Sound-Elite Forum. Il mestiere del sound engineer - Seconda parte
Opinioni, impostazioni e scelte tecniche di alcuni dei fonici di punta italiani.
di Giancarlo Messina
Continuiamo il nostro forum con alcuni dei migliori fonici FoH italiani, la prima parte del quale è stata pubblicata nel numero di maggio. In questa puntata entriamo subito nel merito di alcune domande tecniche e di alcuni dettagli sui metodi di lavoro.
I nostri sound engineer
Sandro “Amek” Ferrari: emiliano, la sua carta d’identità dice che inizia a essere un veterano del mestiere. Ha collaborato lungo la sua importante carriera con artisti di primo piano come Battiato e Ligabue e da diversi anni segue in ogni aspetto tecnico audio i suoi “nipotini salentini”, i Negramaro. Molto noto il sodalizio col socio Vanis e il loro celebre studio mobile WhiteMobile.
Alberto “Mente” Butturini: veneto DOC, il suo motto “È un calvario!” è ormai un punto fermo della fonia italiana. Può vantare una prestigiosissima carriera al fianco dei più grandi artisti italiani: fra tutti citiamo il miglior Pino Daniele e Claudio Baglioni; tuttora collabora in tour di primo piano con Luciano Ligabue e Marco Mengoni.
Andrea “Kors” Corsellini: toscano, anzi… fiorentino, da una ventina d’anni è dietro le console di eventi e tour importantissimi, collaborando con Tiziano Ferro, Negrita e Gianna Nannini. Attualmente è il fonico di fiducia di Vasco Rossi ed Eros Ramazzotti, artisti con cui collabora da parecchi anni.
Marco “Monfo” Monforte: ormai bolognese di adozione, è un “engineer” realmente laureato in ingegneria; arrivato in Italia dal Belgio, si è subito affermato giovanissimo come uno dei migliori professionisti: Elisa e Gianna Nannini sono solo alcuni degli artisti con cui ha collaborato; oggi è il responsabile audio dei progetti di Cesare Cremonini, fonico di Tiziano Ferro e ormai storico sound engineer e responsabile audio di Laura Pausini.
Maurizio Nicotra: dalla Sicilia con poco furore e molto orecchio! Maurizio ha nel suo curriculum collaborazioni prestigiose con artisti come Carmen Consoli, Lorenzo Jovanotti ed Eros Ramazzotti. Attualmente è il fonico di fiducia di Renato Zero e Claudio Baglioni.
Pierfrancesco “Hugo” Tempesta: pugliese, uno dei più giovani della combriccola ma anche uno dei più appassionati al mondo del mixing digitale. Ha collaborato con molti artisti importanti, da Britti a Cremonini; oggi è il fonico di Elisa, Fiorello, Emma e Mario Biondi.
Primo quesito
Meters della console: pre- o post-fader?
HUGO: Sempre in pre-fader, perché è un controllo totale di quello che succede allo stadio di ingresso. È fondamentale anche scegliere se usare la modalità di picco o in RMS, e per me è sempre in RMS, per mantenere il massimo headroom possibile sia in ingresso sia sulla modulazione dei gruppi di uscita. Ho voluto specificare perché, essendo un parametro selezionabile, vedo molti giovani che hanno qualche dubbio in proposito.
MONFO: Il channel sempre in pre, invece i gruppi di uscita in post, ma ho una macro per passare da pre a post sulle uscite.
KORS: Sì, anche io li uso come Marco.
MAURIZIO: Tutto sempre in pre.
MENTE: Tutto in pre nelle console che mi permettono di vedere i meter quando c’è il sole.
AMEK: I canali in pre, i gruppi in post, e do sempre un occhio al master della console ma anche al master del processore, cioè al livello di ingresso del processore del PA Engineer, per capire se il livello è corretto. Anche io sempre in RMS, perché non ci interessa il picco.
Controllo dinamico pre o post EQ?
KORS: Non c’è un modo sbagliato, dipende da cosa devi fare. È chiaro che se comprimi prima, con un insert analogico, hai meno problemi qualsiasi cosa tu faccia dopo. Però a volte è figo far lavorare il compressore spingendo una certa frequenza sul banco. Se devo lavorare su cassa, basso e punti fermi dello show, metto tutto ovviamente prima, perché i tempi di intervento in un live sono limitati e bisogna cercare di avere meno variabili possibili.
