Notre Dame de Paris

Ritorna il grande musical con la produzione originale lanciata da David Zard.

Notre Dame de Paris

di Alfio Morelli e Giancarlo Messina

Il musical Notre Dame è senza dubbio uno dei più celebri nel nostro paese, da tutti subito associato alle musiche di Cocciante e ai grandi effetti scenici. 

Pur trattandosi di un’opera francese, fu il nostro impresario più visionario a lanciarlo con grande successo in Italia nel 2002, cioè David Zard, purtroppo recentemente venuto a mancare. Ne ha raccolto il testimone il figlio Clemente con la sua Vivo Concerti – la cui quota di maggioranza appartiene oggi effettivamente alla tedesca Cts Eventim – il quale ha deciso di riproporre quasi esattamente, dal cast alla produzione tecnica, lo show che ha reso celebre il musical, tanto che il nome di David Zard in veste di produttore è appositamente rimasto fra i crediti in cartellone.

Lo spettacolo è stato allestito al palasport di Pesaro, che nel frattempo ha cambiato nome da Adriatic Arena a Vitrifrigo Arena, e qui sono state realizzate ben tre date zero, tutte con un’ottima risposta del pubblico. Sì, perché questo musical rimane uno dei più amati, tanto che parliamo di una previsione annua di circa trecentocinquanta-quattrocentomila biglietti venduti, un numero davvero ragguardevole.

Commentare lo spettacolo è molto facile: la ben nota grandeur che lo ha reso celebre è oggi ancora più raffinata grazie all’evoluzione che nel tempo hanno avuto i mezzi tecnici, qui in gran parte forniti da BOTW di Roma; soprattutto le luci rendono evidente quanto sia più facile oggi ottenere colori uniformi e tagli chirurgici. Certamente anche i diffusori d&b audiotechnik Serie J, utilizzati per la diffusione audio, aggiungono precisione e intelligibilità alle voci dei cantanti. Il pubblico è entusiasta dello spettacolo e applaude calorosamente. Cogliamo qualche lamentela riguardante il volume troppo alto, ma si sa che il pubblico dei musical non è forse troppo avvezzo alle grandi venue, è infatti una critica che non ci sentiamo affatto di condividere. Lo show, nella sua imponenza e drammaticità, con i suoi acrobati e i suoi ballerini, è esattamente quello che deve essere per non deludere le aspettative del pubblico. Uno spettacolo progettato circa venti anni fa significa anche niente LEDwall, tecnologia che ha recentemente invaso i palchi e della quale, francamente, non sentiamo la mancanza; anzi: anche grazie a questo, Notre Dame rimane un grandissimo spettacolo teatrale.

Il nostro articolo sullo spettacolo del 2002 iniziava con un’intervista a David Zard; oggi inizia con l’intervista a Clemente, giovane di ventinove anni, caratterialmente piuttosto diverso dal padre ma con le idee molto chiare sul suo lavoro.

Clemente Zard - Produttore per Vivo Concerti

“Questo spettacolo è stato concepito con una certa grandeur, e come tale deve essere riproposto: poi può essere adattato ai teatri, ovviamente. L’imponenza coreografica, scenica, luminosa è fondamentale. Io con questo spettacolo ci sono nato, anche se oggi ho la possibilità di fare tanto altro, e lo stesso per molti miei collaboratori: Pippo era uno degli acrobati, oggi è capo divisione produzione di Vivo Concerti, per esempio; Pif, il direttore di produzione, è stato fonico di questo show… Insomma questo spettacolo ci ha fatto crescere, oltre al fatto che mi è stato lasciato da mio padre e quindi ci tengo particolarmente.

“Uno degli aspetti che abbiamo cercato di evolvere riguarda le tecnologie: all’inizio avevamo gli scanner come spot, oggi abbiamo i LED; avevamo un impianto audio point-source, oggi ci sono gli array d&b Serie J… Le prestazioni sono diverse, nel sound e nel lighting in vent’anni è cambiato tutto.”

