Mezzogiorno di Suono
Dopo aver esaminato i principi di funzionamento basilari delle linee di suono, è giunto il tempo di dare alcune indicazioni pratiche per la loro corretta installazione negli ambienti che dobbiamo sonorizzare...
Dopo aver esaminato i principi di funzionamento basilari delle linee di suono, è giunto il tempo di dare alcune indicazioni pratiche per la loro corretta installazione negli ambienti che dobbiamo sonorizzare.
Come ho più volte sottolineato, la scelta e la collocazione dei diffusori assumono un’importanza fondamentale per le prestazioni del sistema. Vi ricordo (vedi Mezzogiorno di Suono in S&L no.95) che all’interno di un edificio, questi due parametri sono determinati da:
• Struttura architettonica
• Disposizione della(e) area(e) d’ascolto
• Tempo di Riverberazione
• Presenza di superficie acusticamente riflettenti
• Costi
• Esigenze estetiche
L’insieme di queste variabili e l’ampia offerta di componenti proposti dall’industria del settore lasciano all’installatore una certa flessibilità di scelta. Ad esempio, possiamo decidere di installare colonne a singola o doppia altezza, inclinate fisicamente o elettricamente, alimentate ad impedenza oppure tensione costante e così via. Qualunque siano le nostre decisioni relative alla struttura del sistema, l’obiettivo da raggiungere è sempre uno solo: far sì che l’impianto risponda alle esigenze qualitative, funzionali ed estetiche richieste dal committente nell’ambito di spesa concordato e assicuri il miglior rapporto qualità/costo possibile.
Le indicazioni che seguono partono dal presupposto che le colonne di suono utilizzate siano lunghe almeno un metro e composte da 10 o più altoparlanti: i parametri minimi che consentono il corretto funzionamento di un line array, a meno di casi particolari.
Altezza dei diffusori
Posizione, altezza ed inclinazione dei diffusori sono determinate dall’esigenza di ottenere un campo sonoro quanto più uniforme possibile, come ho descritto in dettaglio nell’ultima puntata di Mezzogiorno di Suono. Inoltre, occorre far sì che il percorso del suono non sia ostacolato dagli ascoltatori che si trovano davanti e ai lati del diffusore. Una o più persone in piedi davanti ad una linea di suono intercettano buona parte dell’emissione del diffusore e causano la rifrazione (l’alterazione del percorso del suono) di quella parte dell’energia che riesce a filtrare oltre l’ostacolo. Dal momento che una linea di suono funziona grazie all’interferenza delle emissioni dei suoi trasduttori, questa alterazione cambia lo schema temporale previsto dal progettista e distrugge la coerenza della distribuzione del suono.
È sempre buona norma scegliere una collocazione che assicuri una zona di rispetto, libera da qualsiasi ingombro, con un raggio di almeno 1,5÷2 metri dal diffusore. Quando questo non è possibile, occorre spostare o alzare ulteriormente la colonna. Purtroppo è molto frequente il caso di colonne installate ad altezza d’uomo e vicinissime all’area d’ascolto. Una simile collocazione impedisce del tutto il corretto propagarsi del suono ed è causa di una drastica diminuzione dell’intelligibilità pur se il sistema, di per sé, è progettato correttamente.
Una linea di suono alta 1 metro deve essere collocata con il baricentro (posto per convenzione a metà altezza del diffusore) a 1,7÷2 metri da terra. Il primo dato si riferisce alla copertura di un’area dove vi sono solo sedute, il secondo ad un’area dove gli ascoltatori sono in piedi oppure sia seduti sia in piedi. Quando l’altezza è 1,7 metri, la base della colonna si trova a circa 1,2 metri dal pavimento. Poiché l’altezza di una persona seduta è mediamente 1,0÷1,1 metri, con questa collocazione ci poniamo nelle condizioni ottimali per ottenere la migliore uniformità nella distribuzione del suono.
