Pierfranco Galeone
Una delle personalità di spicco dell’audio professionale italiano.
di Giancarlo Messina
Il mondo dell’audio pro è davvero particolare. Ne fanno parte personaggi provenienti dalle realtà più disparate, dalle borgate di periferia, con il loro linguaggio a dir poco colorito, fino alle università, con ampio sfoggio di tecnicismi al limite del pedissequo. Tutti però stregati non tanto dal business, che rimane sempre una piccola nicchia rispetto ad altri settori ben più redditizi, quanto dall’amore per la musica e per l’Audio con la A maiuscola, una sorta di deità astratta capace di irretire a lungo i suoi adepti.
Ma certo il personaggio di questo numero è davvero un po’ atipico, non fosse altro per i suoi studi in un collegio svizzero ed i suoi modi sempre squisiti da vero gentleman. Siamo in Brianza, in una bellissima e grande villa, circondata da un grande giardino con alberi secolari e prato all’inglese. È proprio la villa di famiglia, nonché sede lavorativa, di Pierfranco Galeone, una delle personalità di spicco dell’audio professionale italiano che, proprio in quest’anno, festeggia i quarant’anni di lavoro in questo settore. Sempre con la stessa partita IVA. Non a caso.
Siamo andati a trovarlo per farci raccontare il suo percorso in questo mercato, affascinante quanto complicato.
Suonato il campanello di via Concordia, a Renate, si apre il grande cancello di ferro. Ci addentriamo nel lungo il viale ed arriviamo agli edifici della villa, un’ala della quale è stata destinata ad ospitare gli uffici e l’attività della Texim.
Salutata l’impareggiabile Antonella, Pierfranco ci riceve nel suo piccolo ma accogliente ufficio, arredato con molta passione e cura, con gli oggetti che fanno parte della sua vita.
“Provengo da una famiglia borghese – inizia a spiegarci –. Mio padre era il tipico uomo d’altri tempi, con sani principi ma abbastanza severo, e dai figli pretendeva un comportamento perlomeno idoneo alla sua personalità. Eravamo cinque fratelli: quattro seguirono la linea dettata da mio padre, diventando dottori, ingegneri professori... insomma tutti laureati. Tranne me, la pecora nera della famiglia. Per mettermi sulla retta via mi mandò perfino a studiare in un collegio svizzero, dove, invece di studiare, imparai l’amore per l’equitazione.
Tornato in Italia presi la maturità e iniziai l’università, che ovviamente non finii. Finché un giorno affrontai mio padre dicendogli che non volevo più studiare ma iniziare a lavorare. Lui senza scomporsi o battere ciglio mi rispose soltanto: “Bene, ti troverò un lavoro da travettino” cioè colui che sposta i “travetti”, oggi paragonabile all’aiuto muratore, insomma un lavoro di fatica per chi non ha né arte né parte. Ovviamente non era proprio quella la strada a cui io pensavo, così cominciai a cercarmi un lavoro da solo. Il primo lavoro che mi capitò fu quello di consegnare le briosche con la mia Mini Cooper! Lavoro che durò pochi mesi, perché era maggiore il costo della benzina che quello che guadagnavo”.
A questo punto subentra nella vita di Pierfranco il suo vecchio amore per la musica, a cui si abbina la passione per l’elettronica.
“Essendo appassionato di elettronica – ci spiega – la mia casa era cosparsa di fili e di altoparlanti, ovviamente con la massima ira di mio padre. Mi venne proposto di fare il rappresentante di elettronica: accettai e mi buttai a capofitto in questa nuova avventura. Cominciai con la città di Milano, allargandomi poi alla Lombardia, al Piemonte ed infine anche al Veneto. Vendevo registratori meccanici e scoprii il mercato dei non vedenti, per i quali era il prodotto giusto. Per fortuna per loro, e purtroppo per me, si trattò di un mercato che ben presto si esaurì.
Così, insieme ad altre persone, decidemmo di aprire un’attività come agenzia di zona per la distribuzione di apparecchiature Hi‑Fi: cominciammo con KEF, Wharfedale, Kenwood a cui segui il marchio Sennheiser. Avevamo l’ufficio vicino alla Rai, quindi fu quasi naturale iniziare con loro la vendita dei microfoni: era l’epoca di MD 441 e MD 421, prodotti molto richiesti. Nel ‘76 ci fu l’opportunità di iniziare ad importare direttamente dei marchi stranieri. Iniziammo con il marchio EV che aveva allora la sede europea in Svizzera, e grazie alla mia conoscenza delle lingue, avendo appunto studiato in Svizzera, la cosa fu abbastanza semplice. Un rapporto di fiducia che poi andò oltre il freddo rapporto di lavoro, perché con il responsabile del gruppo, Galton, diventammo molto amici, fino ad andare in vacanza insieme. Ecco, così ero entrato definitivamente nel mondo dell’audio professionale”.
Come nasce il nome Texim?
Nella mia lunga e variegata attività lavorativa ho avuto anche un breve trascorso di import-export di cotone, con una società che si chiamava “Texted Import Export”, e, come si può intuire, il nome Texim deriva dalle iniziali di questa azienda. Devo dire un nome abbastanza felice e duraturo, forse perché non porta con sé nessuna parola o riferimento specifico al nostro lavoro. Nel corso degli anni la tipologia del mercato cambiò, dal settore dei negozi di Hi‑Fi ci spostammo sempre più nel professionale, fino a diventare completamente pro. Con l’andare del tempo sono rimasto l’unico socio, acquisendo altri marchi, a loro volta acquisiti da altri gruppi, prima da Mark 4, poi da Bosch, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Cosa trovi cambiato nel mercato da allora ad oggi?
Sicuramente il rapporto con i clienti: nel settore Hi‑Fi c’era un rapporto davvero personale con i negozianti; ricordo ancora con affetto alcuni clienti, come il giovane Piero Buscemi, un negoziante di Milano che si distingueva per la sua serietà e la sua integrità morale. Qualità che in questo settore, a cavallo degli anni 2000, ho visto a dire il vero un po’ svanire. In questi ultimi anni ho invece incontrato dei giovani che mi fanno ben sperare, ai quali riconosco impegno ed una sana professionalità.
Facendo un bilancio della tua vita professionale, da che parte pende la bilancia?
Devo dire che sono abbastanza soddisfatto dei risultati ottenuti: ho due figlie adorabili, completamente diverse. Infatti una fa la biologa e mi ha già fatto nonno, mentre Camilla lavora con me in azienda e si occupa della distribuzione del marchio Dynacord, con la società dSound Pro. Sono riuscito a mettere insieme un gruppo di lavoro veramente di qualità, con Antonella, mio braccio destro, e sono riuscito a spostare l’intera attività nella casa in cui vivo, quindi faccio “casa e bottega”. Le cose mediamente vanno abbastanza bene e le prospettive sono positive, quindi non posso che ritenermi soddisfatto.
Hai un sogno nel cassetto?
Certo che ce l’ho: è quello di avere la possibilità di diventare “l’icona” della mia azienda, senza più avere impegni e responsabilità.
contatti: Texim