Un ricordo di Marco Astarita
È recentemente venuto a mancare Marco Astarita, un pioniere nel settore della showbiz in Italia. Jimmy Pallas e Gino Lazzaroni condividono alcuni ricordi.
Marco è venuto a mancare ad appena 70 anni, lasciando un grande vuoto e grande dispiacere in tutti coloro che hanno avuto il piacere di lavorare con lui lungo una prestigiosa carriera durata oltre 40 anni.
Lo caratterizzavano uno spirito e una professionalità polivalenti, perché Marco è stato un musicista, un tecnico, un proprietario di service, un produttore artistico, un direttore di produzione di altissimo livello.
Citiamo solo alcuni dei suoi tantissimi lavori, solo per far capire ai pochi che non lo abbiano conosciuto il suo spessore professionale: dal mitico concerto dei Pink Floyd a Venezia (come direttore di produzione) alla grande installazione fatta sul Lago d’Iseo da Christo, passando per l'inaugurazione del nuovo Juventus Stadium, le cerimonie inaugurali delle Olimpiadi invernali di Torino e la realizzazione dell’Albero della Vita, simbolo del Padiglione Italia all’Expo di Milano, questi ultimi due eventi collaborando con Marco Balich.
Le sue aziende più di successo sono state senza dubbio Mama Sound e Dooley.
Abbiamo chiesto a due persone che lo hanno conosciuto bene, Jimmy Pallas e Gino Lazzaroni, di parlarci dell'importanza di Marco Astarita per il nostro settore.
“Erano i primissimi anni '80 – ricorda Jimmy – e noi tre eravamo impegnati nella gestione delle date italiane delle tournée dei grandi gruppi rock, come gli AC/DC. Eravamo quasi gli unici a comunicare tramite e-mail, un’innovazione allora quasi fantascientifica, visto che non si andava oltre il telex, ma che ci dava l’opportunità di rapportarci proficuamente con queste grandi produzioni mondiali.
"In quegli anni il nostro mestiere in Italia era tutto da inventare, così noi creammo insieme una struttura e scrivemmo un testo per fissare diritti e doveri dei professionisti, perché davvero si era in una giungla.
Lavorando con gli inglesi e gli americani avevamo acquisito non soltanto la tecnologia, ma soprattutto un modo di lavorare e la voglia di cambiare il nostro mondo in Italia.
"Allora i contratti arrivavano ai promoter italiani scritti in inglese, su chilometri di telex. Noi li traducevamo, scoprendo e facendo scoprire un mondo per noi in parte nuovo.
"Marco, col suo service MamaSound, lavorava con le produzioni straniere più importati: fu quello un momento di grande cambiamento per tutto il settore; una vera evoluzione che negli anni successivi arriverà in Italia innovando il modo di lavorare”.
“Voglio ricordare Marco in un’occasione particolare – aggiunge Gino – che mi fa sorridere: finite le Olimpiadi di Torino, organizzammo una festa per i volontari; mettemmo su una band: Marco suonava la batteria e io gli facevo da backliner!
"Nel ’73 Marco era già nella musica: io lavoravo con la PFM e la sua band, Arti e Mestieri, faceva da gruppo spalla. La nostra amicizia è nata fin da allora. Faceva tante cose, ma a ognuna si dedicava in maniera assoluta, tanto che spesso per non avere distrazioni non lasciava recapiti a nessuno e spariva per lunghi periodi.
"Era una persona eccezionale che ha messo tanti paletti su diversi aspetti che oggi sono uno standard”.
“Cosa lascia al nostro mondo e ai professionisti di oggi? L’asfalto su cui oggi camminano in tanti! – risponde Jimmy –. Noi, fra le altre cose, non avevamo un’autostrada: i camion dello spettacolo oggi viaggiano anche la domenica, prima ciò non era possibile. Marco ha dato molto per rendere normale un lavoro che a volte sembrava una mission impossible: ha spesso imposto standard qualitativi per il materiale e anche per il personale che oggi sono fortunatamente la norma.”