Mc Lore

C’era una volta il flight-case

di Alfio Morelli

 

azienda

Sicuramente è un titolo un po’ provocatorio, ma nemmeno troppo. Siamo stati a trovare Giulio Maccarana, titolare della ditta Mc Lore che da sempre costruisce flight-case, con il quale abbiamo percorso la storia e l’evoluzione del contenitore per il trasporto di materiale pregiato.

giulio

Giulio inizia il suo racconto: “Ho iniziato questa attività nel 1980 con alcuni prodotti per musicisti e piccoli service locali; all’epoca eravamo in pochi a costruire flight-case: io, Roger a Roma e pochissimi altri. Oltre ai contenitori costruivo anche cablaggi e servizi vari, ma anche un mio piccolo vezzo, un marchio audio che ancora oggi continuo a costruire: MAD. Si tratta di piccoli diffusori e di sistemi audio progettati e costruiti da me, per clienti che non hanno grosse esigenze: non voglio sicuramente confrontarmi con i marchi blasonati internazionali. Tornando al mio lavoro principale, con il trascorrere degli anni anche il mercato dei flight-case è cambiato. Negli anni ‘90 hanno cominciato ad affacciarsi i team di F1 e poi quelli della Moto GP. Questo mercato, oltre ad avere l’esigenza di materiale molto affidabile, aveva anche il problema del peso; infatti, spostandosi continuamente con gli aerei, ogni chilo trasportato significava un costo maggiore. Così, dietro queste richieste, siamo arrivati a sviluppare e utilizzare materiale diverso dal classico legno multistrato. Attorno alla metà degli anni Novanta abbiamo iniziato i primi esperimenti con il Kevlar e il Carbonio, materiale che, dopo un breve periodo di test, è stato utilizzato da tutti i team con grande soddisfazione, una collaborazione che dura anche oggi con i team Ferrari, Yamaha, Suzuki e altri. Sempre nel mondo delle corse, che per motivi professionali è costretto a girare il mondo, ci siamo trovati di fronte a innumerevoli regole, diverse e a volte quanto mai disparate: abbiamo dovuto costruire prodotti conformi alle certificazioni internazionali IATA e ATA. Infatti tutti i materiali che vengono trasportati via aerea, via nave e via terra devono essere certificati per il trattamento anti-parassitario (ATA Fungus Test), per evitare di trasportare parassiti da un continente all’altro, con il rischi di causare delle epidemie. I profili di alluminio e gli accessori (chiusure, angoli, rivetti, ecc.) non devono essere trattati con il Cromo 6, le colle, devono essere certificate come non inquinanti, oltre a prevedere regole per l’inquinamento e lo smaltimento. La normativa ATA 300 dà anche indicazioni costruttive, come il carico di rottura dei pannelli calcolato secondo la procedura indicata dalla normativa, il rapporto peso/volume, la resistenza al fuoco per il trasporto aereo e la resistenza alle nebbie saline per il trasporto marittimo. Inoltre, la classificazione dei case deve essere espressa con una targhetta applicata esternamente dal costruttore.

“Tutte queste normative ci hanno costretto a lavorare in una determinata maniera, creando prodotti di altissima qualità, ma hanno portato anche ad un’inevitabile lievitazione di prezzi, fattore che molti clienti capiscono ed accettano, ma che induce qualcuno a rivolgersi ad altri costruttori”.

Mi dicevi che eri molto contrariato dalla concorrenza dei produttori asiatici?

Sono contrariato perché loro possono produrre fuori dalle regole mentre noi no, e con queste regole noi sicuramente usciamo perdenti dal confronto. Si sta evidenziando sempre di più la diversità dei due mercati: da una parte coloro che hanno un lavoro locale, ad esempio musicisti e piccoli service, dall’altra le strutture che operano anche all’estero e in mercati internazionali. Un service che affronta una tournée internazionale, come una squadra di corse, non può rischiare che all’arrivo in un aeroporto il materiale venga messo in quarantena perché non munito delle certificazioni opportune, tanto meno un costruttore che esporta apparecchi, come le teste mobili, in flightcase. Non si possono permettere certi imprevisti, quindi realtà del genere stanno attenti a ciò che comprano. Mentre il musicista che suona localmente e il service che lavora in ambito regionale non hanno queste esigenze, quindi preferiscono il prodotto economico anche se non certificato.

