Donato Romano - Fonico FOH
Il 2 maggio abbiamo incrociato a Jesolo il tour “worldwide” di Eros Ramazzotti.
Il tour di Eros Ramazzotti è partito dall'Italia e ha assunto un rilievo sempre più internazionale. Intervistiamo i professionisti che hanno lavorato allo spettacolo, portando quelle idee innovative che ne hanno decretato il successo.
Donato, nell’ultimo tour ti abbiamo incontrato sul palco. In questo tour, sei sceso dal palco. Ci racconti questa evoluzione?
In effetti dovrei spiegare un po’ la mia storia, altrimenti si potrebbe fare confusione. Io lavoro già da diversi anni in studio per Eros, in particolare mi sono occupato degli ultimi due album, sia per la fase di registrazione sia per quella di finalizzazione. L’opportunità è arrivata un po’ per caso, nel 2019, mentre stavamo finalizzando un disco: prima di iniziare il tour, Eros mi chiede se voglio fare il fonico di palco. Io, stupito della richiesta ma inorgoglito, ho accettato, anche perché le mie prime esperienze furono proprio come fonico live. Pensai che uscire dallo studio per nuove avventure e nuove esperienze mi avrebbe fatto bene, e accettai. Finito il tour, in mezzo alla pandemia, ci mettemmo subito a lavorare al nuovo disco. Poi la scorsa estate Eros mi propose di nuovo il tour ma in una veste diversa, ovvero dietro il mixer di sala. Visto che l’esperienza in tour non mi era dispiaciuta, accettai molto volentieri.
Immagino che un impegno del genere non si prenda a cuor leggero, come ti sei preparato?
Nel mio percorso professionale ci sono stati due mentori, ai quali ho fatto da assistente. Il primo è Pino “Pinaxa” Pischetola, l’altro è Alberto Butturini. Sono stati la mia fortuna professionale. Da loro due, usando bene occhi e orecchie, ho rubato tutto quello che so e che mi porto dietro nel bagaglio culturale.
Come mai sul palco si lavora con Digico, mentre qui si lavora con SSL?
Semplice abitudine. Non penso che SSL sia il migliore in assoluto e che gli altri non valgano niente, semplicemente io in studio lavoro con un altro SSL della famiglia. Quando conosci una macchina, sia la pasta sia il tocco rimangono quelli. Per quanto riguarda la qualità, Digico, Midas, Yamaha, AVID, ben vengano tutti.
In questa situazione qual è il tuo setup?
Niente di particolare, ormai è tutto abbastanza standardizzato. Parto richiamando ogni pezzo da un punto zero, con un mix dal suono neutro; poi a seconda della serata, dei musicisti o della location, aggiusto il mix. Mi organizzo creando degli stem dei vari strumenti, che poi mando a dei gruppi che mixo in tempo reale. Poi questo mix viene a sua volta mandato in due sezioni – Master Music e Master Voci – con i quali ho un controllo supplementare separato. Infine mando tutto a Paoluzi, che lo controlla e lo manda al PA.
Pensi che la sintonia tra il fonico e il PA manager sia una cosa importante?
Penso di essere una persona fortunatissima a essere capitato a lavorare con Antonio: lavorando con lui c’è sempre da imparare. Fare un tour con Paoluzi è come iscriversi a un corso di acustica, alla fine del tour ti ritrovi con un grande arricchimento professionale.