Giorgio Ioan – Produzione
Il 2 maggio abbiamo incrociato a Jesolo il tour “worldwide” di Eros Ramazzotti.
Il gruppo di Lemonandpepper, Giorgio Ioan, Barbara Losavio e Fabio Carmassi.
Il tour di Eros Ramazzotti è partito dall'Italia e ha assunto un rilievo sempre più internazionale. Intervistiamo i professionisti che hanno lavorato allo spettacolo, portando quelle idee innovative che ne hanno decretato il successo.
Giorgio, tra il tour dei Måneskin e quello di Eros, è da un paio d’anni che stai girando il mondo in lungo e in largo. Come si progettano e si gestiscono dei progetti così grandiosi?
L’idea di questo tour è scaturita in maniera abbastanza naturale, poi crescendo ha preso vita questa dimensione internazionale. È stata la conseguenza di un progetto iniziato con il disco, seguito da tante e tante riunioni per trarre un concept per il tour: lo storyboard segue quello dell’art director Sergio Pappalettera, basato tutto sui quattro elementi fondamentali, ovvero aria, acqua, fuoco e terra. Su questi elementi, ognuno nel proprio ambito, abbiamo iniziato a sviluppare delle idee che alla fine hanno contribuito a dare forma allo spettacolo di Eros.
Come è nata l’idea degli schermi sovrapposti?
Fin dalle prime riunioni c’era la voglia di proporre qualcosa di diverso, pur all’interno di un concerto pop. Certo era difficile, ormai si è visto tutto e di più. Ma nella mia testa era chiara l’idea di non proporre più uno schermo dietro all’artista, a fungere da televisione. Lo schermo distoglie troppo l’attenzione dalla performance, e il pubblico rischia di vedere un videoclip dove dentro c’è l’artista. La voglia era di usare gli schermi in un modo più creativo, e di creare una scenografia che avvolgesse l’artista e allo stesso tempo lo lasciasse al centro dell’attenzione. Ho pensato così a questi tre livelli di schermo LED: uno grande, sullo sfondo, da 28 m × 8 m, coperto dagli altri due; il secondo schermo LED semi-trasparente da 20 m × 7 m, posizionato quattro metri più avanti; e infine, qualche metro ancora avanti, una cornice sagomata in alto e posizionata in basso davanti alle pedane della band. Con questo apparato scenico, e grazie alla fantasia e alla creatività dei ragazzi di Roof Garden, siamo riusciti a creare dei momenti e delle scenografie tridimensionali.
Nasce prima la scenografia, e poi i contenuti video?
In questo caso sono nate per prime le idee riguardanti gli schermi e il palco, e poi vi abbiamo costruito sopra lo show. Pappalettera ha ideato il concept del disco, e quindi avevamo già una traccia da seguire; poi Mikkel ha prodotto i contenuti video, seguendo la scaletta e le grafiche del CD. Le idee si sono quindi amalgamate, fino a trovare il piacere dell’artista e, ovviamente, la compatibilità con i costi e la gestione della produzione.
Vista dei due schermi LED fondo palco.
Si tratta di parecchio materiale da portare in giro. Ci siete riusciti anche oltre oceano?
In effetti si tratta di una produzione importante: in Europa la portiamo in giro con nove bilici e, il più delle volte, usiamo anche quattro sleeping bus. È ormai diventato di prassi che tutte le produzioni debbano entrare in un giorno, tranne casi eccezionali. Perciò ci siamo attrezzati per montare tutto in circa otto ore. Per le date europee abbiamo usato materiale e ditte italiane, mentre per le date americane abbiamo replicato ricostruendo la stessa produzione con i fornitori americani. Nelle date sud-americane abbiamo lavorato con la formula della mezza produzione.
E il personale è sempre lo stesso?
Per le date europee ci portiamo tutta la squadra tecnica, dagli specialisti per ogni settore ai loro relativi assistenti. Quando andiamo in America ci portiamo, oltre alla band, solo gli specialisti, ovvero fonici, operatori luci, backliner e addetti alla produzione, e richiediamo il resto sul posto.