo segnale ed il rumore di fondo è risibile, e ciò significa più dinamica e controlli più raffinati.
“Su sua richiesta – dice Andrea – sto usando moltissimi delay, proprio perché molte canzoni vivono su questi delay, tanto che io glieli rimando in IEM e ci giochiamo insieme.
“La catena della voce di Giorgia parte da un microfono Shure KSM9, poi il segnale entra nello splitter DiGiCo, dove viene preamplificato, e da lì nel bus insert dedicato alla voce di Giorgia. Infatti su questo sistema si possono avere 32 bus stereo, e su ciascuno si può assegnare uno strumento con una catena di otto effetti stereo, che aumentano se il canale è usato in mono. Così Giorgia ha un bus mono con un de-esser, un compressore, un equalizzatore, un multibanda e, alla fine, il pacchetto del limiter. Dopo di ciò, su un altro bus esterno dedicato, c’è l’EQ che crea il suono finale. Tutto in SoundGrid, con l’equalizzatore della console che non viene praticamente usato.
“Ma anche sugli altri strumenti uso queste catene – aggiunge Andrea –. Insomma lavoro in una dimensione sicuramente più digitale rispetto al passato ma non qualitativamente peggiore: sentendo la qualità dei riverberi la prossima volta lascerò a casa anche i riverberi esterni, infatti questa estate, con Vasco Rossi, non avrò niente di esterno, solo i Transient Designer perché non esiste il plug-in corrispondente.
“Voglio concludere dicendo che una delle cose più belle di questo lavoro è il rapporto con l’artista che coinvolge molto me e Umberto Polidori, il fonico di palco, considerandoci parte della band e valorizzando quindi il nostro ruolo: questo è ovviamente molto gratificante. Nota di merito infine per il sempre bravissimo PA engineer Antonio Paoluzi ed i tre backliner: Simone Palenga, Maurizio Magliocchi e Francesco Serpenti”.

