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Subsonica: Una nave in una foresta – tour 2014
I Subsonica tornano in tour nei palasport confermandosi un gruppo sempre estremamente interessante, per la ricerca musicale e scenografica, con un palco davvero originale e simbolista.
di Giancarlo Messina
Siamo sempre curiosi di assistere ai tour dei Subsonica, prodotti da tempo da un team di affezionati professionisti che infondono creatività e passione ad ogni aspetto dello spettacolo.
Ci troviamo insomma sempre di fronte a qualcosa che si distingue dal solito, caratteristica quanto mai presente in questo nuovo tour che si presenta con un palco a più piani, sovrastato da pod di pannelli video LED movimentati i quali si specchiano in altri schermi LED, questa volta installati sotto il palco stesso.
Non solo l’intuizione architetturale è davvero ottima, ma anche il lavoro sulle movimentazioni, sulle luci – per la prima volta in Italia interamente a LED – e sui contributi video – usati come grafiche d’atmosfera – esalta il palco ed il concerto stesso.
Sotto c’è un grande lavoro di programmazione e soprattutto di progettazione: il concept del disagio, della “nave nella foresta” e “del paradiso di mezzo” è rivissuto dall’architettura e dalla scenografia in chiave che potremmo definire quasi simbolista.
Sono queste le idee che ci piace vedere sviluppate, soprattutto quando ciò avviene con eleganza e gusto che non diminuiscono, anzi accrescono, la potenza della musica suonata sul palco. Tutto realizzato perfettamente, con l’essenzialità e l’esperienza di chi sa che poi quel palco deve viaggiare in tour.
A ciò si aggiunge un audio non solo senza pecche ma anche pieno di pregi, potente ma fermo, specchio fedele della ricerca sonora della band piemontese, diffuso da un J di d&b audiotechnik che si conferma come uno dei migliori impianti in circolazione.
Abbiamo visto un po’ del concerto dalla regia audio, ma siamo voluti andare anche sulle tribune, da dove la prospettiva cambia ed è possibile apprezzare meglio l’uso degli schermi LED posti sotto il palco.
La cosa che maggiormente ci è piaciuta è il senso di amalgama e di unità monolitica che tutte le componenti visive sono riuscite a creare, sempre di pari passo con l’emozione musicale.
Insomma una gran bella ed entusiasmante produzione, i cui dettagli ci sono stati spiegati direttamente dagli addetti ai lavori.
Mirco Veronesi, direttore di produzione
Chi produce il tour?
L’agenzia è Vivo, di Milano, dei fratelli Rizzotto, che si dedica principalmente al panorama straniero, ma cura anche qualche artista italiano con cui ha instaurato dei rapporti particolari. Questa produzione è nata dalla collaborazione tra Matteo Chicchiarelli, che rappresenta Vivo, e me, che rappresento Subsonica. La produzione è completamente curata da noi; Mamo Pozzoli ha realizzato il disegno e Jordan Babev i contributi.
Quali erano le intenzioni del gruppo per questa produzione?
Direi l’esigenza di essere originali, cosa sempre più difficile; ma questa volta siamo particolarmente soddisfatti, perché siamo riusciti a realizzare esattamente quello che avevamo in testa. In più aggiungiamo che siamo riusciti a mantenere il prezzo del biglietto calmierato, a 25 euro.
Per quanto riguarda il progetto, abbiamo fatto la scelta di usare solo luci LED, cosa che ci ha permesso di eliminare un gruppo elettrogeno, scelta anche meno pesante come impatto ambientale.
Una produzione tutta coi LED è più o meno costosa di una tradizionale?
Il costo è lo stesso. Diciamo che il difficile è stato, per Jordan e Mamo, mettere in piedi uno show senza luci convenzionali, ovvero dover rinunciare a tutto l’equipaggiamento che un lighting designer è abituato ad avere, con il risultato di un impatto visivo molto diverso. In più, avendo optato per uno spettacolo visivamente crescente in dinamica, Jordan ha dovuto rinunciare più o meno alla metà del materiale per i primi sei/sette brani.
Avete usato dei video oltre al LED sotto il palco ed al G-LEC sopra?
