Paolo Gualdi

Datemi una superficie, vi proietterò il mondo.


Nella sua sede di Castelfranco Emilia, abbiamo incontrato Paolo Gualdi, mente e braccio de Le Grandi Immagini, una delle prime aziende specializzatasi nella proiezione scenografica di grandi immagini, grazie alla ricerca ed all'utilizzo delle tecnologie più all'avanguardia. Con Paolo ripercorriamo le sue prime passioni e gli inizi di questo lavoro.

Paolo, da dove nasce questa passione per le immagini?
Il gene me lo ha trasmesso sicuramente mio padre, fotografo professionista: io forse ho preso in mano la macchina fotografica ancor prima di camminare. A sei anni, con mio padre, ho fatto il mio primo servizio fotografico per un matrimonio! Seguendo quindi le orme paterne mi sono appassionato a questo lavoro che implica anche una vocazione artistica.


Che formazione scolastica hai scelto per seguire questa passione?
Dopo le scuole dell'obbligo ho frequentato l'Istituto d'Arte, come grafico pubblicitario, e poi l'Accademia d'Arte, come scenografo. Un percorso che allo stesso tempo accontentava i miei genitori ed appagava anche me. Però, come tutti i ragazzi, specialmente ai quei tempi, la grande passione era la musica ed anch'io infatti suonavo con un gruppetto.


Quindi unire la musica e le immagini è stato naturale...
Sì, infatti presto cominciai a pensare a come mettere insieme queste due mie passioni, per poter dargli un senso e farle diventare un'attività lavorativa. All'epoca non esistevano le proiezioni di grandi immagini, si iniziava solo a realizzare delle proiezioni in multivisione, usando dei proiettori di diapositive sincronizzati. Incominciai allora a mettere insieme alcuni Carousel della Kodak, con le rispettive centraline, per poi iniziare ad apportare delle modifiche e, dopo molti esperimenti, arrivai ad una multivisione realizzata con un centinaio di proiettori. Questa tecnologia applicata mi portò a lavorare per varie convention, presentazioni di prodotti, sfilate di moda, ecc.


E come avvenne lo sbarco nel mondo della grande musica?
Grazie ai tanti lavori ed ai contatti di quegl'anni, un giorno arriva una richiesta dall'entourage di Zucchero che mi chiede di realizzare delle proiezioni per l'imminente tour. Le prove si svolgevano in un teatrino di Concordia, fortunatamente anche vicino casa; ricordo che uno dei primi giorni, entrando in teatro, capitai durante un assolo di Corrado Rustici: ai tempi anch'io mi ritenevo un chitarrista, ed in quel momento capii che forse avevo sbagliato qualcosa, e decisi più saggiamente di appendere la chitarra al chiodo e dedicarmi alle proiezioni, che forse mi riuscivano meglio. Era il 1989 ed improvvisamente mi ritrovai in giro per l'Europa, nella tournée del famoso spettacolo nel teatro del Cremlino a Mosca. Fortunatamente le foto ed un articolo su quel tour, grazie a Mike Clark, uscirono su una nota rivista inglese, e da lì iniziarono i contatti ed i primi lavori importanti, tra cui il tour con Ligabue “Lambrusco e pop corn”. Da lì avvenne un cambio anche nel metodo di lavoro; infatti con Adriano Sanson ed il grafico di Luciano, Gigi Cavalli Cocchi che era anche il batterista, studiammo accuratamente tutte le scenografie dello spettacolo, con l'obiettivo di integrare le immagini in un preciso progetto artistico.


Tecnicamente di quali tecnologie ti avvalevi?
Lavoro dopo lavoro, un po' per il mio carattere irrequieto un po' per le richieste sempre maggiori, iniziai a lavorare con dei proiettori Pani, usati in quei periodi nei teatri: erano proiettori che usavano delle lampade da 6000 W con i quali riuscimmo a fare un grosso passo in avanti ed ottenere dei risultati migliori. Una volta, girovagando per fiere estere, a Parigi mi imbattei in un'azienda, la Hardware Xenon, che produceva un proiettore da 5000 W con una resa da 50.000 ANSI lumen, con una struttura moderna e tecnologicamente avanzata che prevedeva anche il collegamento diretto ad un computer; faceva delle dissolvenze e poteva essere programmata: la macchina ideale per sviluppare e sperimentare nuove soluzioni. Dopo qualche anno, sempre durante il mio girovagare, conobbi i Pigi che, al contrario delle macchine dell'epoca, montavano una pellicola da 30 metri in scorrimento: se consideri che con la potenza di 80/100 mila ansi lumen si possono proiettare immagini anche di 50 metri di base in scorrimento, cosa che ancor oggi è difficile ottenere con dei video proiettori, capisci che grazie a queste macchine entrammo in mercati nuovi proponendo soluzioni innovative.

