Every Day is a School Day
Realizzare spettacoli ed eventi dal vivo è un’arte in continua evoluzione sin dai tempi antichi. D’altra parte, come pare che sostenesse Eraclito: “Nulla è permanente, eccetto il cambiamento".
di Mirco Bezzi
Un’affermazione, quella di Eraclito, ancora valida al giorno d’oggi, quando una formazione continua riveste un’importanza cruciale per i professionisti del settore e per gli artisti stessi. L’esperienza indimenticabile che vogliamo offrire dal vivo viene percepita dai partecipanti non solo attraverso i mezzi tecnologici che utilizziamo, ma anche vissuta all’interno di un contesto. È l’intera realtà in cui siamo immersi a essere in evoluzione. Ogni professionista, ogni artista, eccelle sulla base della propria capacità di crescita, quindi il costante mutamento è una delle chiavi per il successo. E formazione significa anche sicurezza nello svolgere il lavoro. La nostra formazione come individui ha sempre fatto affidamento su tre fonti: lo studio, l’esperienza sul campo, e la mentorship – ovvero i “maestri”.
Persino lo sviluppo di una AI (Intelligenza Artificiale, nelle sue varie forme) si fonda su questi tre principi, e finché ci sarà un umano (il maestro) a educarla (o addestrarla), correggendo le risposte più bizzarre che gli algoritmi producono come risultato, ci sarà la speranza che “venga su” in modo decoroso.
Sappiamo che nel mondo degli eventi dal vivo alcuni ruoli tecnici non sono mai puramente al servizio degli artisti. Noi mettiamo tutta la nostra creatività e conoscenza al servizio del prodotto finale, ma sappiamo che gli stessi artisti che ci danno fiducia crescono anche attraverso i frutti del nostro “percorso scolastico quotidiano”.
Ci sono sempre nuove professioni, talvolta importate da settori diversi, che ogni giorno vengono sfruttate nell’organizzazione degli eventi. Pensiamo ad esempio agli esperti della realtà aumentata o delle cuffie per i “silent party” di qualche anno fa, o ai contenuti per le maxi-superfici video di cui disponiamo ora. Quando questi nuovi mezzi entrano nel nostro radar li guardiamo spesso con un po’ di scetticismo, ma poi li presidiamo con nuove competenze professionali e abilità specifiche quando restano a far parte del settore.
La nostra necessità di aggiornamento professionale non riguarda solo le materie tecniche, ma anche le lingue che parliamo: conoscere altre lingue consente uno scambio con colleghi, committenti e artisti di una comunità più ampia di quella nazionale. Almeno l’inglese oggigiorno è indispensabile per poter accedere alle esperienze di mezzo mondo, spesso anche le più pionieristiche. Il momento attuale ci offre molte possibilità per lo studio: rispetto al passato abbiamo superato il limite delle pagine fisiche e possiamo accedere facilmente a video tutorial, collegamenti in diretta e interviste che offrono il punto di vista di più maestri. Questo non toglie che invece nella pratica siano rimaste alcune regole d’oro: per produrre innovazione ci servono momenti in cui poter fare cose che non si sa esattamente quale risultato produrranno; viceversa ci sono invece momenti in cui l’incertezza o l’errore non sono tollerati, per rispetto del pubblico, dell’artista e di tutta la crew.
Sul come ci si deve comportare, sono sempre stati preziosi i consigli dei maestri – e a volte qualche scappellotto. Auguriamoci che chi ha una certa età non faccia mai mancare la sua mentorship ai più giovani e continui piuttosto a fare scuola, pur accettando il fatto che poi i giovani svilupperanno idee diverse dalle loro. Allo stesso modo spero che i giovani continuino a osservare con umiltà il lavoro di chi ha più esperienza, perché non sempre le nuove tecnologie rendono obsolete le esperienze del passato.
C’è poi un tema trasversale: gli strumenti che utilizziamo per il marketing dei nostri talenti – perlopiù il passaparola vis-à-vis – possono essere lenti e inadeguati; la velocità nell’adattarsi e aggiornarsi è più premiante ultimamente rispetto ad una esperienza di lungo corso. Bisogna parlare del marketing del proprio talento, anche se può sembrare fuori dalla nostra area professionale: all’atto pratico si tratta di pubblicizzare le proprie capacità all’interno di una comunità. Durante la pandemia, quando ci siamo trovati con i calendari fermi, molti di noi hanno avuto il tempo di curare la propria immagine, aggiornando i CV, postando sui social, organizzandoci per scendere in piazza. Finita la pandemia sembra invece che abbiamo imparato poco, presi dalla frenesia degli impegni della ripartenza. Non ci siamo ancora organizzati per diventare più resilienti agli imprevisti. Potremmo lavorare su due fronti: organizzarci come comunità e organizzare mezzi nuovi per il nostro marketing.
C’è chi sostiene che il “brand” del futuro sarà la persona, cioè ognuno di noi con le sue caratteristiche. Io penso che sia vero, e per i tecnici e gli artisti in fondo non è una grande novità: dobbiamo solo aggiornare i nostri modi per farlo valere. Il primo modo è quello di fare comunità, e forse in questo possiamo farci aiutare dalla IA. Approfittiamo del momento in cui l’IA non ha ancora trovato il modo di sostituire i nostri mestieri e proviamo a sfruttare proprio la IA per farci dare una mano? A chi interessa unirsi a una delle discussioni in corso su questi argomenti, e sull’evoluzione dei nostri mestieri, raccomando di tenere d’occhio il programma del Linecheck, durante la Milano Music Week.
Nota finale dell’autore: un po’ per gioco e un po’ per superare l’ansia da “foglio bianco” ho chiesto anche a ChatGPT4 di scrivere qualcosa sull’argomento. Non se l’è cavata male, ha scritto alcune cose ovvie e alcune giuste, come spero le mie. Serve pazienza, sta imparando.