No, abbiamo fatto la scelta radicale di non usare video, almeno convenzionali, a parte in un momento in cui appare il volto di Pistoletto nel 9 mm sotto di loro. Durante il brano intitolato Il terzo Paradiso, infatti, compare anche la voce di questo artista italiano molto conosciuto, Michelangelo Pistoletto. I contributi video sono stati realizzati da un collettivo milanese chiamato Recipient, giovani professionisti che, devo dire, hanno costruito qualcosa di veramente innovativo.
Quanti punti motore avete sul palco?
Ventotto. L’esigenza era quella di una struttura leggera e facile da montare nei back-to-back. C’è anche da dire che, nonostante non abbiamo un enorme peso, abbiamo le celle di carico su tutti i motori, perché ci teniamo a vedere in tempo reale come i pesi si spostano durante le movimentazioni e a quanto ammontano. Dopo due o tre show ti sei già fatto un’idea, ma secondo me le commissioni dovrebbero pretenderle, perché è una cosa importantissima da sapere. Poi noi abbiamo voluto mettere in campo anche i motori di 8+, motori col doppio freno che, in teoria, non avrebbero bisogno di sicure, ma non tutti ancora li riconoscono quindi, quando vediamo le commissioni perplesse, mettiamo le sicure anche lì. Ma noi, insieme al fornitore Electra Service, abbiamo deciso di investire in questi motori proprio per farli vedere e conoscere.
Viaggiate con tutta la produzione al seguito e anche il palco: quanto ci mettete a montare tutto?
Iniziamo alle sette e mezza del mattino e riusciamo ad avere il palco con tutte le strutture sospese pronto verso l’una e mezza. Alle tre siamo pronti con tutto, alle quattro iniziamo il line check e alle cinque e mezza parte il soundcheck. Da una parte montiamo il palco e dall’altra il nostro grid con tutti i motori a velocità variabile che sorreggono i quattro pod G-LEC e le americane laterali; contemporaneamente, va su l’audio; a quel punto noi tiriamo su tutto e andiamo sotto con il palco che, nel frattempo, è stato allestito con luci e regia. Un piccolo problema è il montaggio del rivestimento che usiamo per non rovinare i pavimenti nelle location più delicate.
Chi sono le aziende coinvolte?
Musical Box Rent di Verona ci fornisce gli impianti audio, luci e riggeraggio; Electra Service di Mantova si occupa del palco e dei motori a velocità variabile, mentre Big Talu, con noi da sempre, fornisce regie e monitoraggio. Lo schermo 9 mm sotto il palco è di STS, CME fornisce il gruppo elettrogeno e Barboni cura i trasporti, sia i bilici sia i due sleeperbus. Abbiamo un bilico per il palco, uno per l’audio ed uno per le luci, un generatore ed uno di “fritto misto e baccalà”, come lo chiamiamo noi, che trasporta uffici, catering, backline ecc., oltre ad una motrice in cui teniamo tutto il riggeraggio e il motore a velocità variabile, molto comodo perché la mattina scarichiamo subito e cominciamo a montare il palco.
Quanto personale lavora a questa produzione?
51 persone, se contiamo artisti e autisti, per un tour di 11 date.
Marco “Cipo” Calliari, sound engineer
“Ormai ho trovato un set-up di regia che mi soddisfa pienamente – ci dice Cipo – il cui perno è certamente il banco analogico XL4 Midas, la Rolls dei mixer: è pesante… ma non lo devo portare sulle spalle! Non uso molti canali: circa 35, di cui 11 per la batteria, il resto è la ripresa di una band rock in modo molto standard; da segnalare che i piatti sono ripresi da sotto, sia perché sono solo tre, e possiamo microfonarli singolarmente, sia per evitare problemi con la scenografia che si abbassa molto sul palco. L’outboard è ridotto all’essenziale per un set-up analogico: compressori dbx, mentre sulla voce uso uno dei due Distressor – l’altro è sul rullante – e poi un clone di un Urei LA4 doppio, costruito artigianalmente, una macchina eccezionale. Le voci di Samuel come sempre sono su due canali, una pulita e l’altra distorta; sulla prima ho il Distressor, l’altra arriva dallo Space Echo, poi uso un compressore simile ad un SSL per la compressione sulla batteria.