HUGO: È una cosa che mi porto dai banchi analogici in studio, cioè il compressore è messo sempre prima dell’EQ, e questo è il mio approccio mentale. Ma siccome un intervento di EQ cambia il range dinamico, l’ideale sarebbe avere il compressore sia prima che dopo l’EQ, cosa che con le console digitali moderne è abbastanza facile da realizzare. Il primo compressore compatta il segnale, il secondo, dopo l’EQ in funzione riduttiva, fa una compressione multibanda o un EQ dinamico per uniformare tutto. Poi c’è anche lo stem finale in cui si può definire ancora il suono.
MONFO: Per la ritmica uso la dinamica prima dell’EQ, per tutto il resto faccio il contrario, cioè prima l’EQ e poi la dinamica: ho bisogno che il segnale venga gestito dinamicamente dopo il mio intervento di EQ. Uno dei problemi principali è ritrovare la spinta necessaria, specie in grandi aree: cassa, rullante e tom sono le cose che devo trovare subito, devo poter correggere immediatamente per bilanciare il mix, quindi la compressione su questi elementi deve essere inalterata rispetto agli interventi di EQ che farò in corsa.
MAURIZIO: Per me dipende. In linea di massima uso prima EQ e poi la dinamica, ma a volte faccio anche il contrario. Parto dal concetto che prima voglio “pulire” quello che poi vado a comprimere.
MENTE: Nel 99% dei casi prima comprimo e poi equalizzo, ma questo dipende molto anche dalla macchina che ho sotto le mani. Spezzo una lancia a favore di SSL in cui i punti di insert possono essere in qualsiasi punto della strip, posso addirittura spostare gli insert dopo il fader, se voglio, e questo per ogni singolo canale. Poter scegliere il punto di insert nel percorso del segnale. Generalmente, se uso DiGiCo, avendo due punti di inserzione, prima comprimo con un multibanda, poi ritocco con l’EQ, e come secondo insert faccio la compressione vera e propria, in modo da chiudere il pacchetto. Se poi serve, posso fare un fine tuning nello stem, sia in dinamica sia in equalizzazione, ma il lavoro grosso viene fatto sul canale.
AMEK: Se posso comprimo prima e dopo. Prima dell’EQ metto un multibanda o un compressore molto leggero e un altro dopo l’EQ. Devo dire che a me non piace molto equalizzare, lo faccio sempre in funzione sottrattiva, infatti preferisco usare il compressore anche in funzione di equalizzatore, giocando sul release… non sempre mi riesce, ma col doppio punto di insert diventa più facile. Metto un compressore anche sullo stem, ma di solito lavora molto poco, è più una sicurezza psicologica, di solito una macchina esterna, pronta per interventi al volo.
Non esiste un modo fisso di lavorare, ma qual è normalmente il routing delle “vostre” voci, l’elemento più importante del mix?
KORS: Sempre nell’ottica di avere i pippolini sotto mano, faccio quasi tutto con le macchine esterne. L’EQ del banco fa solo il passa-alto, in pre in insert ho l’attacco veloce e rilascio veloce, che leva praticamente i picchi indesiderati, poi l’equalizzatore, sempre esterno, con le manopole; entro nel canale, effetto, se serve qualcosa metto un compressore tutto a zero, solo con un po’ di guadagno in uscita per ottimizzare. Poi il canale va su un bus di uscita in cui ho in insert un compressore Waves MaxxBCL con attacchi e rilasci molto blandi. Ho i fader della voce in pre e in post: il secondo è quello che va al mix, mentre con l’altro canale decido se comprimere più o meno il segnale del gruppo. Diversi artisti hanno pezzi che cominciano con la voce sussurrata che poi esplode, ma sin dall’inizio serve una bella presenza, e questo set-up mi semplifica il compito.
MENTE: Devo dire che non considero la voce un elemento particolarmente difficile da lavorare, magari trovo più difficili altre cose! Il mio percorso è estremamente semplice: canale, multibanda in testa, EQ, compressore in uscita, assegnazione allo stem, due ritocchi e fine. Se ho la possibilità di usare dei plug-in a monte di tutto, subito wserella modificato in EQ e compressione per mantenere la voce viva davanti 24 K1 che vanno a randello correndo meno rischi… ma in questo caso ognuno trova i propri escamotage.
