Il Teatro Romano di Verona
Completati i lavori di riallestimento.
di Alfio Morelli
Nuova ambientazione, nuovo palco, nuove sedute e nuovi camminamenti.
Un progetto eseguito dal Comune di Verona con la collaborazione dell’ufficio tecnico Layher e la verifica statica dell’ing. Franco Faggiotto.
Ci troviamo spesso in questa pagine a raccontare eventi svolti nell’altra, più conosciuta, struttura storica di Verona, l’Arena, che sta vivendo da quasi due secoli la sua ennesima vita da venue per lo spettacolo grazie soprattutto alla lirica. Ma il meno noto Teatro Romano è più antico di circa un secolo rispetto all’Arena, e nel periodo augusteo era un complesso che si estendeva dalla cima del Colle San Pietro giù per 60 metri fino alla riva dell’Adige, con terrazzamenti circostanti che arrivavano in piano con l’apice del colle. Al livello della riva, sopra l’Adige, dove c’è la scena, le logge e i muraglioni del retroscena si estendevano quasi dal Ponte Pietra (ancora esistente) al Ponte Postumio (scomparso nei secoli). Quest’ultimo era attrezzato per poter bloccare il corso del fiume e creare un lago in cui svolgere addirittura delle battaglie navali nella zona tra i due ponti.
Diversamente dall’Arena, il Teatro Romano è stato dimenticato per oltre un millennio, sepolto sotto le successive costruzioni e demolizioni di varie strutture, castelli e fortezze, ed è stato dissotterrato completamente solo all’inizio del secolo scorso; dal secondo Dopoguerra ha ripreso la sua funzione originale, con le prime stagioni dell’Estate Teatrale Veronese.
Da quest’anno il Teatro Romano ha un vestito nuovo, voluto dall’amministrazione a trent’anni dal primo allestimento che veniva smontato e rimontato tutte le stagioni. Per potervi raccontare meglio questo cambiamento, abbiamo incontrato sul posto tutti i protagonisti di questo rinnovamento tecnico e scenografico.
L’ing. Sergio Menon, progettista per il Comune di Verona, ci spiega: “La nostra esigenza era di correggere sostanzialmente alcune imperfezioni del precedente allestimento e migliorare la visibilità del palco, grazie all’estensione del boccascena da 16 a 20 metri. Il secondo aspetto molto importante che abbiamo affrontato – continua Menon – è la modularità della struttura di gradinata che ha richiesto, di fatto, una struttura fuori-serie, ma che fosse una volta per tutte progettata in spicchi omogenei, cosa che ci consente montaggi abbastanza veloce e soprattutto ci consentirà il recupero e il reimpiego di tutti gli elementi secondo standard di stoccaggio e di accantonamento del materiale codificati.
“Da ultimo – conclude l’ing. Menon – abbiamo colto l’occasione di integrare la fornitura con le nuove sedute, che sono state concepite con un sistema di sospensione direttamente dalla struttura portante della gradinata, a differenza di quello che capitava prima, quando le sedute venivano di volta in volta avvitate sui tavolati. Si può capire bene che l’avvitare uno, due, sei, dodici volte le sedute voleva dire perforare praticamente come una gruviera l’intero tavolato, riducendo di molto la durata dello stesso. Poi, come di consuetudine, abbiamo creato una leggera pendenza per consentire lo scorrimento dell’acqua, ed abbiamo sistemato la parte retrostante del palco in maniera da raccoglierla. C’è insomma tutto un ragionamento di progettazione e di realizzazione che tiene in debito conto questi aspetti che non sono dettagli, perché migliorano la fruibilità del teatro”.
Il progetto ha riguardato altre zone del teatro?
Sì, tutto è stato integrato con le zone per gli artisti, con la creazione di una serie di camerini, e con la zona d’ingresso. Su alcuni aspetti della progettazione siamo ancora in fase evolutiva: non siamo infatti partiti con un progetto in grado di affrontare tutte le problematiche esistenti, perché non avevamo le risorse finanziarie per farlo, ma siamo sulla giusta strada nel senso che, da adesso in poi, dobbiamo fare quelle integrazioni di forniture che andranno a correggere o migliorare alcuni aspetti. Il bar andrà sicuramente rifatto ed abbiamo già studiato come eliminare il problema delle barriere architettoniche, un aspetto assolutamente non trascurabile in un teatro da 1700 persone per garantire l’accessibilità ai disabili; quindi sono previste rampe d’ingresso e postazioni dedicate disabili in platea.
