Alla Scoperta del Catering
La Nostra Cucina Rock
Nessun essere umano indifferente al cibo è degno di fiducia.
Manuel Vázquez Montalbán
Di sicuro al catering nel backstage di un concerto non possiamo aspettarci che il menù preveda granatine di vialone nano all’erba cipollina con caviale Calvisius, tortino di rombo con riso, julienne di verdure e salsa di rapa rossa, tagliolini al granchio reale con cipollotto sfumato serviti nel carapace oppure tartare di capriolo selvatico con tartufo bianco. Troveremo piuttosto le pietanze e le calorie necessarie non solo per soddisfare un bisogno primario, per tutte le diete e tutti i palati, ma anche ricette rigorosamente di stagione, semplici e gustose. E allora mettiamoci in fila e aspettiamo il nostro turno: vassoio (con tovaglietta) in mano, posate, bicchiere, tovagliolo e pane.
Osvaldo Di Gennaro
Mediterraneo, Roma
Osvaldo Di Gennaro è stato uno dei primi, se non IL primo, ad inventarsi il mestiere, cercando di capire come riuscire a cucinare ovunque, con la sola necessità dell’acqua corrente, e come trasportare un servizio catering con luci e audio in tour. Un mentore del calibro di David Zard, poi molto altro, Di Gennaro è rimasto a bordo campo per un paio di anni, bisognoso di famiglia e normalità. Lo incontro al Forum, ringiovanito e bello fresco in occasione di una delle puntate del serialtour di Natale di Laura Pausini. Ci accomodiamo in un ripostiglio di 1 m2 adibito a spogliatoio.
Osvaldo, motivatissimo, racconta dei suoi successi partendo dalla “mossa vincente”, ossia il lavoro di squadra, con gli stessi uomini che da sempre lo affiancano, in grado di seguire anche tre tour contemporaneamente, senza perdere mai di vista “qualità e stile”. La squadra mediamente si compone di uno o due cuochi e di un responsabile di sala, oltre ad aiuti locali, per sfamare fino a 200/300 persone a pasto.
Le attrezzature: “Un grande Kolossaltour, come quello di Laura Pausini, merita un evento storico anche in cucina: per la prima volta a seguito la lavastoviglie, oltre ad un forno a convezione, un forno normale, otto piastre elettriche, un cuocipasta, uno scaldavivande, un refrigerato, un lavandino, tavoli di acciaio, uno scaldapiatti, un quadro elettrico certificato, solo corrente (niente gas), piatti rigorosamente di ceramica, il tutto stivato in 25 bauli”.
La sostanza: “ma cosa si mangia? Cucina mediterranea, che domande! Pasta, riso, verdure e legumi, carne, pesce, formaggi, insaccati, caldo o freddo. Di tutto, anche espresso se la proposta non dovesse incontrare le esigenze di qualcuno. Il catering ha raggiunto una posizione di rispetto nelle produzioni, sia italiane che straniere: non è più l’ultima ruota del carrozzone, anzi ci, sono assistenza e apprezzamento per il lavoro. Talvolta l’attenzione, purtroppo, si concentra sulla quantità e le economie generali e non sulla qualità: 50 centesimi a pasto possono fare la differenza e condizionare le scelte, accade e non è molto gratificante”.
Osvaldo riceve il compenso pattuito per ogni pasto e un forfait per l’allestimento di camerini e uffici. Spesa e cibo fresco tutti i giorni, minimo spreco ma sempre troppo: l’impossibilità di trasportare le derrate che si conservano solo a basse temperature non aiuta nello sforzo di contenere gli sprechi.
Un bel momento? “Michael Jackson allo stadio di San Siro a Milano – racconta Osvaldo – quando ho visto mio figlio sul maxi schermo ripreso tra il pubblico”.
Alessandro Silvaggi
Chef On Tour, Roma
Azienda neonata, ma Alessandro Silvaggi non è certo un neofita: fa questo lavoro da 22 anni. Un giorno Antonio Celli gli propone di gestire direttamente una struttura catering.
“Quindi – racconta Alessandro – insieme abbiamo costruito Chef on Tour, in giro da novembre 2010 con Liftiba, e oggi abbiamo due cucine complete, ognuna delle quali arriva fino a 400/500 pasti al giorno. Per farle marciare servono sei persone, ma a nessuno è possibile dare garanzie e continuità, purtroppo”.
Ma Alessandro spiega che, nonostante ciò, questo è un lavoro che gli piace ancora parecchio, anche perché ritiene che per un cuoco chiudersi in un ristorante non sia così piacevole: “è un lavoro a cui ho dato molto ed è sempre un piacere farlo... talvolta mi sento anche un angelo custode, non sono mai riuscito a fare altro”.
