Titanic
Il racconto di un sogno.
di Giancarlo Messina
Prodotto da Claudio Trotta e Federico Bellone, e distribuito da Barley Arts, il musical Titanic è uno spettacolo rivolto ai teatri, con musiche e libretto originali.
Siamo andati a Bologna per dare un’occhiata alla produzione.
È domenica 28 ottobre quando io e il mio socio americano lasciamo nel primissimo pomeriggio la Romagna solatia per raggiungere una piovigginosa Bologna dove assisteremo alla seconda data, pomeridiana, di questo musical. Ad aspettarci c’è l’ottima Elena Pantera dell’ufficio stampa della Barley, professionale e simpatica come sempre.
Sulla carta questo musical ha certo le carte in regola per essere un ottimo spettacolo. La Barley arriva dalla produzione italiana del musical We Will Rock You, grandissimo e coinvolgente, mentre Federico Bellone è stato direttore artistico in musical di buon successo quali La Bella e la Bestia e Flashdance; qui lo troviamo anche in veste di regista, autore del libretto e co-autore delle musiche (che sia un filino troppo?). Il cast non presenta nomi di spicco, ma si tratta per lo più di giovani e bravi professionisti con alcune significative esperienze alle spalle.
Il taglio della produzione è dunque prettamente teatrale, e dobbiamo subito dire che le scene di Hella Mombrini e Cristiano Alberghini, ben illuminate dal disegno luci di Valerio Tiberi, sono la cosa meglio riuscita dello spettacolo. La scenografia riesce infatti a ricreare ad arte, anche a volte con pochi elementi, i vari ambienti in cui si svolge la vicenda, dal ponte della nave alle lussuose sale interne, dal ponte di comando alla stiva e perfino la banchina del porto. Bello non solo l’effetto finale, con i personaggi che scendono fisicamente dalla passerella della nave - scena ben realizzata con un effetto tridimensionale grazie alle proiezioni - ma anche le diverse trovate, che potete intuire dalle foto, racchiudono creatività e fantasia. Immaginiamo di notevole intensità anche la scena in cui la nave viene improvvisamente invasa dall’acqua, effetto realizzato con dell’anidride carbonica sotto pressione, ma che purtroppo non abbiamo potuto vedere perché proprio quel pomeriggio non ha funzionato. Capita.
La produzione si avvale di ottime soluzioni tecniche, affidandosi al service Agorà per audio e luci. Infatti i materiali sono di prima scelta ed i risultati ne sono una conseguenza. L’audio non è mai da sottovalutare in queste situazioni in cui prevalgono i recitati, perché se il pubblico comincia a perdersi delle battute è un guaio. L’intelligibilità sopra ogni cosa, quindi, ma l’impianto audio – 12 dV‑DOSC + 4 dV‑Sub per lato – è generosamente calibrato anche per qualche effetto e per dare gusto alla diffusione musicale, con bassi e volumi generosi, sebbene adeguati all’ambiente teatrale.
Il fonico, Giuseppe Porcelli (coadiuvato dal microfonista Fabio Gagliotta), lavora sulla qualità, svolgendo un lavoro impeccabile, certo anche aiutato dal fatto che le musiche, cori compresi, non sono suonate da una band live ma pre-registrate. Risultano comunque ottimi – nonostante la scelta di non usare archetti – non solo i parlati ma anche i cantati, comprese le voci della coppia di anziani attori che certo, per ovvie ragioni, non eccelgono in dinamica. Ben gestite, fra l’altro, anche alcune piccole variazioni di pan che aprono le voci aumentandone l’intelligibilità: tutto gestito da una DiGiCo SD8, con i suoi processori on-board; unica macchina esterna un Instant Replay per lanciare in tempo reale effetti e suoni.
Come dicevamo, ottimamente calibrato il disegno luci, molto ben studiato in funzione delle varie trovate scenografiche, come quando un ambiente interno della nave viene illuminato con una luce chiave che filtra dagli oblò. Insomma un’illuminazione teatrale narrativa e drammaturgicamente corretta. “Ho cercato in ogni scena di essere più realistico possibile”, ci ha detto Tiberi; ed infatti la luce chiave delle varie scene è studiata proprio per determinarne la provenienza in modo preciso, creando atmosfere molto realistiche. Un lavoro ben fatto.
Bravi gli attori. Non da spellarsi le mani ma comunque dei professionisti molto capaci tecnicamente e con una buona presenza scenica. Anche la coppia di anziani attori di cui parlavamo, che interpreta appunto il ruolo di un’anziana coppia di viaggiatori, se la cava benino, certo con una performance non superiore a quella che l’età consente.
Quindi una produzione più che dignitosa e ben realizzata, seppur lontana dai recenti fasti di We Will Rock You.
Quella che purtroppo, a nostro modestissimo avviso, davvero non gira è la storia. Non solo perché ci troviamo di fronte al solito musical all’italiana in cui le coreografie sono una parte minima e del tutto accessoria, non solo perché le musiche ed i testi sono opachi quando non decisamente banali, ma soprattutto perché i personaggi sono privi di fascino e di sostanza, brutte copie di uno stereotipo ormai ben presente nell’immaginario collettivo dopo il colossal cinematografico. L’autore Belloni, da noi intervistato prima dello show, ci ha detto di essersi tenuto volutamente lontanissimo dall’omonimo film, proprio per non dare adito a possibili comparazioni e creare un’opera originale. Non a caso questo musical racconta la storia di un ragazzotto di belle speranze di terza classe che – non indovinerete mai – si innamora di una giovane ragazza dell’alta società, cantante lirica dominata da una madre dispotica; inutile dire che anche lei, guarda un po’, si innamora del giovane, italiano in questa versione nostrana, che identifica con una boccata di libertà; amore contrastato dalla di lei madre ma soprattutto dall’iceberg che fa affondare il transatlantico. Insomma una trama del tutto innovativa.
Ovviamente anche qui tutta la storia è raccontata in flashback (o analessi, come dicono quelli che capiscono di critica strutturalista) questa volta non dall’anziana passeggera del film ma dall’armatore della nave; il quale dovrebbe rappresentare la figura del sognatore, ma finisce per sembrare più che altro un pazzo esaltato, visto che dopo l’immane tragedia, causata anche dalla sua ambizione, con la morte di oltre 1500 persone, nella scena finale alza ancora al cielo il modellino della nave rimpiangendo i suoi sogni di gloria. Da ricovero. E fermiamo qua la lunga lista di osservazioni tutt’altro che positive su questo spettacolo che, a volte, dava l’impressione di essere la parodia ben riuscita di un musical sul Titanic.
Insomma uno spettacolo tanto tecnicamente ben prodotto quanto artisticamente poco riuscito. E i tiepidi applausi del pubblico corroborano la nostra impressione.
Vogliamo bene a Trotta e alla sua Barley, da sempre capaci di proporre spettacoli di grande livello, ma questa è una ciambella riuscita senza buco. Almeno speriamo che funzioni al botteghino.
Prodotto da: Claudio Trotta
Distribuito da: Barley Arts
Fonico di Sala: Giusepe Porcelli