Diffusori audio - terza parte
Un approccio empirico alla progettazione dei sistemi a radiazione diretta, e non. Terza parte.
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Figura 9: Risposta in frequenza del DUT in bass reflex con diametro del condotto variabile e lunghezza fissa.
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Figura 10: Impedenza del DUT in bass reflex con diametro del condotto variabile e lunghezza fissa.
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Figura 11: Risposta in frequenza del DUT in bass reflex con diametro del condotto fisso e lunghezza variabile.
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Figura 12: Impedenza del DUT in bass reflex con diametro del condotto fisso e lunghezza variabile.
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Figura 13: Risposta in frequenza del DUT in bass reflex secondo gli allineamenti classici proposti in letteratura.
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Figura 14: Impedenza del DUT in bass reflex secondo gli allineamenti classici proposti in letteratura.
In questa rubrica viene affrontato in maniera estremamente semplice, quasi banale, il metodo con cui dimensionare il cabinet di un diffusore acustico a radiazione diretta. Step-by-step vengono ripercorse le fasi che un ipotetico autocostruttore-sperimentatore potrebbe seguire per giungere alla definizione della soluzione ottimale in funzione degli obiettivi.
In sintesi, nei due numeri precedenti abbiamo stabilito un approccio lavorativo, utilizzando come altoparlante-cavia il Ciare HX205, un modello presente di frequente nei progetti degli autocostruttori. Ne sono state analizzate (sommariamente) le caratteristiche costruttive ed i parametri di Thiele e Small (T&S), basandosi sui dati dichiarati e disponibili sul web. Nella prima puntata sono state fatte delle considerazioni sulle due configurazioni più semplici, ovvero altoparlante in aria libera e baffle infinito. Nella seconda parte, cioè nel numero scorso, abbiamo invece considerato il caricamento in cassa chiusa. Proseguiamo qui con l’analisi della configurazione reflex.
Cassa reflex
Di metodi per dimensionare un bass-reflex ne esistono molti. Qual è quello corretto? O meglio, qual è il più corretto? La risposta – immagino – non sarà immediata e quindi ne approfitto per incalzare con le domande: “ma esiste un metodo più corretto di altri per il dimensionamento del volume di carico e della frequenza d’accordo?” Perché, in fondo, il punto centrale del reflex è quasi tutto lì.
Diametro del foro reflex variabile
Torniamo all’ipotetico sperimentatore con la sua catasta di cabinet variamente dimensionati. Qualcuno gli ha detto che facendo in foro in una delle sue casse aumentano le basse frequenze. Scetticamente si chiede come ciò sia possibile, e riflette sul fatto che fino a quando il suono è confinato nel box chiuso esso non può intaccare l’emissione anteriore. Facendo però un foro nel cabinet parte del suono ne esce e potrebbe interagire, presumibilmente in maniera degenerativa o distruttiva, con l’emissione frontale. La curiosità però lo induce a provare; sceglie quindi una cassa, ad esempio quella con volume interno V = 27 dm3, ed inizia a fare fori via via più larghi con diametro dD={0.1, 1, 2, 3, 5, 7, 10} cm.
La risposta ottenuta, in termini di risposta in frequenza e curva di impedenza, è riportata nelle figure 9 e 10.
Alcune considerazioni immediate:
- praticando un un foro piccolo, molto piccolo, la risposta in frequenza si presenta molto simile a quella di un cabinet chiuso;
- mano a mano che il foro viene allargato, stranamente, aumenta l’emissione di basse frequenze;
- aumentando ulteriormente il diametro si nota che l’emissione a certe frequenze è addirittura superiore a quella naturale dell’altoparlante;
- la curva di impedenza non ha più un singolo picco in corrispondenza della frequenza Fc bensì due, di ampiezza non necessariamente identica. Il punto di minimo tra i due picchi corrisponde alla frequenza d’accordo Fb.
Frequenza di accordo? Eh si, il nostro bravo sperimentatore non sa che l’aver praticato un banale foro nel cabinet l’ha fatto diventare un sistema accordato che segue certe precise regole, individuate da Helmholtz.
È interessante notare – o almeno lo è per me – che il picco a frequenza più bassa fa la sua comparsa nel grafico in maniera molto modesta, direi timida.
Inizialmente il picco ad Fc del box chiuso varia di poco la sua posizione, comunque sempre incrementando la frequenza a cui si ha il massimo. All’aumentare del diametro del foro, ambedue i picchi (posti a frequenza Fl ed Fh) si spostano a frequenze più elevata (vedi figura 10). Le simulazioni sono state fatte come se realmente si trattasse di un foro nel cabinet; si è quindi considerato uno spessore del legno di 2 cm. La simulazione prescinde dall’effettiva realizzabilità dell’oggetto, è infatti molto probabile che un box con un foro di 2 o 3 cm soffi parecchio.
