Un viaggio chiamato produzione. Sesta e ultima parte
Qualità e quantità: scelta difficile. L'ultima tappa del viaggio con Mirco Veronesi alla scoperta delle produzioni e dei grandi concerti.
di Mirco Veronesi
Siamo arrivati all’ultima tappa di questo nostro viaggio insieme e da buon romagnolo vorrei salutarvi con ironia e schiettezza, due ingredienti fondamentali per fare un percorso di vita non banale, ricco di sorprese, saliscendi, cambi di direzione e, aggiungo, sempre restando in terra di Romagna, che per fare un buon ragù occorre mettere del pepe (consapevoli che poi non sarà facile da digerire).
La mia provocazione (il pepe) per intavolare un discorso che ritengo interessante e necessario è la seguente: sappiamo tutti che il mondo attuale è andato nella direzione di “monopolizzare” tutti i settori lavorativi, cancellando (o perlomeno riducendo drasticamente) tutte le piccole realtà a favore di grandi imprese o multinazionali e di conseguenza “consegnare” nelle mani di pochi il lavoro di tutti e lasciare agli altri solo poche briciole. Attenzione, la mia non vuole essere una sterile polemica ma un’attenta, e nelle intenzioni arguta, analisi della realtà: cerco di capire cosa sarebbe giusto fare per conservare originalità, libertà di pensiero, e per non consegnarci con rassegnazione a un pericoloso appiattimento, specialmente nel nostro ambito lavorativo che presuppone un lato artistico e dovrebbe raccontare e trasmettere emozioni (con ironia e schiettezza vi dico che per poterle raccontare e trasmettere bisogna prima provarle).
Per primi, noi professionisti dovremmo ogni tanto dimenticare il nostro 730 e accettare solo i lavori che siamo in grado di seguire con la giusta attenzione, sapendo di avere a disposizione abbastanza tempo e passione per consegnare all’artista e al pubblico uno show non scontato ed emozionante.
Come sempre si tratta di scelte: la qualità e la quantità possono stare insieme fino a un certo punto, poi vanno separate e, nella migliore delle ipotesi, corrono vicine, magari parallele; ma noi per primi dobbiamo sapere che non possiamo fare tutto e farlo bene, quindi dovremo fare delle rinunce o, se preferite, scegliere quali progetti portare avanti e quali lasciare ad altri; lo stesso vale per gli artisti o chi per loro.
La cosa che mi piace di più e nello stesso tempo di meno del mio bellissimo lavoro è proprio questa: a volte mi sento completamente libero di scegliere, mentre a volte sono costretto ad accettare “cose” che non mi piacciono per niente. Mi direte che è così per tutti e in tutti gli ambiti lavorativi, cosa di cui ovviamente mi rendo conto anch’io. La mia non è una lamentela personale, ma un concetto di cui sono piuttosto convinto: chi ha un ruolo importante e decisionale, chi deve fare delle scelte che incidono sul lavoro e sulla vita di tante altre persone e che possono addirittura determinare la buona riuscita e il risultato di un progetto in cui è previsto un pubblico pagante, costui ha il dovere di essere corretto e professionale, accettando solo lavori che sarà in grado di svolgere al meglio, “combattendo” tutte le situazioni che impediscono di rispettare la propria professionalità e i diritti del pubblico.
I grandi progetti necessitano di grandi strutture e grandi squadre di lavoro, e questo è corretto, ma io voglio sottolineare come la fretta, la presunzione, il dare tutto per scontato, il fare sempre copia e incolla siano i più grossi nemici di tutti i miei titoli delle varie tappe di questo viaggio fatto insieme, e sono sicuro che senza passione, creatività, professionalità, senso del dovere, ironia e schiettezza nei rapporti, esperienza fatta sul campo e non solo davanti al computer (per quanto importante) non si possano raggiungere i migliori risultati. In questo modo il nostro lavoro perde molto, soprattutto in termini di qualità e fantasia, e rischiamo che tutto si “raffreddi”, portando a bellissimi show che saranno solo una rappresentazione parziale, privi di tutto quello che riscalda l’anima a vantaggio della tanto decantata “pulizia” che, tra l’altro, a me piace molto purché non generi uno spettacolo completamente asettico e privo di emozioni.
