Wonder Manage – Scouting, Promotion, Management, Booking
Dopo le discoteche, le serate, i festival, era ora di parlare anche di chi si occupa della scoperta e del management degli artisti, in questo caso i DJ. Ci siamo recati fino a Napoli dove abbiamo incontrato Tony Ciotola, accreditato leader di una delle più importanti agenzie italiane. In breve ci facciamo raccontare il suo percorso professionale.
Dopo le discoteche, le serate, i festival, era ora di parlare anche di chi si occupa della scoperta e del management degli artisti, in questo caso i DJ. Ci siamo recati fino a Napoli dove abbiamo incontrato Tony Ciotola, accreditato leader di una delle più importanti agenzie italiane. In breve ci facciamo raccontare il suo percorso professionale.
Come sei entrato in questo mondo?
Ho iniziato nel settore della distribuzione dei dischi; erano tempi in cui ancora si vendevano i vinili. Lì ho fatto la gavetta per qualche anno e ho conosciuto l’ambiente, sia italiano che internazionale. In quel periodo, oltre a distribuire altre etichette, ho anche creato insieme ad alcuni soci una nostra etichetta discografica; allora si vendevano tanti dischi, in vinile: 2.000 copie era un flop, oggi è una hit!
In quel periodo ho vissuto la trasformazione del mercato della musica con il passaggio dal vinile al CD ed in un secondo tempo l’ulteriore migrazione della musica verso il formato digitale. Mi resi conto che non c’era più futuro per il supporto, così cominciai a occuparmi anche di booking, vista la conoscenza sia del mercato sia degli artisti e, non ultimo, delle discoteche e dei festival che stavano iniziando a crescere, specialmente all’estero.
In quel periodo, in accordo con i miei soci, cominciai in proprio ad occuparmi solo di booking, aprendo l’agenzia ‘Wonder Manage’ che non si occupava solamente di proporre artisti alle varie discoteche o ai festival in Italia e all’estero, ma anche di scouting. Nella sede di Pozzuoli, oltre agli uffici, abbiamo creato anche due studi di registrazione, in cui produttori, musicisti ed artisti possono venire a provare e propormi dei lavori: in questo modo può succedere di incontrare personaggi interessanti a cui dare fiducia e anche qualche consiglio.
Posso portarti un esempio del quale sono orgoglioso. Diversi anni fa notai un ragazzo olandese rosso di capelli, che proponeva un sound che mi era sembrato subito interessante. Entrai in contatto con lui e gli feci fare diverse date, cominciando a suonare nei locali più famosi. Naturalmente all’epoca il cachet era proporzionato alla notorietà. Poi cominciò a scalare le classifiche, da zero a ventiseiesimo, a quarto... oggi è il numero uno: si tratta di Hardwell. Naturalmente il grande merito è tutto suo, io posso solo affermare di aver visto in lui delle qualità in anticipo.
Puoi fare una fotografia del nostro mercato al momento attuale?
Da un punto di vista creativo ammetto di essere fiducioso ma, guardando l’altra faccia della medaglia, sono molto preoccupato per l’arretratezza strutturale e culturale del nostro paese. Faccio due esempi su tutti: girando per il mondo, ormai la banda larga e il Wi-Fi si trovano anche nei parcheggi dei supermercati, mentre da noi il cinquanta per cento degli hotel non ha il segnale in stanza. Quando porto dei DJ stranieri a qualche serata, mi trovo un po’ a disagio! Questi giovani artisti sono collegati in rete h24, o per lavorare o per essere in collegamento con la famiglia o con i collaboratori; ormai la connessione è una nostra appendice. La nostra seconda mancanza è la lingua inglese: trovare dei runner che parlano bene l’inglese non è facile. In una trasferta con un DJ mi è successo un episodio simpatico ma anche sgradevole: mi telefona preoccupato un DJ che stava facendo un trasferimento in macchina con un autista che io gli avevo procurato, chiedendomi disperatamente di chiamare il driver della macchina e pregarlo di fermarsi al primo autogrill perché doveva urgentemente andare in bagno! Questo perché non riusciva a farsi capire direttamente dall’autista.