“Devo dire che la band quest’anno è in una forma eccezionale, e dal palco mi arriva un suono già perfetto: io mi metto solo fra il gruppo e i PA man, Mattia Zantedeschi e il Puma che fanno un lavoro eccezionale, non mi voglio più staccare da loro! Pensa che uno dei concerti migliori l’abbiamo fatto al Palalottomatica, uno dei posti peggiori in Italia; Mattia ha fatto col J della d&b un lavoro straordinario, perché davvero il PA man fa la differenza.
“Seguendo il sound del nuovo disco – aggiunge Cipo – ho qualche variazione al set-up delle tastiere, con un Moog e uno Yamaha CP70, una novità più che altro visiva: il piano passa attraverso un amplificatore Vox che riprendiamo con un microfono collegato ad una serie infinita di pedalini. Samuel utilizza due radio al posto del cavo, e questo è un punto un po’ delicato, perché sulle parti molto tirate la voce perde un po’ di armoniche, ma si sa che con i radio è la norma.
“Il palco suona tantissimo: ci sono 17 monitor, oltre agli IEM, ma ci ho fatto l’abitudine, anche perché... io ho comunque più casse di loro!”.
Michele “Sem” Cigna, monitor engineer
“Usiamo un microfonaggio piuttosto standard: – spiega Sem – SM57 sul rullante, coppia D112/Beta91 sulla cassa, MD421 sui tom; i piatti sono ripresi da sotto con dei C414... in realtà eravamo partiti con gli overhead sopra ma, a causa delle movimentazioni dei LED, li abbiamo spostati sotto i piatti. Il basso è in DI, sulla chitarra ci sono due SM57, tutte le tastiere vanno in una Radial che fa da DI box e consente di avere uno switch tra sistema main e backup. Samuel usa due radio Shure UR4D con capsule SM58. I due microfoni sono nastrati insieme, per un totale di tre canali. Entrambi i segnali da questi arrivano via radio in regia e vengono rilanciati al palco. Uno di questi va ad un pedalino – marchiato GirAudio e costruito da Girò (Walter Giraudo), come il clone dell’L4A al FoH – che splitta il segnale e ce lo rimanda doppiato. Uno di questi segnali viene trattato in modo pulito e l’altro viene trattato in modo distorto, dandogli delle sonorità particolari. Quello distorto viene soprattutto usato in sala, ovviamente, qui sul palco rimane quasi uguale. Anche il segnale del secondo microfono ha un ritorno sul palco e passa attraverso la classica pedaliera Zoom con cui Samuel controlla tutti i suoi effetti, delay, chorus ecc.
“Tutto arriva in uno splitter passivo – continua Sem – e viene distribuito al Midas in sala e all’Avid MixRack sul palco, una macchina molto sfruttata, perché in questo tour, oltre ad avere i musicisti in-ear, ho anche un mix stereo per in-ear per Samuel che non ha ancora utilizzato, ma che stiamo valutando... perché, con il palco a più livelli, un monitoraggio tradizionale omogeneo è piuttosto problematico.
“Comunque abbiamo monitor wedge dappertutto, e due sub da 18” per il batterista (più ovviamente il suo in-ear, con un ascolto via cavo come backup).
“Tutti gli IEM sono Sennheiser ew300 G3, con Simone Bonetto che si occupa delle radiofrequenze. Abbiamo 11 trasmettitori in-ear, in modo da disporre anche di spare, più quattro radiomicrofoni, una coppia main ed una coppia spare per Samuel. Tutti i musicisti stanno usando cuffie Shure SE535, che Prase Engineering ci ha gentilmente offerto in prova, mentre io e Samuel stiamo usando i LiveZone R41, Gaia Custom.
“I wedge sono tutti Martin – ci dice Michele – principalmente LE2100, in abbondanza, con processori XTA e finali Lab.gruppen FP10000. Ogni finale serve un monitor, praticamente... di potenza ne abbiamo da vendere! I side sono in appoggio e sono composti di un sub con due teste di W8LC, in modo da avere 15° di apertura verticale – sufficienti per non disturbare chitarrista e tastierista ma, allo stesso tempo, coprire la zona frontale. In aggiunta abbiamo messo anche due LE12J in posizione centrale upstage per i momenti in cui Samuel entra da dietro in alto, e due downstage per riempire il buco al centro tra i monitor ai lati.
