La morte delle console luci

Premesso questo, ho capito che siamo vicini alla svolta, al cambio epocale, alla rivoluzione del settore. Presto ci sarà LA MORTE DELLA CONSOLE LUCI...

di Emiliano Morgia

Avete visto un film d’azione ultimamente? Uno di quelli pieni di effetti speciali con esplosioni, camere 3D, salti da un palazzo all’altro e vino d’argento in nave spaziale? Belli vero? Io li adoro!

Sono produzioni da milioni di dollari/euro di budget, le case di produzione li spendono regolarmente, e dedicano un bella fetta agli effetti speciali. Le fette della torta sono così grandi che fanno impallidire il piccolo mercato dell’illuminazione da spettacolo. Eppure in questo mercato da guerre stellari e di tecnologia avanzatissima, in cui i computer hanno compiti specifici e gli applicativi sono mirati solo alla realizzazione di un particolare effetto, i programmatori che realizzano le complesse scene di effetti o addirittura interi film di animazione in computer graphics, utilizzano la più semplice delle interfacce utente: il mouse e la tastiera. Perché non hanno un computer con una superficie piena di leve e rotelle o qualche altro tipo di interfaccia in grado di semplificare la creazione di effetti o la manipolazione dei contenuti? Anche il semplice montaggio di un lungometraggio girato in cinealta viene affidato a strumenti come Final Cut e manipolati con Adobe After Effects o Apple Shake e altri. Tutti questi sono strumenti software che vengono controllati tramite le stesse interfacce che sto utilizzando io per scrivere.

Come per il settore dell’illuminotecnica da spettacolo, anche quello della cinematografia ha bisogno di strumenti mirati e capaci di economizzare il lavoro, non far perdere tempo agli operatori e produrre ottimi risultati in tempi brevi. Cioè, come dire, sbrigati a fare i puntamenti che tra due ore c’è sipario. La differenza sostanziale tra il loro ed il nostro mercato sono le risorse finanziarie. Mentre una console luci noleggiata da un service ad una produzione può costare poche centinaia di euro alla settimana, la produzione di un film costa centinaia di migliaia o milioni di dollari. Se ne evince che se ci fosse la necessità di avere un mezzo migliore per produrre il film, l’industria dell’editing l’avrebbe realizzato; invece no: solo mouse e tastiera.

Questo cruccio ha iniziato a tormentarmi da molto tempo, dai tempi in cui le console luci visualizzavano sullo schermo numeretti verdi molto simili al codice MATRIX e avevano processori 386 quando il mondo viveva dei primi Pentium. Già 15 anni fa c’era qualche cosa di strano. L’anomalia continua oggi con la disparità di prezzi e prestazioni: console da 50 mila euro hanno hard disk da 40 gigabyte o addirittura non ne hanno proprio, montano processori che non sono più presenti nemmeno nei computer che trovate negli scaffali dei supermercati. Incredibilmente la potenza di calcolo di un computer da 400 euro supera di gran lunga quella di una console da 50 mila euro! Non vi sembra strano?

Bene, da qualche tempo le cose stanno cambiando e, in effetti, le modernissime console stanno cercando di conformarsi al mercato consumer. Le aziende utilizzano sistemi operativi come Linux o addirittura Windows per far girare programmi più o meno complessi per l’editing delle scene luminose. Faccio riferimento alle console americane, a quelle tedesche ed a quelle danesi. Se le aprite, o se chiedete al vostro distributore di zona che tipo di processore è montato nella console, verrete a scoprire che non è dissimile da quello del computer da 400 euro sempre esposto nello scaffale del supermercato. Con una piccola differenza di prezzo: le console costano molto di più e non hanno neanche i video giochi.

Fatto certo che il mercato nel quale vengono venduti i controller luci da spettacolo è diverso da quello del supermercato dove si trova il computer da 400 euro, è pur vero che l’industria dell’informatica non può certamente rallentare alla velocità del rock&roll o teatro/TV: mese dopo mese il PC sullo scaffale costa sempre 400 euro ma raddoppiano la capacità di calcolo e le prestazioni. Insomma di console ne vengono vendute poche in un mercato di nicchia mentre di computer ne vengono venduti molti nel mercato globale.

Ci si accorge che in breve tempo e ciclicamente le tecnologie utilizzate nel nostro mercato sono vecchie e obsolete. Un esempio? Il miglior concept di controller luci è stato annunciato anni fa, poi presentato nelle fiere e incorpora la tecnologia multitouch! Diversamente dal mio melafonino, venduto in tutto il mondo in 50 milioni di pezzi, il bellissimo concept tedesco è ancora chiuso nei laboratori. In altre parole non si riesce a tenere il passo: il mondo va avanti e la nostra industria corre con piccole gambette appresso ai passi da gigante dell’evoluzione informatica.

