Cats - I gatti all'ombra del Colosseo
Massimo Romeo Piparo firma la versione italiana del celebre spettacolo di Broadway. Con Malika Ayane nel ruolo di Grizabella e tecnologie luci e audio mai viste nel mondo dei musical.
di Alfio Morelli - foto di scena Gianluca Saragò
Una colonia di gatti umanizzati cantano e ballano sulle rovine della Città Eterna.
È il debutto romano di “Cats”, una produzione internazionale della PeepArrow Entertainment in collaborazione con il Teatro Sistina.
Una versione firmata dal regista, produttore e adattatore di musical italiano Massimo Romeo Piparo, che ha dovuto affrontare e riportare al pubblico italiano le musiche di Sir Andrew Lloyd Webber e i testi del Premio Nobel T. S. Eliot, a 40 anni dal debutto a Broadway.
Sul palco la protagonista della produzione italiana è Malika Ayane, insieme a un grande cast di artisti e a un’orchestra dal vivo diretta da Emanuele Friello. E a noi fa piacere notare che sono protagoniste anche le tecnologie audio, luci e video portate dai professionisti italiani: nonostante si tratti di un grande classico del musical mondiale, la versione romana sceglie un approccio moderno e d’impatto, con video LED, con audio immersivo targato d&b audiotechnik Soundscape, e con sistema di tracciamento luci firmato Zactrack Lighting Technologies.
Massimo Romeo Piparo - Regista, Produttore e Adattatore
Sbaglio, o i musical in Italia stanno vivendo una loro giovinezza?
Guarda, forse sono tra i pochi che hanno creduto in questo genere di spettacolo in tempi non sospetti. Nel 1994 ho portato in Italia Jesus Christ Superstar con l’orchestra dal vivo, e molti dagli anni duemila hanno seguito la mia strada con successo. Ancora non possiamo dire che in Italia il musical abbia pienamente raccolto il favore del pubblico, dato che all’estero certi titoli di successo rimangono in cartellone per anni, mentre da noi rimangono solo qualche settimana, e solo nelle città principali. Comunque la tendenza sta migliorando, e penso che sia anche una questione culturale: mentre a Londra o a Broadway il pubblico accetta di spostarsi, in Italia siamo molto più pigri, il pubblico vuole lo spettacolo sotto casa, nella propria città, non accetta di fare i chilometri per vedere uno spettacolo. E questo è un motivo per cui Cats, oltre alle otto settimane in programma al Sistina, andrà probabilmente in tour dal prossimo anno.
Che tempi ha la produzione di un musical?
Io normalmente impiego due anni. Comincio con l’idea e la ricerca del titolo, poi con la fattibilità e l’acquisizione dei diritti. La produzione vera e propria parte un anno prima dello spettacolo: i primi sei mesi vanno per la creazione sulla carta, per la scrittura dell’adattamento, per la location, per la musica, eccetera. Poi si continua con la parte operativa, con il casting, la costruzione delle scene e la definizione della parte tecnica. Infine, a secondo della complessità, gli ultimi 30/60 giorni prima del debutto sono dedicati alle prove.
Quante persone vengono coinvolte in questa produzione?
Se consideriamo il cast completo, cioè attori, autori e tecnici, siamo più di sessanta. Di questi, quelli coinvolti direttamente nello spettacolo sono 27 sul palco, 9 in buca e 18 nel lato tecnico, più la parte amministrativa.
Cosa rimane dello spettacolo originale?
Abbiamo seguito il racconto fedelmente, ma abbiamo fatto delle variazioni per quanto riguarda l’ambientazione, la band e la parte tecnica. Originariamente il racconto era ambientato in una discarica, mentre noi l’abbiamo riportato ai piedi del Colosseo. Nella partitura originale l’orchestra era nascosta, mentre noi l’abbiamo portata in buca. Poi abbiamo usato molta tecnologia, con molti LEDwall, con i sistemi Zactrack e Soundscape. Gli inglesi hanno approvato tutti gli adattamenti, e quando hanno partecipato alle prove ci hanno riempito di complimenti.
Qual è il tuo punto di vista sull’orchestra dal vivo?
Questa domanda non la devi fare a me: per quanto riguarda i musical, io sono un acerrimo sostenitore della musica dal vivo! E’ la stessa differenza che corre tra un quadro di Van Gogh visto dal vivo o su uno schermo.
