Paolo Conte - Cinquant’anni di Azzurro
Sold-out in tutti i pochi teatri che hanno avuto l’onore di ospitare il nuovo tour del grande cantautore piemontese che celebra, fra l’altro, i 50 anni del celebre brano “Azzurro”.
di Giancarlo Messina
Facciamo il nostro lavoro da oltre 20 anni e andare per concerti è quasi un’abitudine; ci capita di tutto, dalla grande rockstar al giovane emergente, dal pop al rock alla trap…
Poi, ogni tanto, arriva il concerto che non perderemmo per niente al mondo. Questione di gusti, ovvio, ma anche noi, in fondo, abbiamo diritto ad avere qualche preferenza, no? Lo dichiariamo subito, così non ci pensiamo più. Anche se ciò espone a un grande rischio il service e i tecnici al lavoro, perché le aspettative sono alte, e se il nostro concerto dell’anno venisse rovinato da imperizia…
Siete mai andati a un concerto di Paolo Conte? Dimenticatevi gli effetti speciali, questo è un vero concerto. Non ha bisogno di nulla. O quasi.
D’altra parte se si hanno sul palco dei musicisti sublimi, con un raggiunto perfetto equilibrio fra l’anima classica e quella jazzistica, l’unica cosa che serve è un sistema in grado di far ascoltare al pubblico quello che si suona su quel palco, niente di più, niente di meno. A ciò si aggiungano le melodie evocative dei brani, gli arrangiamenti da brividi, i testi di quella profumata bellezza visionaria e profondissima “che al cor gentil ratto s’apprende”, per dirla col Poeta, l’ironia a volte beffarda a volte amara, l’interpretazione dell’artista, sempre nuova e mai banale…
Non sapremmo cosa aggiungere e cercare oltre in un concerto. Forse un pubblico colto, silenzioso e attento ad ogni sfumatura, capace di emozionarsi in maniera composta e farsi trascinare nel viaggio musicale dell’autore. Beh… c’era anche quello.
Insomma… come il perspicace lettore avrà già intuito, l’autore il suo Best Show personale lo avrebbe già trovato.
Dopo questa introduzione dobbiamo anche tranquillizzare il team di Alive, capitanato dall’ottimo Claudio Viberti: la diffusione sonora, nonostante fosse realizzata con un PA in fase di test, è stata ottima, e il disegno luci di Davide Martire esattamente quello che doveva essere.
Abbiamo infatti trovato in dicembre a Bologna, in una delle due date all’Europauditorium, il nuovo PA VIO L208 di dBTechnologies, che non avevamo mai ascoltato sul campo di battaglia e che ha superato splendidamente questo impegnativo test: suoni definitissimi e caldi, sempre preciso e mai in difficoltà dinamica. Insomma una vera bella realtà “made in Italy” da prendere in seria considerazione.
Il tour, che proseguirà anche nel 2019 toccando Genova, Lucerna, Torino, Bergamo e Colonia, in Germania, è stato organizzato da Concerto Music, agenzia fondata alla fine degli anni Settanta da Renzo Fantini e che ha sempre annoverato artisti un po’ particolari come Conte, Guccini, Capossela, Lolli e oggi anche Umberto Tozzi.
Qualche giorno prima avevamo preso contatti col nostro amico Claudio Viberti, titolare del service Alive, in provincia di Cuneo, ormai da moltissimi anni al seguito di Paolo Conte e delle sue performance dal vivo.
Lo intervistiamo in veste di fonico di sala e di responsabile tecnico del tour, seduti al tavolo di un ristorante insieme alla crew.
Claudio Viberti - Alive Music Service – fonico FoH
“Seguo Paolo Conte dal 1991 – ci dice Claudio – prima come fonico di palco, poi come fonico di sala e infine come service dal 2003. Quando sono entrato come fonico di palco era un periodo delicato, lui era molto esigente: tanti colleghi dopo due mesi venivano gentilmente sostituiti. Io ero alle prime esperienze, ma il punto vincente è stato capire in fretta quali fossero le sue richieste e instaurare con Paolo un rapporto di fiducia. Inoltre siamo anche vicini di casa, io albese e lui astigiano, e forse anche questo ha contribuito!”
Il nuovo PA
“In queste due date bolognesi – spiega Claudio – stiamo provando il nuovo L208; infatti io ed altri service stiamo cercando di fare una cordata, stringendo accordi con dBTechnologies; a una dimostrazione mi hanno proposto di provarlo. Così l’abbiamo usato prima per le prove del nuovo tour di Cristiano De André, e poi qui dal vivo per la prima volta.
“Come primo ascolto, al di là di eventuali accordi e investimenti commerciali, è un sistema che suona bene. Lo trovo molto neutro, non necessita di grosse correzioni: normalmente per calibrare il PA uso come equalizzatore un Avalon 747 che qui è totalmente flat! Abbiamo montato Vio L208 piuttosto velocemente e usato subito con soddisfazione. Penso che continueremo a usarlo”.