HUGO: Cerco di essere semplice. Gain giusto per il cantante, compressore per avvicinare la voce, EQ del banco come passa-alto e controllo delle frequenze che possono creare fastidi, poi, da maniaco dei plug-in, metto de-esser e compressore multibanda; sul gruppo ho l’equalizzatore dinamico: tutti i miei canali in input sono ritardati di sei millisecondi rispetto al mixer, e la chicca che uso sulla voce per renderla molto definita è quella di usare sul gruppo della voce un EQ dinamico che, dai 3000 Hz in su, in shelving, tira via 10 dB di default alla voce. Quella banda che ho tolto verrà “aperta” dalla voce che io chiamo “voce trigger” che non è ritardata (e che ovviamente non ascolta nessuno) ma è trattata passa-banda per riprendere la prossimità del cantante, cioè il timbro del cantante quando si avvicina al mic, e serve appunto a triggerare velocemente, tramite questo EQ dinamico, il canale della voce vero e proprio che ritorna automaticamente dritto come deve essere. È insomma una sorta di controllo di chiusura, molto utile in condizioni critiche di passerelle estreme o palchi piccoli. Pulire questo microfono consente un mix molto pulito e l’intelligibilità della voce ne guadagna. Credo infatti che la voce di per sé non sia difficile da trattare, la difficoltà è nel trovare e gestire le frequenze degli altri strumenti che la danneggiano. Ad esempio a volte uso la voce per andare a comprimere come side chain gli stem delle chitarre elettriche, che di solito sono le “responsabili” di una voce poco intelligibile.
MONFO: Io uso, nell’ordine: gain, high-pass, equalizzatore dinamico, compressore multibanda per levare quello che mi dà fastidio, come effetti di prossimità o frequenze fastidiose; dopo questo primo trattamento blando entro nel secondo punto di insert dove c’è un de-esser (di solito SPL) e un XL42 che è la mia fonte di verità: lo guardo e capisco cosa sta succedendo, se c’è un problema. Il channel della voce con la sua effettistica va in uno stem stereo che ha due punti di insert: nel primo c’è un MaxxBCL (più spingo il channel più comprimo e più ottengo l’effetto di “incollare” la voce con ambiente e delay); a seguire ho EQ e dinamica della console che di solito tengo accesi ma che non uso. Nel secondo punto di insert ho delle Waves per caratterizzare il sound se mi viene richiesto, sempre quindi con la filosofia di dividere in due il lavoro fra la parte funzionale e tecnica e quella artistica, in cui devo poter intervenire a “richiesta” senza pero’ stravolgere la catena iniziale.
MAURIZIO: Come dicevo prima, comincio con l’EQ, poi metto il passa-alti, insomma una piccola pulizia iniziale, segue un dinamico puntato solo sulle zone dove serve; poi in insert anche io metto qualcosa da “spippolare” per interventi immediati di equalizzazione o compressione: nell’ultimo tour avevo un Avalon, ma spesso ho un Manley insieme a un XL42 oppure un SSL. In linea di massima il set-up è questo, chiaramente con possibili variazioni necessarie.
AMEK: Il mio set-up è molto simile a quello dei miei esimi colleghi: subito un passa-alti per pulire, un piccolo multibanda leggero, l’EQ della console, compressore esterno Avalon, che amo e che mi dà sicurezza, con cui faccio anche piccole correzioni di equalizzazione. L’unica cosa che può variare è con cantanti con poca emissione o di fronte a grandi PA. In questi casi bisogna inventarsi qualcosa, o come fa Hugo oppure mi preparo un EQ grafico da inserire al volo con una macro, oppure do la voce separata all’impianto per avere dei trattamenti differenziati di sicurezza.
Come gestite le batterie con trigger?
MENTE: Artisticamente è una richiesta della produzione, quindi il nostro compito è quello di lavorarci e fare del nostro meglio. Ovviamente è un’operazione complicata, implica di impostare il set-up del banco in una determinata maniera, perché bene che vada si deve gestire una latenza di almeno 5 o 6 ms, e su suoni con transienti veloci non ben allineati si crea un impatto devastante in termini di ascolto. Quando poi la richiesta prevede un 50% di suono triggerato e un 50% diretto la situazione è molto delicata: lo è al FoH ma ancora di più per il fonico di palco.
Se ci sono dei trigger, io prendo tutti i miei canali e li ritardo di 10-11 ms, in modo da poter anticipare i trigger, poi vado a registrare il rullante o la cassa veri con il trigger, guardo quanti sample di differenza ci sono e tolgo il ritardo del trigger, così, ad esempio, da 10 ms - 6 ms ottengo 4 ms di ritardo. Ovviamente tutto ciò va ascoltato, perché poi cambiando campioni o attacchi i ritardi si spostano: va fatto un lavoro millimetrico sui campioni che sono usati dai trigger. Insomma è una complicazione che però ormai dobbiamo abituarci a gestire. Facendo molto pop, io i trigger me li sogno anche la notte. Uso questo metodo… ma non so se i colleghi possono insegnarmene altri.