“I backliner fanno un bel lavoro: Tony Lionnetti si occupa della batteria e di Samuel; Matteo Sanna si occupa di tutte le tastiere; poi c’è Rodolfo Di Monte per le corde. La strumentazione è complessa, ma solo fino ad un certo punto. La batteria è abbastanza normale, con due rullanti, tom e timpano e alcuni pad. Per il basso, la posizione di Viccio comprende due amplificatori – uno per il suono pulito, uno per il suono distorto – più una tastierina masterkeyboard collegata ad un computer audio station per avere i synth bass. Lui si occupa direttamente dei cambiamenti di patch, da solo. Poi c’è Max che ha testata e cassa Brunetti con un combo di backup.
“La postazione più complessa – dice Sem – è quella di Boosta. Ha un canale stereo di tastiere, un canale mono di pianoforte che passa attraverso dei pedalini per fare gli effetti strani ed arriva ad un amplificatore Vox; da questo prendiamo il segnale dall’uscita del loop effetti tramite una DI, anziché sporcare tutto con un altro microfono. Infine c’è un canale mono del Moog. In realtà le tastiere sono di più, perchè ci sono due postazioni: il segnale stereo proviene da una coppia di computer (main e spare) con Apple Main Stage; tramite una MOTU MIDI Timepiece AV il segnale viene combinato e va ad un Mac Mini dove ci sono i suoni delle tastiere. A tutto ciò si aggiungono delle sequenze, sempre mandate da Boosta: sequenze ritmiche, sequenze di rinforzo armonico per Samuel e il click, mandate con Logic da due Mac sincronizzati. Inoltre abbiamo una traccia di SMPTE per la sincronizzazione con le luci che, però, prendo anch’io per convertirlo in MIDI e utilizzarlo per cambiare le snapshot sul banco (per me una novità!).
“L’unico limite di questa console sono i 24 bus. Sto usando la configurazione a 24 gruppi e uso la matrice per le mandate al riverbero e per tutti i canali di servizio, così libero risorse per le mandate ausiliarie.
“Quest’anno ho deciso di usare solamente plug-in Waves e SPL Transient Designer, anche se non ho tantissime cose: un rack con un leggero C6 sugli in-ear e sulle voci, un po’ di Q10, che trovo utile sulle mandate per i monitor (i notch per togliere le frequenze di risonanza dell’ambiente); SPL Transient Designer sui tamburi, un po’ di R-Comp e R-EQ , H-Comp in parallelo sul rullante principale, H-Delay e Reverberi.
“Ho anche un rig di Pro Tools – conclude Sem – con cui registriamo in multitraccia tutte le sere, tutti i canali più i microfoni d’ambiente in sala. Questa è una cosa che facciamo da sempre, ma senza uno scopo necessariamente ‘discografico’... è un archivio per preproduzione o virtual soundcheck”.
Ci ha detto Mamo...
“Lavoro con i Subsonica da 15 anni con una formula consolidata: loro mi raccontano la direzione in cui stanno andando, io gli presento uno show concept sul quale plasmano la scaletta e la performance. Stavolta come progettista ho voluto ribaltare gli approcci consolidati, proponendo in pochi metri cubi un esperimento in cui non sono tanto gli ingredienti a rappresentare l’originalità, ma la loro miscelazione inusuale. Era il momento giusto per proporre una produzione così, innovativa e ben dimensionata; la reputo una prova di maturità importante per tutti quelli che ci hanno lavorato e l’hanno sostenuta, Mirco in testa.
“Rispetto al processo creativo, la modalità in team che abbiamo adottato ci ha permesso non solo di ottimizzare le tempistiche sempre più serrate ma anche di fare un piccolo scatto in avanti. Ad esempio, io mi sono occupato del design e delle movimentazioni, Jordan ha costruito lo show sviluppando luci e video, Angelo ha supervisionato il set up dei banchi e del network grandMA-Pandoras. Altri collaboratori ci hanno aiutato fornendo idee e know-how tecnico. È stata una compartimentazione funzionale un po’ obbligata ma allo stesso tempo questa ricchezza di approcci, competenze e differenti punti di vista ha rappresentato – io credo – un notevole valore aggiunto.