Negli anni ‘90 eravamo l’ombelico del mondo nel mercato del divertimento, avevamo le etichette che producevano musica, esportavamo musica in tutto il mondo, le discoteche più belle, una fiera che ci invidiavano tutti. Poi a un certo punto siamo diventati il fanalino di coda: mi puoi spiegare cos’è successo?
Ti posso dare il mio punto di vista. Con l’avvento dell’euro sono cambiate molte cose, forse non ce ne siamo accorti, ma pian piano abbiamo perso la nostra leadership. Abbiamo perso con il tempo il nostro potere d’acquisto, le strutture attorno a noi non hanno saputo o potuto rinnovarsi, le discoteche come gli hotel; abbiamo perso quote di turismo importanti e di conseguenza anche il mercato del divertimento si è sgonfiato. Se a questo aggiungi che oggi con un volo low cost, con gli stessi soldi, puoi andare in tutta Europa a fare una serata o a vedere un festival, ti rendi conto da solo di cosa è cambiato. Prendi per esempio Ibiza: partendo dalle grandi città italiane – Roma, Milano Napoli – con cento euro puoi comprare un biglietto andata e ritorno, con altri due o trecento puoi mangiare, dormire ed entrare in discoteca. Sono gli stessi soldi che spenderesti in un weekend and per recarti a Riccione d’estate. Se a tutto questo aggiungi la miopia di certe società di gestione di importanti discoteche italiane, hai presto una fotografia generale di ciò che è accaduto negli anni. Ma, per fortuna, sto notando un cambio di tendenza. Si stanno facendo largo alcuni artisti, come Benny Benassi, che sta spopolando in America, o Daddy’s Groove, che ogni giovedì è al Pacha di Ibiza, oppure i Promise Land che da tre anni suonano al Tomorrowland, e cosi tanti altri. Anche gli art director dei locali hanno capito che farsi la guerra pagando di più gli artisti pur di soffiarli all’altra discoteca, nel lungo periodo non porta grossi risultati. Alcuni locali hanno capito che è meglio crearsi una propria identità, ricercando nuovi spazi e creando nuove tendenze.
Nel nostro mercato arriveranno i grandi festival?
Anche in questo caso c’è una grossa diffidenza della società, a volte magari anche a ragione, visti certi episodi, fortunatamente isolati. Ancora ci associano ai rave illegali dove corrono fiumi di alcol e droga; è noto poi che la burocrazia nel nostro paese non aiuta. Però anche in questo caso qualcosa sta cambiando. Faccio l’esempio dei grossi concerti rock, vedi Rolling Stones al Circo Massimo, AC/DC a Imola, Ligabue a Campovolo, Vasco, Ferro, Jovannotti negli stadi... in questi casi anche le amministrazioni hanno capito che spostare gente porta grossi introiti e gli interessi locali ne risentono favorevolmente, quindi vedrai che in futuro qualcosa succederà. Noi a Napoli stiamo lavorando per un evento in aprile al Palapartenope, dove porteremo dei grossi nomi internazionali per un grande festival di musica elettronica.
Nell’ambiente si parla molto dei grossi cachet degli artisti e delle loro richieste tecniche: ci puoi fare una fotografia anche di questo?
Anche in questo caso sono dei luoghi comuni: se l’artista o l’agenzia chiede una cifra ed il mercato la paga, la prossima volta la cifra crescerà, è normale, è quello che succede in tutti i mercati. Tutto è cominciato diversi anni fa in America, mercato molto più vasto e più ricco. In quel paese, grazie a certi meccanismi e al fiuto del business, si sono accorti che era possibile portare la musica dai piccoli club a spazi molto più grandi e quindi fare arrivare più gente; in questo progetto hanno anche investito in tecnologia, con luci, laser, CO2, impianti audio da grandi concerti e tanti altri effetti. Era anche il momento in cui molti DJ proponevano un nuovo sound, in particolar modo David Guetta ha capito che produrre musica con grossi personaggi di tendenza americani portava buoni frutti; il mix di questi ingredienti ha fatto fiorire centinaia di festival, prima a New York, Las Vegas e Los Angeles, poi in tutta l’America, facendo di conseguenza lievitare i cachet degli artisti, drogando così tutto il mercato internazionale. A questo trend poi aggiungo anche certa stampa specializzata che con la sua classifica influenza molto il mercato ed è così spiegato il momento attuale.