Premesso questo, ho capito che siamo vicini alla svolta, al cambio epocale, alla rivoluzione del settore. Presto ci sarà LA MORTE DELLA CONSOLE LUCI.

Prima di farla morire, però, facciamo una vivisezione del cadavere. Che cosa è una console luci se non un computer da 400 euro da supermercato che costa però quarantanovemilaseicento euro in più? Che cosa costa quarantanovemilaseicento euro un più? Volete saperlo? Il costo è dato dal piccolo mercato nel quale vengono commercializzate e dalle maledette leve ed i maledetti bottoni. Insomma la console costa perché è un computer da 400 euro “super customizzato” con l’aggiunta empirica di schede, monitor, leve, bottoni, rotelle, palle, spine e chi più ne ha più ne metta. Addirittura esistevano modelli con i cingoli! Come un carro armato! Chiaramente enfatizzo, ma i conti cantano e gli elevatissimi prezzi di questi editor luci sono a mio avviso un sintomo.

Non dico assolutamente che i prezzi siano eccessivi per quello che viene venduto ma che quello che viene venduto sia inutile al giorno d’oggi.

Molti di voi avranno installato uno dei tanti editor off-line della console preferita. Tutti i produttori ne hanno messo uno a disposizione e tutti avrete provato a fare il patch o ad esercitarvi a casa per aumentare la vostra produttività, ma ben pochi avranno usato lo stesso programma durante un evento e mi permetto di immaginare anche il perché di questa restrizione. Usare il programma sul PC è molto scomodo e non è facile come la console vera. Quella sì che è bella piena di leve e bottoni! Il PC no... è solo buono per mandare le mail.

Beh, sono d’accordo: gli off-line editor sono davvero scomodi da usare sul PC, le finestre si accavallano una sopra l’altra, e soprattutto la cosa più scomoda è dover trovare i bottoni nella riproduzione virtuale della console reale. Tutti gli off-line editor hanno la “foto” del pannello della consolle vera e propria, cioè tutti gli off-line editor sono dei SIMULATORI di console luci. Perchè le leve e le rotelle sono molto belle.

Strano però che, come scrivevo sopra, interi film da milioni di dollari/euro di budget vengano realizzati con i PC corredati di mouse e tastiera, e non pieni di leve e rotelle molto belle.

Se si cerca di simulare una console che pesa 40 kg e che ha una superficie di controllo completamente diversa da un monitor di un PC è sicuramente molto difficile interagire con essa.

Io credo che leve e rotelle non siano belle, anzi, tutt’altro: sono la rovina del mercato.

Come da proclama scritto sopra, siamo arrivati vicini alla rivoluzione, cioè presto avremo un software disegnato appositamente per essere usato sul personal computer, ottimizzato per mouse e tastiera. In altre parole un vero software luci e non un SIMULATORE di console. La rivoluzione sarà nei costi e nelle prestazioni. Immaginate di poter comprare un software da installare sul vostro computer e di ricevere continui aggiornamenti, cioè immaginate una base dalla quale partire che anno dopo anno si evolve. È un’evoluzione che durerà oltre qualsiasi hardware “customizzato”. In altre parole una semplice applicazione per personal computer. Software come LightJockey non hanno preso piede nella fascia alta del mercato semplicemente perché non sono stati disegnati per la fascia alta ma per quella media, e in quella fascia LJ l’ha fatta da padrone.

Nella fascia professionale medio-alta si è sempre pensato che più leve si hanno a disposizione più sia facile controllare le luci, un po’ come tanti anni fa faceva fico andare in giro con le Avolites. Quelle belle consollone piene di cursori verdi e rossi, belle pesanti, robuste. Poi, quando arrivò quella piccola macchietta blu della Wholehog II (la vera ed unica Wholehog!), sbancò il mercato. La particolarità della console inglese era quella di avere solo otto leve ma una rivoluzione chiamata “motori effetti”. Questo rivoluzionò il modo di programmare i movimenti ed i chaser: se prima era necessario avere diverse leve per posizionare diversi chaser o movimenti, con l’arrivo del motore effetti il modo di programmare cambiò radicalmente.

Io dico che presto da otto fader si passerà a “Zero Fader” e zero rotelle.

Vi porto un altro esempio di come negli anni le interfacce utente siano cambiate e di come stiano cambiando giorno dopo giorno. Una volta si usava la rotella per selezionare i gobos, oggi si pigia un semplice bottone. Non è più necessario cercare le funzioni del proiettore che state usando, oggi le funzioni vi vengono proposte dal controller stesso grazie alle sempre più dettagliate librerie.

E immaginiamo anche quanto il video stia interagendo con l’illuminotecnica. Quasi tutte le aziende che producono console luci ne hanno a catalogo almeno una dotata di mediaserver.