“La scelta di usare solo luci LED per il touring non era ancora stata fatta in Italia, e solo in pochi (ma eclatanti: Radiohead su tutti) ci hanno veramente provato nel mondo. Ora è possibile, addirittura con una discreta possibilità di scelta sulle tipologie di macchine... anzi, penso che con un po’ di coraggio possa rappresentare uno standard per il futuro. Un altro aspetto non propriamente canonico è stato usare, tra copertura e floor, circa 120 m2 di LEDscreen come luce ibrida e gestire, anzi esaltare, l’inquinamento luminoso in modo funzionale, utilizzando l’elemento video come sorgente illuminante quando non addirittura come vera e propria key-light, con i dovuti accorgimenti... ad esempio essendo difficile per l’occhio umano sopportare così tanto bianco addosso, è stato interessante lavorare sui cambi cromatici e sulla dinamica in negativo, ‘scavando’ col nero.
“Il disegno luci segue un concept preciso: niente sparpagliamenti di sorgenti nello spazio ma distribuzione per blocchi tipologici organizzati con un criterio monolitico che – unito alla modalità espressiva del LED – obbliga gli spettatori a una fruizione diversa... quasi sempre la luce proviene violentemente da una sola direzione, con transienti improvvisi e velocissimi, on/off, sopra/sotto, dx/sx. Ma anche noi, come operatori, abbiamo dovuto superare un retaggio ben conosciuto da chi sta dietro la consolle luci: la consuetudine a sottolineare la dinamica musicale con accensioni di bianco “amico”... il calore delle incandescenze, ad esempio, senza il quale è stato necessario riadattare l’interpretazione di molti brani.
“In fase di progetto e preproduzione è stato necessario approcciare in modo anticonvenzionale questa particolare architettura di LEDscreen. Non usando video in senso stretto, non abbiamo pretese di racconto e intelligibilità, ma giochiamo con grandi superfici luminose attraverso texture in movimento, tanto che nella nostra comunicazione non parliamo mai di video ma usiamo l’acronimo GSLiM (Grandi Superfici Luminose in Movimento), proprio per ribadire questo concept. Ma poiché di loop videografici alla fine si tratta, abbiamo optato per avere tutti contenuti originali, creati ad hoc per questo progetto dai nostri amici Recipient.CC e girati con le tecniche più disparate, spesso resi irriconoscibili dal trattamento in programmazione. Avere sotto controllo la produzione delle texture ci ha permesso di associare i BPM – elemento imprescindibile del nostro metodo di lavoro – alla dinamica interna al loop, cosa difficile da ottenere con le librerie dei mediaserver.
“Le movimentazioni, che sono ormai un tratto distintivo degli show dei Subsonica, servono ancora per creare una successione di quadri plastici e indurre differenti percezioni visive, proprio perché le GSLiM appese, grazie alla loro geometria elementare combinata con gli spostamenti verticali/orizzontali (più, stavolta, la rotazione), possono passare da architetture estremamente claustrofobiche a figure di ampio respiro. In quest’ottica abbiamo dedicato molto tempo alla fase di studio dello show concept, basato su quattro blocchi tematici dove gli elementi luminosi si stratificano progressivamente, combinati con un uso differito delle automazioni, sapendo di avere solo tre notti per la programmazione effettiva. Jordan non ha però preprogrammato niente in ambiente virtuale, preferendo arrivare in allestimento col miglior set-up possibile dei banchi e le idee chiare su cosa ottenere, per poi giocarsela sul campo. Se avessimo preprogrammato avremmo perso più tempo a correggere... dal momento che le suggestioni più belle, come sempre nei casi dove si abbandona il consolidato, sono arrivate solo a palco montato”.
Jordan Babev, operatore e programmatore luci
“Tutto è partito dal concept artistico del nuovo disco della band, intitolato La nave nella foresta, ripreso da un detto piemontese che si utilizza per designare una situazione in cui ci si sente fuori luogo. Abbiamo quindi cercato di creare qualcosa che ricalcasse questa immagine: sul palco, ideato da Mamo, la band è racchiusa tra due mondi, quello superiore e quello inferiore, rappresentati dai grandi pannelli, superfici luminose in movimento, composte di G‑LEC nella parte superiore e di matrici video a bassa risoluzione in quella inferiore, a volte utilizzate in modo caotico, altre come key-light".
Per un gruppo come Subsonica è forse un po’ strana la scelta di usare soli LED, perché avete preso questa strada?
