Ennio Morricone, il debutto italiano di L-ISA
Per i due concerti finali del 2017, il maestro è tornato in Italia con l'Orchestra Roma Sinfonietta e un coro di 75 voci, dirigendo una selezione dei suoi pezzi più memorabili. Questa è stata inoltre l’occasione per sperimentare seriamente il nuovo sistema L-ISA (L-Immersive Sound Art) di L-Acoustics.
di Douglas Cole
Generalmente, qualsiasi scusa è buona per passare una serata ad ascoltare le opere di Ennio Morricone suonate da un’orchestra diretta dal Maestro stesso… tanto meglio se ci permette di soddisfare un’enorme curiosità. In questo caso, il concerto di Morricone in questione ci ha permesso anche di ascoltare per la prima volta un sistema e una configurazione di diffusione sonora che alcuni dicono potrebbe rivoluzionare il mondo dell’audio e mettere un chiodo nella bara del vecchio L/R, quando gli ascoltatori sono tanti e non possono trovarsi tutti in una posizione ottimale… cioè quasi sempre quando non si è a casa davanti all’impianto Hi-Fi.
La tournée di Morricone per celebrare 60 anni di carriera è iniziata nel gennaio del 2016 e ha girato l’Europa per circa due anni, compresi due sold-out all’Arena di Verona l’estate scorsa, con un totale di oltre 500.000 biglietti venduti. Non male per un ottantanovenne.
Per finire il 2017, D’Alessandro e Galli hanno proposto due date in Italia, all’Unipol Arena di Bologna e al Forum di Assago. Per queste due date, insieme alle squadre tecniche di Agorà e di L-Acoustics, il responsabile tecnico per il suono del Maestro Morricone, Fabio Venturi, ha preso la decisione di sperimentare il nuovo sistema L-ISA (L-Immersive Sound Art).
Come tutti gli appassionati sanno, questo non è certo il primo sistema mirato alla spazializzazione del suono e al superamento del L+R, ma, dopo averlo ascoltato, possiamo forse dire che sia quello con la maggiore probabilità di affermarsi realmente su grande scala; considerando anche il suo creatore, lo stesso che ha rivoluzionato i sistemi di diffusione audio negli ultimi venticinque anni.
A Bologna troviamo ben undici array – dodici, contando un blocco di sub – di diffusori L-Acoustics appesi sopra il palco, più altri due piccoli come delay. Notando le nostre espressioni,Angelo Camporese, di Agorà, ci spiega che qui sono montati due impianti completi, come spiegheremo più avanti.
Un passo alla volta. Cominciamo dalle basi. Cos’è L-ISA? Vista la complessità dell’argomento, passiamo la parola direttamente ai tecnici francesi che hanno progettato e messo in funzione il sistema per le date di Morricone: un’intervista che si è rapidamente trasformata in una sorta di sezione FAQ, viste le nostre tante curiosità.
Fred Bailly e Maxime Menelec
Frédéric (Fred) Bailly è Tour Applications Engineer per L-Acoustics, mentre Maxime (che abbiamo incontrato anche la scorsa estate a Modena Park) è un freelance specializzato in sistemi L-Acoustics.
“L-ISA – spiega Fred – è nato da una piccola
squadra capitanata da Christian Heil con lo sviluppatore Guillaume Le Nost, l’application engineer Sherif El Barbari e alcuni sviluppatori software. Gli inizi sono stati in un angolo del magazzino a Marcoussis, L-ISA ha adesso sede e studio a Londra.
“Il ‘prodotto’ – spiega Fred – infatti è un singolo processore che riceve in MADI direttamente dalla console tutte le sorgenti, che possono essere segnali provenienti direttamente da singoli microfoni oppure gruppi o premix di segnali. Ogni sorgente in ingresso al processore viene elaborata come un ‘oggetto’ che, tramite l’interfaccia utente, viene posizionato nello spazio tridimensionale, su tre assi. In questa applicazione, con questa configurazione di diffusori, utilizziamo solo l’asse orizzontale e la profondità; il posizionamento in altezza richiederebbe infatti una diversa configurazione dei diffusori. Oltre al posizionamento sui tre assi, ad ogni oggetto può essere applicata una differente larghezza nell’immagine sonora.