Lunghezza del condotto variabile
Lo sperimentatore però si accorge di un’altra cosa; usando lo stesso cabinet su cui aveva praticato il foro di diametro 8 cm♠ ed inserendo dei tubi di differente lunghezza riesce ad ottenere delle risposte in frequenza molto simili a quelle rilevate modificando il diametro del foro. Com’è possibile ciò? Helmholtz, sempre lui, anche in questo caso potrebbe dargli una risposta. Per le lunghezze del condotto di {2, 10, 20, 28, 35, 50} cm ottiene i risultati riportati nelle figure 11 e 12.
Incidentalmente scopre che il sistema con un foro nella tavola con dD=3 cm ha la medesima risposta di un foro con dD=8 cm ed un tubo lungo 28 cm. Visto che il sig. Helmholtz non gli ha dato la risposta, valuta sperimentalmente le differenze. Risultato: il box con il solo foro, come prevedibile, soffia ed emette strani rumori quando alza il volume, il cabinet con foro largo e tubo invece no e, anzi, osserva che l’aria che esce dal tubo è molto meno veloce di quella che esce dal forellino di 3 cm. Ne deduce che avere un condotto di ampia superficie e lungo è meglio che averne uno piccolo e corto♦. Quindi, per mantenere la stessa Fb bisogna sia aumentare l’area del foro che aumentarne la profondità. Da acuto osservatore nota anche che usando il tubo più lungo, quello da 50 cm, compaiono delle irregolarità nella risposta in frequenza. Da che sono dovute? La frequenza a cui si manifesta l’irregolarità è 340 Hz; a quella frequenza la lunghezza d’onda è pari ad 1 metro e mezza lunghezza d’onda a 50 cm... giusto giusto quanto il condotto d’accordo. Ne prende atto e se lo segna per il futuro.
Metodi classici
Da che si è capito come funziona il sistema risonante ([2], [3]), praticamente ogni ricercatore e studioso pioniere ha elaborato un suo metodo per determinare quali sono le migliori condizioni (leggi Vb e Fb) in cui ottenere determinate prestazioni da un sistema acustico. Ne cito tre, ognuna importante o per motivi storici o per facilità d’uso.
Metodo Keele
Il metodo è molto semplice e prevede un numero esiguo di calcoli:
con 3,5 ≤ S ≤ 8 parametro caratteristico dell’allineamento.
Metteteci pure che D. K. Keele stava prima in Electro-Voice e poi in JBL, e che queste formulette circolavano nelle Application Note della stessa, e concorderete che almeno metà dei diffusori bass reflex pro degli anni ‘70 ed ‘80 sono stati dimensionati usando queste due equazioncine.
Invero Keele propose anche altri sistemi per la determinazione di un corretto allineamento, ricordo listati in forma tabellare e poi ancora un sistema di sintesi dei box in base alle performance (estensione ed output) richieste ([4], [5]).
Metodo di Margolis/Small
Ad onor del vero, questo sistema non è che sia particolarmente noto ma a me fa simpatia perché, in pieno boom dei calcolatori, ammetteva candidamente che volume e frequenza d’accordo erano circa uguali a qualcosa. L’indeterminazione data da quel “circa” rendeva il metodo infallibile in quanto intrinsecamente tollerante.
Tavola di Thiele
Per gli autocostruttori le tavole di Thiele hanno più valore che le tavole di Mosè per i cattolici; per motivi storici furono il primo concreto sistema di sintesi basato sui parametri di T&S (appunto). La loro utilità è tuttavia assai limitata in quanto, gira e rigira, gli allineamenti utilizzati sono sempre il B4 o un QB3. Chi si è azzardato a fare un C4 probabilmente l’ha tarato ad orecchio e non con le tavole.
Come visibile nelle figure 13 e 14, i vari metodi offrono risultati molto simili; fanno ovviamente eccezione i casi estremi, come i Keele per S = 3,5 e 8. Le Fb suggerite sono praticamente identiche e sussistono differenze, invero non proprio trascurabili, sui soli volumi.
Concretamente qualsiasi sistema di calcolo citato, per quanto approssimato, conduce ad un sistema correttamente allineato. Questa parte di simulazione e valutazione è off-limits per il nostro sperimentatore che di metodi di calcolo non ne ha e non ne conosce per definizione.
Nel prossimo numero prenderemo in considerazione le configurazioni nelle quali l’altoparlante emette direttamente in un condotto.
Bibliografia e letture di riferimento
[2] R.H. Small, Direct Radiator Loudspeaker System Analysis, AES Published, (1972)
[3] R.H. Small, Vented-Box Loudspeaker Systems – Part 1-4, AES Published, (1973)
[4] D. B. Keele, A New Set of Sixth-Order Vented- Box Loudspeaker System Alignments, AES Published, (1975)
[5] D. B. Keele, A Tabular Tuning Method for Vented Enclosures, AES Published, (1974)
Note:
♠ con la fresa a tazza.
♦ non vi è alcun riferimento sessuale in quest’affermazione.
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