Radiotecnica per Tecnici Audio - Seconda Parte

La seconda puntata sulla radiotecnica: Ricevitori.

di Enrico ”Flynt” Mambella

Passiamo ora a capire come funziona un moderno ricevitore FM, di quelli che usiamo per i nostri radiomicrofoni o bodypack per IEM. Possiamo affermare che nella nostra catena RF, un buon ricevitore è forse l’anello più importante, per le sue caratteristiche di diversity, sensibilità, filtri implementati e stadi di media frequenza.

Fig 1: Lo sfasamento dovuto al differente percorso tra il segnale diretto e il segnale riflesso.

Partendo dall’antenna, possiamo individuare subito due categorie:

Ricevitori non-diversity, con una sola antenna. Non sono utilizzati in ambito professionale, in quanto possono facilmente incorrere in fenomeni di “multi-path drop-out” (perdita di segnale dovuta all’interferenza distruttiva tra il segnale RF diretto e le componenti riflesse che arrivano con qualche ritardo – ndr), soprattutto in ambienti chiusi.

Ricevitori diversity, che dispongono di due antenne (A & B).

Fig 2: Ricevitori diversity.

Soffermandoci sui modelli con diversity, andiamo ad analizzare i vari sistemi e le loro differenze dal punto di vista operativo (figura 2).

Nel “passive antenna combining” il segnale delle due antenne viene sommato passivamente e inviato al singolo ricevitore. 

Negli altri sistemi, invece, ci possono essere uno o due ricevitori, ma il segnale inviato ai successivi stadi RF viene sempre “scelto” da un comparatore di livello o da un controller di fase tra i due segnali RF.

Il sistema proprietario di Shure, il “MARCAD Diversity” usato nei sistemi Axient (figura 3), si distingue in quanto ha un processore che analizza anche la qualità dei segnali e nel combiner viene effettuato una sorta di bilanciamento tra i due (panpot), invece di sceglierne uno solo. Infatti quando sull’indicatore di livello si spegne il LED blu superiore, sta ad indicare che quell’antenna sta contribuendo con un livello inferiore di almeno 3 dB rispetto all’altra.

Fig 3: Il sistema Shure MARCAD Diversity. Combina i segnali in proporzione alla relativa qualità. “Panning” intelligente al posto della commutazione.

Altri parametri molto importanti in un ricevitore sono: la sensibilità, la selettività e gli stadi di filtraggio del segnale RF. Queste caratteristiche fanno sì che il nostro RX sia in grado di discriminare correttamente il segnale desiderato (a una data frequenza di portante fc), anche in mezzo a uno spettro RF congestionato da segnali vicini e di ampiezza maggiore.

Due possibili schemi a blocchi di un ricevitore FM sono riportati nelle figure 4 e 5.

Fig 4: Un tipico ricevitore supereterodina, caratterizzato dal mixer a RF.

Fig 5: Uno schema un po’ più elaborato (un modello Lectrosonics), con due stadi IF e di filtraggio aggiuntivi.

Subito dopo gli ingressi d’antenna, (dove ci sono altri due connettori BNC di rilancio del segnale, per collegare in cascata fino a quattro ricevitori), troviamo il front end filter, o roofing filter, che riceve tutti i segnali presenti nello spettro RF (rumore compreso) ed essendo interfacciato con il mixer esegue una prima “pulizia” intorno al segnale. Non ha quasi mai una larghezza ed una pendenza fissa, ma è variabile.

Segue un LNA (Low Noise Amplifier), o amplificatore RF, che alza il debole segnale proveniente dall’antenna, mantenendo il rumore più basso possibile, e lo invia al mixer. Quest’ultimo è uno stadio molto importante, dal quale esce il segnale estratto intorno alla frequenza alla quale si desidera sintonizzare il ricevitore.

Il mixer ha due ingressi, uno per il segnale proveniente dall’antenna e un secondo per il segnale prodotto da un oscillatore locale (LO). Combinando i due segnali e selezionando tramite uno o più filtri uno dei prodotti di intermodulazione, troveremo in uscita solo la frequenza che ci interessa sintonizzare. Regolando il controllo di sintonia (tune) del ricevitore, si sposta la frequenza dell’oscillatore locale insieme alla frequenza centrale del filtro front end.

Fig 6: La banda passante attraverso il primo filtro degli schemi riportati in figura 4 e in figura 5.