Come spesso mi succedeva a scuola, quando scrivo in maniera appassionata mi viene il dubbio di essere andato “fuori tema”; ma sto cercando di fare questo viaggio insieme a voi lettori, e quindi, dopo avervi raccontato come viene costruito uno show, vorrei anche farvi partecipi di tutti gli aspetti legati alla realizzazione di una produzione, non tralasciando le controindicazioni, perché sono assolutamente convinto che se per far bene dobbiamo sapere come si fa, per fare ancora meglio è importante sapere come non si fa. Un progetto a cui sto lavorando da parecchio tempo è cercare di “costruire” una piccola realtà con cui poter portare avanti diverse discipline ma, in particolare, vorrei occuparmi di formare i giovani che hanno intenzione di lavorare alla produzione di eventi, perché c’è tanto bisogno di nuove energie, di visioni diverse. Nuove leve che crescano insieme a qualcuno che, senza “avarizia”, anzi con tanta generosità, sia disposto a trasmettere (mantenendoli vivi) i vecchi e sani principi che caratterizzano e rendono unici e meravigliosi tutti i mestieri (per mestiere intendo un lavoro che offre la possibilità, svolgendolo, di metterci del “proprio”). Voglio spendere le ultime righe (un po’ come si fa a fine show) per ringraziare alcune figure fondamentali nella nostra professione, ma scelgo volutamente i ruoli “meno celebrati” e meno visibili come i rigger, gli scaff, i facchini e i local promoter, anticipandovi che senza di loro non esisterebbe nessun tipo di show.
Quando progettiamo una produzione, un concerto, noi abbiamo bisogno, come già raccontato durante il nostro viaggio, di professionisti che troviamo localmente: la loro manodopera (parlando di facchini), la loro passione e capacità organizzativa (parlando di local promoter) diventano fondamentali, perché ci permettono di trovare sul posto strutture e squadre predisposte e preparate in maniera eccellente per entrare in simbiosi con il nostro team di produzione ed essere perfettamente complementari grazie ad un lungo ed attento lavoro di preparazione precedente allo show in questione (pre produzione).
Lo ammetto: mi piace tantissimo pensare che quando arriveremo nella tale data ritroverò quella squadra di facchini che so essere affidabile e veloce, e lo stesso vale per le squadre di local promoter che negli ultimi anni sono diventate veramente professionali e preziose, anzi indispensabili per la buona riuscita dello show e per la nostra salute e sicurezza, tenendo conto che il rovescio della medaglia diventa altrettanto importante in negativo quando troviamo persone e strutture improvvisate; proprio per questo lavoriamo ormai solo con chi conosciamo bene e con cui abbiamo stabilito un rapporto di reciproca fiducia.
Dedico un capitolo a parte ai rigger e agli scaff, perché tantissime volte fanno parte della nostra squadra e viaggiano in tour con noi, anche se non sono visibili durante lo show, perché il loro prezioso lavoro avviene “a luci spente” quando lo spettacolo deve ancora iniziare o è appena finito.
I rigger si occupano di tutto ciò che in uno spettacolo vedete appeso, quindi svolgono un lavoro di grandissima responsabilità, molto impegnativo fisicamente (devono lavorare in quota ad altezze notevoli e muoversi sia con agilità che con forza). Di solito la squadra rigger è molto vivace, “colorita” e “colorata” proprio per il tipo di lavoro che presuppone un carattere estroso ed estroverso ed è diretta da un head rigger, che di fatto disegna il rigging plot, decide tutto il materiale relativo agli appendimenti e garantisce sia la sicurezza sia le tempistiche del lavoro, oltre a gestire tutta la squadra con i relativi bisogni.
Una buona squadra rigger ci permette di lavorare in assoluta sicurezza e ci garantisce di consegnare in tempo il lavoro, e allo smontaggio ci fa essere “veloci” nell’uscire dalla venue e affrontare la tappa successiva. Per quanto riguarda gli scaff ci sono molte similitudini con i rigger, perché essendo i responsabili delle strutture (palco, antenne, tetti, etc.etc.) cioè coloro che montano e smontano palchi, torri Layher o i famosi ground support, svolgono un lavoro molto duro e di grande responsabilità e spesso non vengono ricordati. Ma dal mio punto di vista sono importantissimi. Per di più, negli ultimi anni sono chiamati a fare gli straordinari, perché i disegni degli show sono sempre più complessi e le tempistiche a loro disposizione sempre più ridotte. Inoltre i vincoli dati dalle norme relative alla sicurezza in cantiere richiedono operazioni più lunghe, così il lavoro degli scaff diventa sempre più difficile e impegnativo. Ci vorrebbero diversi articoli ad hoc per parlare delle varie figure professionali all’interno di uno show che non vengono mai menzionate! A questo proposito ricordiamoci di chi fornisce i gruppi elettrogeni (che gestiscono ormai tutti gli show) e “stende” chilometri di cavi, tutti ben “pettinati” a terra, dividendo attentamente i carichi e le forniture per i vari comparti (luci, video, audio, movimentazioni, rigging, eccetera). E a tal proposito… mi stanno appunto dicendo che è ora di spegnere il gruppo e andare a dormire, perché domani naturalmente si riparte.
Grazie a tutti voi per l’attenzione, e grazie a Sound & Lite per l’opportunità di scrivere questi articoli. Un abbraccio.
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