Ian Anderson festeggia il Natale a Bologna
A San Salvatore la serata benefica organizzata dal Fai con lo storico leader dei Jethro Tull.
di Douglas Cole e Alfio Morelli
Ian Anderson torna in Italia, e ancora una volta per un’occasione benefica: le due esclusive date pre-natalizie hanno soltanto anticipato il tour primaverile, ma hanno permesso al Fondo Ambiente Italiano di raccogliere fondi per i restauri delle stesse location del concerto.
Il 12 dicembre a Bologna, presso la chiesa di San Salvatore, e il 13 a Reggio Emilia, presso la Basilica della Ghiara, il famoso “elfo” del rock anni Settanta e la sua formazione hanno proposto una scaletta di pezzi natalizi e, naturalmente, dei Jethro Tull.
Attratti dalla location suggestiva, siamo andati a Bologna a presenziare l’evento e a chiacchierare con i tecnici coinvolti. Abbiamo trovato, tra l’altro, per la prima volta utilizzato come impianto audio principale la recente L-Acoustics Syva, fornito da Mordente Music Service.
Giuseppe Pellicciari – Mordente Music Service
“Tempo fa – racconta Giuseppe – avevo già lavorato con Ian Anderson insieme all’orchestra sinfonica, presso i palazzi di Parma e di Cesena. Gli organizzatori di allora sono gli stessi di questo evento, che prevede due giornate di beneficenza a Reggio Emilia e a Bologna. Oggi è previsto Ian Anderson con una serie di ospiti che ancora non conosco; lui sta portando avanti questo tour europeo da anni: nelle cattedrali ogni Natale fa un programma particolare, sempre sostenuto dalla sua formazione. L’organizzatore è il FAI: in occasione dell’anniversario della costruzione della basilica, il ricavato al netto delle spese andrà tutto come contributo per i restauri della chiesa.
“Quando mi hanno chiamato, tra le varie possibilità avevo pensato a L-Acoustic KIVA: un sistema appoggiato, perfetto per la chiesa dove non si possono mettere tralicci; poi, altra possibilità nelle simulazioni, ARCS Wide come front e delay per le navate. Alla fine mi è capitata questa possibilità di usare il Syva, l’ho proposto al fonico e subito l’abbiamo scelto per l’allestimento”.
Loro in quanti suonano?
Un tastierista, un bassista, un chitarrista, un batterista, e ovviamente Ian con i suoi vari strumenti, dal flauto a varie chitarre. Non è un concerto rock, ovviamente, e comunque l’impianto dal punto di vista della pressione sonora ne può fare molta di più di quella che usiamo qui. La simulazione di impatto acustico l’ho fatta con Soundvision, esattamente con i diffusori che vedi montati: il perito che poi ha fatto la relazione definitiva per l’intendenza, ha messo in risalto il fatto che la copertura è su tutta la navata e la sporcatura delle pareti è molto controllata. Sembra l’impianto ideale per queste situazioni: la Sisme mi ha fornito altre due Syva oltre alle due che ho comprato; io sono cliente L-Acoustics e sono stato incuriosito da queste “colonne” sonore.
Tu che genere di lavori fai?
Soprattutto tour teatrali con musicisti, musical, eccetera. Anche per questo apprezzo molto l’impatto visivo di questo sistema, unito alla resa. L’assemblaggio poi è comodissimo, e serve meno di un furgone. Una cosa che mi lascia perplesso è che non hanno messo una maniglia: si vede che l’hanno pensato per delle collocazioni particolari. Per il live hanno tutta un’altra gamma.
Cosa avete fornito per la regia?
Abbiamo due Midas M32, uno standard. Li hanno chiesti loro, tra l’altro, sono arrivati con la loro chiavetta, e quindi è stato molto facile. Uno è qui, e uno sul palco: per il monitoraggio tutti usano gli in-ear, alcuni a filo e alcuni radio. Ci sono comunque due monitor fisici, due DX12, ma il palco è molto silenzioso. Loro hanno fatto la richiesta di uno splitter passivo analogico, come si faceva una volta, per avere dei guadagni indipendenti.
Giovanni Marzi – Lighting designer
“Io impersono tutta la crew lighting – ci dice Giovanni – una one-man band! Dalla produzione estera non sono arrivate indicazioni, solo una scheda di tour rider tecnico, per la fornitura elettrica necessaria nelle due chiese. Abbiamo composto un setup luci che permettesse di illuminare le chiese e il palco, ma con assorbimento limitato. Qui a Bologna abbiamo iniziato a lavorare solo dalle due di pomeriggio, dato che c’erano le funzioni religiose. Il setup è stato pensato anche considerando queste situazioni”.
