Fiorello - Il più grande spettacolo dopo il week-end
Show dei record per il one man show siciliano. Decolla l’audience.
In uno studio che occupa l’intero Teatro 5 di Cinecittà.
di Alfio Morelli
Nel nome dello spettacolo c’è ovviamente la paranomasia della canzone di Jovanotti, che allude al giorno scelto per la trasmissione, il lunedì, certamente piuttosto insolito per un varietà televisivo; ma c’è anche la parola “grande” che lascia ben intravedere l’obiettivo di questa produzione: uno show davvero ricco, dallo studio agli ospiti.
Uno sforzo senza meno ripagato dai numeri, visto che dopo i 9 milioni e 796 mila spettatori della prima puntata (39,2%) i numeri sono sempre saliti, fino ad arrivare alla terza serata, che ci ha visti spettatori fin dal pomeriggio, che ha registrato uno share di 43,2% con ben 11 milioni 736 mila telespettatori. E la quarta ed ultima puntata, con Benigni come ospite, ha superato il 50%.
Su un successo “col botto” come questo ovviamente si è detto di tutto, molti hanno esaltato il protagonista, mentre altri hanno criticato i testi ed i contenuti, accusati di essere piuttosto scialbi e privi di genialità, salvati solo dalla bravura dello showman siciliano. Lasciamo ai critici televisivi, ed al senso critico dei nostri lettori dotati di televisione, ogni disquisizione sull’argomento, per concentrarci sull’aspetto tecnico dello show, co-prodotto da Ballandi e RAI.
Francesco Bottone – Ballandi Entertainment
Francesco lavora alla produzione per la Ballandi. Ci spiega che il suo gruppo, capitanato da Igor Cino, si occupa della produzione artistica, quindi di Fiorello, in collaborazione con l’agenzia dell’artista, la Live Tour di Antonio Germinario, rappresentata sul campo da Mauro Lilli, nonché della parte autorale e degli ospiti.
L’aspetto tecnico del programma è invece gestito dalla RAI.
Quando avete cominciato a lavorare al programma?
Gli autori hanno cominciato circa quattro mesi fa, siamo andati in vacanza dopo il tour già con questo spettacolo in mente, infatti c’era già stata qualche riunione con gli autori e lo staff prima delle vacanze, ma il lavoro vero e proprio è cominciato il 3 settembre.
Come avviene il contatto con l’ospite?
C’è un idea di base... Rosario e lo staff degli autori immaginano una situazione e decidono che, per la riuscita artistica dello spettacolo, è necessaria la presenza di ospiti importanti. Poi si fa una specie di “lista della spesa”, secondo quanti ne servono e viene messo in moto il discorso casting. A questo punto il responsabile della Ballandi si occupa di contattare gli artisti.
Ma c’è anche la situazione in cui sono le case discografiche, o altri management, a proporre a noi gli artisti disponibili.
Quante persone lavorano al programma per Ballandi?
Sulla produzione vera e propria siamo una decina, ma bisogna aggiungere tutta la parte ufficio ed amministrazione, visto che in Ballandi lavorano oltre una quarantina di persone.
Su un tour il budget di produzione si fa sul numero di biglietti che si pensa di vendere, e su un programma televisivo come questo?
Per un programma come questo tutti sanno che è necessario un budget notevole, perché l’importanza del cast deve essere di pari importanza all’artista principale, che è attualmente all’apice. Diciamo che in questo caso abbiamo qualche possibilità in più rispetto ad altre trasmissioni.
Cosa farà Fiorello dopo queste quattro puntate?
Prima andrà in vacanza, poi a febbraio, quando tornerà, vedremo. Sicuramente non è uno che se ne sta con le mani in mano.
Pino Quini – direttore della fotografia
Passando all’aspetto tecnico, facciamo una chiacchierata con un nostro amico di vecchia data, Pino Quini, direttore della fotografia fra i più quotati in circolazione che, anche in quest’occasione, ha dato al programma un tocco personale molto affascinante.
“Già dai primi incontri con gli autori e lo scenografo, quindi con Giampiero Solari e Gaetano Castelli, è stato chiaro l’intento di creare un grande spettacolo, e già si parlava di occupare tutto il Teatro 5 di Cinecittà; in effetti la scenografia che è nata è sì maestosa, ma non invadente, perché abbiamo rispettato la volontà dell’artista di avere quanto più pubblico possibile in sala”.
Pino ci spiega che per ogni puntata c’è una prova generale la domenica sera, in teoria identica alla prima, ma spesso senza alcuni ospiti e senza i costumi.
