Dear Jack: Domani è un altro film Tour 2014

Tutto esaurito alla prima data dei Dear Jack, giovane gruppo arrivato direttamente nei palasport grazie al lancio televisivo della tredicesima edizione di Amici. Prodotto da F&P Group e Baraonda, il tour ha toccato ben quindici palasport, compresi Roma e Milano.

La nostra riunione di redazione, in vista dell'articolo che state leggendo, è andata più o meno in questi termini:

– Facciamo il servizio sui Dear Jack?
– Su chi? – I Dear Jack, quelli di Amici! Fanno 15 palazzetti.
– Quanti!? – Quindici palasport, compresi il Forum e il Palalottomatica!
– Fantastico! Si va!

E così sabato 4 ottobre, con la nostra Sound&Lite-mobile, partiamo alla volta del Pala Credito di Romagna di Forlì (ormai l’evoluzione dei nomi dei palasport è quasi divertente) per dare un’occhiata a questa produzione, quanto mai incuriositi.

La produzione

Ad accoglierci è Mario Zappa, produttore esecutivo di F&P Group che, per evidenti congiunzioni astrali negative, non siamo mai riusciti ad intervistare in tour. Ci fa molto piacere farlo in questa occasione, in compagnia del direttore di produzione Josè Muscarello.

Mario… un salto diretto ai palasport non è usuale…
No, ma abbiamo appurato la grande attrattiva di questo gruppo vedendoli aprire i concerti dei Modà a Roma e Milano. C’è davvero una richiesta importante del pubblico, così siamo passati direttamente ai palasport. Si tratta comunque di una co-produzione fra F&P Group e Baraonda, che è l’etichetta discografica, ma c’è anche un co-management con la “Fascino” di Amici. È atteso un numero di spettatori che va dai due ai cinquemila, oltre ai sold out di Milano e Roma.

Chi ha creato il palco e lo spettacolo?
Con Igor Ronchese e Francesco De Cave abbiamo creato una prima bozza, poi riveduta e corretta. Faremo diversi back-to-back, per di più con spettacoli domenicali alle 18, una sorta di family show, visto il pubblico molto giovane dei Dear Jack; quindi occorreva una struttura agile, che si riuscisse ad installare velocemente. Non solo il team di professionisti è per noi consueto, ma anche le aziende: Agorà per audio, video e luci, Massimo Stage per le strutture e il gruppo elettrogeno, Maurizio Maggi per le riprese video live, mentre Marino Cecada ha curato i contributi video. Per quanto sia una struttura agile, rimane comunque una produzione importante, con 140 motorizzati e 36 motori; anche le prove musicali sono state molto lunghe, perché per i ragazzi è la prima tournée e ci tenevano ad arrivare preparati. Tutte le attrezzature sono appese: audio, video e luci, e nelle venue dove non si può montiamo il ground support.

Ronchese, Zappa, De Cave… o Pozzoli… perché sempre gli stessi? Non c’è spazio per chi vuole emergere anche ad alti livelli?
In effetti hai ragione, gli spazi per i nuovi sono pochi, ma c’è un motivo: le tournée durano così poco che i produttori di spettacoli devono assicurare a questi professionisti una certa mole di lavoro, sia per fidelizzarli sia per calmierare i costi. Aggiungi inoltre che si ha la certezza di lavorare con persone con cui si ha un certo feeling e di provata professionalità. Capisci che la scelta di lasciare a casa un collaboratore fidato per prenderne uno nuovo si riduce; lo stesso vale per i direttori di produzione: se fai lavorare i nuovi, i vecchi li devi lasciare a casa, e sarebbe assurdo! È vero che gli artisti fanno più tour – aggiunge Josè – perché guadagnano meno dai dischi, ma prima i tour duravano un anno, con cento date, perché erano considerati una promozione capillare del disco, adesso durano invece tre settimane o un mese. Un tour di otto date non può bastare a dare lavoro ad un professionista, è necessario farlo lavorare anche in altri tour. Inoltre una volta una pre-produzione durava mesi: le prove duravano un mese e il tour un anno. Adesso le prove durano un mese ed il tour 15 giorni! In questo contesto anche i fornitori sono sempre gli stessi – prosegue Mario – perché bisogna assicurare anche a loro una certa mole di lavoro: sarebbe bello avere una sana concorrenza, ma la cosa è quasi impossibile.

