Ivano Fossati
Decadancing Tour 2012
di Giancarlo Messina
Annunciato come l’ultimo tour dell’artista ligure ha riscosso un grandissimo successo nei teatri italiani.
Quando un artista di successo come Ivano Fossati decide di interrompere il mestiere della musica e fare altro, rimane sempre un po’ di amaro in bocca, anche perché la qualità espressa nella sua arte, in musica e parole, sembra cosa piuttosto rara nelle nuove leve. Un pezzo importante della nostra musica leggera che si farà sentire ancora più forte per la sua assenza.
Ma niente di drammatico: lo stesso Ivano ha voluto che i concerti del suo ultimo tour fossero divertenti e coinvolgenti, senza aloni di malinconia e tristezze varie.
Concentrandoci sull’aspetto professionale, il tour è stato prodotto da F&P Group, con Mario Zappa in veste di produttore esecutivo e Sandro Frascogna come direttore di produzione.
Ottimo e di qualità il team al lavoro, da Jò Campana, che si è occupato del disegno luci e del set design – in parte realizzato da Igor Ronchese – fino all’audio, come di consueto affidato a Marti Jane Robertson che ha confermato la sua professionalità e la sensibilità nel mixaggio.
Partito a novembre, il tour, prevalentemente nei teatri, ha riscosso grandissimo successo con un sold out dietro l’altro. Noi l’abbiamo intercettato al Novelli di Rimini, dove abbiamo avuto modo di passare un bel pomeriggio, ed una bella serata, chiacchierando con i protagonisti della produzione, a cominciare dallo stesso Fossati che ci ha concesso una cordialissima intervista esclusiva.
L’audio
Cominciamo dal fonico di sala, in questo caso Marti Jane Robertson, ormai notissima ai nostri più fedeli lettori. Ci facciamo dare alcuni dettagli sull’organizzazione e le peculiarità di questo concerto: “È un concerto molto suonato – ci spiega – con molti strumenti acustici e poca elettronica; per fortuna sul palco sono tutti in IEM ed ormai anche il batterista, il cantante e la violoncellista si sono abituati a questa situazione, con meno impatto fisico. Ovviamente per me il palco silenzioso, soprattutto nei teatri, è un aiuto enorme”.
Usi una Profile: ce ne puoi parlare?
La console Venue Profile è ottima, uso moltissimo i VCA, praticamente ho ogni musicista sotto un VCA, così quando vado a seguire il concerto posso seguire i brani con molta cura. Anche le due postazioni della voce sono sempre su VCA, e questo per me è molto importante, perché anche quando sono su una sottopagina del mixer posso comunque avere sotto le dita il fader della voce e seguirla sempre con molta attenzione. Sento molti lamentarsi delle console digitali, ma io voglio dire che adopero questo mixer perché mi piace moltissimo anche come suona: vengo dalla vecchia guardia analogica, ma questo ha poco da invidiare come suono.
So che usi molti plug-in, cosa hai invece scelto come outboard?
Le outboard sono poche, Lexicon 960 per quattro riverberi: voce, batteria e due come jolly, poi un Lexicon PCM 91 per un riverbero molto lungo e Manley VoxBox che uso sulle due postazioni della voce. Ho anche un Summit TLA100 che è in pratica uno spare del Manley, anche se poi, alla fine, lo adopero un paio di volte su altri strumenti.
Come tratti la voce di Ivano?
La voce di Ivano, dopo mille prove, viene ripresa con uno Shure Beta 58. Poi entro nel Venue, vado il linea nel Manley e passo su tutta la catena del VoxBox, ma preamplifico comunque con la console.
Come ti trovi con questo PA, “il piccolo” della Adamson?
Mi ci sto abituando: con Ivano ho usato un po’ di tutto, ma adopero questo modello per la prima volta. Lo trovo un po’ più duro rispetto agli impianti a cui sono abituata, forse è più adatto a sonorità piuttosto rock, infatti per i nostri pezzi rock è fantastico. Nei pezzi meno intesi vorrei più morbidezza, ma ci stiamo lavorando: sta a me adattarmi e trovare proprio quello che cerco.
Lavori con Ivano da 20 anni: come si fa a mantenere questo rapporto con l’artista?
Mah... innanzitutto grandissimo rispetto reciproco ma anche totale dedizione alla causa della qualità: quando lavoro mi impegno moltissimo perché tutto vada come deve andare.
A gestire invece il monitoraggio sul palco, anche lui da ben 13 anni con Fossati, è Marco Dellatorre, vulcanico e incontenibile come al solito, ma sempre capace di offrire una grande professionalità dietro l’atteggiamento istrionico: “Sul palco, oltre ad Ivano, abbiamo sette musicisti e diversi strumenti acustici, alla fine arriviamo a quasi 90 canali – ci spiega –. Il monitoraggio già da tempo è IEM, con PSM 900 della Shure, se non per un sub usato dal batterista. Usiamo anche dei sistemi Aviom, ma come se fossero degli amplificatori per cuffie, cioè ogni musicista ha sulla macchina solo il suo stereo: la comodità è nell’ottimo suono e nella distribuzione CAT5 sul palco”.