I tempi sono cambiati, 20 anni fa era tutto un po’ più leggero, rock’n’roll. Adesso invece riuscire a lavorare è complicato, è difficile fare un preventivo e farlo accettare senza compromessi, e poi ci sono assicurazioni, tasse, commercialista. Se mancano i soldi, si vive un po’ peggio. Alessandro si chiede se economicamente ne valga ancora la pena, ma nel frattempo cerca di mandare tutto avanti nel migliore dei modi.
La sua proposta in cucina prevede sempre materie di prima scelta, senza badare troppo alle economie, nella convinzione che solo questo possa fare la differenza: niente prodotti surgelati, il massimo della varietà possibile (due o tre primi, due secondi, tre o quattro contorni caldi, piatti espressi) e qualità. Alti livelli, per assicurare anche all’ultima persona che viene a mangiare lo stesso trattamento di chi arriva per primo, senza sprechi. Tutto ciò che non è cucinato viene trasportato alla location successiva in una ghiacciaia e utilizzato il giorno dopo, ma senza recuperare gli avanzi: “non ho mai riciclato – racconta Alessandro – mi è stato imposto in passato di riutilizzare il giorno dopo le pietanze non consumate ma in tour non lo faccio, probabilmente spreco troppo”.
Silvaggi aggiunge che il suo catering è sempre elogiato dagli stranieri, così come ha costruito ottimi rapporti con le produzioni nostrane garantendo una disponibilità full time: “Non chiudiamo mai. Facciamo mangiare chiunque a qualsiasi ora; è molto faticoso ma alla luce dei tempi tecnici strettissimi, ormai una prassi, è una necessità importante”.
I tempi: “Tra le 7.00/7.30 si scarica il materiale, si individua con la produzione il posto in cui collocare le strutture, quindi inizia il montaggio, veloce. Mentre i ragazzi sistemano e allestiscono, lo chef va di corsa a fare la spesa: pranzo ore 13.00, cena ore 19.00, al rientro della spesa si comincia a cucinare, finito il pranzo comincia la preparazione della cena e l’allestimento del catering nei camerini. Quindi si lavora ininterrottamente fino alla chiusura dei bauli, ore 22.00 (riconsegnando lo spazio nelle stesse condizioni in cui è stato trovato), e se c’è una data il giorno dopo si monta in macchina e si viaggia verso la data successiva. Ore 6.30 del mattino, sveglia: e tutto ricomincia”.
Paolo Lamano
Giromangiando, Roma
Catering on tour in servizio dall’88, incalzato da Gino Campoli (direttore di produzione) con Dalla/Morandi, Paolo è stato ingaggiato come responsabile del catering, visto che la produzione aveva acquistato tutto il materiale. Poi si è proposto per altri tour alla cooperativa Alcatraz di Roma e da quel momento il gioco si è fatto più serio.
“Nel 1996 – racconta Paolo – ho comprato tutto ed è cominciata la mia avventura in Giromangiando. Dal 2007 è diventata una società di cinque persone: Paolo Lamano, Marco Tiberia, Maurizio Gambino, Paolo Di Carlo e Lorenzo Falasca, anche se normalmente in un tour italiano medio la squadra catering è composta da tre persone (uno chef, un addetto agli acquisti, fornitura camerini ecc... e una persona che si occupa dell’area distribuzione, sala da pranzo e zona caffè/snack). La produzione mette poi a disposizione due o tre persone come aiuto catering (lavaggio stoviglie, pulizia verdure e frutta, pulizia della sala da pranzo e dei tavoli dopo ogni servizio) e un runner con furgone per fare la spesa”.
Il materiale si stiva in 15/18 flightcase (“sono partito con quattro e avevo il necessario per organizzare un buon picnic tra amici”, ricorda Paolo). In tutti questi anni ha lavorato un po’ con tutti gli artisti italiani: Ramazzotti, Pausini, Ferro, Jovanotti, Litfiba, Negramaro, Dalla... Nella maggior parte degli spazi al coperto, all’aperto, strutture sportive, civili, archeologiche (Colosseo per un evento MTV).
Serve un lauto spirito di adattamento per poter allestire un’area catering degna di questo nome, anche se rispetto agli inizi, spiega Lamano, ci sono stati molti miglioramenti: “in alcune strutture si lavora ormai molto bene, ma all’estero, ad esempio in Svizzera e Germania, si lavora molto meglio, in strutture polivalenti adatte ad ospitare vari generi di eventi, non solo quelli sportivi. Sono molto migliorate comunque anche le condizioni igieniche e la maggior parte delle produzioni si adopera per mettere il catering nelle migliori condizioni di lavoro possibili.