“La richiesta è stata semplicemente quella di illuminare la band e le architetture, secondo il mio puro piacere e gusto, senza indicazioni. Avevo già fatto questo spettacolo quattro o cinque anni fa: la configurazione era identica, per le luci non cambia nulla. Invece, per la tecnologia delle luci è cambiato molto in questi pochi anni, e qui adesso sto usando molti bei fari a batteria disseminati ovunque. Questi sono tutti in RGBW e controllati in wireless: ognuno di questi faretti può diventare un ripetitore, e puoi mandare al primo il segnale DMX e quello inizia a trasmettere agli altri. Lo fanno tutte in automatico – comodo anche se a volte può essere controproducente. Lo scanning vede le frequenze più libere in automatico, sempre in automatico aggancia la frequenza più forte, e non ci sono particolari conflitti. Questi fari sono della Both Lighting di Guangzhou, che noi della Octavius Corporation da Santarcangelo siamo andati a prendere direttamente da loro. Oltre ai dodici fari a batteria, ho connesso in DMX soltanto le sedici teste mobili Robe LEDWash 300, otto appesi e gli altri in giro per terra”.
Mike Downs – Fonico di sala
“Lavoro con Ian Anderson – ci dice Mike – da 25 anni. Questo tipo di data è un po’ anomalo: con i Jethro Tull giriamo sempre con una produzione intera o, al minimo, una mezza produzione. Invece, per queste date una tantum o toccata e fuga si prende tutto, compreso backline, sul posto. La composizione del gruppo è Ian più altri quattro musicisti. Il programma musicale è una combinazione di musica sua, musica natalizia, e varie altre cose divertenti. Poi ci sono degli ospiti che parlano e un coro. Ovviamente, quando la data è a scopo di beneficenza, meno spese ci sono su materiale e produzione, più si riesce a contribuire alla causa. Perciò, praticamente giriamo ognuno con un Pelican Case da 20 kg con moduli, processori, sistema radiomicrofonico, più strumenti a corde. Io porto dietro qualche microfono: uso sempre i miei per i tom e per la cassa. Per il resto usiamo dei Shure Beta57 e Beta58, che ogni service nel mondo può fornire. Ian usa un KSM8 per la voce, e poi ha il suo personale Shure WL-51 per il flauto.
“Per quanto riguarda i tecnici e il service – continua Mike – è la prima volta che lavoro con questi ragazzi in Italia e sono stati veramente bravi… particolarmente considerando lo stress dei tempi stretti che abbiamo avuto”.
Questo è il solito tipo di venue per questi eventi?
Assolutamente no! Generalmente siamo nei teatri, se suonano bene, o nelle sale concerti. Abbiamo suonato nelle chiese in Italia qualche anno fa, ma questa di gran lungo è la sfida più grande che ho mai affrontato. Non penso di aver provato a sonorizzare qualcosa in una chiesa con caratteristiche acustiche come questa: i tempi di riverbero qui si misurano con il calendario. Siamo molto contenti di essere qui, ma è veramente una sfida. Suoniamo nelle cattedrali in Gran Bretagna, ma sono più facili di questa… hanno delle navate centrali più larghe e il riverbero non torna così velocemente, i pavimenti sono più ruvidi, i soffiti non sono così voluminosi e le caratteristiche architetturali non sono tutte così regolari e lisce.
Quando sono entrato qui ho battuto subito le mani, ed era ancora udibile dopo dieci secondi… mi sono detto “oggi sarà difficile”. Anche nella cattedrale di Canturbury c’è un riverbero massiccio e lungo, ma è di una qualità distante e profondo. Qui, invece, il riverbero ha uno spettro molto più alto e rimane molto più presente.
In una sala come questa, se qualche frequenza è minimamente troppo alta, gira nella sala per 5 o 6 secondi; e qui sembra che ogni strumento abbia qualche frequenza che rimbalza molto. Quando è così, il lavoro del fonico non è più il semplice mixaggio, ma stare dietro alle frequenze. È molto frustrante! Spero che, quando si riempirà la navata centrale, il pubblico assorbirà un po’: il vero soundcheck sarà il primo brano. Combattero sicuramente con il riverbero per i primi pezzi, ma spero di trovare un equilibrio velocemente.
C’è qualche sorgente amplificata sul palco, o solo sorgenti acustiche?
C’è un singolo wedge – niente sidefill –, ma aggiungi un 2x12” per la chitarra, una cassa con 15” più tromba delle tastiere, e una batteria acustica. Hanno degli IEM, ma Ian è abituato a lavorare con almeno un po’ di suono sul palco. I musicisti sono di altissimo livello, e senza doverlo chiedere tengono il volume molto contenuto. Meno male, anche perché il backline da solo potrebbe subissare questa sala.
Il fonico dei monitor della band è il bravissimo Emanuele “Manny” Giovagnoli, italiano trapiantato in Inghilterra che lavora con noi da diversi anni.
Hai richiesto tu la piccola Midas per la regia?
La proposta iniziale del service era una console DiGiCo che, in realtà, generalmente preferisco. Ho impostazioni di base già create per DiGiCo, M32 e Pro6, Yamaha CL5, e Yamaha Rivage. Inizialmente, però, pensavamo che non ci sarebbe stato molto spazio per una regia, e abbiamo cercato di semplificare chiedendo la Midas M32: più posti a sedere si possono avere, più soldi si riescono a raccogliere, dato che ogni centesimo, mi dicono, è destinato in beneficienza. Invece, è risultato che lo spazio non era così critico e che avremmo potuto usare DiGiCo. Comunque, uso solo 26/27 canali e M32 fa il suo lavoro.
