Gigi Proietti - Omaggio a Shakespeare
Per la prima volta, il grande attore romano recita al Silvano Toti Globe Theatre, di cui è direttore artistico.
di Alfio Morelli
Si erge a Villa Borghese, a Roma, ed è una riproposizione in chiave italiana del Globe di Londra, il celebre teatro elisabettiano della capitale inglese. A donarlo alla città è stata la Fondazione Silvano Toti, nata per celebrare e mantenere alto il ricordo del ricco mecenate romano.
Costruito nel 2003 in poco più di tre mesi dall’azienda della famiglia Toti, il teatro può contenere 1206 persone, ovviamente secondo gli usi storici del periodo, cioè con posti in piedi in platea e poi tre ordini di balconate. Con un diametro interno di 23 metri ed una circonferenza esterna di 100 metri, il Silvano Toti Globe Theatre è costruito in legno massello di rovere francese, proveniente prevalentemente dalle Ardenne.
Non potrebbe esistere posto migliore per rendere omaggio a Shakespeare, al quale il teatro elisabettiano è ovviamente e indissolubilmente associato; e non potrebbe esistere attore migliore di Gigi Proietti per mettere in scena questo strano testo, scritto da Raymond Fitz Simmons per Ben Kingsley, e già interpretato da Proietti a Taormina ventisette anni fa.
In scena un solo attore, Gigi Proietti, che interpreta... un attore, cioè il celeberrimo Edmund Kean, idolatrato attore del primo Ottocento, il primo ad aver scardinato la forma classica della recitazione trasformandola in un atto emozionale, creativo e moderno. La definizione oggi diventata un topos abusato – “genio e sregolatezza” – venne creata proprio per descrivere Kean (al quale l’alcool pare non dispiacesse...) niente di meno che da Alexandre Dumas.
L’attore è in camerino, riflette sul suo lavoro, sulla sua vita, citando stralci da quel fiume di parole che la sua mente ha incamerato in tanti anni, da quali traspare la profondità del mondo artistico shakespeariano.
Un monologo diviso in due atti: uno spettacolo che lascia stupefatti ed incantati, molto più di tante produzioni pirotecniche alle quali abbiamo assistito. Un Gigi Proietti fenomenale, un’esperienza da vivere.
Umile Vainieri – Lighting designer
Noi ci siamo ovviamente concentrati sull’aspetto tecnico, cominciando da una chiacchierata con Umile Vainieri, lighting designer al Globe Theatre.
Che ruolo hai in questo teatro?
Collaboro da diversi anni con il maestro Proietti; fin dall’inizio dell’avventura del Globe, nato nel 2003, sono stato chiamato per progettare e gestire la parte illuminotecnica di questa struttura. Abbiamo avuto diverse tipologie di impianti luci: luci tradizionali ad incandescenza, prima noleggiate, poi acquistate; da qualche anno la direzione del teatro ha deciso di investire sulla tecnologia a LED. In questo ultimo disegno, la base è stata fatta con fari tradizionali ad incandescenza ETC Source Four, con lampada da 750 watt, integrati prima con dei Robe Robin 600 LEDWash, ed in un secondo tempo con dei testa mobile Robin DL4S sempre della Robe. All’inizio di questa stagione sono stati inoltre aggiunti i magnifici Robin DL7S.
La scelta di passare alla tecnologia a LED è stata dettata principalmente da due motivi: il risparmio energetico ed il peso dei fari, nonché la tecnologia dei multi-LED impiegata da Robe. Grazie alla sorgente multi-LED, infatti – quattro LED nei DL4S e ben sette nei nuovi DL7S – possiamo ricreare con grande precisione i colori caldi usati in teatro, in particolar modo in questo tipo di teatro, in cui originariamente l’illuminazione veniva fatta con le candele.
Ho progettato l’impianto illuminotecnico con l’idea di ottenere una grande versatilità, indispensabile per soddisfare le esigenze della varie compagnie che qui si esibiscono. Al Globe, infatti, accade molto di frequente che ogni sera vada in scena una compagnia diversa, con un’opera diversa, quindi non c’è tempo assolutamente di smontare e rimontare il sistema di illuminazione, rimane solo il tempo per caricare un nuovo programma. Alle compagnie che debuttano su questo palco viene inviato con largo anticipo il disegno e l’elenco del materiale installato, in modo che possano arrivare con la programmazione luci già fatta e dedicare il tempo disponibile ai puntamenti, i quali devono essere fatti inderogabilmente di notte, perché, com’è noto, il Globe non ha soffitto.