“Ospiti, autori, produzione e squadra tecnica – continua Pini – tutto doveva essere ai massimi livelli, cosa che è stata possibile soprattutto grazie agli investimenti che la RAI ha deciso di fare sul programma. Devo essere sincero: nessuno mi ha fatto problemi di budget sulle mie richieste tecniche, anche perché era evidente l’immensità dello spazio da coprire: solo per la luce bianca il mio progetto prevedeva sin da subito almeno 800 PAR! La difficoltà maggiore per una volta non è stata nel budget, ma nel reperire il numero sufficiente di proiettori! Perché molti service hanno una disponibilità limitata e magari sono impegnati anche in altre produzioni, mentre altri cercano di farti lavorare con quello che hanno in magazzino, ma questo a me non va bene, perché il service, come dice la parola, è al mio servizio e non viceversa.
Ad esempio avevo in animo di utilizzare un numero doppio di Sharpy ClayPaky, che stanno facendo una figura fantastica, ed avevo l’OK dalla RAI; ma con la disponibilità dei service sono arrivato solo alla metà del numero di proiettori che mi serviva, così sono ricorso agli SGM Victory per integrare il disegno, oltre a proiettori beam di altre marche. Già trovare quasi un chilometro di americane, installate grazie al progetto strutturale di Franco Faggiotto, non è stato facile!”.
Ma anche le riprese, volendo fare un programma “col botto” non potevano essere le solite. Così sono state adottate soluzioni innovative, come il primo utilizzo in uno studio televisivo italiano della Spidercam (di cui su vi abbiamo già parlato diffusamente in passato), con le sue agili riprese aeree, e della camera “filobus”, montata sopra un carrello che segue un filo di rame steso sul pavimento, in grado di fornire immagini dal basso molto suggestive e da posizioni insolite senza l’uso dei classici binari. Grazie a queste tecnologie non ci sono bracci o troppe Steadycam, così vengono evitate le loro non sempre piacevoli ombre, e per di più la camera è in grado di andare in ogni punto dello studio. “Il sistema di ripresa valorizza la scenografia, pensata appositamente per la spidercam, ma esalta anche le mie luci – afferma Pino – fra l’altro montate molto in alto, a circa 12 metri”.
Altro aspetto di cui forse pochi hanno potuto godere, è la trasmissione in HD: vista sul relativo canale digitale si poteva ammirare un’immagine davvero splendente e brillante. Pino ci ha anche spiegato che lavorare con le camere in HD cambia la fotografia, perché sono molto più sensibili alla luce, che quindi deve esser meno forte e ben dosata.
“Il fondale è un Lighthouse con passo da 6 mm – ci spiega Pino – ma il suo uso è stato volutamente diverso dal solito, pensato come un elemento scenico funzionale al racconto, alla scenografia e alle luci, non come un contenitore di immagini fine a se stesso, magari riempito, come troppo spesso si vede in giro, con immagini tratte dalla librerie del Catalyst! Qui è stato usato a fini scenografici, con appositi video realizzati dalla nostra grafica e, quando non serve, è spento, cioè al nero”.
D’altra parte tutta la fotografia ed il disegno luci sono pensati per valorizzare il concetto di one-man show, con una grande attenzione anche alla gestione dei mille riverberi generati da così tante luci: basta guardare con attenzione la sigla per notare che i riflessi luminosi sul pubblico non sono affatto casuali ma ben studiati e realizzai dopo tantissime prove.
Le luci sono fornite dal service AMG, il LEDwall da D&D, come il Catalyst. La gestione del materiale è invece interna alla RAI, dalle console ai “consolisti” (così li chiama Pino): tre console luci, una per il catalyst, Spark Compulite e Vector.
“Il materiale è molto vario – afferma il direttore della fotografia – uso quello che mi serve, perché non ho preferenze o vincoli commerciali con nessuno. Ho voluto gli Sharpy Clay Paky, mentre per i beam 700 ho lasciato la scelta al service; ho invece richiesto espressamente i potenti wash Infinity della Coemar ed i DW1 di Martin, perché amo le lampade alogene. Infatti come vedi non uso luci LED, solo in galleria ho delle Evolight, quasi un gadget. Infatti con i LED avrei dovuto fare un altro tipo di progetto, perché questa tipologia di prodotto crea un’illuminazione diffusa e poco direzionale, esattamente il contrario di quello che mi serviva in questa occasione”.
L’audio
Come sempre in una trasmissione televisiva la gestione dell’audio è piuttosto complessa e va gestita in varie sezioni: monitoraggio per gli artisti, diffusione per il pubblico in sala, audio per la messa in onda televisiva, quest’ultima ovviamente di estrema importanza.
