For the beauty of this wicked world
L’album dei due chitarristi Corrado Rustici e Peppino D’Agostino è disponibile dal 28 giugno
di Giancarlo Messina
Corrado e Peppino sono due musicisti molto fortunati: il successo e la prestigiosa carriera consentono loro il lusso di produrre la musica che sentono, al di là di ogni logica di mercato.
Corrado, oltre che musicista, è un apprezzatissimo produttore. Ha lavorato con nomi del calibro di Herbie Hancock, Whitney Houston, Aretha Franklin, George Benson ed Elton John ed è stato produttore per artisti come Zucchero, Francesco De Gregori, Ligabue, Claudio Baglioni, Elisa, Andrea Bocelli, Negramaro e Francesco Renga, contribuendo alla vendita di più di 20 milioni di dischi. È anche stato il fondatore di due band rock prog italiane molto apprezzate in tutto il mondo: i Cervello e i Nova.
Peppino D’Agostino è invece un chitarrista siciliano decisamente più conosciuto all’estero e negli USA, dove vive dal 1985, che in Italia. Virtuoso del finger-style, si è esibito in 31 nazioni, condividendo il palco con artisti del calibro di Tommy Emmanuel, Leo Kottke, Martin Taylor e Sergio Assad. Il suo album Every Step of the Way (2002) è stato premiato con la medaglia di bronzo come “Miglior album acustico di tutti i tempi” dalla rivista Acoustic Guitar Magazine, e nel 2007 i lettori della rivista musicale Guitar Player lo hanno votato come “Miglior chitarrista acustico”. Ha pubblicato ben 18 album.
Dall’unione di questi due fenomeni nasce For the beauty of this wicked world, un album lontano dal main stream e difficilmente classificabile: spazia dal rock progressivo alla musica ambient, dal jazz all’elettronica. Il vero collante sembra essere non tanto la capacità tecnica dei due chitarristi – mai esibita gratuitamente – quanto la voglia di esprimere tramite la musica le profondità dell’anima, con sonorità molto ricercate e mai banali. È infatti un disco molto “prodotto”, come si usa dire, un progetto senza dubbio molto caro agli autori non tanto in chiave commerciale ma proprio in quanto spazio di espressione artistica. Credo si possa definire un disco per intenditori – attenzione: non per tecnici, ma per chi mastica un po’ di storia della musica pop-rock e sa ancora distinguere la banalità dalla ricerca, il vuoto dal pieno.
Dopo aver ascoltato il disco in anteprima, abbiamo raggiunto Corrado Rustici nel suo studio a San Francisco – tramite Skype... ma questo è un dettaglio – per fare una bella chiacchierata su questo lavoro.
Come è nato questo progetto?
Il disco nasce quattro anni fa quasi per gioco; infatti io e Peppino ci conosciamo da tantissimi anni e abitiamo entrambi a San Francisco. Ci vediamo spesso e facciamo musica insieme per divertimento; quattro anni fa Peppino mi fece sentire un brano scritto per Assad, uno dei più grandi chitarristi del mondo. Io decisi di lavoraci sopra e per Natale gli feci una sorpresa e gli regalai la mia versione. Lui rimase entusiasta e mi propose di iniziare a pensare ad un progetto insieme, ma con la chiara intenzione di non fare un disco di chitarristi per chitarristi: alla fine sono venuti fuori questi sette brani. La cosa che mi piace di più è l’approccio minimalista di alcuni pezzi ed il ruolo della chitarra, che io chiamo “transmoderno”: la chitarra, infatti, come è stata intesa negli ultimi 60 anni oggi non ha più un ruolo. Per nostra fortuna siamo fuori dalla mischia, quindi ci possiamo permettere di pubblicare un disco che ci piace davvero.
Che mercato ha un disco di questo tipo?
È un disco per chi apprezza lo studio, la ricerca, per chi riesce a creare collegamenti emotivi fra la musica e la vita. Non mi interessa più usare il lessico necessario per finire in classifica; questo disco non è mirato ad alcun mercato, è solo mirato a soddisfare questa fase della mia vita in cui voglio produrre documenti musicali che abbiano un certo valore. In qualche modo voglio restituire alla musica il tanto che mi ha dato nella mia carriera.
Quando fai il produttore per gli altri artisti? Occorre una strada più commerciale?
Mah... da un po’ di tempo mi sono tirato fuori anche da questa mischia. Non mi riconosco più in certi linguaggi elementari, puerili, che vanno bene per un teenager, ma che davvero non sono più i miei di oggi. Non voglio sostenere nemmeno in veste di produttore una cultura involutiva; non mi interessa il prodotto di entertainment, mi interessa fare arte. Devo dire che c’è stato un periodo d’oro, in cui fare arte coincideva con un grande consenso del pubblico; ma da metà degli anni ‘90 in poi il prodotto musicale è diventato quasi solo entertainment.
Dove è stato registrato il disco?
L’abbiamo registrato qui nel mio studio e poi fatto mixare da Sabino Cannone, che ha fatto un lavoro fantastico, nel suo studio MoReVoX di Milano. Ho usato un ProTools, e per registrare le chitarre di Peppino ho preferito dei microfoni Lauten Audio, veramente belli ed adatti per gli strumenti particolari di Peppino. Infatti uno degli aspetti musicalmente più interessanti era inserire ed affiancare le sue chitarre acustiche con suoni molto moderni ed elettronici.
È anche bene dire che nel disco non ci sono assoli di chitarra e non finire...
No, assolutamente! Non avevamo niente da dimostrare riguardo le nostre capacità chitarristiche. Gli assoli ci sono solo dove e quando servono.