“Questa configurazione – continua Fred – è già stata sperimentata diverse volte per la musica orchestrale: ci sono cinque array di ‘scena’, cioè appesi davanti al boccascena, più due array di ‘estensione’ all’esterno dell’apertura del palco. Il numero di queste estensioni può variare in base alla venue e al senso di immersione che vogliamo ottenere.
“Nel software di controllo si ha una rappresentazione dell’immagine sonora tramite una linea che rappresenta ogni singolo array e gli spazi tra queste linee rappresentano le sovrapposizione della copertura tra array adiacenti. Selezionando con il mouse un singolo ‘oggetto’, è possibile spostarlo lateralmente e la posizione scelta su quell’asse determina da quale/quali array del sistema di scena verrà riprodotto; stessa cosa quando è previsto il posizionamento in altezza. Sull’asse di distanza, invece, la posizione dell’oggetto determina la quantità applicata di un algoritmo che combina ritardo, attenuazione di alcune frequenze e riverbero per creare proprio l’effetto lontananza. La larghezza da assegnare a ciascuna sorgente viene applicata con la rotella del mouse ed effettivamente allarga l’immagine sonora di quell’oggetto per farlo riprodurre in più array… sempre tramite algoritmi che rendono coerente la riproduzione.
“Tutto questo – aggiunge Fred – può essere fatto anche in tempo reale e può, inoltre, essere automatizzato e collegato a sistemi di controllo esterni, anche utilizzando sistemi di tracking automatico, oppure in manuale.
“Il parametro ‘spazio’ – cioè quello che determina il funzionamento della distanza e della larghezza – viene impostato per corrispondere alla venue o a quello che si vuole creare nella venue e poi viene applicato a tutti gli oggetti nel programma.
“Come sapete sicuramente – spiega Fred – in una configurazione con array L/R, l’immagine stereofonica è efficace in un triangolo centrale della sala, mentre altrove è essenzialmente un mono o, peggio, un doppio mono nel quale ci sono somme e cancellazioni dovute all’interferenza. Così, nonostante una copertura con adeguata pressione sonora in ogni zona, la qualità della riproduzione è ottimale solo per una piccola percentuale del pubblico. L-ISA risolve questo problema, perché le sorgenti sonore vengono riprodotte solo in certi diffusori distribuiti sulla larghezza del boccascena ed oltre”.
Non sarebbe meglio per la localizzazione avere gli array più in basso possibile?
Assolutamente sì, ma dobbiamo ovviamente tener conto della visuale del pubblico. Teoricamente, non utilizzando il parametro dell’elevazione, sarebbe meglio avere gli array molto più basso, ma oltre un certo punto, in una situazione con un’orchestra amplificata, diventa un problema per il guadagno prima dell’innesco del feedback, visto che ci sono diverse decine di microfoni sul palco.
Domani a Milano forse abbasseremo il sistema di un metro, portandolo cioè a 10 metri: la differenza nell’aspetto visivo sarà del tutto trascurabile, ma l’effetto di localizzazione sarà migliore.
Che differenza c’è tra quello che viene riprodotto dagli array di scena e quelli di estensione?
Non c’è una differenza nel trattamento degli algoritmi: le estensioni, essendo all’esterno del palcoscenico, servono per gli allargamenti delle sorgenti sonore, cioè per aiutare l’effetto di immersione.
Con il sistema L-ISA appeso così in alto, sono necessari dei frontfill per le prime file. Che tipo di segnale viene usato per questi?
Per i frontfill e i side usiamo un downmix in mono. Questo proviene sempre dal processore che dispone di un downmix mono, uno stereo ed uno LCR. La copertura con la corretta immagine sonora L-ISA è quasi completa in questa venue; ci sono solo pochi posti a sedere ai lati del palco e forse una parte della prima fila in cui l’effetto non è perfetto. Questi punti, però, sono così vicini al palcoscenico che la localizzazione proviene in modo naturale dal suono sul palco. Il downmix mono usato in questi punti rimane solo un piccolo rinforzo, in particolare nelle frequenze alte, per dare la chiarezza che forse mancherebbe per la posizione relativa al palco.
