PC come Personal Console

C’era un tempo in cui avere o utilizzare una grande console significava qualcosa.


di Aldo Visentin

C’era un tempo in cui avere o utilizzare una grande console significava qualcosa. Significava essere “importante” e che necessitavi di uno strumento super tecnologico ad accesso limitato a pochi eletti, per poter esprimere la tua magia. pc console

Hal9000
Sprezzante dei dolori lancinanti che mi saranno inflitti (causa torture), oso denunciare che a tutt’oggi conosco taluni professionisti della vecchia guardia, che non si sono ancora separati completamente dalle grandi, vecchie e gloriose (pure pesanti) console per non rinunciare al ruolo di “sua maestà” che tali macchine infondono all’utilizzatore.
Non li biasimo: tuttavia svariati calendari sono già trascorsi da allora e le cose sono alquanto cambiate.

Quando toccai per la prima volta il mio primo mixer analogico (sì, avete capito bene, analogico) fu un’emozione grandissima, derivante dalla mia deformazione professionale di carattere genetico, dalla quale non si sfugge facilmente. L’ultima volta che sentii parlare di un mixer luci uguale (si trattava di un Avolites QM500) fu in occasione di una mostra di modernariato per incalliti addetti ai lavori. Fu un colpo al cuore.

Programmatori e operatori d’oggi sono interessati ad altri aspetti della propria console che sono prevalentemente: potenza, portabilità, facilità d’uso (‘sti sfaticati!).
Bagnati sin dalla nascita dalla tecnologia moderna, oggi tutto ciò è possibile non senza le onnipresenti controindicazioni del caso.

L’apocalisse delle Macchine
Ma procediamo con ordine. In antichità le console erano strumenti specificatamente disegnati per compiere una “missione” ben precisa e quindi al loro interno si nascondevano tecnologie tanto oscure quanto sofisticatissime e incomprensibili alle comuni menti mortali degli utilizzatori; insomma oggetti fatti ad hoc per compiere la missione al meglio. Il risultato, il più delle volte, era la creazione di oggetti di grandi dimensioni, molto pesanti, in cui l’hardware rappresentava il cuore di tutto (di fatto molti muscoli quasi perfettamente funzionanti e poco cervello).

Nei primissimi anni Novanta apparvero i primi controlli luce “computer-based”. Ricordo di averne utilizzato uno. Un PC super modernissimo (era un 386) per comandare degli scanner, niente popò di meno ché, via segnale seriale di tipo RS‑232 (...potere ridere, dopodichè meditare se considerate che se lo sognavano un 386 nel ’69 per andare sulla luna. Tuttavia ce l’hanno fatta lo stesso).
Da allora si sono sviluppati una serie di prodotti computer-based per il controllo delle luci che continua tuttora con notevole successo.
Di fatto nel giro di una decina d’anni i controller DMX su PC diventano tutto cervello e pochissimi muscoli; quasi l’esatto contrario di ciò che succedeva appena dieci anni prima.
Contemporaneamente le console “vere e proprie” persistono nel mercato evolvendosi in ugual misura, delineando un’apparente linea di demarcazione tra controlli considerati professionali e controlli su PC, visti con notevole dose di sospetto (e distacco) dai puristi.

Ancora oggi una certa corrente di pensiero professa infatti la tesi per la quale se si manda in onda uno show con una console vera e propria allora si va sul “sicuro” e puoi considerarti un professionista, se viceversa mandi luci con un PC e la sua barra spaziatrice, vieni automaticamente additato come dilettante allo sbaraglio degno solamente di una Corrida.
 
Non ho mai indagato su tali questioni squisitamente di costume; preferisco lasciar scorrere il libero pensiero che cercare una sorta di verità, specialmente se si tratta di questioni in continua evoluzione dove tutto ciò che ieri era assodato oggi potrebbe essere completamente rivedibile.

Computer Age
Un tempo nell’aprire il cofano di una console luci si potevano trovare vistosi chip (dalle etichette limate e illeggibili) montati su enormi schede elettroniche verdi fatte ad hoc. Oggi se si apre il cofano di una console si trova (indovinate un po’): un PC! (neppure tanto mascherato).
Detto ciò, le macchine che usiamo, secondo me, vanno viste sotto una nuova luce.


Possiamo disquisire sulle potenzialità e funzionalità di diversi software messi a confronto: di fatto la differenza che distingue la classica console dal controller PC è un hardware dedicato, che sempre più sta diventando di forma “scalare”. Termine complicato introdotto dai soliti confusionari di turno, per indicare console classiche che si possono realizzare in forme e dimensioni diverse, attraverso hardware portatili (Wings e quant’altro dedicati) il cui unico denominatore comune è lo stesso software che gira su PC o Mac (non mi metto a disquisire sugli universi Mac e PC perché altrimenti sono guai...).


Uno dei vantaggi dei Controller PC è il fatto che anche questi ultimi hanno spesso la capacità di colloquiare con hardware esterni generici che possono tranquillamente fungere da estensione “fisica” di controllo alla stregua di una console dedicata.
Mi riferisco in particolar modo a superfici di controllo MIDI (in commercio ve ne sono di ogni forma genere e prezzo), oggi capaci anche di feed-back meccanici.
Un vantaggio non trascurabile dei sistemi scalari è dato dal fatto che, essendo le parti coinvolte dal sistema stesso fisicamente separate, l’intervento di ripristino in caso di guasti gravi e improvvisi risulta più agile, cosa che nelle console tradizionali risulterebbe invece molto improbabile.

I-Console
Visto che ormai tutti i controlli utilizzano più o meno un PC come cuore pensante di lavoro, il vero interrogativo che affligge il nostro futuro è come l’evoluzione tecnologica dei PC potrà influenzare quelli che saranno i nostri sistemi di controllo.

Se si guarda al mondo della comunicazione globale, i dati che emergono indicano un fenomeno interessante: negli ultimi anni la maggior parte di “conversazioni” via rete sono state generate da apparecchi portatili (Smart, Tablet etc) a discapito dei “vecchi” PC. Questo spiega la fuga di molti produttori di Hardware PC verso la produzione di apparecchi più semplici, portatili e multifunzionali.
Questo sta determinando quella che io considero una sorta di rivoluzione per le macchine, perché il punto chiave non è più un hardware e l’efficienza del SO con cui interfacciarsi, bensì “come” gli utilizzatori vorranno interfacciarsi con i propri apparecchi.

Se compariamo queste tendenze a quello che è il nostro microcosmo (a confronto) assistiamo a quello che io considero uno sviluppo d’interfaccia inverso: mentre nell’industria dello spettacolo si è pensato di utilizzare tecnologie esistenti per produrre interfacce adeguate, nel mondo consumer sono state le nuove tecnologie ad avvicinare le persone all’utilizzo di queste.

Gli scenari del futuro come sempre sono tanto vasti quanto imprevedibili, ma la cosa certa è che anche noi non potremo restare “soli” come è stato necessario in passato.