Chi ha realizzato il progetto?
Io parto dalla progettazione diciamo “di sistema”, poi la progettazione strutturale è stata fatta da un mio collega. Noi abbiamo in buona sostanza, come ufficio tecnico del comune, coordinato le esigenze delle produzioni teatrali e quelle del pubblico, mettendo in fila tutti i ragionamenti che si facevano da anni. È un tema un po’ complesso, perché inserito in un contesto archeologico di prevalente interesse per la città.
Nel lavoro è stata fondamentale la collaborazione dell’ing. Franco Faggiotto, che ha curato i calcoli e la documentazione, nonché della ditta Layher per la fornitura del materiale e la realizzazione delle parti speciali.
La struttura verrà rimossa e rimontata ogni anno?
È previsto lo smontaggio in ottobre, per far tornare la location un sito puramente archeologico, ed il rimontaggio in maggio. Il Teatro Romano nasce come un sito museale, il nostro obiettivo è stato quello di valorizzarne la fruizione con attività in grado di attirare del pubblico. Verificheremo già da quest’anno la bontà del sistema in termini di smontaggio e rimontaggio ma, fin adesso, possiamo dirci veramente soddisfatti.
Quali sono le problematiche previste per questa “semipermanenza”?
Uno dei problemi sarà la sostituzione dell’azienda montatrice perché non sarà facile trasmetterle il layout del montaggio, il layout dello stoccaggio del materiale e le procedure per riportare in sito l’opera completamente finita. Come ente pubblico infatti lavoriamo con delle gare d’appalto con cui è difficile fare una selezione preventiva di chi viene a lavorare... e può succedere di tutto. Adesso, come proposito, abbiamo cercato di fare almeno una gara pluriennale. Su questo aspetto abbiamo concordato con il fornitore, la ditta Layher, di avere tutte le tavole di montaggio con ogni dettaglio costruttivo, in maniera tale da mettere l’operatore nella condizione di poter dar corso dell’allestimento indipendentemente dal fatto di aver seguito o meno la fase dello smontaggio.
Quanto spazio c’è tra il pavimento originale ed il nuovo?
Gli spazi sono diversificati: in questo punto, vicino al boccascena, abbiamo circa quattro metri, perché c’è proprio il vecchio boccascena del teatro romano; qui sotto, tra le altre cose, c’è anche una passerella che consente le manutenzioni, il passaggio dei cavi ed il passaggio degli artisti per alcune scene. Dall’altra parte, invece, c’è uno spazio contenuto, il minimo consentito dalla struttura Layher (30 cm: la basetta più il piedino regolabile), perché c’è la necessità di raccordare la struttura piana della platea con la struttura inclinata che segue l’andamento della gradinata. La difficoltà progettuale è stata quella di sagomare la struttura prefabbricata dei gradoni tenendo in debito conto la struttura preesistente romana in pietra, per cui i piedini, gli appoggi e i passaggi delle travi sono stati coordinati sulla scorta di questo principio.
Aggiunge Menon: “Noi siamo contenti della collaborazione con i signori della Layher, perché, alla fine, seppur con le traversie di cantiere che sono inevitabili in questo contesto, vista anche la ristrettezza dei tempi a disposizione dalla data dell’aggiudicazione dell’appalto alla data della fornitura, siamo riusciti ad ottenere il risultato che volevamo e nei tempi previsti. È chiaro che se avessimo avuto qualche mese in più avremmo spinto maggiormente sulla progettazione esecutiva, migliorando forse qualcuna delle soluzioni adottate”.
Rivolgiamo qualche domanda anche all’ing Franco Faggiotto.
“Innanzitutto – dice Faggiotto – mi permetto di dire che la grande presenza dell’ufficio tecnico della Layher ci ha permesso, con la quotidiana direzione dei lavori sul posto, di risolvere in tempo reale molti problemi. Senza di loro il risultato della struttura non sarebbe stato questo. Mi piace quando c’è collaborazione e quando c’è una squadra di persone che si impegna seguendo quotidianamente il lavoro con la committenza”.
E qual è stato il tuo ruolo in questo progetto?
Ho collaborato con l’ufficio tecnico Layher per il calcolo delle strutture. A tal fine occorre tener conto di molti aspetti, come l’azione del vento, perché siamo in una zona 2 (da 25 m/s) ma con alcuni incrementi determinati dalla posizione, che comporta appunto un aumento del coefficiente di esposizione. Quindi si verifica la stabilità della struttura sotto carico del peso proprio e con sovraccarichi accidentali e con l’azione del vento. Occorre verificare la portata, in modo tale da permettere, come prevede la normativa sui carichi sospesi, di dare ai fruitori dati certi, in modo che conoscano la portata di ogni singola trave e quindi di quello che possono sospendere. Ovviamente poi ci deve essere un’ulteriore verifica di volta in volta.