Come funzionano i diritti di questo spettacolo?

Noi siamo produttori per tutto il territorio italiano e per la lingua italiana. Lo spettacolo è francese, c’è un produttore francese, noi siamo licenziatari fin dall’inizio. L’Italia è il paese con le migliori prestazioni: il rapporto col pubblico è strettissimo, i numeri che facciamo sono incredibili. Nell’arco dell’anno chiuderà sui trecentocinquanta-quattrocentomila biglietti, numeri che fa un artista da stadio.

Cosa sta succedendo nei grandi live? Tanti artisti giovani fanno gli stadi, alcuni vecchi fanno fatica.

Da spettatore, credo che certe difficoltà siano momentanee. Sugli artisti nuovi, bisogna dire che era da un po’ che non si vedevano prodotti con i contenuti e insieme i numeri; gli ultimi quattro anni sono stati molto prolifici: ci sarà un rallentamento, ma i nomi entrati negli ultimi sei-sette anni rimarranno. Il mio team si contraddistingue per una certa gioventù anagrafica: percepiamo la musica e lavoriamo magari in modo diverso.

Tornando allo spettacolo, abbiamo artisti storici del primo cast?

Alcuni sì, tornano con qualche anno di esperienza. È tornato anche Wayne Fox, colui che li mise in scena diciotto anni fa. Una cosa che mi fa piacere dire: siamo tutti cresciuti con questo spettacolo e quello che abbiamo imparato lo abbiamo portato nei concerti rock. E viceversa: i tre anni e mezzo di Vivo Concerti li abbiamo portati qui, migliorando anche questo show; l’organizzazione da “macchina da guerra” come deve essere quella di un tour di concerti l’abbiamo applicata qui; ma c’è un’attenzione ai dettagli quasi maniacale, da teatro, che può essere in parte riproposta nei concerti. Quando in certi spettacoli teatrali vedo approssimazione, automazioni nascoste male, grossi errori tecnici, penso che siano dovuti a un atteggiamento molto scorretto, a fronte del prezzo del biglietto. Io investo denaro reale, documentabile, per mantenere il livello sempre alto e curare sempre i dettagli: cambiare ogni lampadina rotta, trovare costumi sempre all’altezza, sempre nuovi e freschi, chiamare un artigiano al primo danno nella scenografia… vogliamo tenere al massimo il livello dei nostri spettacoli.

Credi che sia stato più facile fare questo lavoro per tuo padre, pioniere in una professione agli albori, o per te che hai un pregresso importante alle spalle?

Mah… io sono totalmente diverso da lui: mio padre era un artista, un frontman, mentre io preferisco evitare di parlare con quotidiani o riviste che non siano di addetti ai lavori come voi; l’artista deve parlare, non io. Lui era un avventuriero, perché ai tempi questo mestiere non era strutturato; ha fatto cose enormi perché si avvaleva di altri pazzi come lui: quando vennero i Rolling Stones a inizio anni Ottanta con la richiesta di un cherry picker – un tipo di gru con cestello – dovettero capire, senza internet, di cosa si stesse parlando; e traducendo “raccoglitore di ciliege”, pensarono di dover chiamare un contadino! Erano proprio altri tempi: non c’erano scaffolder e rigger, c’erano i “pontaroli” che tiravano su i ponteggi. Da lui ho imparato il rispetto per il lavoro, ma ho voluto costruire una squadra verticale in cui delle persone hanno piena fiducia e potere di agire. Ora siamo un’azienda che ha il rispetto degli altri addetti ai lavori.

Stiamo facendo cose sempre più importanti, forse con un approccio più giovane e innovativo, perché siamo tutti più giovani, noi, gli artisti e anche il pubblico.

