Safety, acustica & co.
La documentazione tecnica di progetto per le manifestazioni temporanee.
di Michele Viola
Provo a scrivere qualche appunto sulla documentazione tecnica generalmente richiesta al fine di ottenere l’autorizzazione per una manifestazione temporanea di pubblico spettacolo. Negli ultimi anni questa è praticamente diventata la mia attività principale, a causa della richiesta ormai intensa anche per gli eventi di piccole e medie dimensioni.
Il ‘pubblico spettacolo’, almeno nel nostro paese, da tempo è oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore. Di fatto, la normativa fa capo direttamente al TULPS – il Testo Unico per le Leggi di Pubblica Sicurezza – un Regio Decreto risalente al 1931 e costantemente aggiornato (attualmente l’ultimo aggiornamento risale a giugno 2022). Gli articoli 68 e 69 del TULPS, in particolare, stabiliscono la necessità di una ‘licenza’ per “dare, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, accademie, feste da ballo, corse di cavalli, e altri simili spettacoli o trattenimenti, e aprire o esercitare circoli, scuole di ballo e sale pubbliche di audizione”, nonché per “dare, anche temporaneamente, per mestiere, pubblici trattenimenti, esporre alla pubblica vista rarità, persone, animali, gabinetti ottici o altri oggetti di curiosità, ovvero dare audizioni all’aperto”. Il successivo articolo 80 dello stesso TULPS stabilisce inoltre la necessità dell’istituzione di una Commissione Tecnica con il compito di verificare “la solidità e la sicurezza dell’edificio e l’esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio”.
Un recente aggiornamento significativo, risalente al 2013 nei suoi ultimi sviluppi, agli articoli 68 e 69 del Testo Unico, prevede che “per eventi fino ad un massimo di 200 partecipanti e che si svolgono entro le ore 24 del giorno di inizio, la licenza è sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attività presentata allo sportello unico per le attività produttive o ufficio analogo”, cioè per gli eventi di portata minore non serve una vera e propria autorizzazione ma è sufficiente una comunicazione al SUAP.
Il successivo Regio Decreto 635 del 1940 [regolamento di esecuzione del TULPS], emesso ancora una volta “per grazia di Dio e volontà della Nazione” da parte dell’allora monarca Vittorio Emanuele III, agli articoli 141 e 142 precisa i compiti e la conformazione della Commissione di Vigilanza: la Commissione “esprime il parere sui progetti…, verifica le condizioni di solidità, sicurezza e igiene dei locali…, accerta la conformità delle segnalazioni… e gli aspetti tecnici di sicurezza e igiene…”. Tra le successive modifiche e integrazioni, dal 2016 l’articolo 141 indica al secondo comma che “Per i locali e gli impianti con capienza complessiva pari o inferiore a 200 persone il parere, le verifiche e gli accertamenti [della Commissione di Vigilanza] sono sostituiti, ferme restando le disposizioni sanitarie vigenti, da una relazione tecnica di un professionista iscritto nell’albo degli ingegneri o nell’albo degli architetti o nell’albo dei periti industriali o nell’albo dei geometri che attesta la rispondenza del locale o dell’impianto alle regole tecniche stabilite con decreto del Ministro dell’Interno”.
Le norme tecniche sulla sicurezza
Di recente, come al solito (almeno nel nostro paese) in seguito a eventi funesti che hanno purtroppo provocato morti e feriti, sono state emesse alcune circolari da parte del Ministero dell’Interno che ribadiscono la necessità di porre particolare attenzione agli aspetti legati alla sicurezza delle manifestazioni temporanee, non solo di pubblico spettacolo; in particolare: la Circolare dell’allora capo della Polizia Gabrielli del giugno 2017 e la circolare dell’allora prefetto Piantedosi del luglio 2018. Dal 2017, dunque, è necessario comporre un “piano di safety”, generalmente integrato con il piano di gestione delle emergenze, che delinei i punti principali di gestione della sicurezza degli avventori alle manifestazioni pubbliche. Le linee guida allegate alla circolare Piantedosi fanno esplicito riferimento alle principali normative sulla sicurezza per le manifestazioni pubbliche: il Decreto del Ministero dell’Interno del 19/08/96 [Regola tecnica di prevenzione incendi per il pubblico spettacolo] e il Decreto del 18/03/96 [Norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio di impianti sportivi].
