Giovanni “Jò” Campana

Quando dietro un musicista mancato si cela un creativo lighting designer...

di Alfio Morelli

Abbiamo iniziato a conoscere Jò come programmatore ed operatore luci nei grandi tour di Vasco Rossi: poche parole, look volutamente demodé (cioè molto di tendenza) basettone in primo piano quasi a compensare l’esile profilo. Abbiamo tenuto d’occhio la sua carriera “solista”, con diversi disegni luci sempre molto interessanti e creativi, fino ai più recenti: quello davvero molto bello con i Negrita e quello della consacrazione, arrivato con i grandi eventi di quest’anno all’Arena di Verona con Ligabue.

Come spesso succede anche la storia di Jò Campana inizia con la passione per la musica. Si sa che non sempre si riescono ad ottenere i risultati sperati, ma l’entusiasmo per questo mondo rimane sempre vivo. Così la bottega del padre, stimato restauratore di mobili antichi, comincia ad andargli stretta e, vista l’amicizia con Diego Spagnoli, altro potenziale artista, che ne conosceva le doti da musicista, riesce ad entrare nel team di Vasco. jo campana

“Nel 1987 Diego mi chiamò – ci racconta Jò – perché io e lui, insieme a sua moglie e ad una quarta persona, dovevamo gestire il palco di un famoso tour. Fu così che ebbi il battesimo sul palco di Vasco Rossi, che all’epoca non era al livello da stadi, ma cominciava ad essere una produzione importante. Per qualche anno mi occupai di audio, com’era normale per musicista, passando dal palco a dietro il mixer, fino al giorno in cui, lavorando presso un service milanese, per necessità mi chiesero di salire su un’americana alta sei metri e puntare dei fari. Io, che avevo paura anche di salire su una scala, costretto dagli eventi dovetti arrampicarmi ed eseguire il lavoro. Da lì a dieci giorni mi fecero partire in tour europeo con Milva e, al ritorno, ero già contagiato da quel virus delle luci che tutt’oggi mi porto dentro. Durante quegli anni, lavorando con M.M.S., feci alcuni fra i lavori più importanti in Italia: Vasco, Zucchero, Venditti, Baglioni, Ramazzotti, anche con mansioni diverse, perfino tirare i cavi e montare e smontare i proiettori, insomma tutto quello che in quel momento serviva. Ricordo quel periodo con grande passione, perché ho fatto una gavetta molto formativa imparando moltissimo”.

Poi sei sparito per un po’...

Sì, a fine anni Novanta ho avuto come un rigetto di quel mondo, non trovavo più stimoli, volevo fare delle cose nuove, volevo migliorare la mia professionalità, ma purtroppo in quel periodo ed in quell’ambiente non avevo le possibilità che cercavo; così, per un insieme di avvenimenti, riguardanti anche la mia vita privata, ho deciso di staccare la spina: ho acquistato un biglietto di sola andata per Londra, dove ho vissuto per due anni facendo dei lavori completamente diversi da quello che avevo fatto fino a quel momento. Ritornato al paesello, ho pian piano rincontrato i miei amici. Tra questi Giovanni Pinna, lighting designer di Vasco, mi ha proposto di affiancarlo nel nuovo tour a cui stava lavorando, cosa che ho accettato ben volentieri. Ho trovato così nuovi stimoli: forse ero io ad essere cambiato, ma mi sembrava che durante i due anni di mia assenza quel mondo fosse cambiato, e in meglio.

Alla fine il fascino dell’on-the-road ha prevalso!

Spesso capita di incontrare vecchi amici che hanno scelto una vita un po’ più rilassata, accettando dei lavori in TV o in teatro, scelte che non biasimo affatto. Ma io ho bisogno di una vita sempre in salita, devo continuare a respirare la polvere dei palchi rock, ogni giorno in un posto diverso ed ogni giorno con una nuova sfida e nuovi stimoli. Non necessariamente con artisti che riempiono gli stadi e con megaproduzioni: per esempio tra il tour europeo e le date di Verona di Ligabue, ho accettato ben volentieri il tour dei Negrita che mi ha dato molte soddisfazioni, cosi pure i tour dei Verdena e dei Linea 77.