Pierfrancesco “Pif” Gallenga - Direttore di produzione

“Partiamo dal dire che Notre-Dame è uno spettacolo unico nel suo genere: è un musical teatrale di grandi dimensioni. Spesso in Italia nei teatri non si riesce a entrare, quindi dobbiamo rivolgerci a strutture come i palazzetti: questo obbliga a una certa attenzione verso l’allestimento, perché si tratta comunque di teatro con tutte le sue caratteristiche, come oscuramenti, quadri di visuale, eccetera. Non si possono vendere tutti i posti laterali, per esempio: le persone devono avere una certa attenzione verso lo spettacolo. Bisogna ricreare un ambiente teatrale, con una cura particolare. Poi, il tour è lungo con tante date e, per fortuna, tante repliche.

“La produzione prevede otto bilici, tra scenografie, audio, luci, effetti. Le strutture fuori standard, customizzate, sono parecchie. Solo il muro è una struttura in ferro, con tamponature, alta otto metri e mezzo, da tirar su con quattro motori per ciascun pezzo. C’è un ground support, quasi sempre. In qualche soluzione avremo uno Space Roof, come a Verona, o il graticcio del teatro, come all’Arcimboldi. Il peso della struttura, a parte il muro, non è elevatissimo, ma si tratta di una settantina di punti motore più i motori a velocità variabile per l’effettistica”.

Il pubblico risponde bene?

Assolutamente sì, con qualche replica più efficace e altre meno: in genere abbiamo sempre tra i duemila e i quattromila posti a data. Il musical, nonostante i vent’anni, attira ancora molto.

Chi sono le aziende scelte per questa produzione?

La produzione di Vivo si è rivolta a BOTW per audio, luci e macchinisti. Stage Rent  ci segue con rig e strutture, quando riusciamo a portarle al seguito. Il regista della produzione originale è Gilles Maheu, le luci sono di Alain Lortie, mentre il datore luci in tour è Fabrizio Moggio.

Quanti siete in produzione?

Siamo in tre: io, Monica De Luca come tour manager e Beatrice Bertozzo come assistente di produzione. In questa prima fase di allestimento siamo affiancati dal capo reparto della produzione Pippo Lopez e dal capo reparto del tour managing Federica Bisignani. La crew in tutto conta circa sessanta persone.

Quali sono le principali difficoltà?

Gli spostamenti da una venue all’altra non sono facili: Il palco ha un boccascena di 22 m, vincolato e non modulabile. Lo stesso per la profondità di 18 m. È imponente, ci sono molti movimenti: tutto è studiato al millimetro, stralli compresi.

Quali effetti sono più rilevanti?

Il grande centro dell’attenzione sono le movimentazioni, come la putrella delle campane, le impiccagioni, eccetera. Poi gli acrobati sul muro: il ballo in aria è molto d’effetto.

Questo muro è realizzato sempre da BOTW e tutti i pezzi sono incastonati: gli elementi escono ed entrano e diventano un appiglio per gli acrobati, o posizioni per le candele, eccetera. All’interno ci sono anche i gargouille, simbolo della cattedrale e protagonisti in alcune scene. La gabbia in cui viene imprigionata Esmeralda, ad esempio, ha un’altezza di 8,5 m, perché deve essere scenicamente infinita, ovvero il pubblico non deve vederne la fine; dovendo apparire in scena solo al momento giusto, abbiamo dovuto in qualche modo nasconderla usando con un tiro apposito. Insomma una progettazione piuttosto complessa. Appositamente non c’è video.

Sono tutte strutture custom, costruite nel 2002 e modificate negli anni, in alcuni casi cercando di sostituire il ferro con l’alluminio.

I nostri tempi di montaggio sono intorno ai due giorni e mezzo, mentre smontiamo in una notte e una mattina.

Marco Chiodo - Resident director

“Io mi occupo di riallestire lo spettacolo nello stesso modo in tutte le piazze in cui andiamo. Quindi puntamenti luci, indicazioni ai cantanti, posizionamento dei ballerini… controllo che in ogni replica vada tutto bene, dall’aspetto artistico a quello tecnico.