Con un’altezza di 2 metri, la base si trova a 1,5 metri da terra, sufficienti ad assicurare una buona copertura delle sedute più vicine al diffusore e ad evitare l’assorbimento e la rifrazione del suono da parte della massa degli ascoltatori nei pressi della linea di suono. Ad ostacolare la radiazione sarà solo la testa degli ascoltatori più alti e limitatamente agli altoparlanti inferiori della colonna. Da notare che l’altezza è riferita al pavimento della zona di seduta, non a quello dell’area dove è collocato il diffusore. A titolo di esempio, una colonna che copre la navata di una chiesa ma è collocata contro un pilastro nel presbiterio, sopraelevato di 0,6 metri rispetto al resto della chiesa, deve essere installata a 1,2÷1,4 metri dal pavimento del presbiterio (1,2÷1,4 + 0,6 = 1,8÷2).
Quando la linea di suono è lunga due metri, occorre prevedere un’altezza compresa fra 2 e 2,4 metri. In entrambi i casi valgono le considerazioni già esposte in precedenza: a causare assorbimento e rifrazione saranno solo le teste degli ascoltatori. Con un’altezza di 2 metri, applicabile ad aree di sola seduta, la base della colonna si trova ad 1 metro dal pavimento; con un’altezza di 2,4 metri si trova a 1,4 metri. Colonne lunghe più di due metri richiedono una valutazione ad hoc, caso per caso, tanto più che i diffusori di questa lunghezza sono spesso auto-amplificati e dotati di DSP che elabora i parametri per la formazione elettronica del fascio sonoro (beamforming).
Inclinazione dei diffusori
L’inclinazione della colonna dipende dalla gittata prevista e dalla presenza di superfici riflettenti. La regola aurea stabilisce che l’asse di radiazione del diffusore (calcolato a partire dal suo baricentro) incroci l’area da sonorizzare all’altezza del capo dell’ultimo ascoltatore. È sempre molto utile portare con sé un puntatore laser che, allineato con il diffusore, consenta di verificare la correttezza dell’inclinazione. Una colonna alta 1 metro con gittata di 7 metri deve essere inclinata di circa 6 gradi, indipendentemente dall’altezza. Per una gittata di 10 metri l’inclinazione deve essere ridotta a 4 gradi. Una colonna alta 2 metri con gittata di 7 metri deve essere inclinata di 7 gradi.
Con una gittata di 15 metri l’inclinazione si riduce a 3 gradi. Altezze e inclinazioni devono essere riconsiderate se entro le aree da sonorizzare o immediatamente fuori di esse sono presenti delle strutture – pilastri, pareti, decori, monumenti – che possono riflettere il suono. La parete di fondo di una chiesa, se priva di ornamenti e rivestita di pietra o di semplice intonaco è un ottimo esempio di superficie che può rimandare un’eco percepibile e fastidiosa. In questo caso è necessario elevare ed inclinare ulteriormente le linee di suono che producono il segnale riflesso, in maniera tale che il rimbalzo contro la parete lo indirizzi verso gli ultimi posti della seduta dove possa essere assorbito dalla massa degli astanti.
Una linea di suono, pur di diametro ridotto, alta due metri è piuttosto ingombrante. Quando è inclinata di 3 gradi, il suo margine superiore si discosta dalla parete contro la quale è appoggiata di 10 o 15 centimetri, a seconda della tipologia di staffa adottata.