Anche tu con la Profile...
Sì, la uso da diversi anni, perché consente di integrare facilmente i plug-in che io e il fonico di sala usiamo molto dal vivo. Ma anche perché abbiamo molti canali, tanto che i quattro layer della console sono tutti impegnati, divisi a zone.
Come avete organizzato la distribuzione del segnale dal palco?
C’è uno splitter passivo a monte, così sala e palco possono fare ciascuno i propri guadagni indipendentemente dall’altro.
Che tipo di mixaggio ti viene richiesto?
L’ascolto per tutti è un mix totale, magari con il singolo strumento leggermente più alto; devo però dire che grazie al banco digitale l’ascolto è ottimizzato brano per brano e musicista per musicista, grazie al sistema di snapshot.
Si nota una certa assenza di outboard...
Infatti non ho outboard esterno, se non per il Receptor, una specie di computer dentro il quale puoi caricare degli effetti, noi lo utilizziamo sulla fisarmonica ed è “insertato” in send/return perché poi va mandato anche al mixer di sala.
Vedo molti microfoni in sala, li usi per il monitoraggio?
In parte sì. Registriamo tutte le sere su un sistema Pro Tools, per cui abbiamo messo dei microfoni ambientali in sala, fra cui, al centro, il bellissimo Shure VP88 che io uso anche per mandare l’ambiente negli auricolari usati dai musicisti, LiveZone o Shure SE425. Inoltre abbiamo altri quattro microfoni mono, due in regia di sala e due ai lati, sotto l’impianto.
Completiamo l’aspetto audio facendoci dare maggiori informazioni sull’impianto utilizzato dal PA Engineer Luigi “Chucky” Giandonato. “Usiamo come PA un Adamson Spektrix, con cono da 8,5” per le basse, 8,5” per le medie e driver da 1,25”, mentre i front-fill sono Metrix, sempre con medio basso da 8,5”. I sub sono quelli con il doppio 18” di Spektrix, a cui aggiungiamo a volte dei T21 come infra.
“Controllo tutto con Smaart e con gli XTA, tutto remotato su iPad: c’è una app per iPad ma è piuttosto cara, così alla fine ho preso un PC ed ho remotato il desktop. Adamson decisamente è un impianto molto presente, molto votato al pop-rock, e lo Spektrix, essendo più piccolino, soffre un po’ di più nella parte medio-bassa rispetto ai modelli più grandi. Io cerco comunque di tenere più frenato il driver, in modo da tenerlo più calmo su quella zona rendendo tutto più morbido. È la mia seconda data con Marti Jane e sono molto contento di essere qui: ho molto da imparare da lei, una professionista di alto livello con 20 anni di esperienza alle spalle.
Le luci e la scenografia
Come accennavamo, il set design ed il disegno luci sono di Jò Campana, lighting designer che sta vivendo uno splendido momento professionale: meritatamente, ci sentiamo di aggiungere.
Com’è nata la collaborazione con Fossati e come sei arrivato al concept di questo tour?
Sono stato contattato dall’agenzia (F&P Group) nella persona di Mario Zappa che ha pensato al sottoscritto per il light design del tour, proponendomi anche di pensare qualcosa per il set design. Ho accettato con entusiasmo la proposta, e con una punta di orgoglio, perché sono un estimatore di Ivano Fossati da sempre, anche quando non facevo ancora questo lavoro ed ero un semplice fruitore di musica; inoltre il fatto che sarà il tour di addio alle scene “live”, conferisce a questa esperienza un’ulteriore sensazione di unicità.
Dopo aver incontrato l’artista ed avergli sottoposto quattro diverse proposte, abbiamo deciso di sviluppare questo design che riporta ad una sensazione di “interno” (in questo caso uno studio/laboratorio/magazzino) con una grande finestra sullo sfondo, una sorta di sguardo sul mondo esterno, non a caso rappresentato da un paesaggio con una località marittima, che è poi la copertina dell’ultimo lavoro di Ivano. Abbiamo giocato sull’apparente paradosso dell’avere “uno sguardo sul futuro” proprio in quello che sarà il suo ultimo tour e proprio sulla parola “futuro” si è concentrato Ivano che ha chiesto specificatamente che all’interno del progetto scenico fosse inserito un elemento di assoluta freschezza e modernità; da qui la presenza di un portale LED allestito in configurazione inusuale e in posizione asimmetrica.
Com’è stato costruito l’impianto scenografico?