In particolare per il pubblico nelle prime file, con il sistema appeso così in alto l’effetto di localizzazione può creare un’incongruenza tra quello che si sente e quello che si vede – effettivamente il contrario di quello che L-ISA dovrebbe risolvere! Per questo i front-fill servono anche a portare più in basso l’immagine sonora.
È necessario che ci siano sempre i diffusori delle basse frequenze concentrati in un singolo punto?
È meglio, perché la copertura è più uniforme e non abbiamo cancellazioni dovute a distanze tra i sub. Inoltre l’allineamento temporale è più coerente con tutto il sistema. Usiamo il preset normale per i KARA con l’intera banda passante, giù fino a 55 Hz, mentre i sub passano solamente da 25 a 60 Hz, cioè il punto d’incrocio è al limite di entrambi i sistemi.
Il processore L-ISA deve sapere a quali diffusori sta mandando i segnali? Voglio dire: ci sono preset per certi diffusori L-Acoustics o fa il suo lavoro senza dover sapere quali casse stano riproducendo i segnali?
No, il processore non viene programmato per diffusori specifici. Il lavoro inizia in SoundVision, creando una copertura più completa possibile. L’ultima versione di SoundVision include una serie di previsioni per sistemi L-ISA, comprese una funzione di L-ISA quality mapping e una schermata di quality radar che fa da pagella in formato statistico e grafico e valuta diversi criteri relativi all’efficacia e alla qualità previste per l’allestimento.
Ho sentito che è in via di sviluppo un plugin per controllare il processore L-ISA, canale per canale, direttamente dalle console DiGiCo.
Sì. Sfortunatamente il firmware per DiGiCo non è completamente finalizzato… esiste già ma non potevamo utilizzarlo qui. Il tutto sarà molto più semplice quando il fonico potrà semplicemente selezionare un canale d’ingresso o un gruppo su un singolo fader e manipolare il pan, la distanza, la larghezza, l’elevazione eccetera, più un aux send, direttamente sul touchscreen del banco. Il controllo dell’oggetto nel processore sarà lo stesso, ma si eviterà di dover usare il mouse e scorrere tra gli oggetti sullo schermo dell’interfaccia. Il fonico quindi potrà fare tutto senza togliere gli occhi dalla console.
Oltre alle applicazioni per la musica orchestrale, in quali altre situazioni avete impiegato L-ISA?
Fred: Tante. Innanzitutto, qui stiamo usando una serie di array tutti uguali – a parte gli array di estensione, che hanno tre KARA in meno di quelli di scena – e che sono equidistanti uno dall’altro. Abbiamo creato anche una configurazione per la musica pop, nella quale i tre array centrali sono più ravvicinati tra loro e sono composti di diffusori più potenti, come il K2. Questi possono essere appesi a circa 3,5 metri uno dall’altro – massimo 4 m. Per le esigenze della musica pop, in quella configurazione gli array centrali riproducono quasi sempre batteria e basso, per migliorarne l’allineamento temporale.
Maxime: Il progetto L-ISA è veramente olistico: in applicazioni musicali, come questa orchestrale o nella musica pop, l’obiettivo è il realismo, il collegamento fra la sensazione visiva e quella auditiva. Ma può anche essere usato con altre finalità.
Fred: Infatti per le installazioni museali, le attrazioni nei parchi di divertimento e per le installazioni artistiche, può essere anche configurato a 360° ed in altezza: le possibilità per un uso artistico e creativo sono tante.
La larghezza degli oggetti nell’immagine sonora è limitata?
Sì, è limitata ad una diffusione apparente di 90°.
È un limite della potenza del processore o è un limite di buonsenso?
Effettivamente è un limite dell’algoritmo, che diventa meno accurato oltre una larghezza apparente di circa 80°. Ma ci sono davvero poche situazioni in cui servirebbe un’apertura dell’oggetto oltre i 90°. Costruire un sistema che restituisce una spazializzazione realistica per poi allargare le sorgenti così tanto sarebbe controproducente e incoerente.
Un sistema che usa più diffusori, anche più piccoli, con le sorgenti sonore riprodotte solo su alcuni di essi, non comporta una perdita di efficienza rispetto a due grandi array che riproducano più o meno tutto?
Fred: Ci devi pensare in un altro modo: alla fine l’SPL sarà più o meno uguale.
