Mezzogiorno di Suono - Parte VIII
Gli EcoMostri: siti che, ostili ed impervi alla propagazione del suono in essi prodotto o riprodotto, generano echi fastidiosi.
Parliamo di EcoMostri, è vero, ma non delle costruzioni che deturpano tanti angoli del nostro Paese, bensì dei siti che, ostili ed impervi alla propagazione del suono in essi prodotto o riprodotto, generano per l’appunto echi fastidiosi.
Nel corso della propria vita ciascuno di noi ha elaborato una propria filosofia di esistenza e di lavoro, talvolta espressa con motti ed aforismi. Pure chi scrive non è sfuggito alla regola. Una di queste sententiæ vitæ recita: “Chiunque può acquistare un amplificatore di segnale, un altoparlante, un microfono o una qualsiasi sorgente acustica, collegarli ed ottenere un suono. Ma solo un buon professionista riesce ad ottenere un buon suono comunque e dovunque”.
Già, un buon professionista. Confessiamolo: dovendo progettare ed installare un sistema per la riproduzione del suono, quante volte ci è capitato di prendere la nostra decisione di cosa scrivere nel preventivo dopo una frettolosa occhiata all’ambiente destinato ad ospitare l’impianto e un rapido ascolto dei desiderata del committente? Per poi, acceso l’impianto, trovarci di fronte a qualche sgradita sorpresa di natura acustica. Ci fidiamo della nostra esperienza, dei tanti sistemi installati con successo in luoghi apparentemente simili; confidiamo nel fatto, al quale in fondo crediamo un po’ anche noi, che per il cliente la qualità dei componenti acquistati determini la qualità del sistema. Però non è interamente vero. Un altro mio aforisma dice: “Il buon progettista riesce ad ottenere un buon suono anche con componenti mediocri; il cattivo progettista ottiene cattivi risultati anche con componenti eccellenti”. Troppo spesso mi sono trovato ad ascoltare sistemi dotati di buone apparecchiature perfettamente abbinate, cablate e tarate… ma mal suonanti. Bisogna imparare ad ascoltare e vedere. Un suggerimento: prima di prendere la decisione di cosa installare in un ambiente nel quale avete l’incarico di portare il suono, prendetevi dieci minuti di tempo, possibilmente lontani da committente, collaboratori e telefono. Sedetevi e, con calma, esaminate il sito. Ascoltatelo e lasciate che vi “parli”. Vi accorgerete allora di quell’ampia superficie, apparentemente innocua, che invece può creare un’eco. Di quella parete lievemente curva che focalizza il suono; vi accorgete di quei soffitti a volta che, ben utilizzati, possono renderlo più uniforme. Vi farete la fama di “Maestri del suono”, unica barriera, con i tempi che corrono, alla corsa al ribasso che porta inesorabilmente all’estinzione dell’attività. Meglio pochi lavori ma buoni.
Quali sono, dunque, questi EcoMostri che possono renderci la vita così difficile? Il mostro che incontriamo spessissimo è l’ambiente con pareti relativamente vicine, parallele e riflettenti. La prima creatura di tal fatta con la quale venni alle mani fu, tanti anni fa, il teatro di un noto centro convegni della Valle d’Aosta. Cercai di progettare l’impianto sonoro al meglio, utilizzando un CAD acustico – per l’epoca una sconosciuta rarità – ed ero assolutamente certo del buon risultato, favorito dalla sala che sembrava ben progettata acusticamente. Però non ‘ascoltai’ l’ambiente. Installati i diffusori, procedetti al ‘commissioning’. Per la taratura utilizzai dischi di parlato e musica classica. Apparentemente tutto bene. Poi, inserii nel lettore CD (il primo portatile della storia, il Discman Sony) un disco di batteria. Bill Cobham, ricordo bene. E il primo colpo di grancassa fu accompagnato da una scarica di mitragliatrice. Rimasi impietrito. Questa volta ascoltai, e con grande attenzione. A metà sala c’erano due porte d’accesso, una di fronte all’altra, di legno non rivestito. Due delle poche superficie non ricoperte con qualche materiale assorbente. Le porte avevano dimensioni insignificanti rispetto a quella dell’intera sala, e si trovavano ben lontane dai diffusori, collocati appena davanti al proscenio. Tuttavia, erano più che sufficienti a provocare un’eco mostruosa, ben evidente con suoni di natura impulsiva. Bastò aprire una delle due porte perché l’eco sparisse per intero.
Questo tipo di disturbo acustico ha il nome di “eco fluttuante” o “eco ribattuto”, ed è provocato dal suono che viaggia molte volte avanti indietro fra due superficie riflettenti (Figura 1).