Ti devo dire la verità: in questo spettacolo non trovo che la mancanza di luci a scarica e luci a incandescenza limiti la potenza dello show, perché gli schermi video sono utilizzati con i processori a “full”. Inoltre, i contributi che escono da questi schermi sono pensati per essere molto aggressivi e dinamici, e lo schermo, quando stroba, crea l’effetto di una strobo enorme.
Come siete riusciti a mantenere uno spettacolo di due ore sempre scorrevole?
Abbiamo ragionato molto con Mamo su questa cosa in fase di preparazione. Lo spettacolo è diviso in tre parti: nella prima vengono utilizzati solo gli schermi superiori, nella seconda solo quelli inferiori e nella terza entrambi, in una fusione che concettualmente corrisponde alla sintesi dei due mondi di cui sopra e che, a sua volta, riprende una teoria dell’artista Michelangelo Pistoletto esposta nella canzone Il terzo Paradiso. Io poi mi sono occupato della supervisione dei contenuti video e, non volendo utilizzare contenuti presi da librerie, li ho affidati al Collettivo Recipient, che ha creato contenuti semplici ma molto efficaci, utilizzando anche tecniche sperimentali: riprese al microscopio di cellule, acqua, chiodi e fuoco, successivamente rielaborate con Pandoras box.
Quanto avete lavorato per mettere in piedi lo spettacolo?
La prima fase di brain storming è iniziata ad aprile. Per questo tour ho preferito non fare la pre-programmazione offline, perché il palco era talmente fuori dagli schemi a cui sono abituato che non sarei riuscito a prevedere la resa dei video, anche, e soprattutto, perché questi non vengono utilizzati come video ma come luci. Lo spettacolo è stato fatto in sole tre nottate di programmazione, tempo molto esiguo se si tiene conto del fatto che la programmazione sincronizzata in timecode richiede il doppio rispetto alle normali memorie. Siamo riusciti a fare tutto in tre notti grazie al supporto di Angelo Di Nella di Molpass, massimo esperto della console grandMa.
Come gestite il timecode?
In questa situazione abbiamo preferito fare un passettino in più rispetto al consueto uso del segnale di sincronizzazione, soprattutto grazie ad un suggerimento di Angelo: abbiamo generato noi le tracce di timecode e le abbiamo passate ai backliner, i quali le hanno inserite, allineate, su ogni brano. Questo fa sì che non siamo dipendenti dalla timeline generale. La differenza rispetto al solito è chese la band decidesse di spostare un brano in scaletta a me non cambierebbe nulla, perché la traccia è incorporata nel brano. In regia, oltre alla grandMA2 Full Size ho anche una Command Wing più Fader Wing e un computer touch screen 22” all in one come console di spare. Il trasporto fino al palco è fatto via Ethernet.
Un’ultima curiosità: abbiamo notato, indossate dalla band, delle giacche particolari: si tratta dei soliti tessuti contenenti LED?
Non proprio i soliti… le giacche indossate dalla band sono della Cute Circuit, una startup italiana che ha sede a Londra e che produce tessuti interattivi. Le giacche contengono circuiti LED che trasmettono gif animate realizzate dai fan della band tramite un concorso online. La società ha unito i vari contenuti, i quali, attraverso dei ricevitori, vengono trasmessi wireless da un laptop sul palco tramite un’applicazione per Mac scritta dai ragazzi di Cute Circuit.
Marcello Marcelli, Electra Service
“Impieghiamo 16 motori a velocità variabile da 500 kg, controllati da un sistema con software Fülling&Partner, azienda tedesca specializzata in automazioni teatrali. Il sistema gestisce i quattro pod di G‑LEC in gruppi. I pod sono tutti appesi sulla Libera 76 che, a sua volta, ha otto motori da 1000 kg normali per il sollevamento. I motori delle movimentazioni sono, a seconda della venue, all’interno della Libera 76, per guadagnare più clearance possibile, ed anche i motori del tetto sono dentro dall’altra parte, in modo da ridurre il più possibile gli ingombri. Entro la mattinata riusciamo a portare in quota tutto, nell’ordine: grid, riggeraggio dei nostri motori e impostazione dello zero, che è il punto di partenza comune per tutti i motori e che, di solito, coincide con il pavimento. L’appendimento dei pod avviene intorno le 11.00.