Mario Zappa è quindi il produttore esecutivo, cioè colui che ha il compito di assemblare la produzione; a portarla in tour è invece un team composto appunto da Josè Muscarello, Simone Antoniucci, Lorna Pagano, assistente di produzione, con Mauro Marri come head rigger.
Sul successo di un tour come questo gioca ovviamente moltissimo il lancio televisivo di Amici; ma non solo. Infatti, il lavoro di promozione e comunicazione compiuto proprio in vista del tour è stato massiccio, sia da parte di F&P sia da parte di Baraonda, etichetta discografica del patron di RTL 102.5, Lorenzo Suraci. Per capire meglio le dinamiche di questo aspetto della produzione facciamo una chiacchierata con Veronica Corno di F&P Group.

Veronica, qual è il tuo ruolo in F&P?
Sono responsabile della comunicazione, quindi lavoro in “Divisione eventi” e con Ferdinando Salzano sulla comunicazione per quanto riguarda gli aspetti artistici.

Spieghi ai nostri lettori la differenza fra comunicazione e promozione?
Per comunicazione si intendono le strategie di ampia comunicazione e di supporto al mangement: speciali televisivi, interviste, il modo in cui deve apparire l’artista, i servizi fotografici, l’ufficio stampa del tour o dell’artista. La promozione include invece i rapporti con i promoter locali, con i partner della data, come radio, quotidiani, sponsor, accrediti. Ci sono un budget da gestire e accordi economici da prendere, a partire dai piani di affissione.

Questo è un tour con un target molto preciso, ma che ha alle spalle mezzi mediatici non indifferenti: avete ideato un piano di comunicazione particolare?
No, il piano di comunicazione di questo tour non è diverso dagli altri: si va dalle affissioni al lavoro di ufficio stampa; ovviamente c’è una radio media partner, RTL 102.5, che ha dato una grossa mano. Inoltre Baraonda ha il proprio ufficio stampa autonomo, così ci siamo coordinati con loro su certi aspetti. Ovviamente abbiamo cercato di puntare al target giovanissimo a cui al momento si rivolgono i Dear Jack: radio e televisioni, mentre internet è un campo sul quale agiscono i ragazzi stessi tramite i loro fan club. Un grosso lavoro per il tour è stato fatto sulla stampa, specialmente locale, non solo su testate per teenager ma anche testate generaliste: essendo un fenomeno emergente molti giornali hanno voluto parlare del gruppo.

Come fate a capire se un ufficio stampa esterno ha lavorato bene per voi?
L’apporto dell’ufficio stampa negli ultimi anni è cambiato tantissimo; adesso deve “fare profilo”, cioè posizionare l’artista con il contenuto giusto, lo spazio giusto, nella testata giusta. Non è più promozione, ma far ricordare o conoscere ad un target specifico l’aspetto che l’artista ha scelto. Dal punto di vista tecnico ci rendiamo conto se un ufficio stampa lavora bene dai risultati sulla stampa locale, quelle testate che parlano al territorio e fanno vendere i biglietti; ma la bravura non è riuscire ad avere la pubblicazione dell’articolo il giorno prima del concerto, ma almeno un mese prima, con delle riprese in prossimità del tour. L’ufficio stampa preparato deve conoscere il giornalista giusto e proporgli l’intervista o il pezzo nella maniera più accattivante; ovviamente se si tratta di un big è tutto più facile, sono i giornalisti a cercarti, per i piccoli bisogna lavorare di più.

Per par condicio, vogliamo fare qualche domanda a Paolo Di Pirro, discografico per Baraonda.

Qual è il tuo ruolo in questa produzione?
Ufficialmente sarei il discografico della band, ma essendo un’etichetta piccola, curo un po’ a 360° il management; ci occupiamo anche di comunicazione discografica e nel tour ho anche il compito di seguire il discorso legato alla vendita del disco, alla firma degli autografi e all’incontro con i fan; poi gestisco la band nelle sue necessità, come personal: sono insomma il collegamento fra i ragazzi ed il resto della struttura.

Come avete curato il vostro piano di comunicazione?
Come casa discografica abbiamo curato molto la parte della comunicazione, dagli spot radiofonici ai media partner, fino alle radio ed alla stampa locali; ad esempio in alcune città i ragazzi saranno ospiti nella redazione dei giornali; tutto, ovviamente, coordinandoci con F&P.

Qual era l’obiettivo principale della vostra comunicazione?
Quello di dare credibilità ad un gruppo che esce dalla televisione; ma è stato facile, perché i ragazzi avevano già una buona base artistica, essendo ottimi musicisti. Infatti, non è un gruppo nato a tavolino, esisteva già, sebbene sia stato integrato prima delle audizioni con alcuni elementi. Inizialmente i partecipanti ad Amici hanno un contratto solo televisivo, poi, quando arrivano nella fase finale del serale, si firma il contratto con la società di produzione; da lì iniziano le proposte da parte delle varie etichette discografiche: i Dear Jack erano molto richiesti e loro hanno scelto la nostra etichetta, che, sebbene piccola, dava una certa garanzia. Hanno aperto i concerti dei Modà negli stadi e dagli incontri con i fan abbiamo capito che non solo il frontman attirava pubblico, ma tutto il gruppo. Non sono insomma una “boy-band”, ma una band vera a cui piace suonare e far vedere di essere veri musicisti.