Oggi il video è luce ma raramente si modula un video usando un fader. Il video è una sequenza di immagini pre-programmate che vengono avviate tramite la pressione di un pulsante e sincronizzate a tempo di musica come in un videoclip.

I disegnatori Photoshop, guarda caso, usano le tavolette grafiche, un ottimo esempio di come in effetti mouse e tastiera non siano la migliore delle interfacce utente, ma a differenza del nostro settore il disegnatore Photoshop cambia il suo computer Apple ogni quattro anni con una spesa di tremila euro e non 50 mila.

Cinquantamila euro non sono pochi e il mercato italiano non permette ad un libero professionista di fare investimenti del genere anche perché i rischi sono davvero altissimi. Non ho mai invidiato chi si è lanciato nell’acquisto di una Wholehog personale, sapendo bene i rischi che correva. Immaginate 150 mila persone pronte a 5 minuti dallo spettacolo e una bella biondina che avete invitato in regia che inciampa e versa la sua bibita sulla console, cioè sulla VOSTRA console! Se un service può permettersi di avere una console di scorta, un libero professionista difficilmente, o per meglio dire con estrema difficoltà, potrebbe caricarsi due Wholehog 3 in macchina e fermarsi in autogrill lasciando 80 mila euro di materiale incustodito.

Mentre il disegnatore Photoshop non ha problemi con la sua piccola tavoletta grafica.

Quello che vedo arrivare nell’imminente futuro è un’applicazione corredata di una superficie di controllo minimale, o che utilizzi le miriade di superfici MIDI presenti sul mercato.

Sono sicuro che quando questo articolo capiterà nelle mani di qualche distributore, mi verranno tirati non pochi accidenti... perchè si potrebbe dedurre che io stia invitando a non comprare più console. Ma, al contrario, sto vedendo una rivoluzione, già iniziata, in cui le console luci verranno comprate da tutti gli utilizzatori e non solo dai pochi service che se lo possono permettere. Immaginate quante persone, a rotazione, utilizzano una singola console da 50 mila euro e quante invece ne comprerebbero una da 5 mila con accessori relativi e superfici di controllo, moduli di espansione, monitor touchscreen di diverse dimensioni, l’ultimo portatile ultra sottile e tutto quello che è possibile aggiungere ad un programma per PC.

Una rivoluzione del futuro?

No, è una rivoluzione già iniziata. Sono diversi i software disegnati direttamente per funzionare su un PC con mouse e tastiera. Certo l’uso esterno di periferiche adeguate a tutte le esigenze è necessario, come ad esempio piccole espansioni con leve e rotelle, ma il tutto è molto diverso da quanto commercializzato in precedenza. La grande differenza è che il core system, la parte centrale del sistema, è un semplice PC. Ho enfatizzato il concetto di PC da 400 euro, in realtà è consigliato un PC professionale, dotato di certi accorgimenti, come un sistema operativo dedicato. Per farvi un esempio, la mia Jands Vista gira su un Mac Pro quadcore 2,66 ed utilizzo due monitor da 15” per aumentare lo spazio di lavoro disponibile e facilitare le operazioni di programmazione; le uscite Artnet sono infinite, ma io al momento ho solo 4 uscite fisiche. La mia scelta è ricaduta sulla Jands Vista in versione applicazione perchè mi permette di economizzare le spese hardware. Lavorando principalmente con i media server Catalyst, che girano su Mac Pro, con Jands Vista ho un sistema perfetto. Due Mac Pro sui quali gira il sistema Media Server Catalyst PM ed un Mac Pro sul quale gira Jands Vista. Con il MacBook Pro 15” portatile della Mela ho un back-up perfetto. Se uno dei Mac Pro dei Catalyst dovesse avere problemi, posso fare uno swap in pochi minuti e riabilitare il sistema, operazione che sarebbe stata impossibile con hardware proprietari, senza parlare dei costi, molto più alti così come la difficoltà del trasporto.

Ed è nei costi la vera rivoluzione in corso. Abbassando i costi di un sistema si è finalmente liberi di comprare gli strumenti necessari per lavorare. Quindi non è più il grosso service che deve spendere 50.000 euro per una console luci che sarà noleggiata solo quando necessario, ma è il libero professionista che può comprare il set di strumenti necessari alla programmazione luci ed utilizzarlo come strumento personale. Il service stesso (se intelligente) capisce il valore di un’operazione del genere: consolle e media server sono strumenti specifici che richiedono una dedizione, un esercizio ed una competenza straordinarie e solo se di proprietà di chi li adopera si possono raggiungere livelli eccelsi. In altre parole, avere il controller luci sul PC o sul Mac è come avere la propria chitarra o ancora meglio la propria tromba: voi appoggereste mai le vostre labbra sul bocchino di un altro trombettiere