Maxime: Per esempio, qui, come si può vedere, abbiamo due diverse configurazioni: quella L-ISA con i KARA e quella K2 stereo, che è stata montata per poter confrontare i sistemi e anche per avere un paracadute, visto che Fabio usa L-ISA per un concerto per la prima volta. In entrambi casi abbiamo comunque lo stesso numero di driver HF.
Fred: Così, quando il mix è finito, l’SPL sarà lo stesso, ma la sensazione sarà completamente diversa.
Maxime: Infatti, nel caso del sistema L-ISA, ogni persona nell’arena avrà un ascolto con una corretta localizzazione delle sorgenti sonore, mentre dal sistema K2 solo una piccola parte del pubblico che è equidistante dai due array principali ascolterà con un panorama sonoro stereofonico, tutti gli altri effettivamente avranno un ascolto monofonico primario proveniente da metà del mix stereo, più interferenze dall’altro array principale più lontano.
Ho notato che tutti gli array sono leggermente girati in un senso o nell’altro… perché?
Maxime: Sono angolati secondo la previsione del progetto che abbiamo fatto in SoundVision. Ognuno è girato con un angolo specifico per avere il massimo di sovrapposizione delle coperture sul massimo della superficie in cui c’è il pubblico. In una configurazione L-ISA, anziché rappresentare un problema per interferenza, la sovrapposizione delle coperture è fondamentale perché le varie sorgenti sono presenti solo in certi cluster. L’effetto della localizzazione e dell’immersione dipende proprio da questo.
Se la configurazione corretta dipende da un massimo di sovrapposizione delle coperture, anziché utilizzare diffusori progettati per line array, non sarebbe meglio avere delle casse con coperture molto più larghe?
Fred: Sì, infatti, ma KARA ha una diffusione di 110° e K2 può essere aperto a 110°. Un’ottima piattaforma per L-ISA è il nuovo SYVA, con la sua apertura di 140°, ma è ottimale in un teatro o in una venue piccola, non in un grande palasport.
Maxime: Una diffusione più larga aiuterebbe, ma un altro aspetto molto importante per l’effetto di immersione è la stabilità della risposta in frequenza su tutta la copertura delle casse, e sia KARA sia K2 hanno entrambi una coerenza eccellente su tutta la zona di copertura.
State controllando voi L-ISA o qui siete di supporto e Venturi opera sul processore?
È tutto in mano a Fabio. Noi siamo di supporto e per assicurare il corretto utilizzo del sistema.
Nel processore stesso, quali sono i limiti di ingressi ed uscite?
A 96 kHz può ricevere 96 canali in ingresso – cioè 96 oggetti – ed i canali in uscita sono 32. Questi 32, però, comprendono sei uscite dedicate: un downmix mono, uno stereo, uno L/C/R e un aux.
Si possono usare più processori in cascata?
No. Abbiamo una soluzione per avere più uscite ma non la usiamo nel live a causa della latenza. Nella modalità live, con 32 canali in uscita, la latenza è di appena 5 ms. Quando, invece, vengono utilizzati 64 canali in uscita, la latenza diventa troppo elevata per applicazioni live. Bisogna anche dire che i 64 canali in uscita non sono generalmente necessari nelle applicazioni live, ma tornano molto utili nelle installazioni di arte immersiva ed applicazioni simili.
Siete autorizzati a fare gli scongiuri: si è mai piantato?
Finora, no. A dire la verità, questa è la prima volta che abbiamo portato un secondo processore come spare… non che ci aspettiamo di averne bisogno! Infatti, il cantautore Renaud ha fatto una tournée intera – centinaia di date – con un sistema L-ISA e solo un singolo processore: non ci sono mai stati dei guasti.
Fabio Venturi – Fonico FoH
Dopo questa spiegazione approfondita del funzionamento di L-ISA, non vediamo l’ora di sentire i pensieri di Fabio Venturi, fonico e responsabile audio per il Maestro Morricone da tanti anni.
Innanzitutto hanno dovuto convincerti a fare questo esperimento, giusto?