Il risultato è appunto simile a quello di una scarica di mitragliatrice il cui volume si alza e si abbassa e della durata a volte di qualche decimo di secondo, a volte ancor più. Il rimedio è semplice: la copertura delle superficie interessate con elementi fonoassorbenti. Piuttosto che una ricopertura totale, soluzione non consigliabile per altri versi, è bene alternare gli elementi riflettenti con quelli assorbenti, in modo che alla parte riflettente di una parete corrisponda quella assorbente della dirimpettaia e viceversa. In tal modo si elimina l’eco fluttuante senza eliminare completamente le riflessioni laterali del suono, importanti per la buona acustica della sala. Dal punto di vista elettroacustico bisogna però rispettare uno dei canoni fondamentali per il progettista: installare diffusori acustici che, per quanto possibile, coprano esattamente l’area di ascolto e lascino in ombra tutte le altre superficie. Come affermava Dante Giacosa, creatore dell’arcinota Fiat 500 prima serie, “… quello che non c’è non si può rompere”. Un concetto minimalista assai sbrigativo, certo, ma vero. Gli echi non possono infastidire se non andiamo a provocarli. Naturalmente c’è sempre qualcuno che è in grado di mettere insieme molte cose senza che si rompano e, anzi, rafforzino l’insieme. Noi, però, abbiamo intenti più modesti e iniziamo dal meno. Una volta diventati bravissimi avremo modo di scrivere i manuali piuttosto che leggerli.
Un’altra “bestia nera” dei progettisti è la volta a cupola. Le cupole e le volte curve sono frequentissime negli edifici del Bel Paese e fuori di esso. I guai che possono causare non sono quindi remoti, ma presenti in modo concreto nell’immaginario del popolo del suono. Nel seguire il progetto del sistema di rinforzo sonoro all’interno della Basilica di San Pietro, inaugurato la Notte Santa del 1999, giusto in tempo per il Giubileo dell’anno 2000, la maggior preoccupazione dei Servici Tecnici della Radio Vaticana era la grande cupola, che tanti guai causava con l’impianto esistente, installato nei lontani anni ’60. Diedi la mia assicurazione che la cupola non avrebbe più costituito un problema. E così fu. Questa volta avevo “ascoltato” l’ambiente. La cupola (per cupola intendo una qualsiasi volta curva) tende a focalizzare il suono di una sorgente posta all’interno di essa in uno spot più o meno ampio, simmetrico rispetto al centro (Figura 2).
Questa concentrazione di energia è disturbante, soprattutto perché causa altre riflessioni verso la cupola, e conseguentemente altri “spot”, ciascuno ritardato nel tempo e percepito come una forte eco. D’altra parte, è possibile utilizzare la geometria dei una cupola a nostro vantaggio. Nel corso di un viaggio che feci alla scoperta dei forti della linea Maginot, ricchi di gallerie con la volta a botte, non mi era facile seguire le spiegazioni della guida quando il gruppo di visitatori era numeroso. Sempre ultimo, per avere migliore agio nello scattare fotografie, a volte ero troppo lontano per percepire le parole. Bastava però che mi disponessi nel punto di “spot” rispetto alla guida per poterla udire, chiarissima, anche a 10 o 15 metri di distanza e nascosta dal gruppo. Curiosamente, il suono sembrava vicinissimo: stavo sperimentando un EcoMostro, una “Whispering Gallery” (galleria dei sospiri).
Chi ha seguito alcuni dei miei corsi di Acustica Applicata conosce bene un altro EcoMostro, il parcheggio di Villa Borghese a Roma. La volta di un piano del parcheggio è costituita da una successione di cupole abbastanza profonde, progettate per “intrappolare” il suono prodotto dai veicoli e ridurre l’impatto acustico. La prima impressione che ne ricetti, appena arrivato a Roma, fu però diversa. Dopo aver parcheggiata la mia auto, mi stavo dirigendo verso l’uscita quando udii qualcuno che mormorava delle parole al mio orecchio. Spaventato, mi voltai di scatto. Non c’era nessuno. Tranne due persone che parlavano tra loro, dalla parte opposta del grande spazio, a decine di metri di distanza. Avevo fatto conoscenza con un’altra “Whispering Gallery”. Da quel momento, decisi di utilizzare il parcheggio come scuola di acustica, per far toccare con orecchio i fenomeni descritti in queste pagine e altri ancora. Ne riparleremo fra poco.
Il segreto per domare una cupola è collocare i trasduttori al di sotto del suo raggio. A titolo di esempio, in un edificio con una semicupola di 10 metri di raggio, sorretta da pareti alte 14 metri, i diffusori devono essere collocati ad una altezza massima di 2‑3 metri. Non di più. Così facendo, la cupola diffonderà il suono piuttosto che focalizzarlo, garantendone la distribuzione ottimale. Se questa collocazione dei diffusori non è possibile, bisogna rimediare utilizzando elementi ad altissima direttività, comunque sempre consigliabili, come le colonne di suono alte almeno due metri – in modo da contenere la porzione di energia irradiata verso la cupola – anche se l’uso di queste colonne non parrebbe giustificato dalle caratteristiche generali dell’ambiente (vedi le puntate precedenti di Mezzogiorno di Suono). Altro artificio che può aiutare è la collocazione dei diffusori in modo che i punti di “spot” non corrispondano alle aree di ascolto e, possibilmente, siano attrezzati con elementi fonoassorbenti.
