“Big Mick” Hughes
Nel mondo dell’audio live, ci sono pochi personaggi più conosciuti dello storico fonico dei Metallica...
di Douglas Cole
Nel mondo dell’audio live, ci sono pochi personaggi più conosciuti dello storico fonico dei Metallica. I suoi crediti come fonico e tecnico sono una lista che si può leggere come la storia della musica popolare dagli anni ’80 fin ad oggi.
“Big Mick” Hughes è principalmente conosciuto per il suo lavoro con Metallica, ma durante il racconto della sua storia ha nominato casualmente una serie di gruppi, con cui ha lavorato nel passato, che svelano un’esperienza molto varia ai più alti livelli. Qualche collaborazione che gli “sfugge” durante la nostra chiacchierata è il suo lavoro negli ultimi anni con SlipKnot, e nomi come Ozzy Osborne, Def Leppard, Steve Vai, ed occorre aggiungere anche il suo lavoro come fonico FoH per la reunion dei Led Zeppelin all’O2 nel 2007.
Ci invita sullo sleeper durante un momento di pausa prima del concerto di Metallica al Forum di Assago e si dimostra subito poco reticente nel parlare di sé, anzi... racconta una bella storia. Ci rivela anche il suo nome intero, ma ci chiede che il suo sopranome venga usato in qualsiasi contesto. Ogni biografia reperibile sul web lo dice classe ’60, ma, se la matematica non è un’opinione, questo dato viene smentito dalle sue prime parole...
Cosa ci puoi raccontare di Big Mick?
Ho 51 anni, e lavoro con i Metallica da quando avevo 26 anni, cioè da 25 anni. Lavoro con i Metallica da più tempo di chiunque altro, con l’eccezione di tre membri originali del gruppo... Kirk (Hammet, il chitarrista – ndr.) faceva già parte del gruppo quando io sono arrivato.
Abito ancora a Birmingham, così per il gruppo sono ancora “quello che vive in Inghilterra” ma per necessità adesso ho comprato una casa anche negli Stati Uniti: lavorando una settimana sì ed una no, negli ultimi anni, non era più fattibile sprecare quella quantità di tempo e di soldi in aereo. Anche se preferisco le due ruote alle ali, specialmente quando stiamo parlando di $ 11.000 alla settimana in voli! Essendo di Birmingham, non è inusuale che abbia cominciato la mia vita lavorativa come apprendista elettricista al British Steel.
E come hai cominciato come fonico?
Ho cominciato lavorando come tecnico con gruppi di ogni genere. Il primo fu la formazione originale dei Judas Priest, in cui suonava un mio lontano cugino ed i cui musicisti erano tutti miei amici. Mi portavano agli show sempre, forse perché come apprendista elettricista spesso tornavo utile, e col passare del tempo più imparavo e più diventavo utile. Si passò molto presto da “mi potresti risaldare questo cavo”, a “il mio amplificatore non funziona... mi puoi aiutare?” così riparavo un sacco di attrezzature musicali e componenti audio, e in seguito cominciai a fare il fonico durante i concerti.
Un hobby che subentrò al percorso “professionale”...
Beh, un po’ sì... ma la passione in questo caso non era il rock-n-roll: presi infatti tutte le mie “carte” e finii gli studi, così all’orizzonte c’era una carriera nell’industria, probabilmente come ingegnere. In sostanza... questo percorso non mi sembrava più molto attraente. Così, per un po’, andai a lavorare per la Kawasaki, nel ruolo di una sorta di meccanico: verificavo i reclami in garanzia. Certo le moto sono state sempre la mia passione, ma neanche questo lavoro andò a buon fine, perché quando uno prende un’attività che ama e comincia a farne un lavoro... perde parecchio del suo gusto. Quando lavoravo per Kawasaki, ovunque andassi qualcuno voleva che io guardassi la sua moto. Non potevo semplicemente andare giù al pub per una birra, perché finivo sempre nel parcheggio con un rocchetto o una catena smontata in mano con un tizio che mi guardava dietro la spalla dicendo “ma pensi che questo possa essere in garanzia?”.