Quest’estate un sound designer, Scott Willsallen, mi ha chiesto di fare questa prova. Chiaramente ho chiesto di poter avere una serie di rassicurazioni e ho accettato. Sono andato a Londra, nello studio in cui hanno un impianto montato, per capire il funzionamento del sistema e per sentirlo e ne ho avuto un’impressione ottima. Dopodiché ci siamo fatti mandare il processore in Agorà e lì è stato allestito un sistema in miniatura che riproduceva il setup per questi concerti, completo di console e tutto il resto. Utilizzandolo con delle registrazioni multitraccia, ho programmato il processore e il banco e tutti eravamo molto contenti dei risultati. L’impressione – che era chiaramente un’impressione parziale, perché i diffusori erano gli 8XT in quella situazione – è stata confermata quando poi l’abbiamo montato qui. Chiaramente l’impianto è più grande, ci sono le interazioni con la sala e con i microfoni, ma i risultati sono ancora ottimi. Come potete vedere, però, c’è anche un intero altro impianto L+R montato, e non solo per fare il confronto A-B. Ci vuole rispetto per l’artista e soprattutto per il pubblico che viene a sentire: gli esperimenti si fanno se c’è il paracadute. Non ci sarà bisogno di utilizzarlo, ma c’è.
Quante sorgenti hai?
Dal palco ne arrivano 112, forse 115 stasera. Visto che poi il processore L-ISAgestisce 96 oggetti, ho dovuto comunque fare un pre-mix. Ho raggruppato un po’ delle percussioni e altre sorgenti che ritenevo non fondamentale mantenere separate.
In preproduzione, come hai lavorato per fare il posizionamento? Ti sei messo con una mappa dell’orchestra, immagino?
Certo: per il posizionamento degli strumenti ho seguito essenzialmente le posizioni reali, con un po’ di libertà su alcune cose. Per esempio, quando dispongo l’orchestra in studio, spesso metto i contrabbassi al centro per avere un balance migliore, perché lì ci sono i microfoni panoramici. Qui non è possibile perché finirebbero davanti ai legni, così i contrabbassi sono fisicamente a destra sul palco ma portati un po’ più al centro con il processore.
E per il parametro delle “larghezze”?
La larghezza è un parametro che ha un valore molto più di effetto che non di riproduzione. Più che la larghezza, la uso in pochi casi – come l’armonica ecc – uso il parametro della distanza. Uso la larghezza con molta parsimonia perché è interessante, ma è un effetto che rischia, secondo me, di creare problemi di interazione con altre cose. La uso su segnali chiari e singoli: voce solista, armonica solista e cose simili. Nelle partiture del Maestro, spesso uno strumento di fila esce con la sua parte per poi tornare in fila, non c’è quasi mai una parte veramente solistica. Ho quindi usato questo parametro proprio in queste occasioni.
Ho parlato molto di questo insieme a Sherif El Barbari, la persona che mi ha formato sull’uso del sistema, e abbiamo capito che forse in questo concerto non era un parametro necessario nella maggior parte dei casi. Prendi, per esempio, la sezione dei primi violini: se ci fosse un primo violino sarebbe una cosa, ma poiché i primi violini non stanno nella stessa posizione, la larghezza la fa la sezione. Come elemento musicale è unico, ma i microfoni dei primi violini sono undici, perciò non c’è bisogno di aggiungere un “width” di effetto, la larghezza viene creata dal posizionamento degli undici microfoni. L’armonica, invece, è una, e ci si può divertire ad allargarla.
Cosa pensi dei risultati?
Siamo tutti contenti. I dubbi che avevo sono rientrati. Penso che la distribuzione sia molto naturale. Anche prima di avere questo mezzo, abbiamo sempre cercato di rendere più uniforme l’immagine sonora, mettendo un cluster centrale. Questa non è musica che nasce per essere amplificata, però c’è un chiaro parametro di riferimento: il suono di una bella orchestra che suona in una bella sala. Così, questo è quello che si cerca di ottenere con qualsiasi amplificazione. Uno dei tanti parametri che entrano in gioco è la connessione tra l’immagine e il suono. Qui abbiamo circa 180 esecutori sul palco: il suono più bello del mondo, ma se viene da un’altra direzione è scollato dall’esperienza visiva.
Durante le prove, spostandosi in giro per la sala, l’effetto di localizzazione è molto efficace in ogni posizione mentre l’orchestra suona. Invece nei momenti di pausa, quando ci sono dei movimenti dietro i microfoni o lo sfoglio degli spartiti da parte dei musicisti, dalla platea l’immagine sonora sembra spostarsi in alto, in corrispondenza dei diffusori. Hai notato questo?