Detto ciò, è ovvio che esistano degli spettacoli dove la parte recitata è preponderante su quella musicale, e allora posso anche accettare una base musicale. Ma su uno spettacolo come Cats, dove il racconto è fatto da canto, musica o balletto, l’orchestra è una parte indispensabile dello spettacolo, e l’impatto emotivo è molto più coinvolgente.
Stessa cosa sulla tecnologia?
Assolutamente sì! Noi gente di spettacolo, noi produttori, dobbiamo seguire e capire l’evoluzione della società. Oggi tramite internet puoi avere tutto a casa, puoi acquistare a casa, puoi ordinare a casa, puoi vedere i parenti tramite video, e quasi non hai più occasioni per uscire. L’unica cosa che non puoi avere a casa è lo spettacolo dal vivo. Allora non c’è differenza tra il teatro o un concerto rock: io produttore devo darti le motivazioni perché tu decida di uscire di casa e venire in teatro. E lì, ogni volta, ti immergi in un mondo magico.
Non è più lo spettacolo di molti anni fa, fatto con artigianalità: oggi il pubblico è abituato alla tecnologia, alle meraviglie, e quindi ogni volta dobbiamo alzare l’asticella e stupirli. Con Cats, penso che l’asticella l’abbiamo alzata un bel po’.
Nel futuro di questo spettacolo è previsto anche un tour. Qualche anticipazione?
Anche in questo caso il progetto sarà un po’ particolare: vogliamo muoverci in proprio, portando con noi anche una tensostruttura che monteremo nelle piazze italiane per fare le nostre repliche.
Emanuele Friello - Direttore Musicale
Qual è il tuo ruolo, in dettaglio?
Il direttore di un musical lavora alla stesura dello spettacolo insieme al regista e al coreografo: crea da zero, oppure adatta, tutta la parte musicale dello spettacolo. A essere precisi, in questo caso ricopro i due ruoli: direttore musicale e direttore d’orchestra. Non sempre questi due ruoli coincidono: in altri spettacoli ho fatto solo il direttore musicale, in altri ho fatto il direttore d’orchestra. Inoltre, in questo ultimo periodo gli spettacoli sono sempre più tecnologici e complicati: serve una specializzazione di questa figura, dato che bisogna approfondire la conoscenza delle nuove tecnologie per gestire al meglio la propria professionalità.
Come hai vissuto questo sistema audio immersivo? Ha modificato il tuo modus operandi?
Lavoro con Piparo da diversi anni, e lui a ogni spettacolo mi dice di voler alzare un po’ l’asticella. In questo Cats, la tecnologia Soundscape è servita anche a questo, e credo che il fonico ve la saprà raccontare al meglio. È una delle variazioni che abbiamo ottenuto dagli inglesi, insieme al posizionamento dell’orchestra in buca. Questa sistemazione permette di avere un contatto più stretto con il pubblico, e ci dà la possibilità di percepire appieno il palco e tutto ciò che vi succede.
Da sx: Claudio Ruggero, fonico di palco, Davide Zezza, fonico di sala e Andrea Sala, microfonista.
Davide Zezza - Fonico FOH
Ci racconti le tecnologie implicate in questo spettacolo?
Senza scendere nei particolari tecnici e semplificando molto il racconto, partirei dall’inizio. Dopo aver fatto una serie d’incontri, sia con il regista sia con lo scenografo sia con il coreografo, abbiamo optato per questo tipo di microfonatura: tutte capsule omnidirezionali waterproof ad alta sensibilità. Fortunatamente in questo spettacolo, una volta posizionata la capsula in modo che possa convivere con il trucco, il lavoro rimane per tutto lo spettacolo e non è previsto nessun cambio di costume. In regia audio poi lavoro con un DiGiCo per la gestione della band e delle voci sul palco, e infine mando al Soundscape che a sua volta lo distribuisce ai cinque cluster dell’impianto audio.
Naturalmente lo spettacolo sarà tutto programmato?
Assolutamente sì, sarebbe impensabile riuscire a seguire tutto il programma in manuale. È stato dedicato parecchio tempo alla creazione della traccia di timecode, dove oltre ai click per i musicisti, ci sono tutti i controlli degli effetti. Lo stessa traccia arriva anche alla regia luci, dove sono memorizzate le scene.