Si vedono sovente impianti con i diffusori rivolti verso un soffitto curvo, nella convinzione di produrre così il campo sonoro diffuso desiderabile per la di musica di sottofondo. In realtà, il risultato viene raggiunto solo quando i diffusori sono collocati seguendo la regola descritta in precedenza, con la sola variante di voltare i diffusori verso il soffitto. Nella maggior parte degli altri casi, il risultato è invece contrario a quello desiderato e crea dei punti di concentrazione del suono.
Abbiamo parlato prima di Whispering Galleries, siti la cui geometria – in genere pareti cilindriche – consente la propagazione del suono a decine di metri di distanza, dando l’impressione che la sorgente sia così vicina al nostro orecchio da giustificare il nome di galleria dei sospiri. L’effetto è il risultato di molteplici riflessioni del suono lungo la parete curva e riflettente. Un’impressionante Whispering Gallery all’aperto, poco conosciuta in Occidente, è il muro curvo di recinzione del Tempio della Pace Celeste a Pechino, ora Beijing (Figura 3).
Le pareti cilindriche producono risultati molto simili a quelli delle cupole, sebbene limitati ad uno spazio bidimensionale: il punto di ‘spot’ si trova allo stesso livello della sorgente che lo genera. Per tale ragione le sale a pianta cilindrica sono sempre molto difficili da sonorizzare. Questa conclusione potrebbe sorprendere, ove si consideri che negli antichi teatri greci, sostanzialmente ambienti all’aperto contornati da pareti semicilindriche di raggio ed altezza diverse (le sedute), l’acustica è ottima. In realtà, è ottima solo per gli spettatori. Gli attori, invece, sono sottoposti all’effetto mitragliatrice già descritto nel caso dell’eco fluttuante, come chiunque si constatare visitando uno di questi teatri, possibilmente non troppo in rovina. Infatti, il suono proveniente dal proscenio al centro del teatro tende a tornare al proscenio, riflesso dalle gradinate, e in tempi diversi, a meno che le sedute siano interamente occupate e rese assorbenti dagli spettatori. Agli attori quindi conveniva recitare sempre con impegno ed attirare molto pubblico…
La soluzione acustica di forza bruta prevede un pesante trattamento con materiali fonoassorbenti; quella più elegante ma assai costosa con elementi diffondenti, tipicamente diffusori a residui quadratici. Nei siti non trattati, gli unici diffusori che possono essere installati con successo sono, ancora una volta, le colonne sonore di lunghezza elevata, collocate in modo da generare “spot” in aree non d’ascolto. È imperativo orientare con cura i diffusori nel piano verticale, in modo che l’asse dell’onda cilindrica da essi emessa non investa la porzione di parete di fronte ad esso, generando “spot” parassiti. Il fascio (principale) di energia del diffusore deve assolutamente ricadere per intero entro l’area di ascolto.
Come ho già detto, le sale circolari consentono interessanti effetti acustici di “whispering”, che però vedo sfruttati ben raramente. Ad esempio, disponendo opportunamente le sorgenti è possibile creare un’area toroidale sonorizzata con un suono “sussurrante”, certo assai suggestivo, vicino alla parete, lasciando in ombra il resto dell’ambiente. Per ottenere questo risultato (Figura 4) occorre che i diffusori siano relativamente pochi, disposti perpendicolari alla parete, con un’eccellente reiezione della radiazione posteriore (i diffusori per i bassi devono essere di tipo cardioide), dispersione orizzontale controllata e costante, alimentati con un segnale progressivamente ritardato.
Occorre anche creare un punto di discontinuità, per evitare il brusco passaggio dal punto con ritardo massimo al punto con ritardo zero.
Queste brevi note sugli EcoMostri non esauriscono certo l’argomento ma spero che contribuiscano a delinearne i contorni. A chi desidera un approfondimento, suggerisco di incominciare con i classici:
Cremer e Muller – Principles and Applications of Room Acoustics (il primo volume. Il secondo è molto più teorico, con parecchia matematica)
Kuttruff – Room Acoustics
Per una visione più umanistica dell’acustica degli spazi:
Blesser e Salter – Spaces Speak, Are You Listening?
Reperibili (il primo, fuori stampa, con difficoltà) su Amazon ma, ahimé, in Inglese e i primi due sciaguratamente costosi.