Bisogna anche aggiungere che, ulteriore complicazione, spesso i trigger vanno allineati anche con le sequenze. Ho anche notato che a volte il problema non sta in tutto il range di frequenza del trigger, ma in una piccola zona, così basta allineare la fase solo su una porzione di frequenza per risolvere il problema in maniera semplice ed efficace.
KORS: La principale problematica è far convivere due sorgenti di suono totalmente differenti, peggio ancora se parliamo di una cassa perché, anche se in fase perfetta, le formanti del campione non coincidono mai con le formanti della cassa vera. Quando mi vien chiesto di usare per forza la cassa triggerata, spengo quella vera, usando solo la campionata! Perché altrimenti non se ne esce. Il rullante è un pochino più facile perché ha uno spettro meno ampio, e una volta allineato il transiente il compromesso è accettabile. Io, addirittura, uso un trigger mio che faccio transitare dalla mia scheda audio al mixer: è un campione senza transiente d’attacco: mantengo il rullante che picchia mentre questo mi dà delle riflessioni particolari che danno un effetto avvicinabile, come idea, a un reverse, per dare la sensazione di retina del rullante. Una volta che ho trovato l’allineamento perfetto mi fa una “pappa unica” col rullante, arricchendolo. Con i trigger ovviamente bisogna lavorare per mettere tutto perfettamente in fase, fino a 6 o 8 ms al massimo, parlando del FoH, si gestiscono. Un problema diverso, ad esempio col precedente batterista di Vasco, può essere dato dal fatto che il musicista sceglie continuamente set con campioni diversi e caratteristiche diverse sui vari brani, quindi bisogna lavorare moltissimo in pre-produzione per rendere tutto comunque omogeneo.
AMEK: Con i Negramaro abbiamo un po’ tutte le situazioni. La tecnica è quella di ritardare tutto di 8-10 ms, fare un gran lavoro di preproduzione, controllare tutto mille volte, con i microfoni, lavorare molto sulle equalizzazioni, perché se ad esempio ci sono due casse insieme, cerco di far lavorare la parte bassa o con un suono o con l’altro, perché se li metti insieme succede un disastro. L’ultima volta solo per impostare la batteria ci abbiamo messo una settimana di sala prove! I trigger a quel punto me li faccio mettere in stagebox per lanciare riverberi o altre cose, cerco insomma di trovare il lato positivo della cosa. A volte ci tocca lavorare anche con batterie elettroniche diverse, e bisogna fare doppio settaggio! Insomma sono anni di Purgatorio persi…
MAURIZIO: Non mi è mai capitato con gli artisti con cui ho lavorato, quindi non ho esperienze dirette da raccontare.
MONFO: Che dire… a me piace molto lavorare con i trigger! Se viene fatto un buon lavoro, mi accorgo che la resa un po’ in stile Star Wars è bellissima! Certamente è un lavoro difficile, che richiede davvero molto tempo affinché gli allineamenti siano corretti e il suono non diventi “finto”, ma che io trovo stimolante. Io uso in sala un rullante campionato come generatore dei miei ambienti. Non è un’idea mia ma è un trick “rubato” ad Andy Wallace che usa campioni di rullante per generare e caratterizzare gli ambienti: il rullante nel mix è quello vero, ma il riverbero che si sente è generato da un trigger, ovviamente perfettamente allineato col suono principale.
HUGO: Hanno già detto tutto i miei colleghi. A me è capitato sistematicamente negli ultimi anni di dover gestire trigger, groove, a volte anche con la produzione artistica che prevede giri davvero contorti e affatto facili da fare. Io cerco di metterla sotto l’aspetto psicologico con il produttore che ho vicino per far capire che la parte molto bassa non me la deve toccare, perché tecnicamente è l’aspetto più difficile da gestire nella catena e rischiamo di rovinarci tutto il concerto perché magari su un paio di brani deve intervenire il campione con la super bassa che va a distruggere tutto il lavoro. Quindi va bene ma se è uno special. Alcuni groove sul rullante sono proprio belli e devono essere fatti, ma cerco in tutti i modi di spiegare che non è il caso di andare a insistere nel modificare la parte infrabassa.