Ma il nostro interesse non può prescindere dalle informazioni tecniche, desumibili dal giro di chiacchierate con gli addetti ai lavori.

Francesco De Cave – Lighting designer

“Progettando la parte scenografica – ci dice Francesco – con Mario ed Igor ci siamo dovuti adattare alle venue di dimensioni molto diverse che ci avrebbero ospitato, dalle più grandi fino ad alcune piuttosto ridotte.
“Il palco adesso vede uno schermo video LED sul fondale nero, mentre ai lati abbiamo dei kabuki con delle grafiche che danno un tocco di colore, i quali alla fine del quarto pezzo vengono sganciati con un sistema di elettro-calamite, diventando un effetto che cambia un po’ l’immagine del palco.
“Visto il tempo davvero risicato degli allestimenti – continua Francesco – già da un po’ uso il software Capture, facendolo girare su Mac, perché 20 brani chiusi in time code sono impossibili da programmare in due notti! Grazie a questo software posso pre-programmare l’80% dello show. In principio ero contrario a questa tipologia di software, ma ormai è diventata indispensabile.
“Fra il materiale a disposizione uso anche sei nuovi Shape Shifter di High End che effettivamente aggiungono una nota particolare al disegno luci: hanno sei spicchi a LED più i centrali, così io parto col centrale, come se fosse un par LED, poi accendo gli spicchi, però tenendoli fermi; poi inizio a miscelare gli effetti fino a simulare una rotazione. Il proiettore, inoltre, ha dentro un LED wood che illumina l’elettronica interna, creando un effetto nuovo piuttosto particolare. Viene controllato con 72 canali DMX ed è utile per rendere più vivace il disegno. Questi Shape Shifter sono gli unici proiettori non forniti dal service Agorà, ma dalla TreTi.
“Uso poi degli Alpha Spot 300 HPE Clay Paky – aggiunge Francesco – una quarantina di Robin 300 LEDWash Robe, 24 Showtec Sunstrip Active, barre con 10 dicroici che danno quel cambio di luce caldo, e poi le nuove strobo a LED Q7 di SGM: non si può dire che equivalgano alle Atomic 3000, ma sono comunque ottime e comode, ad esempio si può cambiare colore velocemente. Infine ho anche 14 Sharpy.
“Tutto lo spettacolo è in TimeCode con il segnale che mi arriva dalla regia audio, anche se poi mi riservo di eseguire a mano molti stacchi e fill.
“Stefano Settepani, direttore artistico dello show per la Fascino, ha trasferito nel concerto un po’ di TV, quindi nel video il live, gestito da Maurizio Maggi, è presente solo in momenti ben precisi.
“Luca Modesti – conclude Francesco – seguirà questo tour come operatore luci.

Gianmario Lussana – Fonico FoH

“La band  – racconta Gianmario – ha voluto prepararsi molto bene per il tour, dimostrando davvero una serietà incredibile ed anche un po’ inattesa: sono ragazzi con un approccio molto professionale. La band è formata da batteria, basso, due chitarre e voce, completati da sequenze, in quantità piuttosto normale.
“Uso una DiGiCo SD7 – spiega Gianmario – la batteria ha due rullanti, di cui uno più grosso, tipo panettone anni ’80, entrambi con doppio microfono, Shure SM57 sopra e AKG C 414 sotto; cassa con tre microfoni: Beta 91, Beta 52 e Yamaha Sub-Kick; due C 414 overhead. Il basso è sia in DI, dopo la pedaliera, sia con un microfono Sennheiser MD421; le chitarre sono tutte microfonate dagli amplificatori in bella vista. Ognuno di questi ha un sistema main ed uno spare, con uno switch in caso di problemi. Abbiamo anche una seconda batteria per un set acustico con un Beta 91 nella cassa ed un Opus sul rullante.
“Per la voce – continua Gianmario – abbiamo provato diverse capsule, alla fine …? Un bel Beta 58! Perché, in realtà, il lato più bello delle altre capsule si perdeva in mezzo al volume del palco e creava più problemi che benefici. Qui l’impianto PA non è troppo indietro, ci sono solo alcuni punti critici della passerella che siamo riusciti a mettere a posto.
“La voce, dopo il Beta 58 con sistema radio Axient di Shure, bellissimo, entra in un Manley, da lì in insert sull’XL42, ma solo per EQ; poi vado nel D2, da lì al de-esser, rientro nel banco e mando tutto il gruppo voci sul MaxxBCL. L’unica catena esterna che uso è questa sulla voce, ma anche qualche riverbero esterno, in questo caso il TC Electronic System 6000.
“Usiamo anche il virtual sound-check, con una scheda RME. Da segnalare gli SD Rack, i nuovi rack di convertitori della DiGiCo, posti sul palco, che davvero hanno una bella resa. Per andare all’impianto usciamo con uno stereo dagli SD Rack, ma anche dal local c’è uno spare in analogico per avere una ridondanza.
“La direzione artistica musicale – aggiunge Gianmario – è del maestro Pino Perris: i ragazzi ci tengono a far vedere che suonano e che sono dei musicisti, si sono preparati bene, come dicevo anche le sequenze non hanno niente di più della norma che si sente in tutti i tour”.

