Valerio Ventura - Fonico FOH
Abbiamo assistito alla data anconetana di Queen at the opera, lo show rock-sinfonico basato sulle musiche dei Queen.
Abbiamo assistito alla data anconetana di Queen at the opera, lo show rock-sinfonico basato sulle musiche dei Queen. Ascoltiamo dalle voci dei protagonisti la nascita e il successo di questo show così inusuale.
Valerio, stai sostituendo il fonico titolare?
Sì, lavoro in sostituzione del fonico titolare, Guglielmo Dimidri. Dato che sono entrato in corsa, ho trovato tutto il setup già fatto, e mi sono limitato a fare dei piccoli aggiustamenti adatti al mio modo di lavorare. In regia controllo l’audio con una Yamaha CL5, sul quale sono stati integrati i plugin Waves. Giusto per stare sicuri, abbiamo aggiunto due server come ridondanza. Siamo costretti ad usare in maniera massiva il sistema Waves per tenere pulito il palco: come vedi, abbiamo la sezione ritmica posizionata subito dietro ai fiati e gli archi; dato che usiamo capsule DPA, notoriamente molto sensibili, dobbiamo per forza pulire il più possibile quella sezione.
Durante lo show, registriamo tutte le sere un file in multi traccia e un file stereo, da tenere come archivio.
Come ti trovi a lavorare in questo teatro?
Diciamo che siamo nella media, senza infamia e senza lode. È un teatro bello, che non suona benissimo ma su cui si può lavorare con un risultato apprezzabile. Chiaramente, qui non abbiamo potuto montare la sezione completa dei sub a terra: le frequenze basse girano parecchio, quindi siamo stati cauti. Niente di grave, comunque, tutto si può gestire al meglio per un risultato di qualità.
Parlando dello spettacolo, non c’è che dire: si tratta di una produzione coraggiosa e ben riuscita, grazie alla grande professionalità di artisti, musicisti, produzione e tecnici.
Dal punto di vista tecnico, si tratta di una produzione molto dignitosa, in cui c’è tutto quello che ci deve essere per uno spettacolo di livello. Il pubblico in sala gradisce, si diverte e applaude moltissimo fino ad arrivare nella parte finale, dove sono state posizionate tutte le hit più famose. E allora il pubblico si scatena e balla. Confesso che anch’io mi sono fatto coinvolgere, e che su un paio di brani ho mosso la gambetta.
Dunque, lo spettacolo si merita una più che dignitosa sufficienza. Segnalo solo un paio di aspetti che avrei gestito diversamente. Per prima cosa, il mix: mi sarei aspettato una chitarra molto più presente, dato che quando Brian May fa i suoi assoli di solito viene giù il teatro; a volte invece sembrava che il suono della chitarra arrivasse da dietro le quinte. Si tratta di gusti “sonori”, ovviamente, ma l’impatto di alcuni momenti ne ha forse un po’ risentito.
Per quanto riguarda le luci, mi sarei aspettato effettivamente un disegno che riportasse all’idea dei PAR alogeni, magari “scimmiottando” quel sapore alogeno con qualche effetto – tra i tanti! – dei più moderni fari a LED. Ho notato che i Pointe, posizionati in seconda americana, spesso puntavano in platea durante i loro effetti in aria. Per uno spettatore, avere il fascio di un Pointe in faccia può essere poco gradevole, e ho notato qualche mossa un po’ infastidita nel pubblico.
Si tratta solo di qualche suggerimento, all’interno di una produzione di qualità e dai grandi risultati al botteghino. E ora aspettiamo con ansia le date in esterna.