In questa occasione, la parte audio live è stata affidata al service Agorà che ha messo in campo la consueta professionalità ed esperienza in situazioni simili.
Fabrizio Bacherini è il fonico addetto alla diffusione in sala.
Come è stato progettato l’impianto?
È un progetto di Daniele Tramontani, realizzato con diversi sistemi dV‑DOSC, oltre a KIVA e ARCS, sempre L‑Acoustics. Tutto è pensato per sonorizzare le varie zone in maniera omogenea ma senza sporcare le riprese della messa in onda televisiva e riuscire ad avere nei microfoni un suono molto pulito. L’impianto è diviso in due sezioni, una in alto, che noi chiamiamo “impianto musicale”, ed una in basso, realizzata con delle Kobra K‑Array ed altre cassettine poste fra le prime file, che serve per focalizzare la voce nei parlati. Ad occuparsi della gestione di questi parlati è il mio co-pilota Andrea Tesini. In regia infatti usiamo due DiGiCo D5 configurate in mirror, in modo tale che, con due operatori, lui può avere tutti i layer dei servizi RAI e tutti i contributi esterni, mentre io seguo solo la parte musicale.
Come vengono gestiti i parlati ed il musicale per la messa in onda?
La regia della messa in onda è sul pullman della RAI, qui viene sommata la parte musicale con i vari parlati. C’è una specie di doppia gestione: il collarino dei parlati viene aperto dal fonico RAI, poi, quando si passa alla parte musicale, lui toglie il collarino ed entra con il microfono del musicale.
Usiamo tutto in MADI e gli splitter sono nostri, siamo noi che inviamo il MADI della DiGiCo alla RAI.
Come mai vedo diverse outboard?
Abbiamo talmente tanti canali che non abbiamo disponibili DSP per i processori interni, quindi abbiamo dovuto lavorare per forza con i classici processori esterni analogici. Alcuni riverberi sono collegati in AES/EBU, poi ci sono una classica TC 2090 collegata in analogico e dei compressori analogici sui gruppi di batteria e fiati. In effetti è una cosa abbastanza rara vedere una DiGiCo con un setup del genere. In aggiunta abbiamo una console Midas su cui converge lo split di tutti i collarini (microfoni dei parlati) perché non si sa mai... se succedesse qualcosa quella è la consolle di scorta, collegata direttamente ai Galileo. Una ulteriore precauzione, per cui, se dovesse morire tutto il sistema, abbiamo questo spare.
Massimo Manunza, insieme a Remo Scafati, si occupa invece del monitoraggio.
Che sistema state impiegando per l’orchestra?
Stiamo usando il nuovo sistema Roland M‑48, davvero molto bello, ne siamo entusiasti, soprattutto per l’elasticità, la versatilità che ci consente di accontentare tutti quanti.
Poi descriverci come funziona?
A noi arriva il segnale in MADI che viene convertito da un apposito apparecchio in formato REAC, il protocollo della Roland che trasporta 40 canali. Noi abbiamo la matrice e passiamo ad ognuno degli orchestrali dotati di M‑48 quello che serve. Poi loro si fanno i livelli da soli.
Il musicista cosa riesce fare da solo con questo sistema?
Noi mandiamo un premix in gruppi ed i musicisti possono gestire i livelli, le EQ, i pan ed un riverbero interno. Alcuni musicisti possono ricevere il proprio segnale più tutto il resto diviso per canali e sono ben 16 persone quelle che ne hanno bisogno, cioè i sei cori più i dieci fiati. A loro diamo l’uscita diretta del canale in mondo che possano fare ognuno il proprio livello, indipendente degli altri.
Quanti M‑48 ci sono sul palco?
Circa trenta per 42 musicisti, perché gli archi, ad esempio, ne hanno uno ogni quattro musicisti.
Avete anche dei diffusori?
Abbiamo i side per l’artista e per gli ospiti, oltre a dei monitor a terra. I side sono due cluster da otto dV‑DOSC con quattro sub K1, due per lato. Poi abbiamo quattro monitor Clair e quattro K‑Array sul palco. I K‑Array sono per il parlato, ideali per il loro minimo impatto visivo. Inoltre Fiorello si ascolta anche dalla sala.
Come mai avete due console per il monitoraggio?
Una delle due console è dedicata agli ospiti, perché alcuni preferiscono avere un sistema indipendente per la loro band, come Tony Bennett, mentre altri, come Bublé, cantano con la nostra orchestra ed il monitoraggio viene quindi seguito dal mixer principale.
