Amplificatori audio di potenza - 2 parte
2° parte.
Nel numero scorso abbiamo introdotto il concetto di classe di funzionamento di un amplificatore e il significato dei principali parametri caratteristici. Abbiamo poi descritto il funzionamento degli amplificatori in classe A. L’architettura in classe A è senz’altro la più semplice tra tutte, per cui può portare più facilmente ad ottimi risultati dal punto di vista della qualità audio. Dal punto di vista energetico il comportamento del classe A è però decisamente un disastro. Per questo sono nate altre architetture, più complesse ed efficienti.
Classe B
Un amplificatore lavora in classe B quando, nel caso di segnale di ingresso sinusoidale, la corrente in ciascuno dei dispositivi finali è nulla per metà periodo. Il punto di funzionamento a riposo dei finali si trova al limite della regione di interdizione. La potenza dissipata a riposo è trascurabile, nella maggior parte dei casi, essendo appunto pressoché nulla la corrente di riposo. Il circuito, riportato in figura 5, è chiamato push-pull con riferimento al comportamento dei due dispositivi che, alternativamente, spingono (push) o tirano (pull) il carico verso l’alimentazione positiva o verso quella negativa. Praticamente, sempre considerando in ingresso una sinusoide, durante la semionda positiva in ingresso il carico viene pilotato dal transistore superiore mentre quello inferiore resta interdetto (cioè spento); viceversa durante la semionda negativa è il transistore inferiore a condurre la corrente d’uscita dal carico al morsetto negativo dell’alimentazione.
Rendimento di conversione e figura di merito della classe B
Anche in questo caso, la massima efficienza si ottiene in corrispondenza dell’escursione massima di tensione e corrente sul carico, situazione che porta ad un rendimento di conversione del 78,5 %. Per quanto riguarda la cifra di merito, questa vale circa 0,2, ovvero ciascun finale deve essere in grado di dissipare una potenza media pari ad 1/5 di quella fornita al carico. Un amplificatore di potenza da 100 W, ad esempio, assorbe dall’alimentazione una potenza di circa 130 W a pieno carico ed utilizza due finali di potenza ciascuno capace di dissipare una potenza media di 20 W. L’assorbimento a vuoto, cioè senza segnale in ingresso, è praticamente trascurabile. Dal punto di vista energetico, la situazione è molto migliore rispetto alla configurazione in classe A. Anche in questo caso, la situazione reale non è ovviamente così rosea. Nelle stesse condizioni già esaminate per gli amplificatori in classe A, ovvero con un segnale in ingresso con una dinamica di almeno 10 o 15 dB, il rendimento di conversione teorico è poco minore del 25%. In pratica, un amplificatore di potenza in classe B capace di erogare una potenza di 100 W con ingresso sinusoidale, utilizzato con un normale programma musicale riuscirà ad erogare mediamente al carico una potenza intorno a 10 W assorbendo circa 40 W dall’alimentazione.
La distorsione di cross-over
I dispositivi reali escono dall’interdizione quando la tensione all’elettrodo di controllo supera un valore di soglia maggiore di zero, tipicamente di qualche decimo di volt, per cui con lo schema di figura 5 c’è un intervallo di valori del segnale d’ingresso, intorno allo zero, in corrispondenza del quale nessuno dei due transistori finali conduce. Questo produce una distorsione della sinusoide in uscita detta “distorsione di cross-over”. La distorsione di cross-over viene solitamente ridotta usando schemi in retroazione e anche polarizzando i dispositivi al limite dell’interdizione ma con una corrente di riposo non propriamente nulla. Si parla di “classe AB” per indicare gli schemi in cui i finali di potenza sono attraversati da una relativamente debole corrente anche in condizioni di riposo. Se la polarizzazione è corretta, la corrente di riposo non interessa comunque il carico. Naturalmente la polarizzazione in classe AB abbassa ulteriormente il rendimento di conversione dell’amplificatore. Fino a davvero poco tempo fa, la maggior parte degli amplificatori audio commerciali erano in classe AB. Si tratta di uno schema ormai consolidato, relativamente poco complesso e dal quale si possono ottenere potenze anche significative con distorsione limitata. L’efficienza è piuttosto bassa e dipendente in misura significativa dal livello del segnale in uscita. Gli amplificatori di potenza in classe AB sono oggetti generalmente piuttosto ingombranti e soprattutto piuttosto pesanti. Per questo si stanno facendo sempre più diffusi gli amplificatori in classe D, descritti in seguito.
Classe C
Negli amplificatori in classe C i dispositivi di potenza conducono per meno di metà periodo. Vengono usati a radio frequenza su carichi risonanti, cosicché si riesce comunque ad ottenere un segnale d’uscita sinusoidale. Il rendimento di conversione teorico massimo supera il 78,5% ma non presentano alcun interesse in campo audio.
