Aiuto, mi sento male! 2 parte

Miscelazione dei colori...

di Stefano Cantadori

Nel numero scorso abbiamo iniziato un discorso sulle sorgenti luminose a LED e, in particolare, sulla luce colorata e sul bianco che si può sperare di ottenere da tali sorgenti. Proseguiamo qui affrontando il problema della miscelazione dei colori.

Tranne un paio di casi brevettatissimi, i colori si miscelano in aria.

Il che significa che guardando direttamente il faro “in bocca” si vedranno i primari. Interponendo un ostacolo parziale sul percorso del fascio, la luce miscelata si scomporrà nei primari e verranno proiettate ombre tricolori sul bersaglio, in teoria tante quante i LED presenti. Se il bersaglio è scabro o la parete ondulata, è ben possibile trovarsi con la luce scomposta invece del colore desiderato.

Ovviamente, miscelandosi in aria, i colori hanno bisogno di un certo spazio libero davanti a loro per formarsi. Se metti la sorgente troppo vicina al fondale, si vedranno i fasci primari in prossimità del faro, non ancora miscelati.

Inoltre, per fare la luce che serve, la luce prodotta dai singoli LED è concentrata tramite lenti montate davanti ad ognuno di questi, in coni stretti. Per illuminare una vasta superficie servono vagoni di dispositivi e non sempre i LED, in batterie di dispositivi miscelati in aria, sono la soluzione più economica. Di sicuro non sono la soluzione migliore per il rental a tutto campo.

Su un palcoscenico, infatti, ci potrà capitare di usare luce bianca, almeno quando esce il presentatore, specie se ci sono telecamere in gioco.

Se usiamo LED bianchi, suppongo caldi per non creare cadaveri ghiacciati, ne dovremo impiegare migliaia e migliaia anche per un palco di piccole dimensioni (90 LED per faro, 50 fari: fanno 4500 LED).

Se le dimensioni sono maggiori, ad esempio un palco da 25 metri di larghezza per 15 di profondità, è difficile trovare LED montati in batterie in grado di fare tanta strada. Per fare il bianco sul nostro palcoscenico useremo quindi altri cazzamaveri, probabilmente ancora a filamento per gli incarnati o a scarica ma corretti con filtri (lo spettacolo gode di esenzioni non estese al civile e si possono usare lampade con tecnologie “proibite” come i filamenti ad incandescenza).

Ci serviranno poi dispositivi tipo “wash” per i colori, allo scopo di illuminare fondali e palco. Se usiamo LED RGB montati su ribalte per i fondali, accetteremo di usarne una grande quantità per ottenere i colori decentemente saturi, montandoli a distanza sufficiente per non fare strisce di primari non miscelati.

Impiegando i nostri LED miscelati in aria anche per fare il resto del palco, illuminando dalle americane, avremo in genere tagli, controluce e frontali. Se il palco è piccolo, tutto ok. Data la scarsa luminosità ottenibile, se il palco come nell’ipotesi precedente è grosso, non c’è spettacolo con abbastanza quattrini da essere illuminato con LED da 1 W, 2  W, 3  W, 5 W come quelli che ci sono oggi in circolo.

Occhio, i watt non esprimono luminosità ma solo la potenza che puoi immettere. Non fatevi trarre in inganno. In una stufa elettrica di watt ne posso mettere tanti ma di luce ne ottengo poca.

Infine, sul nostro palcoscenico, ci serviranno i sagomatori o gli spot o entrambi, per illuminare selettivamente e fare i fasci, colorati o bianchi.

In definitiva, con i LED ancora non possiamo fare tutto.

È però vero che sono apparsi i primi wash a LED con miscelazione del colore interna. È un grande passo. Alcuni costruttori fabbricano wash a LED non solo con miscelazione interna ma addirittura ad ampio spettro luminoso, talmente ampio da poter generare non solo ottimi bianchi ma anche di poterne regolare la temperatura colore con continuità, da caldissima a freddissima passando per il daylight.

Anche lo spettro dei colori è assai ampio, al punto di poter effettuare regolazioni non solo additive RGB ma anche sottrattive CMY. Ci sono macchinari moving light con emissioni luminose paragonabili ai 1200 a scarica e modelli fissi con dimensioni di fresnel teatrali (perfetti appunto, per queste applicazioni o per lo studio televisivo, oltre che per il palcoscenico in generale).

Prima dell’avvento di questa tecnologia, i bianchi in ogni magazzino dovevano essere di tre o quattro tipi, distinti per temperatura colore, apertura e tipo di fascio. Fresnel, PC, sagomatori, accecatori sono i “fari” più comuni.

Ma c’è di più: questa tecnologia sta arrivando in dispositivi a sempre più basso costo e per applicazioni fuori dal palcoscenico. Immaginate un Rembrandt a lume di candela e poi con la luce del mattino d’estate e con quella del temporale in arrivo.

Ogni volta un quadro diverso.

Immaginate il colore della frutta o dei gamberi variare a seconda del tipo di luce. Il cibo diventa più o meno appetibile, la signora che ci piace tanto diventa spiacevole e spettrale se illuminata dalla luce verdastra dei vapori di mercurio. Certi fenomeni li abbiamo sotto il naso tutti i giorni ma spesso non li focalizziamo e non li analizziamo da un punto di vista più ampio.

La tecnologia insomma è destinata non solo a migliorare la nostra vita, ma anche a semplificare e alleggerire il carico di lavoro e gli investimenti di noleggiatori, teatri e televisioni. Il futuro non richiederà più gelatine da cambiare in graticcia, non più puntamenti manuali, non più centinaia e centinaia di punti luce per un’opera lirica. Potremo regolare i colori da terra, fare una notte livida o calda come l’amore. Gli assorbimenti saranno ridotti a una frazione di quelli odierni e le luci non faranno più il caldo micidiale per combattere il quale si usano grandi condizionatori. Anche nel teatro spariranno quasi interamente i dimmer, e gli spinamenti saranno dimenticati.

Useremo relativamente pochi dispositivi, flessibili per potenza, colori e tipi di fascio, tutti controllati a distanza.

Anche questa volta l’ho sentito dire a una fiera.