Infine abbiamo una sezione monitor, con un suo mixer sul palco. Qui abbiamo creato 16 canali per i vari musicisti, che tramite un mixer personale si aggiustano il mix e l’ascolto. Sul palco abbiamo posizionato diversi diffusori, ma avevamo bisogno di una diffusione molto uniforme e con un livello basso: non potevamo sporcare l’alta sensibilità dei microfoni che i performer hanno posizionato sulla testa.
Scendiamo un po’ di più nel dettaglio di questo nuovo sistema.
Dunque, in questo musical abbiamo ben due sistemi innovativi, il Zactrack, che è un sistema di tracciamento e posizionamento, e Soundscape, che è un sistema per la diffusione dell’audio immersivo. Zactrack può seguire un artista che si muove sulla scena. Bisogna dunque posizionare dei sensori sul perimetro del palco e dare al sistema un’area in cui operare. Poi, bisogna posizionare sull’artista un sensore che rilevi la posizione e gli spostamenti che fa durante la performance. In questo modo il sistema luci lo segue negli spostamenti e il sistema audio lo segue nella spazialità della diffusione.
Con quali parametri lavora Soundscape?
Intanto bisogna inserire un disegno DWG del teatro, o di qualsiasi location dove si voglia utilizzare, tramite il sofware interno. È lui stesso a dirci che tipo di impianto dobbiamo usare – naturalmente diffusori d&b audiotechnik, visto che il sistema è stato progettato dalla casa tedesca, ma penso che si possano usare anche altri marchi. Poi dobbiamo decidere quali sono le fonti statiche, nel nostro caso l’orchestra, e quali sono le fonti dinamiche, nel nostro caso i performer, ai quali applichiamo dei sensori e affidiamo un’area operativa oltre la quale il sistema chiuderà il microfono.
Come hai posizionato i vari artisti?
La band è formata da nove elementi. Le tre tastiere hanno la parte più importante: ogni tastiera ha otto uscite, e noi abbiamo suddiviso e messo in posizione i 24 canali per simulare una grande orchestra. Già questo sistema ti restituisce una tridimensionalità del suono diversa da un semplice left e right. Per gli artisti, una volta montato il tracker, si abbina un canale del mixer. Poi è il sistema stesso a seguirlo e farci percepire il posizionamento dell’artista sul palco.
Non bisogna aspettarsi lo stesso risultato del 5.1 o similari, nati per il cinema. E non ci saranno oggetti che girano per il teatro o effetti mirabolanti: è un sistema pensato per riprodurre la musica, per migliorarla, valorizzarla, per trasportare lo spettatore al centro della scena.
Che sistema audio avete montato?
Naturalmente il sistema è formato da diffusori d&b audiotechnik. Come PA principale abbiamo montato cinque cluster formati da tre AL90 e quattro sub. In basso, sul fronte palco abbiamo diffusori d&b E8 e sotto la galleria altri sei diffusori per la parte finale della platea. In fondo alla platea abbiamo posizionato quattro d&b Q7. Poi lo stesso concetto lo abbiamo replicato in galleria.
Da sx: Alessandro Cavicchiolo - operatore MA, Emanuele de Rossi - capo elettricista/responsabile Zactrack, Malika Ayane - protagonista, Umile Vainieri - light designer, Emanuele Trichilo - responsabile video. Nella foto non è presente (assente giustificato) Nicola Mazzotti, Progetto Soundscape.
Umile Vainieri - Lighting Designer
Raccontami il tuo approccio con la tecnologia.
In questo spettacolo abbiamo utilizzato molta tecnologia, dai fari intelligenti a LED, che ormai sono di uso comune, a uno schermo LED di grandi dimensioni. Ovviamente l’uso di Zactrack è la vera rivoluzione nell’ambito musical.
Gli inglesi non usano tutto questo, ma ci hanno dato carta bianca con il solo obbligo di fargli visionare lo spettacolo prima del debutto. Sono venuti un paio di giorni prima, hanno visto lo spettacolo e ci hanno fatto i complimenti, senza apportare nessuna modifica.