Classe G
L’efficienza teorica di un amplificatore in classe B è relativamente buona per un segnale sinusoidale di ampiezza massima, che rimane per molto tempo vicino ai valori limite della tensione di alimentazione, cosicché la caduta di tensione sui transistori finali è mediamente bassa. Un tipico segnale audio, al contrario, si allontana di poco dallo zero per la maggior parte del tempo, con poche escursioni verso i livelli più elevati, per cui la caduta di tensione sui finali è mediamente più elevata e il rendimento di conversione reale si abbassa drasticamente. Un amplificatore in classe G usa sorgenti di alimentazione multiple: per bassi livelli di tensione in uscita si usa la sorgente di alimentazione a tensione minore, mentre quando il segnale d’uscita aumenta oltre una data soglia l’alimentazione commuta su una sorgente a tensione più elevata. In questo modo si riduce la caduta di tensione media sui finali migliorando l’efficienza complessiva. Il circuito di figura 6 mostra un modo per implementare questa architettura: il transistor superiore e quello inferiore, che funzionano on-off, vengono chiusi (accesi, on) durante i picchi di segnale incrementando l’alimentazione per i due transistori centrali che restano i veri finali di potenza. Variando un poco la topologia del circuito, è anche possibile cortocircuitare i due transistori centrali durante i picchi di segnale, sostituendo così anche la coppia di finali con i due esterni più “robusti”. Uno svantaggio del circuito di figura 6 è che ci sono comunque sempre due elementi in serie: ai bassi livelli di segnale sono i diodi a ridurre l’efficienza, mentre durante i picchi ci sono due transistori in serie per ciascun ramo, cosicché la corrente elettrica proveniente dall’alimentazione deve comunque attraversare due dispositivi prima di raggiungere il carico. La figura 7 mostra un’architettura con le alimentazioni ed i rispettivi finali in parallelo, che non soffre dei problemi dello schema precedente. Occorre porre comunque una certa attenzione nel circuito di pilotaggio dei finali, nello schema di figura 7, per evitare che tensioni inverse troppo elevate danneggino la giunzione base-emettitore dei finali pilotati dalla tensione inferiore, soprattutto quando le potenze in gioco sono elevate e, a maggior ragione, nel caso in cui si utilizzino dei finali di tipo FET. Un altro problema degli amplificatori in classe G è la distorsione causata dalle commutazioni tra le sorgenti di alimentazione. Questa può essere ridotta utilizzando la retroazione e circuiti di pilotaggio che comprendano isteresi e/o ritardi per ridurre il numero di commutazioni, o anche implementando un meccanismo di commutazione “graduale” e sopportando una certa riduzione di efficienza.
Classe H
Se i picchi di potenza del segnale sono molto brevi, come avviene generalmente nel caso degli amplificatori audio, non è necessario usare due sorgenti di alimentazione distinte: l’energia in eccesso durante i picchi può essere fornita da un condensatore opportunamente pre-caricato. Gli amplificatori costruiti implementando questa tecnica vengono detti “in classe H” ed uno schema di principio è riportato in figura 8. Finché il livello del segnale d’uscita è limitato, i commutatori tengono a massa una delle armature di ciascuno dei due condensatori, che si caricano così alla tensione di alimentazione. Durante i picchi del segnale, i commutatori portano le armature che erano precedentemente a massa al livello della tensione di alimentazione, cosicché i transistori vedono una tensione di alimentazione all’incirca doppia. I condensatori devono avere una capacità di valore elevato, giacché un picco in bassa frequenza può richiedere una quantità di energia relativamente elevata per un condensatore. Spesso vengono implementate politiche di commutazione anche piuttosto complesse, dato che è impossibile conoscere a priori la durata e la frequenza dei picchi del segnale d’uscita. Il vantaggio di questa configurazione è quello di richiedere una sola sorgente di alimentazione, per cui risulta più semplice da implementare rispetto alla classe G.
Classe D
Negli amplificatori in classe D, detti anche amplificatori switching o amplificatori in commutazione, i dispositivi finali di potenza lavorano come interruttori, cioè funzionano in interdizione o in saturazione evitando completamente la zona attiva. Un amplificatore in classe D consiste tipicamente in un modulatore che converte il segnale analogico o digitale in ingresso in un segnale a frequenza relativamente elevata modulato a larghezza d’impulso (PWM), seguito da uno stadio di potenza in commutazione. L’uscita dello stadio in commutazione può assumere solo due valori, alto o basso, e commuta ad una frequenza molto al di sopra della banda audio, tipicamente alcune centinaia di kHz. La porzione di spettro di frequenza del segnale PWM in banda audio riproduce lo spettro del segnale d’ingresso. Un filtro LC passa-basso in uscita elimina le componenti in alta frequenza lasciando passare il segnale audio verso il carico (figura 9). Idealmente, né i commutatori dello stadio d’uscita né il filtro dissipano alcuna potenza, cosicché l’efficienza può essere molto alta. Il comportamento di un amplificatore in classe D ideale dal punto di vista energetico è praticamente perfetto: il rendimento di conversione teorico è unitario indipendentemente dal livello del segnale d’uscita e i finali non dissipano alcuna potenza per cui la cifra di merito è nulla. Questa tipologia di amplificatori di potenza sta gradualmente sostituendo gli amplificatori in classe AB (e derivate G o H), soprattutto dove la richiesta di efficienza è più spinta come nei cellulari e nei computer portatili. Negli ultimi anni questi amplificatori sono sempre più diffusi anche in abito professionale, dove l’efficienza elevata permette di ridurre anche drasticamente dimensioni e peso.