“Ogni volta che cambiamo città ci adattiamo agli spazi disponibili, dai palazzetti ai teatri, alle piazze: siamo organizzati per ogni situazione. Troviamo difficoltà solo quando abbiamo tante date in una città e poi dobbiamo correre in un’altra: dobbiamo predisporre tutta una serie di cose da fare in anticipo per preparare in un solo giorno ciò che è necessario. Pensa all’allestimento scenografico da rivedere, o alle prove con gli artisti sul palco: noi abbiamo una vera e propria ‘prova spazi’ sul palco dove ci riadattiamo, con spazi più o meno stretti.

“I doppioni degli artisti, gli ‘swing’, sono gestiti invece con un calendario settimanale; che ovviamente può essere modificato dal malanno di un giorno per l’altro. Nel cuore dei camerini c’è poi un quadro con tutti i ruoli del Cuore in me: noi abbiamo cinque puntamenti luce e sei ballerini, così io a volte incarico a rotazione all’interno del cast chi farà questa parte, e la stessa cosa per il volo finale, ruolo che cambia a ogni replica. Essendo uno spettacolo fisicamente pesante, ballerini e cantanti hanno dei riposi, necessari per rendere sempre al massimo.”

Simone Mammucari - Fonico di sala

“L’impianto è abbastanza standard: un d&b J, composto da dodici teste e otto sub, più quattro front-fill. Siamo in una dimensione particolare, al limite tra il concerto e il teatro: i volumi non sono esagerati e il mio mix tende a essere cinematografico, da colonna sonora, varia molto da un pezzo all’altro.

“Noi e lo staff francese siamo i primi a usare finalmente il multitraccia: si tratta di stem non particolarmente aperti, si parla di grandi gruppi, ma la cosa ci permette di fare ritocchi e aggiustamenti in base alla venue. Gli attori cantano dal vivo, anche se ovviamente abbiamo dei backup delle voci per qualunque emergenza, dalla rottura del microfono a problemi sulle frequenze.

“Quando vi fu l’adattamento dal francese, io ero in studio e partecipai al lavoro con Riccardo Cocciante, con il quale ho collaborato parecchio anche per altri lavori. Seguo questa produzione dal vivo dal 2016, e avevo già lavorato con la stessa produzione per Romeo e Giulietta di Zard e Peparini. BOTW fornisce l’audio, in particolare ha acquistato il nuovo sistema Yamaha CL5 con le RIO.”

Quindi è tutto in digitale?

Tutto viaggia su Dante. Abbiamo due player, un master e un backup: il secondo computer è sempre sincronizzato e interviene in caso di problemi. Il software è Reaper, semplice e affidabile, mai avuto un problema: gestione ottimale per i 64 canali.

Il resto è piuttosto semplice. Le basi sono tutte su un’unica time-line, io devo seguire il mix vero e proprio senza dover lanciare le cue. Non ci sono outboard, è tutto interno, anche perché le console sono fornite con il pacchetto rack Yamaha, con le emulazioni di plug-in e tanto altro.

Loro usano degli archetti?

Tutti DPA; la qualità del suono è ottima. Il monitoraggio dei cantanti, oltre ai sei monitor di palco per i ballerini, è tutto in IEM.

Massimiliano Masciello - Direttore di scena

“Le movimentazioni sono divise in due settori, quelle manuali e quelle automatizzate legate ai motori. Sul palco siamo sette macchinisti più un direttore di scena. Comunichiamo tramite intercom, unico modo per poter parlare simultaneamente; tutti i movimenti avvengono in maniera concertata: io ho tutte le cue dei movimenti manuali, per cui su qualsiasi imprevisto abbiamo la garanzia di poter comunicare simultaneamente.