Segue uno stadio di filtraggio IF (Intermediate Frequency filter, cioè filtro a frequenza intermedia – ndr) e altri eventuali circuiti ausiliari, che contribuiscono alla pulizia e alla selettività del segnale, prima dei circuiti di demodulazione dai quali esce infine il segnale audio. Il limiter a frequenza intermedia, in particolare, fornisce agli stadi successivi (cioè al demodulatore) un segnale di livello non troppo variabile, eliminando i picchi di segnale, che potrebbero essere anche importanti, dovuti ad eventuali interferenze nei pressi dell’antenna. Nello schema di figura 5 ci sono due stadi di conversione e amplificazione IF: la traslazione verso il basso della frequenza può infatti convenientemente avvenire attraverso vari stadi successivi, per contribuire a ottimizzare la selettività e la pulizia.

I circuiti di demodulazione estraggono infine dalla portante modulata, centrata intorno alla frequenza intermedia IF, il segnale in banda audio (o comunque in banda base). Il segnale in banda audio passa quindi attraverso i circuiti di de-enfasi e infine nell’expander che ripristina la dinamica iniziale (di pre-enfasi e de-enfasi, così come di compander, abbiamo trattato nel primo capitolo sui trasmettitori). L’amplificatore audio, infine, permette di regolare il livello di segnale in uscita.

Oggi, su molti ricevitori, è prevista anche un’uscita digitale AES-EBU, nonché un interfacciamento configurabile con il protocollo Dante.

Le sopracitate caratteristiche di sensibilità e selettività dipendono quindi, oltre che dalla bontà della componentistica elettronica utilizzata, anche e soprattutto dagli stadi di media frequenza (IF filter e IF amp) implementati e dalla loro collocazione nella catena di ricezione.

Cenni sui sistemi digitali

Nei sistemi digitali, le cose cambiano un po’ rispetto al mondo analogico.

Il sistema Shure Axient Digital, ad esempio, presenta dal punto di vista tecnologico diverse innovazioni importanti.

Il tipo di modulazione e demodulazione digitale Q4AM permette algoritmi di compressione e correzione dell’errore davvero innovativi. 

Ad esempio, la funzione “Hi-Density Mode” permette al sistema di contenere ciascun canale in soli 100 kHz, con una spaziatura tra i canali di 125 kHz, permettendo di inserire ben 63 frequenze in soli 8 MHz. La latenza sale a 2,8 ms (rispetto ai 2 ms della modalità normale), ma la potenza di trasmissione si riduce a soli 2 mW. Abbiamo inoltre un efficiente sistema di criptatura tra TX ed RX.

I ricevitori digitali AD4Q e AD4D  hanno la possibilità di lavorare anche in “Quad-Diversity”, cioè con quattro antenne, per una copertura più omogenea ed un migliore rapporto S/N, in location complesse. In questa modalità, però, un ricevitore a due canali diventerà mono mentre uno a quattro canali diventerà a due canali. 

Questi ricevitori, oltre all’indicatore di livello del segnale RF delle due antenne, hanno anche un’indicazione della qualità del canale, che visualizza il rapporto segnale/rumore della portante RF.

Come nel dominio analogico, questi ricevitori, tramite la rete Show-Link e l’AXT600 Spectrum Manager, implementano il “Frequency Diversity”, ovvero la capacità di usare due diverse frequenze per un singolo microfono e commutare automaticamente sulla seconda in caso di interferenze sulla frequenza primaria. Anche in questo caso, però, un RX a due canali diventa mono, perché sono utilizzati entrambi i ricevitori.

Il sistema ”True Digital Diversity” demodula sempre entrambe le antenne che entrano prima in due buffer e LNA e poi in due convertitori A/D, le cui uscite vengono sommate e l’uscita complessiva inviata ad un sistema di correzione dell’errore.

Diversamente dai ricevitori analogici, dove anche senza distributori d’antenna era possibile rilanciare il segnale RF in cascata fino a quattro RX, in digitale non è possibile andare oltre uno o massimo due ricevitori in cascata. Questo perché rilanciando un segnale analogico aumenta il rumore, ma il sistema di squelch contribuisce ad eliminare i disturbi. Nel mondo digitale tale sistema non esiste, quindi si rischia di deteriorare troppo il segnale senza la possibilità di individuare (ed eliminare) le componenti spurie.


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