Quando non c’è la musica, i suoni riprodotti sono semplicemente dei rumori, e il cervello cerca di associarli ad eventi reali così l’incantesimo si rompe un po’. Questo si potrebbe diminuire abbassando quanto possibile le casse, ma la soluzione durante il concerto è di seguire il livello nei momenti tra un brano e l’altro e, naturalmente, anche i musicisti stessi sono più silenziosi quando c’è il pubblico rispetto ai momenti di prova.
Il tuo carico di lavoro cambia con l’implementazione di questo sistema?
Effettivamente il lavoro per studiare e preparare il sistema è stato l’unico aumento... ma durante il concerto non cambia nulla.
Quando sono andato a Londra ho potuto lavorare direttamente con il plugin di controllo per la console DiGiCo, cosa che rende il sistema ancora più rapido ed intuitivo. È come usare un plugin in Pro Tools per fare il pan su X uscite: molto semplice.
Considerando il rigging e il materiale in più, secondo te, vale la pena?
Beh, io non mi occupo di produzione, non pago e non monto... perciò assolutamente sì! A parte gli scherzi, oggi abbiamo fatto le prove A-B con il sistema più tradizionale e considero questo l’unico test valido per qualsiasi decisione sull’audio. Perciò, sì, vale la pena.
Il risultato di questo esperimento non è soltanto una spazializzazione, l’hanno notato anche i musicisti e altri. L’assistente del Maestro – che si occupa dell’orchestra e che non nota neanche se ci sono altoparlanti in più o diversi – è venuto da me a chiedere “che cos’è successo?”. Oltre alla sensazione di localizzazione, il risultato sonoro è il fatto che la distribuzione in molti diversi punti di diffusione permette una migliore distribuzione della pressione sonora, e stressare meno i singoli componenti rappresenta un grande guadagno di qualità.
Aggiunge Antonio Paoluzi: “Normalmente per un sistema main mettiamo 96 sorgenti in 24 casse, mentre con questo sistema stiamo mettendo 96 canali in 90 casse. Algoritmi o non algoritmi, questo già fa una grande differenza nell’efficacia della riproduzione”.
Continua Fabio: “Non è solo il fatto di un fronte più ampio, ma un fronte più distribuito. Si sente che i violini, per esempio, arrivano meno al punto di fastidio, poi i riverberi sono più aperti, tutta una serie di cose vengono migliorate con questa distribuzione dell’energia. Registrando molte colonne sonore, questa è un’esperienza che si fa quotidianamente. Quando si prepara il mix per il cinema e poi ascolti il downmix per la televisione o per il disco, stando al centro non è così d’impatto la differenza in termini di spazializzazione, ma piuttosto in termini di qualità sonora.
Giulio Rovelli - Project manager per Agorà
Centrale alla concezione e alla realizzazione della combinazione Morricone/L-ISA è Giulio Rovelli, il project manager per Agorà.
“Come tutte le grandi idee – dice Giulio – questo esperimento è nato davanti ad una bottiglia di birra in Turkmenistan. Ero con il mio amico, il sound designer Scott Willsallen, con il quale abbiamo fatto le Olimpiadi di Sochi ed altre cose. Mi ha presentato l’idea di questo progetto che seguiva insieme a L-Acoustics.
“Scott poi ha conosciuto Fabio, gli ha spiegato che il sistema è nato proprio per queste applicazioni e ha suggerito che lo provasse. Il Maestro è comunque uno sperimentatore e pensavano che potesse essere un progetto stuzzicante anche per lui.
“Abbiamo chiesto il permesso e al Maestro l’idea interessava. Dopodiché, tramite Scott, ci siamo messi in contatto con L-Acoustics, ed Heil è stato molto contento dell’interesse.
“Abbiamo avuto l’OK dal management di Morricone e poi anche da D’Alessandro e Galli, che ci hanno aiutato con il progetto. Alla fine è diventato un super esperimento: domani sera a Milano verranno dei super VIP da Los Angeles, direttori di venue importanti, altri compositori e tanti interessati per sentire i risultati.
