Noemi - Made in London Tour

Trasferitasi nel Regno Unito, quest’artista acclamata dai critici ha autoprodotto il suo terzo disco, consolidando la propria identità cantautorale e abbracciando una chiara influenza britannica. In tournée in Italia, questa volta è stata Live Nation Italia ad appoggiarla per una serie di date primaverili nei principali teatri italiani e un successivo giro estivo nelle piazze.

In ogni competizione soggettiva, dal pattinaggio artistico al Festival di San Remo ai talent show televisivi, c’è la possibilità che il vero vincitore non sia il concorrente scelto dalla giuria. È stato così per Surya Bonaly a Nagano nel ‘98, che non se ne poteva fregare di meno di un’altra medaglia e ha dimostrato la sua indiscutibile superiorità atletica piantando perfettamente l’atterraggio del vietato reverse aerial per la grande gioia del pubblico e in grande spregio della giuria. Siamo in tanti a ricordare quella mossa – anche noi bifolchi che di pattinaggio non sappiamo niente – ma la maggior parte di noi non si ricorda (se sapeva mai) chi ha effettivamente preso l’oro. Così è anche stato anche per Veronica Scopelliti, in arte Noemi, nel lontano 2009 nella seconda edizione del talent show X‑Factor. Eliminata dalla gara diverse settimane prima della finale, questa talentuosa ragazza ha comunque “vinto” un contratto discografico niente di meno che con Sony e, ancora più importante, ha trovato una base devota di fan tra il pubblico.
Meno di cinque anni dopo questo esordio, Noemi aveva già due dischi in studio e un doppio disco dal vivo nei suoi crediti, oltre ad innumerevoli collaborazioni con artisti storici, molteplici premiazioni, due brani in una colonna sonora di un film di Disney e un ruolo da mentore in un altro talent show televisivo. Il passo successivo è stato un trasferimento in Inghilterra... un trasloco fisico e psicologico, giudicando dal suo disco del 2014, Made in London.
Questo disco rappresenta non solo un maggior impegno compositivo da parte di Veronica, con sette degli undici brani firmati o co-firmati da lei, ma un passo verso l’internazionalità, con composizioni in lingua inglese e con collaborazioni di alcuni noti cantautori britannici.
Ad aprile di quest’anno, l’artista si è imbarcata in una tournée in teatri e auditori di dimensioni medie, seguita da una tranche estiva nelle grandi piazze. Prodotto e promosso da Live Nation Italia, lo spettacolo è stato concepito per riflettere la nuova direzione dell’artista, con l’aiuto del lighting designer Massimo Tomasino e di Tekset, per quanto riguarda la scenografia, di Manuele Canu alla regia audio e di Lombardi Service per la fornitura audio, luci e video, tutto coordinato in tour dal direttore di produzione Francesco Vurro.
Noi avevamo progettato di vedere il concerto in versione esterna il 3 settembre a Cava Degli Umbri, nella Repubblica di San Marino; in questa data, però, le condizioni meteorologiche non hanno collaborato; siamo così tornati “all’estero” per intercettare la data sostitutiva, svoltasi al Teatro Nuovo, a Dogana, sempre nella RSM.