Remo, quanti sono gli uomini di Agorà al lavoro?
Siamo in dieci, oltre a dei backliner che si occupano della gestione degli ospiti, quindi agiscono solo quando sono convocati per gli ospiti.
Quindi gli ospiti e Fiorello non usano IEM?
È così, sono messi in condizione di cantare liberamente senza in‑ear, se vogliono. Questo è ottimo, considerando la difficoltà del posto, perché avere 17 metri di diametro di resina tutto intorno non è il massimo. Fortunatamente il pubblico che riempie lo studio ferma abbastanza le riflessioni che arrivano dalle pareti.
Quindi un progetto scenografico che tenesse anche conto delle esigenze acustiche non c’è stato?
Come al solito manca un’interfaccia fra gli scenografi ed i responsabili audio sin dai primi passi del progetto, così c’è sempre qualche problema in più per noi, ma direi che lo abbiamo risolto egregiamente.
Ugo Tempesta è il fonico e responsabile audio per l’artista.
Qual è il tuo ruolo in questo programma?
In qualità di responsabile audio per l’artista mi occupo di tutto l’aspetto audio, così divento il tramite tra RAI ed Agorà. Inoltre ho curato tutto il progetto audio della diffusione insieme a Daniele Tramontani, e soprattutto il monitoraggio, insieme a Massimo e Remo, fino alla scelta dei microfoni per l’orchestra.
Avete lavorato molto in pre-produzione?
Per fortuna abbiamo potuto fare delle prove con tutte le tecnologie possibili, sia per il palco sia per la messa in onda, perché la RAI è venuta a fare le prove musicali insieme a noi. Così abbiamo potuto fare un buon lavoro di preproduzione ancora prima di entrare in studio. Dico fortunatamente, perché i tempi cominciavano a diventare strettissimi.
Anche perché la parte musicale del programma ci pare sia comunque prevalente!
Alla fine, come voleva l’artista, c’è una grossa presenza della parte musicale, gli stessi ospiti sono per il 90% ospiti musicali, c’è un’orchestra di 45 elementi, quindi l’esigenza di dare tempo e spazio alla parte tecnica necessaria per la gestione di tutto ciò è stata chiara fin da subito, così abbiamo impostato tutto con una bella serenità.
Qual è tecnicamente la novità più rilevante?
Credo sia l’uso dei Roland M‑48 per il monitoraggio dell’orchestra. Inizialmente li abbiamo presi per provarli, senza grandi aspettative, poi abbiamo scoperto che, a parte un gran bel suono, sono pienamente compatibili con MADI, che ormai è lo standard sia per il live sia per il broadcast, così ci hanno semplificato moltissimo la vita, anche i musicisti sono stati felici di poter mixare il loro ascolto, anche aggiungendo il riverbero o modificando l’EQ, tutto benissimo se questo li aiuta nell’esecuzione. 40 canali MADI che escono dalla consolle e vanno direttamente lì, in una situazione complicata come questa, sono una gran bella svolta. Abbiamo fatto bingo!
Chi controlla l’apertura dei canali?
Al contrario di tutte le trasmissioni televisive, ho scelto di mantenere il controllo come in un live; quindi tutto quello che avviene dagli ascolti alla gestione degli ingressi, fino al fronte del palco, viene gestito dalla regia di palco, sia per il musicale che per il parlato.
Le nuove trasmissioni in digitale cos’hanno cambiato nel vostro modo di lavorare?
L’audio è mixato in stereo ed esce in stereo. Il vantaggio vero è che è sparito il problema della trasmissione analogica su terrestre, che vincolava l’utilizzo delle macchine “post-ponte”, cioè gli Orban o altre simili. Quindi ora ci sono dei nuovi protocolli RAI, che corrispondono al ‑12 dB di default. Se ti attieni a quel livello, quindi facendo tutto il tuo bel lavoro del musicale, con l’aggiunta di tolleranza di 3 dB per il parlato e per gli ambienti del pubblico, non interviene più nessuna macchina a valle. Basta stare nei -12 dB con le nostre macchine di controllo per smussare eventuali picchi. Insomma quello che stiamo facendo non viene snaturato da nessun’altra macchina, mentre prima tutto il nostro lavoro certosino veniva totalmente cambiato prima di arrivare a casa.
contatti:
Produzione: Francesco Bottone per BALLANDI ENTERTAINMENT
direttore della fotografia: Pino Quini
Fonico: "Hugo" Tempesta per Agorà
Monitor: Massimo Manunza