Per quanto riguarda la realizzazione della scena, il lavoro è stato commissionato a Tekset che, grazie a Igor ed al suo staff (grazie Raffo!), ha egregiamente e fedelissimamente riprodotto quelli che erano gli elementi previsti e abbozzati nei rendering: quinte armate a rappresentare portali/vetrate per dare più livelli di profondità, lampadari di tipo “industriale”, serigrafia sul fondale.
Che tipologia di proiettori hai utilizzato?
Direi nulla di particolarmente rivoluzionario. Il parco luci messo a disposizione dal rental (Lombardi Service) è di ottima qualità: motorizzati Clay Paky e Martin di ultima generazione, più qualche corpo illuminante della famiglia “incandescenze” (ETC e Fresnel) che in ambito teatrale ritengo essere sempre preziosi per non dire necessari.
L’operatore luci è invece Rossano “Roxy” Zambardino: “Sono subentrato ad un collega da poco per seguire questo tour – ci spiega –. Sto cercando di seguire l’idea del disegno luci utilizzando colori pastello, anche se con i proiettori a LED questo tipo di tinte sono un po’ difficili da ottenere. Stiamo comunque cercando di ricreare una situazione teatrale sia nei teatri che negli auditorium. Come materiale ho a disposizione 18 spot Clay Paky 700, 16 Wash 700, 12 MAC 401 a LED, dei PARnel che illuminano le pedane dei musicisti e quattro strobo per dare un po’ di movimento nei brani iniziali che sono più movimentati. La console è una Avolites Expert Touch, ma senza ‘touch’: ho appena aggiornato il software Titan 5 che mi permette di fare diverse cose che prima erano un po’ più complicate”.
Ivano Fossati - Intervista esclusiva
Ivano, come hai visto cambiare il tuo mestiere in questi anni?
Ho cominciato nel 1970, ed allora era estremamente diverso, perché soprattutto c’erano meno mezzi. Nei primi anni Settanta era molto difficile fare il mio mestiere, poi negli anni è diventato sempre più semplice. Non riesco ad immaginare come facessero quelli prima di noi! Oggi abbiamo sistemi di ascolto sofisticatissimi, sul palco suoniamo quasi come in studio: allora avevamo grandi monitor laterali che spesso il pubblico girava dall’altra parte, così a metà esibizione non avevamo nemmeno più quelli! Per fortuna non c’era il digitale e nessuno registrava quello che usciva da quelle esibizioni.
Che atmosfera hai voluto sul palco del tuo ultimo tour?
Volevo che, sebbene si tratti davvero dell’ultimo tour, non ci fosse un’aria malinconica. Ho voluto anzi che ci divertissimo a suonare, e che anche il pubblico si divertisse. Ed in effetti questo accade: nelle oltre due ore e mezzo di concerto noi ce la spassiamo ed anche il pubblico se la gode e si diverte.
Allestendo un nuovo tour, qual è la tua priorità, di cosa hai bisogno?
Di moltissime cose, soprattutto delle canzoni che il pubblico ama, ma anche di quelle che amo io: non si può andare davanti al pubblico solo per servire i suoi desideri, bisogna fare anche quello che si ha voglia di fare, che si sente di più. Ho bisogno di pensare molto alle canzoni che voglio cantare, alle idee musicali da proporre. Ed ovviamente le canzoni nuove sono sempre quelle con cui l’artista si diverte di più, ma si possono anche reinterpretare in modo avvincente le vecchie canzoni. Bisogna però evitare di eseguire forzatamente canzoni che non si ha voglia di fare, il pubblico si accorge quando l’artista canta di malavoglia.
Un artista quanto conosce della carovana che si porta dietro e della sua squadra?
Del tutto scollegato non può essere. Il tour è una grossa macchina, lo è nei teatri e ancora di più nei palasport e negli stadi. Credo però che tutti noi artisti sappiamo come funziona, anche se è difficile entrare nei particolari: il lavoro degli organizzatori e dei tecnici è in continua evoluzione e l’artista non riesce a seguire sempre tutto.
Chiusi 40 anni di carriera, qual è il sogno nel cassetto di Ivano Fossati?
Io non mi ritiro, ma cambio vita, perché “mi ritiro” sa di pensionamento, di uno che non ha niente a che fare e che se ne starà seduto in poltrona con la coperta a guardare la TV. Non penso assolutamente questo per il mio futuro, ho talmente tanti interessi che di certo avrò tanto da fare, anche se non più nel lavoro musicale: continuerò a studiare musica ed a suonare, perché l’essenza della musica non si può abbandonare, ma si può abbandonare il mestiere.
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Intervista esclusiva ad Ivano Fossati
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contatti:
produzione: F&P Group
fonico FoH: Robertson Marti Jane
luci e scenografia: Jò Campana
monitoraggio palco: Marco Dellatorre