Dolby presenta Atmos

La presentazione “ufficiale” del nuovo sistema per l’audio del cinema – anzi, come dicono gli americani, “il sistema del futuro”...

di Giorgio Giannotto

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Non c'era miglior modo per i Dolby Laboratories di onorare la memoria di Ray Dolby, scomparso lo scorso settembre, che la presentazione “ufficiale” del nuovo sistema per l’audio del cinema – anzi, come dicono gli americani, “il sistema del futuro” – Dolby Atmos.

Il 18 marzo la Casa del Cinema di Roma, nella sempre splendida cornice di Villa Borghese, a due passi da Via Veneto, ha ospitato l’evento organizzato da Dolby in collaborazione con Cinemeccanica e con la “regia” di Pino Chiodo, per svelare i segreti di Atmos al pubblico degli addetti ai lavori.

Chi, non più giovanissimo, di cinema si occupa per mestiere o semplicemente lo ama ricorda molto bene la sensazione provata all’ascolto delle prime colonne sonore Dolby Stereo. Ai frequentatori delle sale cinematografiche, avvezzi all’audio mono riprodotto da un solo diffusore alimentato da un amplificatore da pochi watt, spesso ancora a valvole, il nuovo sistema Dolby offriva non solo lo stereo ma pure un canale di effetti, denominato surround, diffuso da altoparlanti disposti ai lati della sala. Pur vaghi ed ondivaghi, questi effetti creavano nello spettatore la sensazione di trovarsi all’interno di una scena sonora, di ascoltare un suono che, finalmente, non era più “in scatola”. Quasi un miracolo. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. Pur con lentezza – il mondo del cinema è o quantomeno era estremamente conservativo – il Dolby Stereo è diventato uno standard comune, si è evoluto, ha attraversato il ponte fra analogico e digitale e i canali sono diventati 5+1, poi 7+1 ed infine 9+1. E oggi c’è Atmos.

rendering casa del cinema dolby atmos

Anche Atmos è multicanale, certo. I canali sono tipicamente 16, con diffusori pure a soffitto. Il suono quindi proviene da cinque delle sei superfici di una sala, avvolgendo lo spettatore in una sorta di “bozzolo” sonoro. Tuttavia faremmo un torto ad Atmos se lo considerassimo semplicemente un sistema con più canali rispetto ai suoi predecessori. Infatti, l’immagine sonora di un sistema 5.1, 7.1 o 9.1 è cristallizzata entro parametri molto precisi, che il sound designer della traccia sonora deve rigorosamente rispettare. In Atmos, ogni canale è indipendente e può essere suddiviso in più canali di diffusione in sala e creare, grazie al DSP, ulteriori effetti di distribuzione del suono. Marco Stefani, della Dolby, nella sua presentazione di Atmos, ha spiegato che con il nuovo sistema si è passati da un’immagine sonora verosimile ad una accurata. In realtà non è proprio così. Sin dalle ricerche dei Bell Laboratories, negli anni ’30 del secolo scorso, che hanno portato alla stereofonia, sappiamo che una riproduzione accurata del campo sonoro ottenuta con una molteplicità di sorgenti richiede un numero di canali estremamente elevato, dell’ordine delle migliaia. 16 non bastano e chi sperava nella prima implementazione commerciale (finalmente…) di un sistema Wave Synthesis o Transaurale (con altoparlanti nello schienale delle poltrone) rimarrà deluso e temo dovrà aspettare ancora per lunga pezza.

Verosimile o accurato che sia, Atmos svolge alla perfezione il suo compito: intrigare lo spettatore. La gestione indipendente dei canali (nella Casa del Cinema sono 32) crea effettivamente una nuvola di suono che offre una spettacolarità sconosciuta ai sistemi 5.1 o 7.1, e non solo con i film d’azione, anche se questi giocano, si può ben capire, la parte del leone, come 300 – Rise of an Empire proiettato durante la presentazione. Nella stagione 2013-14 i film programmati con colonna sonora Atmos sono una quindicina. Le sale già attrezzate con Atmos sono ancora poche e occorrerà del tempo per l’apertura di sale nuove o la modifica delle sale esistenti. Da questo punto di vista, il nuovo processore Atmos CP850 richiede una A Chain interamente digitale, a partire dal proiettore. Tuttavia è in grado di riprodurre segnali Dolby Surround 5.1 e 7.1 e quindi consente un aggiornamento anche progressivo delle sale attuali. Questa possibilità non è da sottovalutare, poiché i costi di Atmos, ahimé, sono più che doppi rispetto ad una installazione convenzionale 5.1.

Proprio le sale, la loro struttura acustica e un’accurata progettazione del sistema Atmos costituiscono i punti nodali del nuovo sistema, per il quale occorrerà mobilitare competenze non sempre largamente disponibili, almeno nel nostro Paese. Come ha evidenziato Pier Carlo Ottoni, direttore commerciale di Cinemeccanica, partner della Doby nell’operazione Atmos, l’installatore del nuovo sistema dovrà valutare la congruità delle caratteristiche acustiche e strutturali di una sala – in particolare l’altezza – con le esigenze di Atmos, proporre le eventuali modifiche ed infine elaborare il progetto del sistema sonoro su misura per quello specifico ambiente.

presentazione

Queste operazioni sono più facili da dirsi che da farsi, soprattutto nel nostro paese dove, per povertà di mercato e assenza di didattica (l’acustica ha rilevanza per merito di pochi docenti in ancor meno università italiane, né esistono strutture d’insegnamento pratico dell’installed sound), c’è carenza di figure professionali adeguate. Non si tratta solo di gestire un programma di CAD acustico (come Ease, utilizzato per la Casa del Cinema) ma soprattutto di sapere quali dati immettere nel software e valutare i risultati per quanto attiene sia l’acustica architettonica sia l’elettroacustica.

La Cinemeccanica quindi ha deciso di offrire il supporto necessario, mentre sarà la Dolby a dare l’approvazione finale al progetto e a farsi carico del commissioning del sistema. La ragione di queste difficoltà progettuali è presto detta: nessun sistema sonoro suona meglio dell’ambiente che lo ospita e più è sofisticato il sistema, tanto più deve essere curata l’acustica della sala. Nel caso di un sistema x.1, la formazione dell’immagine sonora è collegiale, opera di un intero gruppo di diffusori.

Con Atmos invece può facilmente accadere che la totalità del suono sia prodotta da un solo canale e un solo diffusore, che deve essere sentito con chiarezza da tutti gli spettatori. Questo richiede buona acustica e grande accortezza nella disposizione delle sorgenti sonore, che deve tener conto delle differenti distanze diffusore/spettatori. Infatti, la corretta localizzazione di un suono dipende dalla posizione non solo della sorgente ma anche dell’ascoltatore. Sotto questo punto di vista, le dimensioni ridotte delle sale da proiezioni attuali facilitano di molto il compito dell’installatore, compito che sarà veramente critico nelle sale ancora esistenti da 1000 e più sedute, soprattutto se dotate di galleria, come ha giustamente osservato durante la presentazione uno degli astanti.

Un’altra sfida importante sarà quella dei diffusori: ciascuno di essi, e non solo quelli nel retro schermo, dovrà essere capace di generare i fatidici 85 dB in tutta la sala, con un’ampia copertura sonora e un’altrettanto ampia risposta, estesa anche alle basse frequenze. Infatti, se è vero che i suoni al di sotto di circa 225 Hz non sono localizzabili dal nostro sistema uditivo, è anche vero che gli inevitabili prodotti di distorsione sono invece localizzabilissimi, per non parlare della possibile decorrelazione frutto delle differenze di pressione sonora fra le varie posizioni di ascolto. Come se non bastasse, i diffusori dovranno avere dimensioni ridotte, per non invadere le sale, e possibilmente ridotto pure il prezzo. Un bel rebus per un’industria – quella elettroacustica – dove l’evoluzione tecnologica non corre certo con la velocità dell’informatica.

E che futuro avrà Atmos nelle nostre case? Durante la presentazione non si è accennato all’argomento ma non credo che mogli e compagne accettino di buon grado l’idea di riempire il salotto con gli altoparlanti, soffitto compreso. Anzi, ne sono CERTO... Tuttavia, i sistemi multicanale+ sono alla portata di quei produttori (pochissimi in verità) che hanno accesso alla tecnologia degli array di trasduttori ad altissima direttività all’interno di una Sound Bar. Per esperienza personale, so che è possibile creare una sorgente sonora virtuale localizzata con incredibile precisione facendo rimbalzare il raggio sonoro dell’array contro una superficie riflettente, soprattutto se piana e sgombra come il soffitto. Questi produttori potranno quindi “simulare” un sistema Atmos a costi ragionevoli. Mai come in questo caso è vero che gli investimenti in ricerca e tecnologia ripagano.

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Informazioni tecniche e specifiche del sistema Dolby Atmos sono disponibili alle pagine:

http://www.dolby.com/us/en/professional/technology/cinema/dolby-atmos.html

http://www.dolby.com/us/en/professional/hardware/cinema/audio-processor/cp850.html

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