In quest’ultimo anno, oltre ai nuovi Robe DL7S, abbiamo acquistato anche due Patt, i nuovi proiettori con lampada da 750 W al tungsteno, sempre di Robe, che offrono una gran bella luce e riempiono tutto il palco. Mi è stato però imposto di nasconderli dietro delle colonne, altrimenti avrebbero attratto troppo l’attenzione: essendo un oggetto imponente rischia infatti di diventare una componente scenografica.
Di quante persone è composta la squadra del Globe?
Ci sono otto tecnici residenti, ma nei cambi spettacolo arriviamo a dodici, ai quali si aggiungono quelli delle compagnie itineranti che in alcuni casi possono anche essere un’altra ventina di persone.
Franco Patino – Fonico residente
“Collaboro con la compagnia di Proietti da undici anni – spiega Franco – dal Brancaccio a tutti gli impegni teatrali. In questo Teatro Globe, un po’ sui generis, ho avuto il compito di studiare e realizzare l’impianto audio. Fumasoli, da sempre il service di riferimento di Proietti, ci ha dato una grossa mano, fornendo il materiale a noleggio che poi abbiamo acquistato. Tramite Fumasoli abbiamo potuto inizialmente fare delle prove con dei sistemi tradizionali diversi, ma queste soluzioni non piacevano a Proietti, perché davano sempre la sensazione di un suono che veniva da punti ben localizzati, mentre il desiderio era quello che il pubblico percepisse la parola come proveniente dal palco. Abbiamo quindi alla fine optato per un impianto diffuso, composto da un main con satellite e sub a fianco al palco, mentre nascosti sui tre ordini delle tribune sono stati posizionati 45 diffusori di qualità della Kling & Freitag. Questo sistema diffuso è stato concepito creando tredici canali separati di diffusione, ad ognuno dei quali sono stati collegati tre o quattro diffusori. Questo ci ha permesso, lavorando su livelli e ritardi, di focalizzare la partenza del suono dal palco, ricreando così la sensazione originale del teatro”.
Mentre per il monitoraggio degli artisti sul palco?
Naturalmente sarebbe improponibile l’uso di IEM in questo genere di rappresentazione: inoltre, essendo un teatro diverso dai tradizionali, non ha le caratteristiche acustiche di un teatro in muratura in cui le strutture e le pareti del palco, con le loro riflessioni e ritorni, aiutano l’artista. Per risolvere questo inconveniente abbiamo aggiunto due piccoli diffusori nascosti dietro le due colonne del palco, in modo che gli attori percepiscano principalmente il suono diretto dei diffusori, ricreando cosi l’ambiente acustico di un palco tradizionale.
In regia cosa usate?
In regia abbiamo un’Avid Venue Profile senza nessuna outboard esterna, solo un sistema QLab nel caso in cui occorrano contributi o effetti.
Cos’hai usato per la ripresa della voce di Proietti?
Fortunatamente abbiamo escogitato un sistema semplice e geniale. A detta di Proietti, nell’Ottocento, l’epoca a cui risale l’opera, gli attori di solito indossavano una fascia di cuoio sulla fronte, molto probabilmente per fermare il sudore affinché non colasse sui trucchi. Riprendendo questo uso, abbiamo pensato di fissare due capsule Sennheiser MKE1 su questa fascia, a sua volta coperta e mimetizzata dai capelli. Abbiamo usato due capsule in contemporanea, come sicurezza, perché non ci si poteva permettere per nessuna ragione che il microfono di ripresa smettesse di funzionare per un urto o per una goccia di sudore. I cavi di queste due capsule passano poi sotto i vestiti e sono collegate a due trasmettitori indossati dall’artista che io tengo sempre attivi, su due differenti canali.
Ha una voce difficile Proietti?
Non ha una voce difficile, ma ha un’ampia escursione melodica e dinamica, soprattutto quando passa dai momenti più leggeri a quelli più drammatici usando le sue noti più gravi. Inizialmente abbiamo dovuto lavorare non poco per riuscire ad ottenere questa fedeltà di riproduzione, perché per i piccoli diffusori sparsi nelle tribune era più difficoltoso riprodurre queste frequenze basse; ma con un po’ di lavoro siamo riusciti ad arrivare ad un compromesso molto buono, creando degli equilibri timbrici ottimali.
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