La squadra
“La mia squadra in tour – dice Claudio – è formata da me, da Alessandro Belli, il fonico di palco, e dai backliner Paolo Canu e Roberto Pinna. Alle luci abbiamo ‘Magic’, cioè Davide Martire come lighting designer e operatore, mentre Giuseppe Benzi è l’elettricista; completa il team l’autista del bilico. Abbiamo bisogno di soli otto facchini al mattino e alle 13:00 siamo pronti per andare a pranzo. Cerco sempre, per quanto possibile, di utilizzare la stessa squadra: anche adesso che sono impegnato nelle otto date italiane di Patti Smith, ho subito detto che alla prima di queste non sarei potuto essere presente, proprio per dare precedenza a Paolo Conte”.
Paolo Conte
“Mixare un concerto di Paolo Conte – continua Claudio – può essere facilissimo… o impossibile! Il segreto è riuscire a trovare il giusto equilibrio fra i tanti strumenti acustici, ripresi con delicati condensatori, e la sua voce, nel limite concesso da una situazione live. Parliamo infatti di un grande interprete che ha comunque più di ottant’anni, quindi con un’emissione vocale particolare. Ogni sera serve trovare il giusto equilibrio, soprattutto nei teatri, per arrivare come si deve al pubblico ed emozionarlo. Bisogna conoscere a memoria i brani e gli arrangiamenti: la memoria del banco è solo un punto di partenza, perché le dinamiche cambiano continuamente e occorre controllare tutto di persona. Anche l’artista è piuttosto imprevedibile…
“D’altra parte, Paolo è come il tartufo: o ti piace e ti fa impazzire, o ti lascia indifferente. Noi tutti lo adoriamo per la sua semplicità: per tutto il concerto non dice una parola, semmai risponde al pubblico con la gestualità. All’estero poi è impressionante: addirittura in un mega festival in Olanda, alle nove del mattino c’erano già i suoi fan in fila, giovani e meno giovani! È anche simpatico: tutti sanno che i suoi testi a volte sono piuttosto ermetici… ma quello che pochi sanno è che non è un caso! Infatti Paolo è un grande appassionato di rebus, tanto che a volte li propone anche a noi!”
I microfoni
“Il microfonaggio – spiega Claudio – è ovviamente fondamentale, perché è tutto suonato in acustico, non esistono sequenze. Sul pianoforte usiamo due DPA 4099; per il resto usiamo quasi dappertutto condensatori Neumann, KMS 104 e KMS 105; la voce è ripresa da sempre con uno Shure Beta 58: a Conte non piace cambiare. Anche sugli archi usiamo dei Neumann; ad esempio il violinista suona uno strumento che costa qualcosa come mezzo milione di euro: quando alla prima data mi ha visto avvicinarmi per provare un microfono a contatto o una pinza ha fatto uno sguardo tale per cui sono subito andato a prendere un’altra asta microfonica!
“Il segnale entra nel rack Digidesign, da lì è splittato passivamente per il mixer di palco, uno Yamaha M7CL, in analogico, e ognuno si gestisce i suoi canali. Ci sono sei monitor d&b audiotechnik Max 15 e dodici Nexo PS10. Niente IEM o radiofrequenze, abbiamo troppi microfoni in giro. Alla fine conto 48 canali pieni, ma in questo giro ne ho risparmiati tre, non avendo il corno francese e un altro sassofonista. Sulla console lavoro tutta la sera in modalità VCA split: ogni brano ha la propria memoria, io ho i miei 24 canali sui fader.
“La catena della voce – conclude Claudio – è molto semplice: il microfono va direttamente nel preamplificatore Digidesign, seguono pochissimi accorgimenti e una leggerissima compressione multi-banda interna al banco, ma solo sulla banda media”.
Alessandro Belli – Fonico di palco
“Il monitoraggio è decisamente di tipo wedge tradizionale – spiega Alessandro – tranne per uno dei chitarristi, che usa una cuffietta; anche il polistrumentista, che suona fagotto e oboe, usa un suo mixerino, ma gestisce da solo il segnale su normali cuffie a filo.
“Usiamo dei monitor piuttosto grossi: sei d&b Max da 15", per Paolo, il basso e la batteria, mentre per il resto della band abbiamo sei Nexo PS10 più piccolini. Paolo Conte usa due monitor linkati, ha una linea al piano e una frontale, dato che canta anche in piedi in una seconda postazione. Infatti durante lo show i musicisti girano, al pianoforte si alternano anche altri strumentisti. Così ho più postazioni che musicisti: di conseguenza accendo e spengo le memorie necessarie, anche per chiudere e aprire i condensatori quando servono sul palco. Le chitarre per fortuna sono in linea, mentre quella argentina, che suona in un paio di pezzi, ha un condensatore.