Così mi annoiai di quel lavoro... non con le moto, per carità, ho ancora le moto e rimangono una mia passione... a vedermi non l’avresti mai detto, no?
Certo che no, figurati! Così, ti sei rivolto allo spettacolo?
Durante questo periodo, la cosa del rock-n-roll andava avanti. Cominciai a fare gli show come fonico/tuttofare con un gruppo di Birmingham che si chiamava Quartz... si tratta di trenta anni fa: loro avevano un PA proprio, un vecchio sistema Martin.
Mi dissero: “Se tu vuoi andare a noleggiare questo impianto quando non lo stiamo usando, va bene”.
Così lo tenevamo in un camion, ed io andavo in giro a noleggiare questo impianto e dividevamo i soldi.
Mentre facevo questo, incontrai un tale che faceva la stessa cosa con le luci, e mi propose di iniziare insieme un’attività di service luci. Pensai un attimo e mi dissi: “Le luci costano molto meno dell’audio...” (all’epoca era vero). Così, insieme a Kevin Wilkins, iniziai un piccolo service luci in Birmingham che si chiamava “Concert Lighting”. Sì, un nome molto originale... indovina cosa facevamo? Restai in questa società per circa quattordici anni, contemporaneamente al lavoro coi Metallica. Il gruppo che mi dava il PA da noleggiare lo vendette, così finii di fare quello e mi dedicai alle luci. Era molto divertente fare le luci e, all’epoca, non era molto complicato, ma io volevo sempre fare audio. Così facevo il freelance audio, mentre mantenevamo il service luci.
Come freelance lavoravo spesso con il service “Texserve”, proprietà di qualcuno che probabilmente conoscete già, Bob Doyle, in seguito general manager a KT/Midas negli anni ’90 e fondatore di DiGiCo nel ’02.
Così, con Texserve, hai avuto modo di lavorare con i “big” dell’epoca?
Lavorai per Bob, facendo i tour con UB40, Jethro Tull e Camel come systems engineer... ma rimanevo freelance perché tornavo a fare luci con il service di cui ero socio. Non lavoravo per Texserve a tempo pieno, facevo solo il “chiamami quando hai bisogno”. Una volta, Bob ricevette una chiamata da Peter Mensch, che rappresentava Def Leppard ed altri gruppi, fra cui i The Armoury Show (che aveva componenti dagli Skids, Siouxie and the Banshees e Magazine) e che gli chiese di prestargli un fonico per fare un singolo show con questo nuovo gruppo. In retrospettiva, il percorso del pensiero di Bob fu probabilmente: “Non voglio perdere uno dei miei fonici, meglio mandarci Big Mick...” così mi chiamò e mi disse: “Vorresti fare uno spettacolo una tantum per questo tizio manager, abbastanza serio, che si chiama Peter Mensch?”. Gli dissi: “Vabbe’... tranquillo”, salii sulla moto e andai giù all’Università di Birmingham per fare questo show. Il gruppo andò sul palco e suonò: il PA si spense diverse volte per problemi di corrente, e fu fondamentalmente uno spettacolo disastroso... ma arrivai in fondo. Peter Mensch venne da me e mi disse: “Dai... suonava abbastanza bene. Sei pronto?”. Io gli dissi: “Pronto per cosa?”. “Dobbiamo partire per Glasgow adesso – rispose”. “Col cazzo – gli dissi – adesso io vado a casa. La mia moto è qui fuori e con me ho solo questi vestiti. Mi hanno detto che questa era una data unica, io sono stanco e sto andando a casa”.
“Ok... vai a lasciare la moto a casa, prendi qualche maglietta e torna subito qui perché adesso... sei in tour”.
Valutai la situazione al volo e gli dissi “OK”. Tornai a casa e mi feci riaccompagnare al venue da un amico. Feci circa un anno e mezzo con quel gruppo lì. Questo, se ben ricordo, era nel 1982. Negli stessi anni lavoravo anche con un sacco di gruppi punk inglesi: GBH, Exploited, English Dogs, ecc...
Fu Mensch ad introdurti ai Metallica?