Luca Nobilini – PA engineer

“Abbiamo a disposizione 44 V‑DOSC, 20 sub SB28 e delle ARCS. Il sistema classico è gestito tramite software L‑Acoustics: setto il sistema uscendo dagli SDRack direttamente ai finali, che gestisco elettronicamente. I sub sono qua, posizionati in sistema clasico, con un sistema centrale ai lati delle passerelle e LR, perché sono troppo pochi per un sistema cardioide. Il palco, comunque, è pulito e non c’è troppa somma al centro.
“Il PA è abbastanza avanti, anche se ho poi una EQ diversa per le ultime due casse dei cluster, in modo da aiutare il fonico contro eventuali feedback: le frequenze più cattive sono da 5000 Hz in su, ma attenuandone alcune di circa 1,5 dB possiamo salire di livello senza grossi problemi. Il cantante ha una buona emissione e questo aiuta; tutta la band, comunque, ha un atteggiamento molto professionale che ci ha piacevolmente un po’ sorpreso, e alla fine esce un bel sound”.

Marco Dellatorre – Monitor engineer

“Tutto il monitoraggio è in IEM – spiega Marco – tranne il sub per la batteria. Ho un radiomicrofono principale, più lo spare e altri due pronti per gli ospiti. Abbiamo dodici IEM per completare le radio frequenze. Il batterista è a cavo, con un mixerino, tranne durante il set acustico vicino al pubblico e durante l’introduzione in cui usa anche lui IEM. Gli auricolari del gruppo sono di Earfonik di Salerno, ditta che sta venendo fuori con una certa aggressività: costruisce sia prodotti standard che custom.
“Ho dodici linee IEM stereo – continua Marco – di cui cinque per il gruppo e due di servizio, perché ho un sistema di comunicazione gestito dalla console. Il sub ha una sua linea. Il palco, come monitoraggio, è piuttosto muto, ma poi ci sono gli ampli dei musicisti che generano un bel volume.
“Sulle voci uso il sistema Axient che mi piace molto: ha una definizione del suono eccezionale, più simile al cavo, ma alla fine anche i ‘vecchi’ Shure UHF‑R che uso sul resto vanno ancora benissimo. Abbiamo testato i Lin6: fantastici come suono, ma usare il WiFi a 2,4 GHz è un po’ rischioso, anche avendo lo scanner delle frequenze.
“I backliner sono due – ci dice Marco – Francesco Serpenti e Alessandro Morella, molto bravi, ma visto il set-up acustico un terzo non sarebbe sgradito.
“I ragazzi del gruppo sono molto alla mano – conclude Marco – ma anche professionali e seri: ovviamente sono agli inizi e a volte fanno qualche domanda ingenua, ma si tratta di persone squisite, con cui è piacevole lavorare. Da segnalare la mia console: una SD10 appena sballata e nuova di pacca!”.

Lo show

Infine il concerto: davvero non male! I ragazzi suonano piuttosto bene ed il sound non è affatto improvvisato. Ovviamente il genere è il pop rock melodico che ci si aspetta, e la scaletta, visto che il gruppo ha solo otto pezzi originali, prevede per il resto delle cover di tempi e artisti piuttosto disparati. Ma che comunque aiutano a coinvolgere il pubblico.
Il sound è ben diffuso ed equilibrato, con la voce sempre presente e intelligibile. Anche lo spettacolo visivo, con luci e video ben integrati, è gradevole, con la chicca dei nuovi High End che non dispiace affatto. Se facessimo un sondaggio probabilmente scopriremmo che per la gran parte del giovanissimo pubblico si tratta del primo vero concerto, quindi ce n’è comunque abbastanza per restare a bocca aperta.

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