“Le produzioni ci chiedono soprattutto la garanzia di un servizio affidabile (qualità, varietà, abbondanza) e puntuale, al passo con i lavori di montaggio, smontaggio e show, quindi come si può immaginare i tempi di lavorazione sono spesso molto compressi, mentre quelli del servizio (colazione, pranzo e cena) si dilatano a seconda delle esigenze delle diverse squadre tecniche”.
Nel menù c’è di tutto, evitando pietanze troppo “pesanti”, si mangia e si lavora. “Duole dirlo – aggiunge lo chef – ma capita spesso di dover buttare del cibo, che aldilà dell’aspetto economico è una cosa spiacevole; troppo spesso le richieste nei camerini sono esagerate e poco proporzionate alle reali esigenze degli artisti, quindi si butta spesso parecchia roba.
Ma il catering in tour è un po’ come una “mamma”, un luogo sempre aperto, un ambiente rilassato e amichevole in cui “se descansa” (ci si riposa), si beve un caffé o si fa uno spuntino ad ogni ora, non si patisce la maggior parte degli stress di questo ambiente e quello che rimane è il piacere per questo lavoro”.
Giampiero Penna
Maccaroni Bros, Firenze
Maccaroni Bros nasce nel 2005 come progetto sperimentale resident al Rolling Stone e all’Alcatraz di Milano. “In seguito – spiega Penna – abbiamo iniziato seriamente proponendoci come struttura catering in tour e festival metal, tra i più importanti Gods of Metal”. Inizialmente il catering si è specializzato con le produzioni straniere: l’impostazione del lavoro si plasma molto sulle loro esigenze, sia per le preparazioni in senso stretto sia sulla fornitura camerini che è spesso un elemento centrale del servizio e assorbe molto tempo ed energie. Le richieste vanno soddisfatte nonostante talvolta ci siano prodotti non semplici da reperire in Italia. E ancora, le preparazioni sono più complesse perché devono rispettare molteplici diete (vegetariani, vegani, macrobiotici, integrali, integralisti, obbiettori e avventisti del settimo giorno…), e ogni tipo di intolleranza alimentare. In Italia è più facile rimanere entro i limiti della ‘normalità’ o probabilmente abbiamo una sensibilità minore rispetto al cibo che consumiamo a casa e fuori.
“Noi – spiega Penna – proponiamo ovunque una doppia scelta di primi e secondi, verdure di stagione in abbondanza, un menù diverso per ogni pasto e mai lo stesso il giorno seguente, la varietà viene considerata un aspetto qualificante, mai trascurata”. In tour si appoggia a fornitori locali che vengono contattati prima di partire, pianificando in linea di massima anche i menù giorno per giorno, sia per il fresco che per i prodotti in scatola. Le materie prime vengono così consegnate in loco da un mezzo frigorifero senza correre il rischio che qualcosa deperisca nel trasporto, e poi lavorate nel luogo in cui si consumano. Il catering si avvale sempre di chef professionisti e anche il personale locale che aiuta è in regola con le norme igenico-sanitarie in vigore, così come la sicurezza delle attrezzature utilizzate.
“Nel tempo i rapporti con le produzioni sono molto migliorati – continua Penna (stessa opinione di altri suoi colleghi) – ci sentiamo sempre più parte della giostra, anzi, un pezzo importante, il che garantisce a tutti la giusta qualità nel lavoro. Costruire spettacoli e portarli in giro è faticoso, i tempi di lavoro per le squadre tecniche sono stretti, mangiare e dormire bene è molto più che necessario.
“Ci sentiamo molto legati al mondo dei concerti live – conclude Penna – ma ultimamente stiamo cercando spazio anche nei grossi eventi-convention in Italia e all’estero, collaborando direttamente con grosse aziende e agenzie di PR. Parola d’ordine: diversificare”.
Come si vede, il catering è il centro sociale di ogni produzione, e ci si fa trattare piuttosto bene: è il luogo della soddisfazione di ogni capriccio culinario, ideale per allentare ogni tensione. Al catering si chiacchiera, si gioca, si bivacca. In tour quello che rovina davvero sono le mangiate e le bevute nei giorni di off.
E siamo a fine pasto, il dolce: come all’inizio, non troveremo una torta di grano saraceno con crema pasticcera calda e meringa al mandarino, mont-blanc con granaglie di cioccolato bianco e salsa maracuja o il tiramisù alla veneziana servito in coppa martini con frutti di bosco e biscottini allo zenzero. Ma le soddisfazioni non mancano nemmeno qui: tutto buono, abbondante, sano.
A qualcuno è venuta l’acquolina in bocca?