La produzione

Facciamo una chiacchierata con Francesco Vurro, direttore di produzione per Live Nation Italia, per capire il concetto e la logistica di questa tournée.
“Questo tour  – ci racconta Francesco – è cominciato ad aprile con un allestimento durato dieci giorni nel Teatro San Domenico di Crema, per partire poi con l’anteprima a Milano, al teatro Dal Verme, e proseguire con 10 teatri.
“A questa produzione  – continua Francesco – abbiamo lavorato a quattro mani: l’artista, Massimo Tommasino, Igor Ronchese di Tekset ed io. L’artista ha preso spunto dal nome del disco: Made in London e l’idea era quella di una skyline della città di Londra sullo sfondo. Il mio compito era quello di far rientrare nelle economie una struttura che potesse essere adattabile a qualsiasi venue, all’aperto e al chiuso. Avevo già un quadro ben chiaro dei teatri da affrontare. Un bel giorno, con in mano almeno dieci disegni diversi, ho chiamato Massimo, dicendogli che la skyline era irrealizzabile e, quindi, di pensare un disegno che fosse in stile ‘british’, autoportante e che non ci vincolasse con i tetti con copertura portante... proprio per snellire il tutto anche per il tour estivo.
“Massimo mi ha mandato questo disegno di cinque strutture Layher affiancate alte sei metri (oggi sono quattro per questioni di spazio), per un totale di dieci metri di larghezza e tre di profondità. Il progetto mi è piaciuto ma, a quel punto, il problema è stato la sistemazione della band. Ho chiamato Igor e Veronica e l’idea che è venuta fuori è stata di sistemare la batteria e le tastiere ad un’altezza di 1,8 metri, con chitarrista e bassista sotto. Questa sistemazione ha permesso di far rimanere tutti in due pedane da 2 metri x 2, per dare comunque spazio alla scena e non occupare tutto con il backline. Per questo Massimo ha proposto l’idea di mettere un video dietro i Layher.
“Inoltre – conclude Francesco – essendo Veronica un’artista femminile e facendo date nei teatri, abbiamo optato per il colore bianco delle pedane, per dare un tocco di eleganza e allo stesso tempo d’impatto e concreto, ovvero facendo molta attenzione alla trasportabilità della scenografia. La scena standard è larga 12 metri. Naturalmente tutta l’opalina realizzata da Igor è per dare trasparenza. Sotto abbiamo delle pedane PAV. Questo progetto è stato particolarmente oneroso anche perché, cambiando la struttura tra interno ed esterno, l’allestimento indoor e outdoor ha costituito una doppia spesa anche per l’ingegnere a causa della doppia relazione di idoneità statica. All’aperto è una macchina che funziona al 100%, perché ha sfogo a 360°; all’interno lavora bene perché c’è il buio totale che all’aperto non si avrà mai, e sono comunque molto contento perché si tratta di una struttura d’impatto che in teatro solitamente non si vede, se non forse nei musical”.

Quali sono le tempistiche della produzione e il calendario?
Questa è una produzione che inizia la mattina alle nove e mezza e alle cinque siamo pronti per il line check. Il calendario è stato molto comodo nella versione primaverile, e anche nella versione estiva devo dire che Live Nation è stata selettiva: solo diciotto date spaziando dai festival ai concerti a pagamento con alcuni gratuiti in piazze veramente grandi. L’ultimo è stato ad Andria con 25.000 persone dove abbiamo montato anche dei delay. L’agenzia ha l’obiettivo di crescere insieme all’artista. Tutto ciò comporta, naturalmente, degli oneri economici aggiuntivi: non facendo molti back-to-back e molte date estive i costi d’ammortamento aumentano, ma la nostra scelta è stata quella di investire su un’artista in cui noi crediamo molto e che ha margini di crescita impressionanti.

Il video è appoggiato alla struttura Layher?
È sostenuto da una base di 1 metro, sempre in Layher, con sopra dei ganci per tenerlo fermo. Tra il video e la struttura Layher verticale c’è uno spazio di 5 cm. Ribadisco che, tutto sommato, è una produzione abbastanza snella: viaggiamo con un bilico pieno ma caricato in maniera molto intelligente, più cinque auto spesate da Live Nation e tre auto per i tecnici. In tutto, questa produzione muove venticinque persone tra tecnici luci, un macchinista per la scena, un PA man, un fonico di palco, due backliner... una bella famiglia, insomma, e anche piuttosto affiatata. A tal proposito ci tengo a dire che lo staff di Veronica è lo stesso da circa cinque anni e ha vissuto la nascita di questo spettacolo. Due settimane prima dell’allestimento, Veronica, Massimo, Igor ed io ci siamo visti quasi tutti i giorni a Milano a tavolino a buttare giù le idee – ovviamente il mio ruolo era quello del “Signor no” – e tutti insieme siamo riusciti, spendendo il giusto, a portare avanti una produzione piuttosto innovativa per il genere.

Chi sono i fornitori?
Per l’audio, le luci e i video abbiamo Lombardi Service, per la scenografia Tekset, mentre il backline è in gran parte della band, il resto è stato noleggiato dalla Mokke’s.

È un tour che andrà avanti anche nella stagione invernale?
Abbiamo una bella idea per l’inverno, ma ci stiamo ancora lavorando, e dovrebbe interessare i club, ma questo significa un riallestimento e un riordino di idee. Vogliamo dare spazio alla musica, quindi via la scenografia, anche perché i club in Italia non permettono di portare al seguito grandi strutture.