Con un’inclinazione di 7 gradi, la distanza della parete aumenta a 0,30÷0,35 metri e il profilo del diffusore diventa ben evidente. L’impatto estetico è ancora accettabile nel primo caso ma sicuramente non nel secondo, in particolare se il sistema è installato in un edificio monumentale o appoggiato contro una colonna di diametro ridotto, che enfatizza l’elemento estraneo. Non desta quindi stupore che la maggior parte dei committenti – nel nostro Paese invero quasi tutti – sia molto sensibile all’impatto estetico delle strutture tecniche montate all’interno di un ambiente e richieda di minimizzarlo, anche a scapito delle prestazioni. Nel caso dei sistemi per la riproduzione del suono in ambienti acusticamente difficili – ohimè molto numerosi – l’equazione che lega le dimensioni e l’impatto estetico alla qualità e intelligibilità del segnale riprodotto non è lineare e ad una riduzione dell’impatto corrisponde sempre una ben più cospicua riduzione delle prestazioni. Ne consegue una miriade di locazioni che dispongono di sistemi di riproduzione del suono ben al di sotto della sufficienza pur non avendo affatto acquistato l’invisibilità. Per cercare di risolvere questa impasse, almeno parzialmente, negli ultimi anni si sono sempre più affermati gli steering array o beamformer, le linee di suono che consentono di modificare elettronicamente forma e direzione del fascio sonoro. Stretti parenti dei sonar per uso civile e militare – studiati ormai da oltre ottanta anni – e delle antenne direzionali per le trasmissioni radio (e in seguito per TV e telefoni cellulari), nel campo del PA hanno beneficiato dei progressi dell’elettronica e quindi della disponibilità di processori di segnale (DSP) di elevata potenza e costo contenuto. I beamformer in commercio consentono di variare, entro limiti modesti ma sufficienti, l’angolo di inclinazione, l’ampiezza, la focalizzazione e – in alcuni casi – la distribuzione dell’energia sonora entro il fascio prodotto.
A ciascun trasduttore del beamformer è inviato un segnale dedicato nel dominio del tempo (per mezzo di linee di ritardo elettroniche) e, nei dispositivi più sofisticati, anche nei domini dell’ampiezza e della frequenza. Alcuni beamformer si avvalgono pure di una particolare disposizione fisica dei trasduttori e della possibilità di invertire la polarità elettrica del segnale. La notevole complessità di questi dispositivi comporta costi ben più elevati di quelli di una linea di suono “passiva” convenzionale, ripagati dal fatto che consentono di ottenere risultati altrimenti impossibili.
L’inclinazione elettronica del fascio e la ridistribuzione dell’energia al suo interno permettono all’installatore di collocare il diffusore in alto e, soprattutto, parallelo alla superficie d’appoggio, minimizzando l’impatto estetico, anche se, a dire il vero, non tutti i beamformer sul mercato esibiscono dei “corpi” esilissimi. Un difetto al quale la continua evoluzione tecnologica saprà senza dubbio porre rimedio. L’insieme delle caratteristiche di un beamformer, abbinata ad una appropriata altezza della colonna di trasduttori, consente pure di aumentare la “gittata” del diffusore e, conseguentemente, di collocarlo in una posizione più arretrata e fuori vista. Infine, un vantaggio aggiuntivo di alcuni modelli è la possibilità di sonorizzare con due o più fasci sonori distinti prodotti da un singolo diffusore altrettante aree d’ascolto all’interno di un ambiente. Ad esempio, la platea e la galleria di una auditorium.
Queste ed altre nuove tecnologie del mondo del suono offrono possibilità impensabili cinquant’anni addietro e aprono sconfinati panorami di invenzioni e applicazioni. Ma qualunque esse siano, non esimono i sound contractor dall’installare sistemi tecnicamente corretti e concepiti con sapienza. I beamformer aggiungono flessibilità alle nostre opzioni di progettazione dell’impianto ma non compiono miracoli nei siti caratterizzati da un’acustica ostile. Se collocati e programmati in modo improprio possono facilmente offrire risultati deludenti, con l’aggravante del costo elevato. I DSP sono i Photoshop del mondo del suono ma se dimentichiamo di attivare un interruttore (o non sappiano di doverlo fare) rischiamo di ottenere un risultato molto lontano da quello desiderato. Mai come oggi è vero che “homo faber fortunæ suæ” e conoscenza (e diligenza) sono potere.