Abbiamo la stagebox Midas DL32 come splitter, così che tra la console FoH, la console monitor e lo stagebox servono solo un paio di Cat5, main e spare.
Per questo tipo di data mi adeguo a usare tutto all’interno della console… infatti, quasi tutti le console di oggi – a parte forse Avid, che appositamente si basa proprio sull’utilizzo di plug-in – hanno internamente sufficienti processori di dinamica ed effetti per fare cose molto più complesse di quanto necessario qui.
Avevi specificato questo impianto, o è stato proposto dal service?
Conoscendo in anticipo il tipo di sala, sapevo che avrei dovuto usare un sistema molto distribuito, con nessuno nel pubblico più distante di 15 m da una cassa, contando che il suono diretto deve essere sostanzialmente più alto del riverbero… nel soundcheck, però, non era ancora proprio il caso.
Quando ho passato la richiesta di avere un sistema con diverse linee di delay, la proposta originale era un sistema distribuito con le ARCS Wide e alcuni altri diffusori L-Acoustics più piccoli. Nella mia opinione, L-Acoustics costruisce tra i migliori diffusori compatti disponibili: ero già contento semplicemente sapendo chi era il fornitore.
Poi mi ha ricontattato il service, proponendo l’uso di questo nuovo sistema, Syva. Ho cercato le caratteristiche, e risulta essere un “sistemino” molto potente e in grado di produrre un grande volume – cosa che assolutamente non faremo qui dentro!
Abbiamo davanti al palco i due sistemi Syva, e – anche se le Syva hanno un’apertura molto ampia – delle casse L-Acoustics coassiali appoggiate sul corrimano in marmo per riempire in mezzo. Visto che c’è il pubblico anche ai lati del palco, i lati del transetto sono coperti da un paio di X12. Poi ci sono due linee di ritardo: la prima con altri Syva, la seconda con un altro paio di L-Acoustics coassiali da 8” per la gente in fondo, che eviterò di accendere se non necessario – creerebbero infatti più riflessi, e di quelli ne abbiamo già troppi.
Per motivi di tempo a disposizione, oggi pomeriggio ho fatto tutti i delay direttamente dalla console. Per quanto riguarda le prove della sala, stessa cira: provando con rumore rosa, come faccio di solito per identificare le frequenze problematiche, mi sono reso conto in un attimo che era inutile… l’intero spettro è problematico qui. Mi sarebbe piaciuto usare Smaart e fare tutto come si deve, ma delle volte semplicemente non c’è il tempo. Anche i tempi per i delay li abbiamo misurati con un telemetro a laser, e poi con l’orecchio… praticamente con la versione moderna del metro a nastro.
Comunque, sto usando e ascoltando Syva oggi per la prima volta. Quando ho acceso e ascoltato un po’ solo le casse più vicine a me, onestamente sembrava un impianto hi-fi ma con molto più potenza… non lo userei per fare i Metallica, ma mi ha sorpreso molto in termini di fedeltà e potenza. Il chitarrista è venuto fuori a sentirlo e ha detto che sembrava un monitoraggio in studio, posizionandosi davanti alle casse in campo diretto… solo con un riverbero molto esagerato.
Sspero di poter ascoltarlo in un ambiente un po’ più secco!
Il concerto
La serata è stata veramente un piacere. Gli interessanti arrangiamenti di Anderson dei brani natalizi e non – oltre alla sua semplice presenza in questo contesto – hanno attirato un pubblico molto diversificato. C’erano degli hippy, fan sfegatati dei Jethro Tull, insieme a dei membri dell’alta società bolognese e parrocchiani di San Salvatore presenti, più che altro, probabilmente per contribuire alla causa.
Marzi ha fatto un ottimo lavoro con l’illuminotecnica – un progetto forse facilitato dalla suggestività dell’architettura della stessa chiesa – creando dei look che viaggiavano dall’intimo al maestoso.
Per quanto riguarda l’audio, tutti quelli coinvolti hanno dovuto affrontare una sfida notevole con il gruppo posizionato nel mezzo del transetto, a livello terra, davanti il presbiterio. Infatti, dopo gli interventi che hanno aperto il concerto, è servito quasi tutto il primo brano strumentale a rendere ascoltabile la musica; dopodiché c’è stata un’ulteriore corsa a risistemare il suono per il coro. Forse anche grazie all’aiuto della temperatura piuttosto ridotta nella chiesa, e il conseguente indossamento di cappotti pesanti dalla maggior parte del pubblico, Downs è riuscito abbastanza velocemente a domare – o almeno di venire a patti con – il riverbero straordinario di San Salvatore, e a restituire un audio gradevole a tutta la gente seduta nella navata centrale.
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