L’audio in sala

Per avere informazioni sulla situazione dell’audio, chiediamo al fonico FoH, Manuele Canu, di spiegarci il suo lavoro.
“È il più classico possibile che si possa inventare in una situazione del genere – spiega Manuele – nel senso che la band è abbastanza classica: batteria, tastiere, basso con i synth, corista e cantante, che suona anche qualche pezzo con il piano. Ci sono, inoltre, otto canali di sequenze. Nell’impostazione indoor, la batteria ha il plexiglass che, con un batterista che ha la manina pesante, aiuta a dare un suono più pulito, anche sacrificando un po’ il suono della batteria.
“Il basso – continua Manuele – non ha una cassa, sono due canali: uno va dritto in DI e un altro va in pedaliera, ma di fatto è un drive. La chitarra ha due 4 x 12” Marshall fuori dal palco. Precedentemente, nei teatri, abbiamo usato gli isobox e nell’estivo abbiamo spostato le casse lontano, dietro il palco. Essendo una data rimandata dalla fine dell’estivo, siamo qui con l’assetto estivo. A produrre suono sul palco, comunque, ci sono la batteria e il Leslie, microfonato con tre SM57: L e R e uno sotto; ma non è uno strumento predominante nel mix. Il mio proposito è di prendere come riferimento il disco, in cui dell’Hammond con il Leslie c’è veramente poco; diciamo che è più un gusto del tastierista e che, come tale, deve stare al suo posto. Ci sono momenti in cui viene fuori, ma lo tiro su a mano quando proprio c’è bisogno”.
“In tutto – conclude Manuele – mi arrivano al banco meno di 50 canali. Per il mixaggio, sia in sala sia sul palco, abbiamo delle Yamaha CL5, collegate in rete Dante col controllo del guadagno in mano al mio collega al palco, Max Casagrande, mentre io uso il guadagno compensato. Pensavamo fosse più importante per lui avere il controllo di base. Dal palco comunque mi arrivano dei guadagni ben fatti”.

Vedo che tutti usano gli IEM... i wedge sono d’emergenza?
Un po’ di mix c’è sempre comunque, perché l’artista toglie e mette gli in-ear di continuo; sul palco gli artisti hanno bisogno di fisicità, le volte in cui il palco è stato troppo pulito, quando i sub non entravano per niente, Veronica e i musicisti hanno accusato un po’.

Questo ti crea problemi in una sala del genere?
Qui sì, perché arriviamo da un set up e dai dei mix fatti per stare all’aperto con i volumi su senza problemi. La sfida di oggi è stata quella di ribilanciare l’impianto per il teatro, anziché per le piazze. Il mix è sempre quello, ma l’impianto è quello che abbiamo usato all’aperto, lo Spektrix, con numero di teste variabili in base allo spazio: 8 o 12, massimo 12 e 12 con dei front da aggiungere. I sub sono sei in totale. Il numero dei sub è stato un cambiamento in corsa, perché eravamo partiti con due sub per lato e due doppi T21 che facevano la parte infra. Così l’impianto, secondo me, lavorava meglio, ma ci siamo adattati a questo cambiamento.

Come tratti la voce di Noemi?
Radio Shure Beta 58 al preampli Yamaha sul palco; poi, via Dante, in un canale del CL5. Da qui semplicemente esce su un omni-out dal banco, entra nell’Avalon e ritorna su un altro canale, che è realmente il mio canale voce. Preferisco l’Avalon 737 perché è un equalizzatore “da mano”, comodo per fare gli interventi anche durante il pezzo. A volte vado anche a pre-amplificare con l’Avalon, per avere un po’ più di presenza.

Le luci

Finalmente, poco prima dello spettacolo, rubiamo qualche minuto per fare un paio di domande a Massimo Tomasino, il lighting designer.