“Da uno scherzo davanti una birra, è insomma diventato un lavorone che ci ha impegnati per oltre un mese.
In questa prima data, avete montato un secondo sistema anche per avere un paracadute, no?
Era necessario che Fabio decidesse se l’incremento qualitativo portato da questo sistema fosse sufficiente a superare la sicurezza e la garanzia del sistema L/R. Quindi abbiamo qui tutti e due. Un lavorone, ma era necessario. Infatti, L-Acoustics non aveva mai implementato un sistema L-ISA così grande. L’hanno provato a Lille, ma con un sistema leggermente più piccolo. Domani, in contemporanea con questi concerti, lo stanno implementando per il Dubai National Day. Simultaneamente stanno sperimentando i due sistemi più grandi mai usati. Per noi è una bella soddisfazione portare il nome di Agorà accanto ad una cosa del genere, così stiamo mettendo a disposizione tutte le risorse necessarie.
Dal punto di vista del project management, non considerando ovviamente il sistema doppio che non state usando, l’impiego di L-ISA dà un risultato per cui vale la pena?
Quando dici “project management”... chiaramente il riferimento è ai soldi! Allora: la casa madre stima che il costo di un allestimento con L-ISA supererebbe il costo di un equivalente allestimento L/R del 30%. Sinceramente, non vedo questo 30%. Abbiamo montato i motori per fare il tilt e per regolare il sistema in altezza, una cosa che si potrebbe evitare... potrebbe essere ottimizzato meglio confronto a quello che abbiamo fatto per una prima prova. Le casse sono molte di più, ma sono KARA, anziché K2, e questo fa differenza nel rental. Per i sistemi davanti abbiamo montato una truss come cable bridge; il nuovo SoundVision addirittura valuta anche il costo del sistema! Io direi che certamente il lavoro è un po’ più complesso e richiede più tempo nell’allestimento, ma il 30% in più non lo vedo.
In quali situazioni ci sarebbe la possibilità di utilizzarlo?
Per allestimenti di questo tipo in posti come l’Auditorium Parco della Musica a Roma, è la morte sua. Poi nei teatri, per i musical... oppure per le convention che vogliono avere degli effetti particolari. Ma anche, pensando alle produzioni come gli U2 o l’ultimo di Ferro che usano una superficie video larga stesa dietro il palco, una serie di array più piccoli potrebbero risolvere il problema dei due enormi cluster a destra e sinistra che bloccano il video. È tutto da vedere, ma ci sono delle interessanti possibilità. Il punto interrogativo di oggi è di capire quanto sarà applicabile nel live pop o rock. Qui non stiamo parlando solo di spazializzazione, ma di migliorare in maniera significativa proprio la qualità del suono e l’efficenza del sistema. Qui stiamo facendo una Unipol Arena piena zeppa fino in fondo senza delay, e tutto è nitidissimo ovunque.
Angelo Campores - Technical supervisor per Agorà
In assenza di Antonio Paoluzi – anche le leggende si devono recare al catering ogni tanto – ci facciamo spiegare l’allestimento dell’audio in sala da Angelo “Pavarotti” Camporese.“Il sistema L-ISA – dice Angelo – comprende cinque linee per il sistema di scena, ognuna delle quali con dodici KARA. Le due linee di estensione comprendono nove KARA ognuna. Oltre questi, ci sono i front-fill KARA e 12xT, più un gruppo centrale di otto sub KS28 appesi in alto in una configurazione doppio cardiode end-fired. Il sistema in uso per il concerto si completa con i due array side di sei K2 ognuno.
“Chiaramente – continua Angelo – per questa sera c’è montato un altro impianto completo che serve solo per il confronto tra i sistemi, ma anche come spare. Utilizzerebbe gli stessi sub, front-fill e side, con un main composto di due linee di 14 K2 e due piccoli array come linea di ritardo. Vista la soddisfazione del fonico con il sistema L-ISA, questi main e delay sono spenti.
“Il tutto è amplificato con i nuovi LA12X.
