Un po’ di storia – prima parte

Tra i viaggi nella storia, questo del palco e della sua amplificazione è certamente tra quelli che maggiormente si tingono di pionierismo e sorprese...

di Carlo Carbone


Ma sì, facciamo un po’ di storia. Fa bene al fisico e alla morale. Uno degli aspetti dell’età che più trovo affascinante è questa fluidificazione dei valori e delle cose. Mai però avevo trovato il tempo per osservare e ricercare una delle cose che viceversa fanno parte del mio mondo: il palco.

Tra i viaggi nella storia, questo del palco e della sua amplificazione è certamente tra quelli che maggiormente si tingono di pionierismo e sorprese.

Non è facile acquisire informazioni sul percorso che vede l’evoluzione dei sistemi di amplificazione del segnale sonoro per la sonorizzazione di un’area occupata da persone, proprio per questo aspetto di invenzione e ritualità che si stempera di giorno in giorno con una inventiva artigianale.

Si tratta di un percorso nel costume e nella cultura del tempo piuttosto che di un tragitto di tecnica in forma rettilinea.

Nel 1906 Lee De Forest inventa in America la valvola a triodo, un dispositivo capace di amplificare un segnale elettronico. Dopo appena 15 anni, accoppiando ad un sistema rudimentale di amplificazione del segnale sonoro catturato da un microfono a membrana una serie di diffusori a tromba di dimensioni ragguardevoli (circa 4 m) il presidente Harding pronuncia il discorso del milite ignoto davanti a 125.000 persone. L’impianto a tromba di diffusione sonora per l’occasione è stato realizzato dai Bell Laboratories, grazie al lavoro del ricercatore Harold Arnold.

Lo stesso anno nasce la prima radio in America, la KDKA, dopo solo due anni dalla fondazione di RCA (Radio Corporation of America).

Nel 1925 Rice e Kellogg (non quello dei fiocchi) suggeriscono un’applicazione strana di una membrana pilotata da un elettromagnete come base di un sistema di riproduzione. Il suono, infatti, fino ad allora era riprodotto da una tromba, principio che poi permane fino ad oggi.

Nel 1927 viene utilizzato per la prima volta al cinema un impianto di diffusione sonora e viene accoppiato alla pellicola un nastro magnetico su cui era registrata la colonna sonora. Questo ha rappresentato, di fatto, la fine del cinema muto. Il film rappresentato era “Il Cantante di Jazz”.

Il vantaggio del sistema a tromba risiede essenzialmente nella sua efficienza. Mentre il sistema del cono a sospensione può vantare qualche punto percentuale nella trasformazione della potenza in pressione, il sistema a tromba riesce a raggiungere percentuali di efficienza prossime al 50%, da cui la ragione delle diverse potenze in gioco.

Per comprendere il limite oggettivo dell’uso del sistema a tromba bisogna sapere che nel concepire una qualsiasi tromba il progettista deve dimensionare tutti i parametri in maniera tale che essa possa irradiare la massima potenza acustica su tutta la gamma di frequenze desiderata.

La grande bocca terminale d’uscita rappresenta il vincolo maggiore per la riproduzione delle note basse, in quanto il rapporto tra la circonferenza e la lunghezza d’onda deve sempre essere superiore a uno:

C > Lm -> D > Lm/3.14

Lm = lunghezza d’onda massima riprodotta

C = circonferenza della bocca d’uscita della tromba

D = diametro massimo della tromba.

Solo in questo caso la circonferenza è sufficientemente elevata da assicurare un’impedenza praticamente resistiva su tutta la gamma desiderata.

A titolo di esempio, se si volesse progettare una tromba per basse frequenze che possa riprodurre fino a 60 Hz (Lm = 5,73 m), questa dovrebbe avere un diametro di almeno 1,82 m.

Nel 1928 Georg Neumann, in Germania, inizia a produrre il microfono a condensatore, il cui principio di funzionamento è tuttora attuale.

A fine anni ‘30 la trasmissione radiofonica di segnale parlato e musicale era una realtà diffusa in America e in Europa. Gli eventi con folla erano sonorizzati da impianti a tromba appoggiati a terra o sospesi su pali.

Il palco era microfonato, privo di monitor per i musicisti e, ad una certa distanza per ridurre problemi di rientro del sonoro, venivano disposte una o due trombe generalmente a terra in conseguenza al loro peso. Se si trattava di parlato, le trombe potevano essere disposte su pali poiché di misure (circa 1,5 m) e peso (da 50 a 120 kg) ancora movimentabili.

Seguono anni in cui si perfezionano e si migliorano i diversi sistemi ma in cui sostanzialmente l’ingegneria del suono per il palco e per il pubblico non vede grandi sviluppi, differentemente dal settore legato alla registrazione e alla ripresa del suono, e al cinema (Walt Disney realizza Fantasia con un segnale registrato su otto piste separate).

In piena guerra, nel 1942, il cono mosso da un sistema elettromagnetico diviene altoparlante con il nome altisonante RCA LC‑1, ed è utilizzato prevalentemente come monitor standard nelle control room dell’esercito e delle radio.

L’anno dopo, Altec sviluppa un modello di altoparlante coassiale con una gamma di risposta molto ampia. In poco tempo la qualità del sistema con cono coassiale diviene standard.

Gli amplificatori valvolari durante la guerra e dopo divengono più potenti e compatti, si progettano circuiti Hi-Fi (High Fidelity, Williamson 1947) e si accoppiano ai diffusori dotati di altoparlanti con coni coassiali che prenderanno il nome di monitor, spesso legati a strumenti musicali – piani, chitarre e bassi – che nel periodo iniziano a fiorire grazie all’attività dell’industria di Gibson, di Gretsch e successivamente di Leo Fender.

Negli anni ‘50 l’elettronica, anche grazie al transistor, si specializza: i sistemi di preamplificazione ed equalizzazione sono oggetto di ricerca, standardizzazione ed invenzione. Il concetto del palco e della sonorizzazione del pubblico non si evolve da una certa semplicità: i “monitor” dei musicisti erano rivolti verso il pubblico. Dal palco nasceva e finiva il segnale.

I Led Zeppelin al festival di Bath nel 1969.

I Blind Faith ad Hyde Park, sempre nel ’69.

La divisione di amplificazione delle frequenze, specializzando i diffusori, già attuale nello standard per il cinema, approda nei sistemi di amplificazione utilizzati per la sonorizzazione non tanto della musica live ma del parlato e della musica riprodotta, all’epoca attività di coagulazione di masse più diffusa rispetto al concerto di musica dal vivo.

Con il rock e gli anni ’60 sono sempre più frequenti realtà di socializzazione legate alla musica dal vivo, come i festival ed i concerti. Hyde park, Isola di Wight e Woodstock, alla fine di quel decennio, sono le occasioni più conosciute. Molti gruppi musicali iniziano a sperimentare suoni complessi di derivazione elettronica, l’uso di synth, moog e delle tastiere elettroniche diviene standard nella composizione e nell’esecuzione della musica. Ciò che era prerogativa della musica contemporanea di Cale e Stockhausen diviene strumento nella musica di tutti.

È in quegli anni che il palco come sorgente risulta essere di scarsa potenza per la massa di persone che assistono agli eventi e si iniziano a progettare sistemi esterni al palco per la copertura sonora dell’area.

Pink Floyd a Hyde Park, anni ’70.

Fleetwood Mac a Hyde Park, anni ’70.

Il progetto elettroacustico ed il palco dei Fleetwood Mac ad Hyde park negli anni ’70 è rimasto esempio di un certo sapore casalingo.

Nel caso di Woodstock, invece, finalmente si intravedono gli antenati di Tramontani e De Amicis: la società Bill Hanley and Company investe tempo e denaro nella progettazione e, pare, nella realizzazione dei sistemi di sonorizzazione dell’area. L’intuizione di porre in alto i diffusori orientandoli verso la folla si scontra con la grandezza della folla stessa.

I diffusori, però, iniziano a specializzarsi grazie anche allo sviluppo delle equalizzazioni e dei filtri passivi per il taglio delle frequenze. Sostanzialmente i diffusori per le basse sono scatoloni pesanti con grossi coni mentre le medie e le alte sono riprodotte da diffusori a tromba.

 

Woodstock, 1969.

Il classico avo che si dedica nel Faggiotto’s drawing.

Negli anni successivi l’impianto di rinforzo acustico del segnale posto ai lati del palco diviene una vera e propria fissazione. Si tratta di sperimentare ogni volta cosa avviene al suono. In tutto questo il palco inizia a dividersi tra un impianto per i musicisti ed uno, variabile per dimensione e posizione, per l’audience. Ancora il fonico è unico, ma i master di uscita dei mixer aumentano.

Ci fermiamo qui, per ora, e nel prossimo numero arriveremo agli sviluppi degli anni ’70 ed ’80, quando finalmente diventò disponibile la potenza necessaria per rendere udibile quello che succedeva sul palco alle folle sempre più enormi attirate dagli eventi musicali, introducendo così i primi veri studi sulla diffusione elettroacustica e i conseguenti tentativi di una distribuzione adeguata della pressione sonora disponibile.