Come nasce e come si evolve questa produzione?
Lavoro con Veronica dal 2010. Quest’anno mi ha chiamato e mi ha proposto questo Made in London Tour, ovvero un allestimento che richiamasse le atmosfere “british”, quindi anche un po’ rock. Sono stato poi contattato dalla produzione con l’input di fare qualcosa di leggero ma di particolare. Da qui l’idea di, anziché usare le solite truss americane, fare un appendimento tutto in back di Layher. Che poi il tutto è nato da un sogno: un palco fatto solo di Layher, animato posteriormente da una parete video. Il primo disegno che ho mandato a Francesco Vurro è piaciuto subito, in più Veronica mi ha chiamato per suggerirmi delle soluzioni, ad esempio la batteria, le tastiere e le coriste sopraelevate. Ho fatto il disegno, ma a Francesco ho detto subito che mi sarebbe servito l’aiuto di uno scenografo, non tanto per le idee, quanto per la realizzazione di queste. Ci siamo quindi rivolti a Igor Ronchese di Tekset, che ha apportato valore al progetto suggerendo di ricoprire le pedane d’opalina bianca, quindi di illuminarle.

Qual è stata la richiesta per le luci?
A differenza del solito, non ho avanzato una vera e propria richiesta: loro mi hanno detto cosa c’era a disposizione e io ho scelto. Ci sono 14 spot Luxor, 12 Prime per gli effetti beam, 8 wash LED Cromo 601, 8 wash Reflex, e 12 Halupix – tutto materiale ProLights. Oltre quelli, ci sono 8 SourceFour  ETC da 750 W per i frontali, 10 DWE 2-cell e 16 barre LED Lumipix, per colorare l’opalina o la struttura. Per l’artista, c’è un singolo seguipersona da 2500 W. L’unica cosa che avevo specificatamente chiesto erano gli Halupix, che avrai visto spesso nei miei tour perché mi piacciono parecchio.
Il controllo è tutto svolto tramite una grandMA Full Size.

Il video come viene gestito?
C’è un media server collegato alla console con uno switch. In alcuni brani vengono mandati video veri e propri ma brevi, perché i videoclip non sono esattamente di mio gusto. Diciamo che, per la maggior parte, sono contributi grafici. Poi c’è la skyline di Londra, che inizialmente Veronica aveva pensato come immagine fissa, ma che secondo me sarebbe risultata troppo statica. Allora ho suggerito un video, o magari delle mappature di Londra con lo sfondo nero, in modo che non si percepisca che il video LED è intero ed emerga solo il profilo della città. L’idea è quella di usare il video in appoggio alle luci e, ripeto, per video non intendo il videoclip, perché a me, anche in concerti grossi, quello non piace in quanto vedo il concerto e il videoclip due cose separate, che non si fondono bene assieme.

Lo show

Noemi è una presenza molto coinvolgente sul palco, simpatica e sincera con il pubblico com’è in una conversazione. Mantiene su se stessa l’indivisa attenzione del pubblico e si ferma solo quando deve suonare il pianoforte. S’intuiscono nel suo personaggio le emozioni sincere di una cantautrice e non di una mera interprete.
L’audio è senza pecche: livelli ben regolati per la sala teatrale e con un mix caldo e nitido allo stesso momento. La voce, che durante il soundcheck temevamo si perdesse negli arrangiamenti, a sala piena viene fuori perfettamente.
La scenografia ha la caratteristica di essere percepita dal pubblico come imponente: alla distanze delle sedute in teatro, l’innalzamento di due dei musicisti a quasi due metri e della corista al centro a poco meno - tutto con superfici bianche - sembra creare dei contrafforti alla struttura Layher posta dietro su cui sono installati tutti i proiettori in controluce. Poi, quando entra in funzione lo schermo LED, il palco non sembra restringersi, ma equilibrarsi. Insomma l’effetto visivo, in generale, è veramente piacevole, così come il concerto e la serata musicale.
Insomma Noemi sembra davvero un’artista molto credibile: alla faccia dei detrattori dei talent.

NOEMI: L’INTERVISTA

Abbiamo avuto il piacere di porre qualche domanda anche all’artista, una persona proprio alla mano e carina.

Partiamo dal tuo tour: Made in London, nato perché hai registrato il disco a Londra, e mi hanno detto che vivi anche là; è perché ti piace o perché c’è dietro un progetto artistico?
Per entrambi i motivi: Londra mi piace e vorrei che il mio progetto potesse avere un respiro internazionale. Trasferirmi là è stato anche un modo per entrare in contatto con quello che magari in Italia fa un po’ più fatica ad arrivare o ci mette più tempo, a livello musicale ma non solo.

