Cosa si è preso e cosa si è perso - seconda parte
Normative e musica dal vivo...
La prima norma di settore, che introduceva, regolandone i criteri, l’autorizzazione in deroga ai limiti di immissione (ovvero ai livelli di pressione che colpiscono case, ospedali e in genere l’ambiente circostante), risale al 1 marzo 1991. Da allora altre norme ne hanno superato il testo e lo spirito.
Nel 1993 un referendum tolse al Ministero della Sanità la delega al controllo sull’inquinamento. Per chi non era presente è bene ricordare che fino ad allora il Ministero non aveva fatto una gran bella figura, anzi. Per questo il referendum.
Nel 1994 vengono istituite le agenzie: ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) e ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) i cui compiti da allora saranno, in sintesi, di occuparsi di inquinamento e qualità dell’ambiente.
Nel 1995 viene emanata la prima legge quadro, la legge 447/95, rivoluzionaria e completa, sul rumore. Si prefigurano nell’ossatura della legge i vari decreti e regolamenti attuativi da emanare, coordinando e assegnando compiti e specifiche competenze ai vari organi dello stato. Oggi, passati oltre 12 anni, si può tranquillamente elencare una gran quantità di iniziative prese ma anche significative latitanze.
La musica dal vivo, in quel quadro, è trattata con il riguardo dovuto ad un’attività sì rumorosa, ma con un peso essenziale per il tessuto sociale, un’attività oggetto di tutela.
Si sottolinea, in generale, il principio della deroga per lo spettacolo imponendo l’obbligo per le amministrazioni comunali di individuare aree dedicate all’interno del loro territorio (rari casi per i quali alcuni collezionisti di protoacustica sono disposti a tutto, per queste amenità).
Nel novembre 1997 viene emanato il decreto che fissa i limiti di emissione e immissione, limiti legati all’adozione da parte dell’amministrazione comunale di un documento di raccordo e previsione definito “Piano di classificazione acustica”, con tanto di regolamenti ad esso riconducibili, ivi compreso quello per il rilascio delle autorizzazioni in deroga. Alcune amministrazioni, in perfetta autonomia intellettuale e interpretando il compito del sindaco – estensore e garante della salubrità pubblica – o anche, casi limite, per ignoranza, o mancata istituzione regionale dell’ARPA, stabiliscono protocolli in cui l'iter prevede parere ASL (il famoso Ministero della Salute a cui era, nel 1993, stata tolta ogni delega) per il rilascio. È ovviamente molto improbabile, nei casi di parere negativo, che il sindaco, o meglio il dirigente in sua vece, rilasci autorizzazione in deroga (sembra che ce ne siano stati 2 o 3 casi, anch’essi tra i sogni proibiti di ogni collezionista). Personalmente, per mia fortuna, di quel periodo custodisco alcune un po’ meno preziose ma esilaranti, anche a distanza di anni, autorizzazioni negate per futili motivi e la rarità, vera perla della collezione: l’autorizzazione per il concerto dei Black Crows (a Milano) rilasciata a condizione di non usare il pink noise.
Né mancano follie perdurate per molto tempo, specie sull’uso del parametro “tempo” per caratterizzare il livello, anche dopo l’emanazione del decreto sulle tecniche di misura (il Decreto del Ministero dell’Ambiente del 16/03/98) e la risposta ad Assomusica resa come interpretazione autentica, rilasciata dal responsabile del servizio IAR [Inquinamento Atmosferico e Rischi per l’ambiente, ndr] del Ministero dell’Ambiente nel 1999. Va ricordato che alcuni componenti degli organi di controllo utilizzavano disinvoltamente tempi di 30 e 60 secondi per misurare il livello di inquinamento, rapportandoli con misure a tempi diversi o in periodi di particolare calma per aumentare il differenziale tra quello che è definito rumore ambientale (rumore rilevato con l’attività) rispetto al rumore residuo (quello rilevato senza attività).
