Massimo Barbieri - Fonico FOH
I personaggi del concerto all'Arena: Mika - The Magic Piano.
L'intervista di Alberto “Mente” Butturini al fonico FOH Massimo Barbieri sull'audio del concerto di Mika all'Arena di Verona.
Penso che sia la prima volta che un fonico intervista un altro fonico. Vediamo come va.
Anche per me è la prima volta. Aggiungo che è un vero onore essere intervistato da te.
Bando ai convenevoli. Qual è il mondo musicale di Mika?
Stiamo parlando di un quartetto di musicisti molto bravi, diretti da un direttore musicale capace, Tim Van Der Kuil – che normalmente è il chitarrista della band, ma che ci segue sempre da remoto dato il suo impegno con Adele. Il pianista è una new entry, arrivato per l’occasione: quello ufficiale è un musicista americano e non aveva molto senso farlo venire per una data secca.
Durante il soundcheck, non sono riuscito a identificare un genere preciso. La scaletta è molto variegata?
Mika è un artista poliedrico, che salta da un genere all’altro: dai Beatles ai musical, dalle ballads alla dance, con un’infinità di influenze. Questa varietà rende molto stimolante lavorarci. Il mio approccio al mix è sempre stato musicale prima che tecnico, e cercare di entrare nel tipo di programma musicale che sto mixando è sempre fondamentale. Confrontarmi con vari generi nello stesso concerto è come un esercizio riassuntivo delle esperienze accumulate in una vita.
Tu fai un lavoro sonoro in base ai diversi generi, o c’è un’impostazione di base?
Tutto parte sempre dal palco, e io cerco di sintetizzare quello che arriva. Il grosso del lavoro è stato fatto all’inizio da Tim e io, che sono subentrato un anno fa al fonico precedente che ha cambiato lavoro durante la pandemia, non ho fatto neanche delle prove musicali vere. Tutti i suoni tranne la batteria erano già definiti: alzavi un canale e trovavi già il suono che serviva. Questo deriva dal fatto che c’è un set up di backline definito da anni, con tutti i timbri, le sequenze e addirittura i suoni del Kemper per le chitarre, salvati e richiamati. Quindi chiunque arrivi a suonare si trova già i suoni fatti, e il mio lavoro è cercare di sintetizzare ciò che arriva dal palco.
Ho visto un bel mixer SSL, affiancato da un Bricasti. Poi?
Esatto, uso un SSL. Ho collegato solo un Bricasti e due Lexicon, per il resto uso tutti i processori interni al mixer.
I sub KS28 a terra sul palco, in configurazione cardioide.
Più o meno è anche il mio set up: quello che mi piace di meno dell’SSL sono i riverberi, mentre tutto il resto è perfetto. È il tuo mixer di prima scelta?
Dalla prima volta che ho avuto l’opportunità di usarlo, come prima scelta chiedo sempre l’SSL. Ci sono situazioni però in cui le economie non permettono il noleggio di un banco e allora si fa con quel che c’è. Nel tour in America e in Canada, per esempio, nelle date più piccole e al Coachella ho usato Digico e Digidesign.
Qualche novità sulle capsule per la voce?
Abbiamo fatto tutto il tour estivo con una Shure KSM8, che amo molto per la presenza che riesce a dare quando il cantante muove molto il microfono. Però con Mika, che scende spesso in platea in mezzo alla gente, ho avuto talvolta dei piccoli accenni di rientro dell’impianto, cominciava a sfarfallare un po’. Per questo concerto, dove l’artista sarebbe stato sempre davanti all’impianto, ho chiesto di provare la nuova KSM11, sempre della Shure. Dopo la prova di ieri l’ho voluta usare subito e devo dire che è stata perfetta.
Sulla batteria?
Siamo abbastanza standard su tutto, con un Audix D6 sulla cassa, Audix anche sui tom e Neumann sui piatti. L’unica vera particolarità è sulla consegna dei segnali al PA: ho chiesto all’amico Luca Nobilini di mandare un mix separato sui side e sui front fill, che io tratto in maniera leggermente diversa dal main. Dato che si tratta di un mix mono, mando un po’ di più tutte le cose che in mono tendono a cancellarsi (tastiere, riverberi), per essere in realtà più simile al mix del main.
Ho visto una nutrita tribù di coristi. Cosa usi per riprenderli?
I cori sono una novità di questa data, e al momento abbiamo usato 14 archetti DPA 4088. Sul palco è stata una bella sfida per la gestione delle radiofrequenze per Marzia Brini e Massimo Faggioni: oltre ai 14 canali per gli headset, ne abbiamo dovuti usare altri 14 per gli in-ear monitor.
Parlando di lavoro, hai trovato qualcosa di cambiato nel nostro settore?
La ripartenza per me ha coinciso con questa bella esperienza all’estero, dove tecnicamente e a livello organizzativo non ho trovato differenze con l’Italia. Anzi, devo dire che i nostri tecnici e le nostre produzioni sono all’avanguardia e assolutamente all’altezza di quello che si trova in giro per il mondo. Devo dire il contrario sulla considerazione del nostro lavoro: il management si è preoccupato in ogni occasione che fossimo sereni tecnicamente e dal punto di vista logistico, qualsiasi problematica è sempre stata discussa per cercare una soluzione, mai come un fastidio. Poi c’è il sistema di pagamento che riconosce ogni giorno di impegno effettivo: per una data secca in Europa si parte il giorno prima per raggiungere la venue, poi c’è il giorno dello spettacolo e il giorno dopo per il ritorno in sede: questi 3 giorni vengono pagati la stessa cifra ognuno! In America, quando siamo stati costretti a stare fermi per 9 giorni, in attesa di ripartire con un nuovo calendario, siamo stati pagati e spesati per tutti i giorni. Altro esempio: mi hanno chiesto di fare il mix di un video registrato a un festival, ho accettato di buon grado e dato che lo avrei fatto nei day off o durante i viaggi, giornate in cui ero già pagato perché in tour, non ho chiesto niente in più. Il manager mi ha detto: “No, questo è un lavoro extra e te lo paghiamo a parte”. Sono gesti che fanno capire il peso di quello che fai.
Butturini insieme a Massimo Barbieri.