“Il time-code c’è ma riguarda luci e audio; ci sono alcuni motori delle automazioni che hanno il processo a monte, ma con un operatore e un addetto sul palco, un floater, che operano in maniera indipendente: l’operatore sta alla console, il floater controlla l’esecuzione dei movimenti. Sia i movimenti manuali sia quelli automatizzati vengono eseguiti solo con il via dato dalla persona: io mi occupo di quelli manuali, l’operatore alle automazioni degli automatizzati. Audio e luci sono su time-code, mentre noi lavoriamo in diretta: usiamo lo stage management all’anglosassone, che sarebbe showcalling, cioè in base alla musica i movimenti vengono eseguiti su mia chiamata; io a orecchio so quando farla e questo sistema permette maggiore tranquillità. Se un attore in scena non fa il movimento previsto, dalla regia non si muovono le cose che potrebbero ferirlo. Insomma… massima sicurezza.

 Da sx: Simone Cetto (Efx), Davide D’Angelo (resp. Efx), Carlo Perrone (Efx).

Davide D’angelo - Responsabile squadra automazioni

“La nostra squadra è composta da me, da Carlo Porrone e Simone Cetto. Ci occupiamo di automazioni e della sicurezza dei performer aerei.

“Abbiamo sei motori a velocità variabile, i Cyberhoist, e movimentiamo sia oggetti sospesi sia persone attaccate. In più seguiamo le discese degli acrobati, che stanno imbragati su fune. Questo è stato uno dei primi spettacoli in Italia con automazioni del genere, compresa la danza verticale.”

Quali sono i momenti più d’effetto?

Nel primo atto la scena più bella è quella della putrella: si tratta di un’americana scenografata, su cui un cantante si appoggia e dondola liberamente – e in sicurezza, ovviamente. Poi abbiamo un gancio giallo, sempre in stile “industrial”, su cui appendiamo un altro cantante. Nella parte iniziale caliamo anche un elemento scenico a forma di gargouille, su una colonna. Questo è il grosso del primo atto: tutto è memorizzato, sia distanze, sia posizioni, sia velocità. Il software è quello dei motori, poi ci aiutiamo con un software scritto da noi che lancia le cue sincronizzate con l’SMPTE, ma per sicurezza le cue non sono mai collegate direttamente al time-code. Abbiamo anche telecamere che permettono di vedere il palco nelle scene al buio, e ovviamente siamo sempre connessi via intercom. Per ogni movimento bisogna premere il pulsante del consenso, oppure si ferma tutto; similmente, c’è il pulsante d’emergenza per lo stop.

La scena più nota?

Sicuramente quella delle campane. Abbiamo campana grande, media e piccola con i performer che si appendono e poi salgono a cavalcioni: i motori sono gli stessi delle altre scene, ma le oscillazioni sono particolarmente delicate; a fine scena dobbiamo stare attenti che la campana non si incastri nei fari! Le campane scenografate in vetroresina hanno all’interno un telaio in acciaio; nella parte iniziale della performance c’è anche un anticaduta per gli acrobati. Un’altra scena interessante è quella dell’impiccagione: i motori alzano Esmeralda, mentre un cordone scenografato le viene messo intorno al collo; il trucco con cui è montato naturalmente non permette che ci siano rischi reali, ma il risultato è di grande effetto.

Un’altra sfida è data dal fatto che in Italia si lavora sempre con soffitti bassi: in una scena dovevamo appendere delle ragazze con dei cavetti di acciaio, lunghi 6 m per non vedere il gancio della catena; per nasconderli, abbiamo costruito degli sganci radiocomandati che un attimo prima dell’inizio della scena sganciano il cavo d’acciaio, che si srotola e permette di fare la scena, senza avere per tutto il concerto il cavetto a vista. È un effetto fatto in casa: lo sgancio è stato disegnato e stampato appositamente in 3D.