“Oltre ad avere tutto un impianto di scorta con main, side e delay, c’è una ridondanza anche per il sistema L-ISA, con il motore A della SD7 collegato al processore L-ISA principale e il motore B della console collegato al processore L-ISA spare. Sono tre linee di MADI con 96 canali in ingresso e una linea MADI in uscita per gli amplificatori. La macchina ha tre MADI in ingresso e tre in uscita, per adesso, perché usa delle schede MADI standard con due ottici ed un coassiale.
“Abbiamo un backup analogico che usa convertitori DirectOut ANDIAMO per la conversione A/D, con la possibilità di commutare direttamente ad ogni amplificatore.
“In magazzino – specifica Angelo – hanno preparato le prove con Venturi due ragazzi: Domenico Cercua e Edoardo Michelori. Hanno anche fatto i cablaggi, preparato l’Optocore per il trasporto ed i Purple Box DiGiCO per le conversioni.
“Antonio Paoluzi è il responsabile audio e segue Venturi in regia. Poi ci sono Silvio Visco, Fabrizio De Amicis, Daniele Carillo, Nicola Pisano e Pablo Consoli nella squadra audio”.
Il concerto
Non si poteva chiedere una situazione migliore nella quale ascoltare un impianto nuovo. Non per la perfezione della venue, ovviamente, ma per il fatto che abbiamo una grande familiarità con l’Unipol Arena, come pure con il programma musicale, essendo un riassunto della carriera del Maestro Morricone. Risparmiamo l’inchiostro di un commento sulla musica: le opere di Morricone in qualsiasi contesto creano un soundscape impressionante e la serata è stata piena di brividi ed emozioni. Siamo arrivati nel pomeriggio durante le prove, troppo tardi per ascoltare il confronto fra l’impianto stereo e quello L-ISA. Importa poco, perché quello stereo lo conosciamo già abbastanza ed orecchie più esperte avevano fatto una scelta unanime. Invece, durante le prove e durante il concerto, abbiamo potuto ascoltare attentamente il sistema da tanti diversi punti nella sala, dagli angoli del palco alle tribune più alte e direttamente dalla regia. È stato l’ascolto più coerente e reale che pensiamo di aver mai sentito con un’orchestra amplificata: l’effetto della localizzazione di ogni strumento ed ogni sezione dell’orchestra e del coro è veramente eccezionale anche dai punti più improbabili della sala, perdendosi solo leggermente per l’ascoltatore molto vicino al palco e solo con colpi di grancassa o con il basso elettrico, la cui provenienza sembra spostarsi un po’ in alto verso l’impianto. L’unica pecca che abbiamo notato – e non sappiamo se c’entra con l’impianto o con altri fattori – era nella voce solista femminile che, quando cantava col microfono distante e fisso era perfetta, ma quando cantava con il microfono in mano prendeva un carattere un po’ falsato. Altrimenti, l’ascolto era niente di meno che eccezionale.
L-ISA vuole dire la fine per i main L/R?
Non diremmo una cosa del genere adesso, ma sicuramente già rappresenta un’alternativa praticabile – sicuramente in situazioni come questa, in cui la qualità e il realismo prendono precedenza rispetto ad altri fattori. Per quanto riguarda l’uso in situazioni live, per poter giudicare meglio bisogna che qualche altra produzione pop o rock faccia il salto e rischi la novità. È ancora difficile, però, immaginare un festival di EDM con un impianto di questo tipo. Per i musical, invece, i vantaggi sono chiari e nelle produzioni più grandi di questo tipo non ci sarebbe neanche un notevole aumento di materiale, visto che già spesso si usa un impianto raddoppiato A/B per ridurre le interferenze tra i tanti microfoni aperti. È certo rinfrancante sapere che un costruttore così importante prova ancora a portare l’audio verso il futuro. Per i due concerti finali del 2017, il Maestro è tornato in Italia con l’Orchestra Roma Sinfonietta e un coro di 75 voci, dirigendo una selezione dei suoi pezzi più memorabili. Per queste due date, a Bologna e a Milano, per la prima volta in Italia è stata utilizzata l’ultima creazione di Christian Heil: L-ISA.
CLICCA QUI PER ACCEDERE ALLA GALLERIA FOTOGRAFICA DEL CONCERTO DI ENNIO MORRICONE
Vuoi vedere altre foto e rimanere aggiornato sugli ultimi concerti? CLICCA QUI!
vuoi restare sempre aggiornato sulle novità di settore? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER