Pink Floyd Legend

Una location particolare per un evento particolare. Il progetto della band Pink Floyd Legend esula completamente dal normale circuito delle tribute band, che spesso sono di eccezionale bravura ma poco interessate a investire sul lato tecnico. Il gruppo romano ha scelto di portare al pubblico la lunga e complessa suite scritta sul finire degli anni ‘60, Atom Heart Mother, con il contributo di un coro di oltre cento elementi, una sezione di ottoni, un quartetto d’archi e tre coriste.
Uno sforzo artistico e, naturalmente, tecnico: ricreare, anche solo in parte, le atmosfere di quel periodo significa impegnarsi a livello scenografico e visivo oltreché sonoro.
L’apertura del concerto si concentra sui cavalli di battaglia più noti al grande pubblico, e sulla scena compaiono il maiale volante di Animals e il professore di The Wall: poi la suite, eseguita con grande fedeltà, che ottiene una standing ovation quasi obbligatoria.
Una produzione complessa, si diceva, che come ci racconta Gilda Petronelli di Menti Associate ha toccato tante location particolari, dal teatro di Ostia Antica all’Arcimboldi di Milano. Un progetto in cui il lavoro della band, capitanata dal bassista Fabio Castaldi, e del service Event Project di Yuri Lattanzi hanno finora riscosso un grande favore di pubblico.
L’impianto PA è dB Technologies, come buona parte del monitoraggio a terra; Fabio Bordi ci spiega gli oltre trenta mix che manda ai musicisti sul palco, Michele Celleno la gestione di una “sala” così particolare, Ivan Lattanzi il lavoro sulle luci con Light Sky e ProLights, e Maurizio Capitini i problemi di un mix con strumenti vintage (Mini Moog e Farfisa del ‘64, per citarne due).
Prossimo appuntamento con i Pink Floyd Legend: il 5 novembre a Napoli, presso il Teatro Augusteo.

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