“La difficoltà principale di questo lavoro – dice Alessandro – è la gestione corretta delle dinamiche, per la quale non basta un compressore. C’è moltissimo sbalzo dinamico tra un brano d’atmosfera e un pezzo più deciso. Tutti gli undici musicisti suonano in maniera fantastica e con dinamiche incredibili, basti pensare che non metto niente dei fiati nell’ascolto di Paolo, perché gli arrivano già dal palco. Lui preferisce avere in primo piano la ritmica, con basso, cassa, rullante, mentre gli basta solo percepire appena il piano e la voce”.
Claudio Paladino – PA manager
“Io sono un freelance – dice Paladino – ma qui lavoro per Alive. Mi occupo di questo PA dB Technologies, il nuovo Vio L208. Il prodotto, italianissimo, suona bene e ha la possibilità di essere controllato cassa per cassa attraverso RDNet. È un impianto amplificato, ogni cassa ha un finale e un processore interno con la possibilità di guadagno sia sulle alte sia sulle basse frequenze. È una cassa completa. Si smonta molto facilmente: scende giù col motore e si chiude nei carrellini da quattro casse ciascuno.
“Qui abbiamo montato due cluster da dodici casse, quindi ventiquattro sistemi, e dodici sub S118R, con cono da 18”, dello stesso marchio. Abbiamo anche quattro Vio L208 usate come front-fill. I sub si accoppiano sia a questo impianto sia a quello grande, ovviamente in maniera diversa. Come dicevo, montano un 18” e, grazie al processore interno, si possono montare reflex, a doppio cardioide o in altre configurazioni. Dietro le casse c’è una notevole cancellazione e per i teatri posso dire che è un impianto davvero ottimo. Aspettiamo solo di sentirlo in una situazione outdoor”.
Davide Martire – Lighting designer
“Illuminare un concerto di Paolo Conte – dice Davide – è un lavoro decisamente atipico rispetto alla norma. Si lavora di cesello. A Paolo interessa vedere la tastiera del pianoforte, ma anche essere abbagliato il meno possibile. Fondamentalmente abbiamo scelto di illuminare soltanto i musicisti protagonisti dei singoli momenti musicali, così io suono le luci insieme a loro, seguendo gli arrangiamenti. Una volta erano PC e sagomatori, oggi abbiamo i motorizzati; quindi io metto un fondo, in modo che tutti siano illuminati, e poi con un colore complementare, o un freddo o un caldo, vado a enfatizzare chi sta suonando in quel momento. Ovviamente occorre conoscere a menadito ogni brano.
“La scenografia è molto semplice, costituita esclusivamente da un fondale, un sipario all’austriaca, in raso grigio, che possiamo colorare a piacimento. Ce lo portiamo in giro dove possiamo piazzarlo; nei festival, soprattutto all’estero, non è facile, perché ha una misura ‘italiana’, di 14 m × 8 m.
“Anche le luci – continua Davide – sono fornite da Alive, e io utilizzo quello che mi viene messo a disposizione. Chiedo sempre dei wash, degli spot e degli spot/beam con la tricromia: mi muovo infatti con fade e operazioni delicate e non posso avere le ruote colori. Spazio generalmente da Vari*lite, a Claypaky, a Robe. In questo tour abbiamo dei DTS MAX in prima americana e due in controluce, dodici PARLED Coemar per il fondale, mentre come wash usiamo dei LEDBeam 150 di Robe.
“Ci sono dei brani che richiamano colori precisi, come Alle prese con una verde milonga, o Diavolo rosso, mentre in altri brani più jazzistici uso spesso il blu, che richiama certe ambientazioni notturne. Nei pezzi lenti cerco di essere coinvolgente, con un malva, un blu, mentre nei brani più carichi uso un bel giallo o un arancio. Quasi tutto è piazzato: l’unico movimento è su Dancing. Infatti, in accordo con il Maestro, evitiamo assolutamente gobo e movimenti. Paolo Conte è anche un pittore, molto attento all’aspetto visivo e ai quadri che si creano sul palco; se qualcosa non gli piace me lo dice, ma allo stesso tempo se riceve complimenti per le atmosfere me li gira volentieri. Da sottolineare che lui non ama il viola, ma in qualche pezzo gliel’ho fatto digerire comunque.
“Lavoro sulla grandMA sempre in manuale – aggiunge Davide – perché uso macchine troppo diverse per età, tipo, con lampade molto diverse. Ho delle memorie di base ma poi uso tutto su fader; anche perché a volte cambia l’arrangiamento di un pezzo all’improvviso, e lavorando in manuale posso sistemare tutto al volo”.
Il concerto
Raccontare il concerto è praticamente impossibile. Occorre esserci, occorre il gusto per la parola, il gusto per la musica vera, sapersi emozionare per le ombre verdi di un bovindo o per l’eleganza di zebra di una verde milonga.
Un’unica nota esplicativa: mai visti così pochi cellulari accesi, mai così tante mani applaudire negli ultimi dieci anni. Chi vuol capire capisce.