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Quindi, per voi costruttori, diventa sempre più pressante la concorrenza dei paesi asiatici?

Come successo in altri settori, anche noi dobbiamo abbandonare il mercato del prezzo più basso, concentrandoci sempre di più su prodotti, soluzioni e mercati che richiedono qualità e sono in grado di pagarla. Per esempio stiamo svolgendo un ottimo lavoro nel mercato dei computer e quello dei medicali e non ultimo in quello delle costruzioni, in cui molte aziende hanno bisogno di trasportare materiale molto pregiato e delicato. Ultimamente costruiamo dei contenitori per un’industria che ha distribuito le fasi di montaggio del proprio prodotto in diverse parti del mondo, e per questo scopo abbiamo studiato e realizzato un contenitore per trasportare l’oggetto nelle varie fabbriche, offrendo addirittura la possibilità di aggiungere le altre parti senza dover estrarre il prodotto dal flight-case! Siamo sempre alla ricerca di nuovi materiali e nuove soluzioni: già da qualche tempo usiamo profili arrotondati e non più a angolo retto, cosi pure gli spigoli R20 che non sporgono e non fanno spessore tra un flight case e l’altro. Questi profili sono fatti in Radilon, la stessa composizione con cui vengono costruiti i paraurti delle vetture. Dal 2010 stiamo anche sperimentando e utilizzando nuovi materiali in composito in lamina di vetroresina su nido d’ape a cella di alluminio 6,5 mm. Usando questo materiale, riusciamo ad avere un abbattimento del peso finale del flight-case del ‑50% rispetto alla realizzazione in multistrato marino, a parità di dimensione ed accessori meccanici montati. Tale prodotto può essere rifinito sulla parte esterna con lamine di plastica di vari colori e grafiche, con un costo più accessibile rispetto alla stessa tipologia di pannello realizzato con lamina di carbonio a parità di peso/m2. L’obbiettivo finale è quello di sostituire la produzione “base” in legno multistrato marino con questo nuovo pannello in vetroresina per risparmiare in peso (tara) e quindi in costo di trasporto, col massimo allineamento alla normativa internazionale relativa agli imballaggi (fumigazione, conformità ATA, ROHS ecc...) aumentando così le caratteristiche meccaniche del flight-case finito rispetto alle realizzazioni classiche in multistrato.

Dopo questa chiacchierata sui prodotti, puoi parlarmi della nuova sede?

Ci siamo trasferiti da qualche anno nella nuova sede che offre una superficie coperta di 1.700 m2, e inoltre manteniamo ancora il vecchio capannone di circa 600 m2 che ci serve come magazzino per le materie prime ed il prodotto finito. All’interno dell’azienda abbiamo una decina di persone che lavorano giornalmente, più alcune aziende esterne per certe lavorazioni o in serie o specifiche. In questo ultimo periodo abbiamo investito molto in tecnologia e macchinari per la lavorazione di materiali: abbiamo due macchine a controllo numerico gestite da personale specializzato che lavorano continuamente su progetti specifici.

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Per concludere: il sogno nel cassetto?

Non ho grandi sogni nel cassetto, tutto sommato non mi posso lamentare dei miei risultati professionali e della posizione che ho raggiunto. Mi piacerebbe però che tutti gli sforzi che facciamo giorno dopo giorno per migliorare questo prodotto venissero riconosciuti anche a livello intellettivo. Non vogliamo essere paragonati agli ingegneri che lavorano sui microprocessori o sulle nano tecnologie, ma anche noi, che lavoriamo tutti i giorni materiali considerati “poveri”, mettiamo nel nostro lavoro molta passione e molto amore, ed ogni piccola miglioria è per noi un grosso passo in avanti.