Trent O’Connor
 Lighting designer

“Sono australiano – ci dice Trent – ma vivo nel Regno Unito da una decina d’anni. Probabilmente ho questo lavoro perché ho recentemente lavorato per Live Nation Italia come operatore con Eros Ramazzotti, con il design di Jvan Morandi. Precedentemente avevo fatto l’operatore per Eros con il design di Baz Halpin nel 2006... però ho veramente conosciuto Roberto De Luca e Antonella Lodi durante l’ultima tournée di Eros.
“Ho cominciato a fare le luci quando avevo 13 anni – racconta Trent – così sono cresciuto usando le Jands, le console australiane disponibili all’epoca. Lavoravo come ‘lampy’ (tecnico luci o elettricista – ndr) per Jands negli anni Novanta, e lì ho imparato a programmare altre console. La mia azienda si chiama Rig This, Light That. Faccio solo disegni luci, non palchi o set, come fanno le design company di Jvan o Baz.
“Lo show- e il set-design qui sono di Giò Forma – continua Trent – con cui ho lavorato strettamente per coordinare le luci con il resto dello show. Ne è nato uno spettacolo bello, secondo me: i ragazzi di Giò Forma sono molto bravi”.
“Il design si basa su un tema naturale, una specie di ‘nido’, ed i designer hanno prodotto tutti i contributi basandosi sempre sulla natura, con un effetto tridimensionale.
“La mia filosofia – spiega Trent – con il disegno e la programmazione delle luci si può sintetizzare in: ‘meno è più’. Quando sono uscite le console con dei motori d’effetto interni, tutti hanno cominciato a farne uso quasi sempre. Io credo ancora che si dovrebbe poter programmare uno show senza usare un motore d’effetti. Sì, si fa uso degli attrezzi disponibili,  ma, in questo show in particolare, il gioco è tutto su un look semplice.  
“Giorgia è una cantante pop, ma penso che si presenti sul palco come una vera cantante rock: i sui dischi sono diversi, ma dal vivo è impressionante, così nello spettacolo ci sono diversi look da rock-and-roll, ma anche momenti molto teatrali.
“Ho iniziato la programmazione off-line – ci dice Trent – nel mio studio, per una settimana.  Poi siamo stati a Livorno per un’altra settimana per la vera programmazione. Ho lavorato da mezzogiorno alle otto di mattina per cinque o sei giorni... ma non è inusuale questo: occorre essere presenti quando c’è la band, ma anche quando non c’è nessuno, per programmare liberamente.
“Ho usato LightConverse a casa, ma poi ho scoperto che la musica dal vivo è molto diversa da quella registrata, così è stato molto più utile il tempo sul posto che quello di preproduzione a casa.
“Il service è Agorà – ci dice il lighting designer – e ci sono stati gigabyte di e-mail prima dell’allestimento!
“Avevo pensato di usare gli XC5 SGM, perché intendevo usare molto il pixel-mapping, con i Robe Robin 600... sfortunatamente non avevano una quantità adatta per farlo, così ho deciso di usare i BB7 I‑Pix. Alle fine mi sa che sono più adatti questi di quanto lo sarebbe stata la mia scelta iniziale. Ovviamente sono meno versatili e fanno solo quello, ma sono molto più potenti e, specialmente perché li sto usando nella modalità a 63 canali, posso mappare su tutti i pixel, ed i pixel unici sono molto più d’impatto. Per questo, alla fine, sono contento che siamo arrivati a questa scelta.
“Sto usando poi i Martin Mac 2000 Wash XB con lenti PC – spiega Trent – che vanno benissimo: danno più impatto come wash rispetto ai piccoli Robin, in particolare per uno show abbastanza rock. Avevo richiesto una trentina di Sharpy, ma ne avevano disponibili solo 14, così ho sostituito gli altri con degli Alpha Beam 700 e, di nuovo, non ci si può mai lamentare dei proiettori Clay Paky.
“Gli Sharpy sono disposti sette per lato – continua Trent – appesi sulle ‘scale’ e sparano attraverso il palco. Ci sono cinque ‘dita’ che vengono avanti dal truss in back. Su questo truss ci sono 16 Alpha Beam 700, mentre su ogni ‘dito’ ci sono tre BB7 e quattro Mac 2000XB. Alla punta di ogni dito ho messo due Alpha Profile 1500 per i look della band, ecc. Normalmente avrei usato dei Source Four per quello, così è un po’ diverso, ma con quelli posso comunque tagliare... sono fantastici. Sto usando anche 20 Lase Arrays, di ER Productions, e due Laser Burst in blu.
“Grazie ai ladder (sorta di scalette flessibili che sostituiscono le americane per la sospensione dei proiettori – ndr) che Agorà non aveva di serie e abbiamo costruito sul posto, c’è un effetto molto interessante nell’ultimo brano, dove scateno un po’ tutto. Con il movimento degli Sharpy, questi ladder si muovono in simpatia e, come effetto aggiuntivo, ho un inaspettato ma molto efficace movimento in pan dei BB7 e anche dei laser.
“Mi piace molto usare i ladder – spiega Trent – perché se dovessimo tirar su una truss ogni giorno ci vorrebbe molto tempo. Invece, con questi, si aggancia tutto insieme abbastanza rapidamente e si va su veloci. Agorà potrà semplicemente usarli per qualsiasi successiva produzione, aggiustando la lunghezza che occorre.
“Infine, per terra ho dieci Atomic 3000 con scroller e una fila di Alpha Beam 700 dietro. Oltre quelli ci sono dei DWE buttati in giro sul rig.
“Come controllo, sto usando una ChamSys MQ100 con un wing. Ho due di questi, uno attivo ed uno spare. Poi ci sono tre Catalyst con i contributi. Tutto il video viene mandato attraverso la console luci. Dalla console passa tutto in Ethernet su cavi Cat5 e Cat6, questo arriva direttamente ai buffer per le luci e ai dimmer.
“C’è solo un cuestack in timecode – conclude Trent – perché su un brano ci sono i testi che passano in sincronia sul video. Altrimenti è tutto controllato live. Giorgia e la band sono così dinamici... seguono la scaletta ma possono anche mettersi ad improvvisare e suonare secondo la serata. So che, negli spettacoli molto complessi, il timecode aiuta moltissimo ma, con una band e una cantante come questi, non posso e non vorrei perdere il feel per la musica”.

Marco Bazzano
 Responsabile video crew STS

Marco ci racconta il lavoro di STS: “Forniamo una regia video con cinque telecamere – due con operatore, due remotate ed una fissa – e delle proiezioni realizzate con quattro Barco 20.000 in americana per il fondale, mappate col Catalyst, ed un Christie in FoH. C’è pure una piccola striscia LED alla base del palchetto dei musicisti.
“Siamo in cinque tecnici: la regia video dà il segnale al Catalyst che è utilizzato per la messa in onda e sul quale viene svolto il grosso del lavoro per proiettare sul “nido” e le immagini in 3D nella prima parte dello show. In palazzetti più grandi usiamo anche due barco 20.000 su due schermi laterali per l’I‑Mag.
“I contributi sono solo grafiche – continua Marco – tranne uno che prevede alcune apparizioni dell’artista, e sono stati preparati da Trent e Santucci; Steve Polly e Mikkel hanno poi fisicamente realizzato i contributi veri e propri.
“Io seguo la regia live al mixer video – dice Marco – collaborando con i ragazzi alle camere, ovviamente: non ci sono momenti dello show ed inquadrature prestabilite, ma abbiamo avuto carta bianca e quello che stiamo facendo credo stia piacendo abbastanza. Il montaggio del live dipende dalla canzone: è sempre sul ritmo, e spesso le canzoni vogliono dei giochi più romantici che rock, con immagini mai effettate, sempre flat, che semmai il lighting colora con le sue luci.
“Con me – conclude Marco – lavorano Mattia Napoli, tecnico per il montaggio che poi usa la camera sotto palco, Francesco Previti, operatore Catalyst che soprattutto lavora alle mappature dei pixel sul nido, Max Giovine, controllo camere in regia ed utilizzo della brandeggiate, Carmine Linetti, il mio primo operatore, sta in FoH con un’ottica lunga, 36X, che contribuisce alla buona riuscita dello show”.

 

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