Quindi hai trovato là anche i musicisti?
No, per quanto riguarda i musicisti sono piuttosto nazionalista, mi piace suonare con gli italiani, perché secondo me abbiamo un gusto particolare. Poi, certo, è stato bello il contatto con i musicisti stranieri per il mio disco, hanno partecipato in molti, ad esempio Troy Miller, che era il batterista della Winehouse. Comunque sono molto contenta della mia band, mi piace suonare con musicisti italiani sia più giovani sia con grande esperienza, varie fasce d’età che apportano al sound della qualità. Anche perché sono tutti musicisti che provengono dal mondo della musica dal vivo ma meno turnisti... Diciamo che sono tutte persone che hanno a cuore il mio progetto, c’è il feeling da band.

È una cosa usuale quella di registrare l’album in studio con determinati sessionisti e poi partire in tour con altri turnisti?
Per quel che riguarda la mia esperienza, in realtà questa è la prima volta che non ci sono i miei musicisti nel disco. Ma si tratta sempre di motivi di produzione e logistica. In RossoNoemi, ad esempio, la maggior parte dei testi l’ho scritta insieme ai miei musicisti. E mi piacerebbe, nel prossimo disco, fare un mix tra i miei musicisti e dei session men, perché lo ritengo un tassello mancante all’interno di quello che è il mio mondo artistico.

E perché – lo chiediamo a te che sei la persona più indicata a rispondere – gli addetti ai lavori solitamente non sono molto d’accordo sugli artisti che escono dai talent?
Mah, principalmente credo perché gli addetti ai lavori ne hanno viste tante e hanno l’occhio clinico come chi fa il medico da trent’anni e riesce a fare una diagnosi a occhio nudo. Forse una cosa che gli addetti ai lavori potrebbero apprezzare in me è il fatto di aver suonato dal vivo nei locali, mentre la provenienza dal talent è a volte percepita come mancanza di gavetta e, in certi casi, è davvero così. Ma penso che questa onda gigante che bisogna cavalcare dopo la televisione... sia comunque una bella gavetta!

Quali sono i programmi?
Ad ottobre uscirà il mio terzo singolo che è collegato ad un film che sarà presto al cinema e che si intitola Ambo, tra il drammatico e la commedia, e la canzone che ho scelto come colonna sonora è Se tu fossi qui. Ci sarà, penso, un tour invernale, ma con un piccolo cambio di marcia: mi piacerebbe tornare ai club. Nella mia “gavetta” ho fatto parecchi club e secondo me sono il posto più bello in cui suonare, senza nulla togliere ai teatri, ma mi piace proprio il sudore del club. E poi, come si dice, è bello fare il giro del mondo ma uno poi a casa ci vuole tornare.

Ho letto che hai prodotto tu il disco, cosa in particolare?
Ho scritto quasi tutte le canzoni tranne Se tu fossi qui e Tutto l’oro del mondo; ho scelto i produttori, ho contribuito agli arrangiamenti, in particolare degli archi, ho suonato... Diciamo che ho tentato di non fare la femmina rompiscatole, ma quando uno vuole un abito su misura è normale che sia un po’ pignolo. Comunque c’è stata una collaborazione molto bella con il fonico, gomito a gomito sul mixer. Mi piaceva che questo disco avesse una bella pancia, a differenza dei dischi italiani che solitamente suonano molto sui medio-alti. E credo che questo disco alla fine suoni veramente bene.

Quindi sei una a cui piace “sporcarsi” le mani sul mixer?
Abbastanza direi! No, in realtà non mi permetterei di mettere le mani su un mixer non mio, perché la console è del fonico e non mia, e di sicuro ho grande stima delle persone che ho scelto, ma se queste prendono una via che per me non deve essere quella, sono sempre lì a fianco a rompere le scatole.

Mi dicono che hai collaborato anche alla scenografia...
Sì, ho disegnato la parte del palco insieme a Massimo Tommasino, ci siamo scambiati le idee e ho apprezzato molto l’idea che Massimo e Francesco Vurro hanno avuto dei muri di Layher. Diciamo che mi piaceva l’idea di collaborare al fine di rendere questa produzione non drammatica da portare in giro, perché so benissimo che noi musicisti saliamo sul palco e ci divertiamo, mentre gli addetti ai lavori fanno la parte più dura.

 

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