Ma la proiezione non era la vostra unica forza...
No. Infatti nel tempo divenimmo il service italiano più organizzato per proiezioni di grandi immagini per diversi motivi, il principale dei quali penso sia l'efficienza del nostro laboratorio di produzione di immagini che può contare su un archivio di oltre un milione di foto, sommando quelle di mio padre, le mie e quelle acquistate da diversi archivi in giro per il mondo. Grazie a questo eravamo in grado di produrre le pellicole ad hoc per noi e per gli altri possessori di Pigi. Attualmente ci troviamo ad avere cinque postazioni di computer grafica, di cui due per la creazione di animazioni 3D, che tutto il giorno lavorano sull'elaborazione di immagini da proiettare, sia con immagini su pellicola per i Pigi che con immagini video per video proiettori.

Ma la tecnologia non si è fermata ai Pigi. Qual è stata l'evoluzione?
Gli anni duemila sono stati di transizione. Anche i videoproiettori cominciavano a soddisfare le mie esigenze, così cominciai ad usare un proiettore della Khristie da 25.000 ANSI lumen, ma non era sicuramente quello che avevo in mente: diciamo che è un ottimo compromesso che mi permette di dare ulteriore spazio alla mia creatività, perché l'idea è sempre quella: creare delle scenografie! Le tecnologie sono uno strumento per raggiungere questo scopo. In seguito il mercato video si orientò sugli schermi a LED, ma si trattava di una tecnologia che non mi piaceva, perché non mi dava quella libertà che io cercavo. Finché, durante un viaggio all'LDI di Orlando insieme al mio amico e socio Nicola, che vive ad Atlanta, ci siamo imbattuti in un piccolo stand di giapponesi che esponeva uno schermo a LED molto particolare. Fu amore a prima vista! Ma riuscire a comunicare fu un'impresa, perché nella compagnia dei giapponesi solo uno parlava inglese, e quel giorno era assente. Così ritornammo il giorno dopo riuscendo ad avere le spiegazioni necessarie ed iniziare una trattativa per poter utilizzare il prodotto.


Sapevi già che avrebbe potuto destare interesse in Italia?
Lo immaginavo. Infatti al mio ritorno lo feci vedere a Giorgio Ioan che stava iniziando la produzione per il tour mondiale di Eros Ramazzotti: la proposta piacque tanto che la settimana seguente ero in Giappone per trattare l'importazione del prodotto. Ma non era affatto semplice: in quel periodo ne esistevano solo otto esemplari, e sette erano già in uso in Giappone, quindi stavamo trattando un prodotto che fuori del Giappone era unico al mondo. Ma non potevamo acquistarlo, perché mancavano tutte le certificazioni del caso, obbligatorie per la Comunità Europea; il tempo per le pratiche burocratiche non era sufficiente perché il tour doveva partire: sono stati momenti molto intensi, però alla fine siamo riusciti nell'intento. Così abbiamo iniziato il tour di Ramazzotti, a cui è seguito il tour mondiale di Pink, durato quattro mesi; in quest'occasione ho avuto un'enorme soddisfazione, perché una produzione americana che chiede un servizio ad un'azienda italiana non capita tutti i giorni.

Adesso hai preso proprio la distribuzione di quest prodotto?
Sì, siamo diventati i distributori per l'Europa di Image Mesh e Kapas, ora finalmente coperti da tutte le certificazioni del caso. In seguito a questa vicenda anche l'azienda Le Grandi Immagini ha cambiato assetto, si è riorganizzata per offrire un servizio diversificato e speriamo migliore. Attualmente ci siamo divisi in quattro sezioni: LGI Art&Director (centro creativo dove si producono progetti), LGI Rental&Service (affitto e vendita di materiale), LGI Immagini e Archivi (commercializzazione di immagini), LGI La Fornace (sperimentazione e formazione). Questo per riuscire a fare sempre più quello che mi piace e quello che mi dà le soddisfazioni maggiori, cioè il creativo, senza pensare ai numeri.

Immaginiamo quindi che il sogno nel cassetto di Paolo sia proprio quello di dedicarsi sempre più a questo aspetto creativo del suo lavoro; a noi non resta che augurarci di poterne presto vedere gli spettacolari risultati.