Il DM 19/8/96, in particolare, stabilisce nel dettaglio le caratteristiche principali degli allestimenti per il pubblico spettacolo: la reazione al fuoco dei materiali, la conformazione delle vie di esodo, la disposizione delle sedute, le caratteristiche degli impianti elettrici, delle segnalazioni (uscite di emergenza, ecc.) e dell’illuminazione di sicurezza. Di recente è stata pubblicata una nuova norma tecnica di prevenzione incendi per il pubblico spettacolo, il Decreto del Ministero dell’Interno del 22 novembre 2022, che si affianca alla precedente norma tecnica del 19 agosto 1996 (in alternativa, senza abrogarla) e che permette nuove modalità di progettazione della sicurezza, che spesso possono risultare più flessibili delle precedenti in base ad una valutazione del rischio specifica.
Il rischio reale, qui, è quello di produrre una notevole quantità di ‘carta’ (si fa per dire: da anni, ormai, la documentazione è fatta di bit, non di carta) che in pratica quasi nessuno legge, soprattutto negli eventi più piccoli, alimentando così un circolo vizioso fatto di burocrazia nella sua accezione peggiore, e spreco di risorse sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista logistico e organizzativo. Del resto l’attenzione alla sicurezza è spesso vista come uno spreco tout-court, dato che “non succede quasi mai niente”, tranne nel malaugurato caso in cui l’emergenza si presenti davvero. In questi casi, che davvero nessuno vorrebbe mai vedere, citando le parole di un ingegnere davvero competente in un seminario di qualche anno fa, si può facilmente passare dall’ambito del pubblico spettacolo all’ambito sanitario, e spesso all’ambito giudiziario, e questo oltre ad essere intrinsecamente triste ci obbliga a presenziare un ambiente che non è quello a cui siamo abituati e in cui ci muoviamo più o meno agevolmente. In genere in tali casi qualcuno è costretto a “fare le pulci” non solo alla documentazione, ma all’organizzazione tutta, e francamente cerco personalmente di fare di tutto per proteggermi dalle contestazioni. Diciamo che il caso migliore e quello in cui la signora, casualmente moglie di un avvocato, altrettanto casualmente inciampa su una canalina, magari dopo aver attraversato una delimitazione non presidiata, e la storia va poi a finire con qualcuno dei soggetti coinvolti che per quieto vivere decide di “dare scarico” all’assicurazione. C’è un modo, comunque, perché questa ricerca di auto-protezione comporti l’avvio di un circolo questa volta virtuoso, grazie al quale la sicurezza dell’evento risulti in effetti migliorata. Per esempio assegnando esplicitamente dei ruoli e delle procedure condivise, ma condivise davvero, anche a voce, al personale effettivamente presente, come “responsabile safety per le decisioni di natura organizzativa”, o “responsabile tecnico”, o “referente per il primo soccorso”, anche negli eventi teoricamente a basso rischio. Nel malaugurato caso di evento avverso, quando c’è poco tempo per ragionare, chi ha avuto modo di fare mente locale su un ruolo particolare avrà più possibilità di reagire prontamente, anche solo chiamando immediatamente i soccorsi senza tentennare.
La comunicazione al servizio 118
Un documento della conferenza delle regioni di qualche anno fa, poi recepito in forma di Direttiva di Giunta Regionale da molte regioni in Italia, impone una valutazione oggettiva del rischio sanitario in base a un algoritmo determinato e condiviso, per poi risultare in un eventuale impegno di risorse sanitarie a supporto dell’evento (ambulanze, squadre di soccorso, …). Anche questo impegno, per altro solitamente non troppo oneroso, se ben utilizzato può facilmente comportare un impegno di risorse in qualche modo virtuoso per la sicurezza dell’evento.