Qual è oggi il ruolo di un’agenzia come la tua?
L’agenzia di booking non ha solo il compito di vendere degli artisti per delle serate, che siano in discoteca o per dei festival; i grossi artisti ormai hanno dei loro management che li gestiscono e in quei casi non si ha molto margine, perché sono loro che fanno le regole. L’agenzia oggi deve avere una visione molto lungimirante, prevedere con molto anticipo quello che succederà o richiederà il mercato, in modo da poter offrire il prodotto giusto al momento giusto. In questo momento storico la rete ha rimescolato le carte, sono nate mille opportunità ed ognuno di noi deve essere sempre sul pezzo, se ti distrai un attimo rischi di perdere delle opportunità e rimanere fuori dai giochi. Dieci anni fa, frequentando il Midem di Cannes, sentii parlare da dei miei colleghi americani di Netflix e Spotify, contenuti che potevano essere scaricati dalla rete, allora fantascienza per noi, mentre oggi attuali anche per il nostro mercato; faccio questo esempio per far capire cosa potrebbe succedere con la banda larga nella musica e nell’intrattenimento, si potrebbero creare altre mille opportunità. Quindi io con la mia agenzia cerco sempre di essere aggiornato con le tecnologie e sono sempre alla ricerca di nuovi talenti.
Ci puoi dare qualche nome?
Un nome può essere Junior Black, un diciassettenne della riviera amalfitana, un ragazzo che ha del talento, penso che ne sentiremo parlare presto. Come lui ce ne sono diversi, poi la differenza sta nella loro crescita, nella costanza che avranno e nella professionalità. Oggi non basta più essere un buon produttore e creare della buona musica, ma bisogna essere un personaggio a tutto tondo. Occorre conoscere e gestire la comunicazione in rete: i primi fan, infatti, li crea la rete, e sono gli stessi che seguiranno le serate nei locali. Bisogna saper tenere buoni rapporti con gli addetti ai lavori, così come con i fan, insomma bisogna saper gestire la propria immagine. Chi riesce in tutto questo poi, con il tempo, ha buone probabilità di diventare un artista popolare quindi richiesto e di conseguenza con dei cachet importanti.
Qual è tecnicamente il livello del nostro paese?
Se ci confrontiamo con i festival internazionali non vedo molta differenza, possiamo anzi attingere attrezzature e know-how dal nostro mercato dei live che non è certo secondo a nessuno. Per i festival ormai le richieste vengono dagli artisti stessi e si sta creando quasi uno standard: gli impianti audio sono di due o tre marchi, le luci, i laser e gli schermi LED sono sempre i soliti; poi aggiungi un po’ di CO2, i coriandoli ed il gioco è fatto. Per le discoteche, invece, il discorso cambia. Tranne alcune che hanno impianti audio e luci dignitosi – ne posso salvare una decina in tutta Italia – siamo un po’ rimasti al palo. Alcuni artisti internazionali quando vengono a far delle serate ci mandano dei rider tecnici di decine di pagine e se il gestore vuole quell’artista deve fargli trovare quelle apparecchiature. Una volta si accontentavano di certi lettori CD di una certa marca, mentre oggi vogliono il monitoraggio di quella marca e di quel modello, con una taratura personalizzata, il LED di una certa grandezza ad alta risoluzione, l’impianto audio di marca e modello precisi. Alcuni arrivano con il tecnico del suono, il VJ, il lighting designer, vogliono il camerino con un certo look e con certe bevande, insomma come le rock star internazionali: d’altra parte vengono pagati con dei cachet a volte anche superiori!
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