Workshop: Creare e produrre la colonna sonora - prima parte

Premesse, intenti, obiettivi, aspirazioni e qualche cognizione di causa

di Stefano Lentini

Partiamo da un presupposto: creare una colonna sonora è un viaggio, e come tutti i viaggi può essere fatto con lo zaino o con la valigia, in treno o in aereo, prenotando prima albergo e guida turistica o arrivando sul posto come un esploratore, lasciandosi guidare da un circuito di mete rinomate o scoprendo da soli cosa ci aspetta. In entrambi i casi alteriamo qualcosa del luogo, che a guidarci sia l’istinto o un programma già pianificato: la verità di un luogo è anche frutto dello sguardo di chi lo osserva.

Come un viaggio anche la colonna sonora può essere creata lasciandosi guidare da regole prestabilite, nell’arte e nella tecnica, oppure cercando di scoprire volta per volta cosa possiamo metterci noi. Questo vale per il contenuto della colonna sonora e per la sua forma.

Il presupposto di questo laboratorio d’idee e di strumenti è appunto una concezione libera del viaggio, indipendente dai percorsi prestabiliti e dalle regole in uso. Non che le regole debbano essere necessariamente trasgredite, anzi attingeremo ad esse come un patrimonio di sapere preziosissimo, tuttavia vedremo di volta in volta, e sopratutto per quanto riguarda il momento creativo, quali strade possono essere percorse e perché.

Ebbene sì, si tratta di un laboratorio selvatico, anticonformista e alternativo che cercherà di essere creativo nell’accezione più elevata del termine. Dove creare non è solo portare a casa il lavoro, ma entrare in connessione col mistero dell’arte, cercare cioè di dare il nostro piccolo contributo al torrente in piena della vita dove il cinema, la musica e l’ingegneria del suono vagano segretamente e ci narrano storie a volte illuminanti a volte misteriose.

La colonna sonora è, con la trama, la regia, gli attori, gli effetti speciali, il suono e le altre decine di variabili che compongono una pellicola, una delle colonne portanti del film. È l’elemento che coscientemente o meno giunge allo spettatore col suo proprio colore e nutre di nuovi significati una scena. Per quanto l’investimento economico di una colonna sonora si aggiri mediamente tra l’1% e il 5% del budget di una pellicola, ogni regista sa che la musica rappresenta un elemento cardinale nella riuscita di un film. Inoltre, cosa che pochi sanno, in Italia secondo la legge sul diritto d’autore, e parliamo di una legge del 1941, si considerano coautori di un’opera cinematografica il regista, l’autore del soggetto, lo sceneggiatore ed il compositore della colonna sonora. È una sfumatura, e forse non cambia nulla nella pratica della vita reale, tuttavia questo restituisce l’idea del ruolo fondante del musicista. Forse a dover scrivere oggi questa legge qualcosa sarebbe diverso. Nell’epoca delle library qualche distinguo andrebbe fatto. Probabilmente questa definizione deriva anche dal fatto che prima della rivoluzione digitale un compositore doveva svolgere mansioni infinitamente più lunghe e complesse mentre oggi una musica di sottofondo senza particolari pretese può essere creata e realizzata in cinque minuti. Resta il fatto che, inflazione a parte, realizzare una colonna sonora è una faccenda che richiede tanto lavoro e tante abilità delle quali cercherò di analizzarne tutti gli aspetti nel corso di queste pagine.

Partiamo dall’inizio: cosa ci dà un regista quando intende chiederci una musica.
Come in ogni altra fase della lavorazione non esiste una regola predeterminata. Probabilmente arriverà sempre il momento in cui il compositore dovrà lavorare in sincrono sulle immagini definitive (il Picture Lock, o l’Offline Editing, ovvero le ultime due fasi del montaggio prima dell’aggiunta degli effetti speciali, titoli definitivi e della Color Correction – in sintesi a film finito). Tuttavia tutto può succedere nel corso della produzione, in relazione anche al momento in cui il compositore entra in gioco durante la lavorazione. Se esiste un rapporto pregresso tra musicista e regista è possibile che ci si trovi anche nella situazione di produrre qualcosa da una semplice suggestione narrativa, così come dalla lettura della sceneggiatura completa o dalle diversi fasi della sua stesura.