Questo è uno dei casi in cui si deve dire no! A dire il vero non ci sono molti casi per pronunciare un bel “no” e quindi vale ricordarli:
• Quando dopo 30 giorni o i tempi indicati nel regolamento (se esistente), non avete nessuna risposta;
• Quando la risposta porta dati o indicazioni palesemente distorte che rendono impossibile o gravemente difficile l’esecuzione dell’evento, senza motivazione o con motivazioni risibili;
• Quando l’organo di controllo usa strumentazione non certificata o tarata o il personale non è competente ai sensi dell’articolo 2 della Legge 447/95 e del relativo decreto attuativo;
• Quando le misure a contestazione sono eseguite non conformemente alle norme tecniche D.M.A 16/03/98 e/o non è opportunamente completata l’informazione;
• Quando ti legano ad una sedia e arriva il dott. Szell (quello con i capelli bianchi) del Maratoneta e ti chiede: “È sicuro?”
Per correttezza debbo però rilevare che, tolti i casi eclatanti, di regola, oggi, si trovano nelle amministrazioni dello Stato tecnici preparati, seri nel loro compito e consapevoli che il concerto non è rumore. Essi non sono ostacolo ma, spesso, portatori di argomentazioni valide, rappresentano guide e stimolo nella ricerca di soluzioni più eleganti e appropriate.
Cosa si deve fare oggi
Oggi, tranne casi sporadici anche se importanti, la situazione si è stabilizzata, il livello culturale e tecnico si è alzato, conseguenza credo delle molteplici occasioni di confronto tra organizzatori e organi di controllo avute in questi ultimi dieci anni.
Qui di seguito provo ad indicare il profilo del percorso virtuale tipo:
Mentre si progetta l’evento, prima dei contratti finali con i fornitori dei servizi audio, l’organizzatore deve verificare l’area e i problemi che essa presenta per questo profilo. Nel caso chiedere consulenza ad un tecnico competente per valutare accorgimenti, posizioni e condizioni per l’esecuzione dell’attività.
Almeno 30 giorni prima del primo giorno di deroga (da considerare anche il tempo dedicato alle prove), l’organizzatore deve accertarsi che venga compilata la valutazione di impatto acustico:
• nel caso di livelli previsti sotto i limiti, richiedere il nulla-osta o tenere la relazione di valutazione a disposizione per eventuali richieste;
• nel caso di superamento dei limiti, protocollare al SUAP o all’Ambiente richiesta di deroga con procedura fissata dalla amministrazione.
Alcune amministrazioni indicano tempi minimi maggiori di 30 giorni. In ogni caso normalmente non si superano i 60.
Nella domanda oltre ai dati generali e professionali, ai grafici di riferimento, devono essere specificati, al minimo, i giorni e gli orari in cui si chiede deroga, i ricettori considerati e il livello assoluto che si ipotizza formarsi sul loro fronte abitativo (piano più esposto), dati tipologici dell’impianto in sintesi e il livello di riferimento preso in esame.
Almeno 3 giorni prima della data di deroga richiesta,
l’amministrazione rilascia l’autorizzazione in deroga.
Se, all’atto del rilascio, l’amministrazione cambia termini operativi necessari secondo modalità non contemplate nel regolamento, o inserisce di proprio arbitrio condizioni e modalità di controllo non coerenti con la norma, impugnare l’autorizzazione chiedendone la modifica.
Durante la manifestazione: controllo dei livelli.
Il tecnico incaricato dall’organizzatore verifica secondo gli schemi previsionali l’andamento del rumore ambientale e, nel caso, indica i correttivi al fonico o al direttore tecnico dell’organizzazione secondo gli accordi precedentemente presi.
Per quanto riguarda l’amministrazione, l’attività di controllo è attività di polizia giudiziaria. Ogni aspetto del rilievo deve essere quindi ben documentato e le apparecchiature devono essere a norma ai sensi del D.M. 16/03/98.
È sconsigliato:
• protocollare direttamente richiesta pareri agli organi di consultazione dell’amministrazione: ASL, ARPA, società private di consulenza... Tutta la documentazione deve passare dal Comune;
• accettare richieste di modifica per via verbale. Risposte negative e integrazioni devono essere richieste in forma scritta, con il nome del responsabile ben visibile.
Tante cose sono cambiate in questo settore – e nel rapporto con la Pubblica Amministrazione – e in molti casi non si può che trarre un’impressione positiva. A parziale dubbio su un bilancio positivo non si può che – vestendosi nei panni di cittadini – chiedersi quante delle pantagrueliche energie spese potevano produrre effetti postivi se impegnate in più assillanti e pressanti problemi.