Fabrizio Moggio - Operatore luci

“A monte c’è il lavoro del regista e del lighting designer, perché è un format ben preciso. Alain Lortie è venuto a impostare il lavoro, lasciando poi a me il compito di sistemare diverse cose. Io lavoro completamente sincronizzato al time-code, ed è uno degli aspetti che ho dovuto curare di persona; con Alain abbiamo costruito proprio le ambientazioni, le luci per i soggetti, eccetera, poi io ho messo a tempo tutta la programmazione. L’SMPTE mi arriva dall’audio, dal player; poi ho alcune cose in manuale, come seguire i ballerini in Cuore in me e la chiusura sul salto finale, o alcuni play all’inizio e fine atto. A volte, se devono entrare oggetti di scena, mi conviene anche sganciarmi dal time-code e seguire tutto a mano, ad esempio se il macchinista è un po’ in ritardo.

“Abbiamo una trentina di Claypaky Alpha Profile 1200, come spot, con gobos personalizzati con la “rosa” di Notre-Dame o altro, mandati a terra o sul tulle, più che altro. Poi una trentina di Robe Robin LEDWash 600, diciotto Martin MAC 700 Wash, e altre luci come le stage bar intorno alle quinte, o i par LED sui muri.

Gianluca Bianchini - Capo macchinista

“Io mi occupo del montaggio e della movimentazione della scenografia. Durante lo show poi muovo una delle colonne. Siamo tutti in intercom; noi facciamo i movimenti manuali, mentre altre tre persone sono sugli effetti. Siamo su due canali intercom differenti, per evitare di sovrapporci inutilmente, ma possiamo comunicare in caso di problemi.

“Le accortezze più importanti sono la sicurezza dei ballerini e dei cantanti, tutto deve essere in sicurezza sul palco, dietro al palco, nel muro; facciamo molta attenzione a tutti i movimenti.” 


Produzione esecutiva


Produttore

Clemente Zard 

Supervisione Progetto

Andrea Ritrovato

Capo Divisione Produzione

Pippo Lopez

Coordinamento Artistico

Alessandra Piazzolla

Responsabile Comunicazione e Marketing

Martina Pirli

Coordinamento Marketing

Alessandra de Sena Plunkett

Coordinamento Radio & TV

Arianna D’Aloja

Coordinamento di Compagnia

Federica Bisignani


Nadira Lisi

Coordinamento Booking

Massimo Fregnani

Direttore di Produzione

Pier Francesco Gallenga

Direttore Tecnico

Renato D’Angelo

Resident Director

Marco Chiodo

Tour Manager

Monica De Luca

Assistente di Produzione

Beatrice Bertozzo

Coordinamento Biglietteria

Giulia Ciulla

Biglietteria

Giacomo Grossi

Social Media Manager

Roberto Marchesini

Direttore di scena

Max Masciello

Fonico di palco e P.A. Manager

Alberto Alicandro

Fonico di sala

Simone “Samo” Mammucari

Microfonista

Simone Massarut

Capo Macchinista

Gianluca Bianchini

Macchinisti

Mauro Bonucci


Matteo Cicogna


Daniele Pagano


Pierluigi Cassano


Simone Lonardo


Emanuele Mereu


Alessandro Ciardella

Logistica

Fabio D’Antoni


Ivano Del Monaco

Operatore luci

Fabrizio Moggio

Tecnici luci

Corrado Vella


Danielino Cervone


Daniele Ercolani


Gabriele Mantovani


Igor Pignatti

Effetti speciali

Davide D’Angelo


Carlo Porrone


Simone Cetto

Head Rigger

Giamaico Di Paolo

Rigger

Marco Santucci


Marco La Morticella


Gianluca Renzetti

Sartoria

Simona Quondamstefano


Franca Della Volpe

Truccatrice

Daisy Calleja

Parrucchiere

Simone Lucioli

Security Manager

Gennaro Vitrone

Scenotecnica e service audio/luci

BOTW srl


Giancarlo Campora

Palchi e strutture

Stage Rent


Giamaico Di Paolo

Palchi e strutture

Italstage


Pasquale Aumenta

Gruppi elettrogeni

Romana Gruppi Elettrogeni


Daniele Danieli

Trasporti

RedTyre Snc


Gianni Visconti


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