“Non ricevo timecode... sono in intercom con la regia da cui le chiamate arrivano a voce. Comunque, essendo il mio quinto tour con Subsonica, conosco i pezzi e dalla prima data già sono in grado di eseguire molto bene lo spettacolo. La scelta di non avere timecode sulle automazioni è una filosofia mia personale, perché costituisce un pericolo – svariate tonnellate di materiale che si muovono su un valore temporale ‘x’... anche no. Ci sono dei chain runner per seguire l’avvolgimento dei cavi in spira... basta che ci sia una spira troppo lunga che prende l’angolo del truss... meglio non far partire la cue piuttosto che farla partire in automatico.
“Ho tre tipi di stop. C’è un pedale che si chiama “dead-man control” come per i tramvieri e si tiene premuto solo per l’esecuzione delle memorie. Togliendo il piede da questo, si ferma tutto. Poi c’è il tasto di stop della cue, che ferma con i valori di accelerazione e decelerazione del movimento programmato. Infine c’è il fungo di emergenza. In tutta la mia cabina, non ci sono funghi d’emergenza, è tutto qua... così nessuno mi schiaccia cose non volute e troppo lontane da me.
“I motori sono 12 CM Lodestar da 30 metri/min e 500 kg... sempre categoria BGV-C1, ormai obbligatoria per sistemi complessi. Questi sono da 500 kg, ma il carico di rottura in questo caso è di sette tonnellate, 14 volte superiore. Poi ci sono anche quattro Ghis, sempre della stessa taglia e stessa velocità, rimarchiati C-Force, un’altra azienda tedesca che li rimarchia semplicemente perché inserisce un PLC Mitsubishi per far dialogare i motori con il sistema.
“Io e Sergio Borgo ci occupiamo di questo tour, dal tetto allo spettacolo, sempre per Electra Service”.
Aziende in Tour |
|
Management | Wasted Talent |
Booking e promozione | Vivo Srl |
Impianto audio/luci | Musical Box Rent |
Impianto audio e regie | Big Talu Music Service |
Palco/strutture/movimentazioni | Electra Service |
Tecnologia video | STS Communication |
Lighting design | Massimo “Mamo” Pozzoli |
Gruppo elettrogeno | C.M.E. |
Trasporti e sleeping bus | G.M. Gamund & C. |
Catering | Maccaroni Bros |
Contributi video | Collettivo Recipient |
Agenzia viaggi | Lino Fiocco |
Merchandising | Mosquito |
Personale In Tour |
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Direttore di produzione | Mirco Veronesi |
Responsabile tecnico | Matteo Chichiarelli |
Tour accounting | Katia Ponchio |
Tour manager – band | Silvia Magoni |
Responsabile load in/out | Piero Chiaria |
Personal band | Ivan Liuzzo |
Fonico di sala | Marco “Cipo” Calliari |
Fonico di palco | Michele “Sem” Cigna |
Lighting & show director | Jordan Babev |
Backliner | Rodolfo Di Monte |
Tony Lionetti | |
Matteo Sanna | |
Responsabile luci | Giovanni Di Bella |
Tecnici luci | Rossano “Roxy” Zambardino |
Luca Terenzi | |
Davide Colleoni | |
P.a. man | Mattia Zantedeschi |
Tecnici audio | Marco Molinari |
Graziano Virgilio | |
Walter Giraudo | |
Simone Bonetti | |
Michele Martinelli | |
Responsabile video | Tiziano Rossi |
Tecnico video | Francesco Previdi |
Head rigger | Marco Giampietri |
Riggers | Nicola Odorizio |
Alberto Pautasso | |
Boyes Lee | |
Responsabile palco | Francesco Rompato |
Tecnici palco | Ionut Lungu |
Marius Baciu | |
Petrica Ciuhat | |
Responsabile movimentazioni | Marcello Marcelli |
Tecnico movimentazioni | Sergio Borgo |
Massaggiatore | Matteo Ficini |
Generatore | Giovanni Barbato |
Chef | Lorenzo Santorsola |
Responsabile sala catering | Adriana Covini |
Fotografo | Pasquale Modica |
Autisti | Anima |
Sava | |
Angelo | |
Raul | |
Valeriano | |
Adrian | |
Mihai | |
Tommy |
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