Se si lavora sul Soggetto, una breve stesura di una pagina circa della trama del film, il compositore è portato ad interpretare senza troppe indicazioni l’emozione del progetto. Talvolta può accadere che avvenga una netta scollatura tra le intenzioni del regista e quelle del compositore. Altre volte capita che grazie all’assenza di informazioni il compositore sia portato ad essere più libero e meno vincolato e quindi a produrre materiale più interessante. Comporre musica in questo modo può essere quindi d’aiuto per liberare visioni indipendenti di un contenuto, come anche molto pericoloso per il rischio di uscire dai binari, o di inventarne altri non desiderati dal regista.

Il Trattamento e la Scaletta sono le due fasi successive al soggetto. In esse la trama viene ampliata in forma di racconto fino alla descrizione in sequenza di tutte le scene. Qui è già possibile iniziare ad individuare delle ricorrenze tematiche, emotive, capire cioè in modo preliminare di quanti mondi sonori avremmo bisogno. Anche se, è bene ricordarlo, possiamo sempre cadere in errore perché, finché non vedremo le immagini del film, quello che giriamo nella nostra testa potrebbe sempre essere un film molto diverso da quello reale.

La Sceneggiatura è la stesura parola per parola e scena per scena di tutto il film. La sceneggiatura è l’equivalente di una narrazione letteraria, certo, un po’ schematica rispetto ad un romanzo, ma molto esaustiva. Il compositore entra bene dentro il pensiero e l’azione dei personaggi. Respira meglio ogni passaggio e può iniziare a visualizzare i momenti cardine per la musica del film. Dopo la sceneggiatura passiamo alle fasi di montaggio (editing) del film. Qui inizia la post-produzione, la fase in cui propriamente è protagonista anche il compositore.
La prima fase del montaggio è la cosiddetta messa in fila in cui, come dice il nome stesso, avviene una preliminare disposizione cronologica delle scene scelte, con pochi tagli, e che implica che un film di una durata prevista di 90 minuti possa durare il doppio o più. Tutto il materiale viene steso in sequenza ed al compositore può essere chiesto di cominciare a produrre dei provini dei temi. Qui, come anche nelle fasi successive di Pre Montaggio (Rough-edit), abbiamo la possibilità di vedere le scene anche se in una versione approssimativa e poco rifinita. Lavoreremo sulle immagini ma senza far particolare attenzione al synch, lasciando aperte varie opzioni di sviluppo per la fase successiva.

Il Montaggio finale (Picture Lock) è il film finito, ancora senza dialoghi ed effetti definitivi, ma dal punto di vista visuale, compiuto. Qui il lavoro è caratterizzato dalla sincronizzazione. La chiave di volta di questo procedimento è il Time Code (TCR: Time Code Reading), un codice di tempo stampato sul video che quantifica il video in ore, minuti, secondi, fotogrammi. Ogni secondo è composto da 24 fotogrammi (o frame), il formato del Time Code è dunque il seguente: 01:59:59:24, dove 01 sono le ore, 59 i minuti e i secondi, e 24 i fotogrammi. Il valore successivo è dunque: 02:00:00:01.

Questa suddivisione sarà quella che utilizzeremo per sincronizzare al fotogramma la nostra traccia musicale e con cui indicheremo al montatore dove andare a posizionare la traccia.
Noi lavoreremo invece in un dominio molto più preciso, negli attuali software di editing e registrazione audio (Logic, Pro Tools, ecc.), il secondo viene suddiviso in millesimi per cui l’accuratezza del nostro lavoro sarà decisamente più dettagliata. O meglio, saremo in grado di sincronizzare la musica a metà fotogramma, o a frammenti più piccoli. Ma non lasciamoci travolgere dalle questioni di algoritmo: dobbiamo ancora scrivere la prima nota. Concentriamoci bene sulla storia che sta per iniziare, respiriamo con calma e tuffiamoci dentro le sue immagini. Perché prima di sincronizzare una musica è bene che ad essere sintonizzati siamo noi.

 

 

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