Nel 1984, The Armoury Show non stava avendo successo... avevano fatto un disco che si vendeva male e Mensch decise di lasciarli andare; ma apparentemente non voleva perdere me. Così mi chiese se mi avrebbe fatto piacere seguire un altro gruppo nuovo che lui rappresentava: Metallica.
Io gli dissi: “Ma che cos’è ‘Metallica’?”.
“Un gruppo heavy metal” – mi disse.
“E che cos’è ‘heavy metal?” – gli chiesi sinceramente, perché io conoscevo il punk, il reggae la new wave ed il pop. Avevo fatto Kajagoogoo, Haircut 100, Musical Youth e roba del genere, ma niente “metal”.
“Se mi dici di sì, vedrai – rispose”.
Ancora una volta misurai la situazione al volo e gli dissi “OK”. Agli inizi di novembre del 1984 mi trovai in tour, con l’accordo che avrei fatto solo la tranche europea. Eravamo in due, io e Pete Russel, io al FoH e PA e lui sul palco. Alla fine di questa tranche, i ragazzi del gruppo vennero da me e mi dissero: “Ci piace come lavori. Vorresti essere il fonico del gruppo?”.
“Che cosa vuol dire ‘del gruppo’?” – gli risposi... avvertendo una di quelle sensazioni da scapolo intrappolato. Avevo sempre fatto il fonico per tanti gruppi, non mi consideravo legato a nessuno.
“Noi partiamo per l’America a gennaio, tu dovresti venire con noi. Vorremmo che tu restassi disponibile per ogni nostro spettacolo” – mi dissero.
Per una terza volta... misurai la situazione al volo e dissi “OK”.
Siamo così partiti per l’America con “Ride the Lightning”: per la prima volta loro avevano il bus, il crew e tutto come “quelli veri”, così c’era un’atmosfera fantastica.
Una bella trappola per uno scapolo!
Sì, eccomi qui con 1600 show in più insieme a loro... È stato veramente un giro nelle montagne russe: siamo andati dai club, ai teatri, dai teatri agli stadi facendo da spalla a Ozzy e Van Halen. E dopo 25 anni sono ancora qui. Le serate sono un po’ più lunghe adesso rispetto a quando avevo 26 anni e il viaggiare è un po’ più difficile di prima... ma si fidano ancora di me e tutta l’organizzazione cerca di rendermi la vita in tour più facile. Raramente parlo con la band del suono – solo quando proviamo nuovi microfoni e cose del genere – altrimenti fanno il loro lavoro e sanno che io farò il mio.
Se nascessi di nuovo lo rifaresti?
Sì, penso di sì. Per carità: stiamo parlando di un sacco di lavoro, di un viaggio continuo per tutto il mondo... ma almeno è stato fatto con stile ed ho visto e conosciuto gente incredibilmente diversa. Inoltre nessuno si aspetta più che in tour si viva come degli zingari: come vedi (mostrando il lussuoso arredamento del bus che ci circonda) siamo abbastanza comodi. Stasera, infatti, viaggio per la prima notte in sleeper, durante questa tranche del tour, fin adesso ho sempre viaggiato in aereo dormendo in hotel... nonostante si tratti di un bus iper-comodo... è pur sempre un bus.
Tu hai un sogno nel cassetto?
Come?
È la nostra domanda finale per tutti i nostri personaggi: hai qualche sogno che vorresti realizzare un giorno?
Ma... chiedi sul serio? Ti rendi conto di quello che faccio io?
Ho parecchio tempo libero e vengo pagato in modo a dir poco “adeguato”. Così ho il tempo ed i fondi per fare più o meno quello che mi pare. Vengo e vado come mi pare, giro con le mie moto o con le mie macchine. Posso stare a letto fino a tardi... cosa che mi dà grande soddisfazione. Io già faccio quello che voglio. Mi piacerebbe pensare che tante persone possano dire questo, ma sfortunatamente non penso che sia il caso, ma io più o meno faccio quello che voglio. Sono veramente un uomo contento.
Beato te, Big Mick.
Beato te.