La valutazione di impatto acustico
Questo documento deriva da un articolo della Legge quadro sull’inquinamento acustico, la Legge 447 del 1995, che delega ai Comuni i particolari sui procedimenti autorizzativi in deroga alla zonizzazione acustica comunale. In pratica, gli eventi temporanei, per un periodo di tempo determinato (e possibilmente breve) possono fare più rumore rispetto alle attività stabili e quotidiane. Questo non riguarda solo gli eventi di pubblico spettacolo, ma anche altre attività rumorose quali i cantieri, o i cannoncini anti-storno.
Rimaniamo comunque nell’ambito del pubblico spettacolo. I comuni stabiliscono solitamente dei limiti, in genere di concerto con le Agenzie Regionali di Protezione dell’Ambiente (ARPA) che hanno all’interno le competenze necessarie, per le manifestazioni temporanee. Si tratta in genere di limiti di pressione sonora in termini di livello medio equivalente continuo (LAeq) e/o di livello “di picco” (LASmax, pesato “slow”, con costante di integrazione 1 s), presso i recettori esterni maggiormente esposti o anche nei confronti del pubblico, e anche dei limiti orari, in base al tipo di attività. In Emilia Romagna, per esempio, dove opero spesso perché ci abito, c’è una Direttiva di Giunta Regionale che offre un riferimento per i regolamenti comunali, e stabilisce limiti di LAeq e LASmax presso i recettori esposti (in facciata, non all’interno) dipendenti dall’attività (concerto con più o meno di 1000 persone, discoteca all’aperto, attività musicale a supporto di pubblico esercizio, …), oltre a un limite di LASmax pari a 108 dB(A) nella posizione più rumorosa occupata dal pubblico.
La valutazione di impatto acustico non è certo un “permesso di fare rumore quanto ci pare”, purtroppo (o per fortuna, secondo il punto di vista). Mi viene da pensare che la professoressa di pianoforte che abita lungo il corso adiacente alla piazza dell’evento abbia il diritto di fare lezione anche nel pomeriggio, almeno quanto noi abbiamo diritto di fare il nostro sound-check o il nostro divertentissimo e raffinatissimo DJ set Tunz-Tunz. Io di solito stabilisco, tramite un opportuno modello di simulazione, un livello di pressione sonora in area, sul pubblico, tale che la potenza sonora emessa dall’impianto di amplificazione produca, in facciata ai recettori maggiormente esposti esterni all’attività, un livello di pressione sonora compatibile con i limiti posti dal regolamento.
Spesso occorre accettare qualche compromesso: se il risultato della simulazione è che, per rispettare i limiti di pressione sonora, il livello in regia non dovrebbe superare 75 dB(A)… beh, chi sa di cosa stiamo parlando capisce bene che o non si fa l’evento o non si rispettano i limiti. Dato che probabilmente, anche se non si può dire esplicitamente, credo proprio che lo sappiano anche le autorità di controllo, di solito funziona così: se nessuno si lamenta tutto ok, ovviamente; se qualcuno si lamenta, la municipale esorta alla pazienza il disturbato e al limite si fa vedere in regia chiedendo di fare attenzione, fino al limite orario concesso. Per verificare il rispetto dei limiti di pressione sonora serve un fonometro e un tecnico competente, cosa che può essere complessa soprattutto nelle date e negli orari tipiche delle manifestazioni temporanee, mentre verificare i limiti orari è molto più semplice, per cui al superamento dell’orario il rischio di sanzioni è piuttosto elevato. In genere l’impatto acustico non degenera nell’ambito sanitario, ma può invece condurre all’ambito giudiziario, anche con risarcimenti poco simpatici.
Se necessario, si può chiedere una deroga anche al regolamento per le attività rumorose temporanee, deroga che permette di fare rumore oltre i limiti temporali o di pressione sonora previsti. Il procedimento di deroga è solitamente oneroso e richiede tempo, ovvero la richiesta va presentata in buon anticipo perché prevede un parere esplicito da parte di ARPA o di qualche autorità di controllo locale. Del resto, se l’alternativa è quella di chiedere a Lenny Kravitz di abbassare il livello dell’ampli della sua chitarra… buona fortuna!
Conclusioni (per il momento)
Lo spazio è terminato, e mi rendo conto che ovviamente ci sarebbe ancora da scrivere. In particolare sulle strutture e sugli impianti, per esempio. Ma spero di avere occasione di scriverne in un prossimo articolo.