A parte la complessità delle strutture, quali sono gli aspetti che ha trovato notevoli su questo progetto?
Quello di cui parlava l’ingegnere, cioè la creazione di uno schema di montaggio, perché la normativa prevede che per ogni struttura ci sia uno proprio schema di montaggio. Qui, non dico che sia la prima volta, ma è la prima volta che io vedo produrre realmente la documentazione richiesta dalla normativa. Cioè: la ditta che fornisce il materiale fornisce, oltre ad un progetto esecutivo, uno schema di montaggio, in modo tale che gli organi di controllo possano verificare se il montaggio è avvenuto nel rispetto di quello che prevedono le documentazioni.
E dei particolari tecnici del progetto?
Oltre a pezzi standard, utilizziamo dei pezzi speciali che permettono di non avere episodi di criticità che, sappiamo, possono risultare dai teli nei casi di eventi meteo. Questi permettono la tesatura del telo di copertura, e la tesatura del telo impedisce la creazione di sacchi in caso di abbondanti piogge che possono poi portare a criticità per l’accumulo d’acqua. Un’altra delle particolarità è che, una volta portato in quota il graticcio, la stabilità non è più affidata ai motori, ma a delle mensole su cui viene appoggiato. Quindi c’è la tranquillità assoluta che il motore non possa andare in crisi. Sono mensole standard, affisse ai montanti che stabilizzano la struttura, sia nel senso di un eventuale collasso verticale sia per evitare determinate oscillazioni in presenza di vento, perché ci sono dei collegamenti che permettono di non avere né rollio o beccheggio della struttura di copertura.
Il punto di vista del fornitore ce lo offre Roberto Visentini, direttore generale della Layher.
“Essendo un’azienda dell’hinterland veronese – ci dice Roberto Visentini – abbiamo vissuto per diverso tempo le problematiche del nostro Teatro Romano. Il sito storico, le esigenze di una struttura articolata aperta al pubblico e tecnicamente complessa per garantire equilibrio tra capienza e visibilità dell’evento, il tutto senza dimenticare che all’aperto risultava indispensabile gestire l’aspetto della sicurezza legato agli effetti derivanti dall’azione degli agenti atmosferici (vento e pioggia); tutto ciò ha reso il progetto ambizioso, ma con la consapevolezza di poter utilizzare un prodotto di indiscussa affidabilità.
“La prestazione statica del prodotto, i componenti a disposizione, la velocità di posa e la resistenza alle sollecitazioni dovute all’utilizzo hanno prodotto il risultato oggi visibile a tutti: un insieme composito di strutture caratterizzate da un’assoluta continuità funzionale (ingresso pubblico, platea, tribuna, palcoscenico ed area artisti).
“Nel medesimo sito archeologico, e con i medesimi ingombri, è stato possibile aumentare i posti a sedere di circa 80 unità, ampliare il boccascena sino a 20 metri e ottimizzare la linea di visibilità, per garantire la migliore visione dell’evento a tutto il pubblico. Il progetto della copertura del palco, delle aree di servizio e del camminamento artisti è stato affrontato tenendo in rilevante considerazione le reali azioni dovute agli effetti meteorologici del luogo. La grande copertura del palco offre inoltre la necessaria portata prevista dall’Estate Teatrale Veronese.
“L’installazione delle strutture ed il loro smontaggio hanno ed avranno una gestione dei tempi più ‘economica’, grazie al limitato numero di componenti fuori standard ed, in ogni caso, ripetitivi. Ulteriori vantaggi si ottengono per la limitata usura degli elementi e per la possibilità di adattare con semplicità l’intera struttura ad esigenze diverse. Un grazie quindi al Comune di Verona per la sua scelta di qualità, di ottimizzazione dell’investimento e di risparmio di gestione”.
da sx a dx: Ing. Alessandro Rosa (Resp.le Ufficio Tecnico Layher); Ing. Franco Faggiotto (Progettista) sig.ra Teresa Maietta (Direttore Vendite Layher); Ing. Sergio Menon (Progettista – comune di Verona); Sig. Roberto Vesentini (Direttore Generale Layher); Geom. Andrea Piovesan (Tecnico Layher). |