Queste sono ancora le prime repliche, e ancora non abbiamo completamente il controllo totale di tutta questa tecnologia. Man mano che approfondiamo le funzionalità di questi sistemi, facciamo dei passi avanti. È una tecnologia che comunque non toglie il lavoro agli artigiani delle scenografie: c’è tanta scenografia classica che viene valorizzata dalla tridimensionalità dello spettacolo.
Quindi non si rischia di perdere l’apporto umano?
Come non è vero che i robot in fabbrica mandano a casa tutti gli operai, così i robot in teatro non mandano a casa le maestranze. È vero invece che ci vuole un continuo aggiornamento della propria professionalità: i ragazzi devono gestire queste macchine e partecipare al loro funzionamento durante lo spettacolo. Un rilevatore che ha dei problemi, posizionato male o con la batteria scarica può compromettere l’intero spettacolo, quindi ci vuole molta preparazione e metodo.
Cosa puoi dirci di Zactrack?
Il primo pensiero era quello di usarlo come seguipersona; poi però abbiamo optato per dei seguipersona classici da fondo platea, con operatore.
Usiamo il sistema anche in quei momenti in cui finisce una scena e gli artisti si fermano per l’applauso.
Normalmente, se gli attori non si fermano nel posto giusto, dove tu hai fatto la memoria, tutto l’effetto scenico si perde e l’applauso non arriva, mentre con Zactrack si è sempre sicuri che il momento sarà illuminato in modo perfetto. In altre scene bisogna seguire i movimenti dei gatti con dei sagomatori, e farlo manualmente sarebbe molto difficile e poco preciso.
Un altro uso è quello del volo di Malika Ayane: dobbiamo seguire e illuminare solo il volto dell’artista, e con un tracciamento manuale sarebbe stato quasi impossibile farlo alla perfezione e replicarlo tutte le sere, mentre con questo sistema è perfetto. Poi viene usato in altre parti meno appariscenti, che però fanno la differenza sul risultato complessivo.
Che supporto avete avuto dal service e dalle aziende?
Il supporto è stato fondamentale: Imput ha fornito il materiale, le aziende ci hanno supportato tecnicamente con i loro esperti di prodotto, sia durante il progetto, sia durante l’installazione, sia sopratutto nella programmazione.
Concludendo questa chiacchierata, dove ci porteranno queste nuove tecnologie?
Le tecnologie ci aiutano sempre di più a essere creativi e a proporre degli spettacoli più accattivanti e coinvolgenti. Penso che sia arrivato il momento di coinvolgere appieno anche la parte creativa e artistica in questa evoluzione tecnologica, in modo da cominciare a studiare e capire in che direzione stiamo andando.
Lo show
Dopo le interviste, dopo le ultime prove, dopo il count-down della partenza, arriva il momento dello spettacolo. Mi sono accomodato in una poltrona a tre quarti della platea, e mi sono goduto tutto lo spettacolo come uno spettatore tipo.
Il musical è sicuramente godibile, e basti come prova il numero elevato di sold-out registrati in queste prime settimane di rappresentazione. I costumi e i trucchi sono raffinati e d’impatto. La storia dei gatti è nota, parliamo in fondo di uno spettacolo che vive da quarant’anni di vita propria, e che è stato seguito in tutto il mondo da 73 milioni di persone.
Una riflessione sulla parte tecnica: mi aspettavo uno spettacolo più alla Pink Floyd, con laser, fuochi e fiamme.
Invece ho assistito a uno spettacolo tradizionale, con luci pulite e senza sbavature, e senza particolari effetti pirotecnici. Stessa cosa dicasi per l’audio: forse da questo suono immersivo mi aspettavo qualcosa di più evidente. Al MIR di Rimini avevo assistito a una dimostrazione, dove il confronto tra impianto tradizionale e immersivo evidenziava una grande differenza. In teatro invece, non avendo il confronto diretto, non ho potuto apprezzare appieno. Va comunque sottolineato che il suono era molto bello, definito e pulito.
Forse sta proprio qui la vera differenza con gli impianti tradizionali: le voci, al contrario di altri spettacoli, sono incredibilmente dettagliate e definite nello spazio, e infatti sono riuscito molto meglio a seguire tutta la recitazione, compresi i dettagli dell’orchestra dal vivo e dei suoni originali di “Cats”. In effetti, come ha dichiarato Massimo Romeo Piparo: “L’asticella si è un po’ alzata”.