Cosa pensi delle tecnologie sempre più complesse usate nello showbiz?

Fare a meno delle nuove tecnologie è impensabile, perché offrono delle possibilità incredibili, per di più facendo risparmiare un sacco di tempo. La parte meno divertente è che devi essere sempre aggiornato e al passo con i tempi, passando così gran parte del tempo in cui non sei in tour alla ricerca di nuovi prodotti e dei vari aggiornamenti software ed hardware.

Credo che andando avanti i tempi si accorceranno sempre di più e la tecnologia farà passi ancora più grandi. Per essere sempre al passo diventa fondamentale anche andare a vedere il lavoro di altri ed il confronto fra colleghi; anzi: una cosa che mi manca moltissimo è proprio il confronto diretto con i miei colleghi. Personalmente auspicherei questo tipo di apertura, senza nessun tipo di... gelosia o come la vuoi chiamare. Ritengo che le persone brave avranno sempre l’opportunità di lavorare. Ognuno ha il proprio metodo, il proprio approccio, ma noto sempre con dispiacere questa tendenza a chiudersi nel proprio universo.

jo campanaTi piacerebbe, allora, fare una cena ogni tanto con tutti i colleghi...

Assolutamente sì... ma proprio in maniera molto serena. Voglio dire: nessuno ruba niente agli altri mentre potremmo certamente imparare moltissimo tutti uno dall’altro. Ci sarà sempre qualcuno più bravo di me e ci sarà sempre qualcuno meno bravo, ma non è una questione di meritocrazia, o di livello “tu sei più, tu sei meno”, è una questione di stile, di idee e creatività, che poi può piacere o meno. Senza voler fare filosofia spicciola, è un concetto che si potrebbe applicare a tutta la vita di un uomo ma, tornando al lavoro, occorre avere anche l’attenzione e l’arguzia di andare a vedere gli spettacoli perfino nelle feste in piazza, e magari l’umiltà di ammettersi “ah, però...!” quando si presenta una cosa, anche un solo dettaglio, che non avresti pensato. Vedendo cose piccole si possono carpire delle idee e delle intuizioni che, magari, poi si possono ottimizzare nei tuoi lavori.

Come giudichi i prodotti made in Italy?

Sicuramente non sono secondi a nessuno, anzi, in alcune categorie abbiamo proprio dei prodotti d’eccellenza. Quando ho la possibilità di scegliere preferisco sempre prodotti italiani.

Durante la tua carriera, c’è un lavoro che ricordi più degli altri?

Il lavoro che in assoluto porto nel cuore è il tour “Le Nuvole” di Fabrizio De André. Io ero al seguipersona, sul palco, e ricordo che in alcuni momenti dello spettacolo anch’io mi emozionavo in maniera incredibile, perché sul palcoscenico si creava davvero un pathos che è difficile spiegare, qualcosa di speciale e magico. Altro spettacolo straordinario sono state le 4 o 5 date italiane di Ryuichi Sakamoto, qualche anno fa. Al mixer c’era il lighting designer inglese Simon Tutchner, che io e Pinna avevamo conosciuto quando era venuto a lavorare per Vasco Rossi. È stata una delle pochissime volte in cui ho avuto la bellissima sensazione di lavorare e, allo stesso tempo, di guardare il concerto.

Finiamo col nostro tormentone: qual è il tuo sogno nel cassetto?

Il mio sogno sarebbe lavorare in tour con i Nine Inch Nails, sarei anche disposto a lavorare gratis per loro, mi accontenterei di due pasti al giorno e di un letto per riposare!

contatti: Jò Campana